ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 19 febbraio 2015

Venezia, l’impressionismo russo si guarda «A occhi spalancati»

Quando si parla di impressionismo viene subito in mente la Francia. È, infatti, a Parigi che, nella seconda metà dell’Ottocento, un gruppo di pittori decide di opporsi alle rigide regole dell’accademia ufficiale e, partendo dall’esperienza dei paesaggisti della scuola di Barbizon, comincia a dipingere en plein air (ovvero all’aria aperta), cogliendo le infinite sfumature della luce naturale sul soggetto che si è scelto di dipingere e fissando sulla tela l’impressione di un attimo, che sia il riverbero di un raggio di sole sull’acqua della Senna o la quotidianità della società parigina colta al lavoro, per strada e in momenti di intimità rubata.
Le rivoluzionarie e magiche pennellate di Pissarro, Monet, Renoir, Degas o Caillebotte, con l’abbandono della cosiddetta peinture de cabinet (ovvero la pittura di studio), hanno eco anche fuori dai confini francesi: in Italia con i macchiaiaoli, Zandomeneghi e De Nittis, in Inghilterra con Constable e Turner, in Germania con Liebermann e Corinth, nella Scandinavia con Anders Zorn, in Spagna con Joachim Sorola, nell'Est Europa con il polacco Gierimiski, l'ungherese Sziney Merse e il romeno Grigorescu.
Gli artisti russi, soprattutto i borsisti presso le botteghe e le accademie parigine, non rimangono estranei a questa influenza pittorica, che anzi accolgono e modificano sulla base della loro personale sensibilità e cultura. A questa storia, ancora poco conosciuta nel nostro Paese, guarda la mostra «A occhi spalancati», in programma fino al 12 aprile a Venezia, negli spazi di Palazzo Franchetti, sede dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti.
Cinquanta opere selezionate da Yulia Petrova, con Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, responsabili del Csar dell'Università Ca' Foscari, fanno da biglietto da visita al nuovo Museo sull’impressionismo russo, la cui apertura è fissata per il prossimo autunno a Mosca, in un’ex fabbrica di cioccolata e dolciumi nel complesso commerciale e culturale Bol'ševik.
Deus ex machina della nuova creatura museale è il mecenate Boris Mints, che, dopo una laurea in fisica e una carriera nella macchina politica russa, ha realizzato la sua fortuna come imprenditore con la società «Group 01» e che, negli ultimi dieci anni, ha investito i suoi guadagni mettendo insieme una prestigiosa collezione sull’impressionismo russo, anche mediante l'acquisto sul mercato occidentale di una serie di dipinti che sono tornati così in patria.
Caratteristica principale del nuovo museo, che sarà diretto da Yulia Petrova, è l’impiego di nuove tecnologie multimediali (alcune delle quali sono sperimentate per la prima volta proprio nella mostra veneziana), che daranno così vita a uno spazio dinamico e interattivo, arricchito da una sala cinema e da una stanza per mostre temporanee, ma anche da attività educational e di ricerca per i visitatori di ogni fascia d’età.
In attesa del grande evento, si può ammirare la bella preview di Palazzo Franchetti, che accosta tra loro soggetti come il paesaggio, la scena urbana o il ritratto ambientato in contesti quotidiani, con una dovuta ma non sempre vincolante attenzione alla cronologia.
Il momento di maggior fioritura dell’impressionismo in Russia è di qualche lustro successivo alla svolta dell'arte francese e l’inizio potrebbe essere fatto coincidere con la realizzazione dell’opera «Corista» (1883) di Konstantin Korovin (1861-1939), artista noto soprattutto per i suoi paesaggi parigini: scene serali dalle pennellate ampie e impulsive, eseguite a partire dai primi del Novecento, nelle quali la città appare inondata di luce e dove si respira un’atmosfera fortemente teatrale, appresa dal pittore durante la sua lunga attività come decoratore per il Grande teatro di Mosca e il Mariinskij di Pietroburgo.
Già a partire dal 1870 con la nascita, grazie al coinvolgimento del mercante Pavel Tret'jakov, della Società dei pittori ambulanti (Peredvizniki) si ha, però, in Russia un progressivo allontanamento dai dettami dell'Accademia delle arti di Pietroburgo e un’apertura verso un’arte nuova, attenta al realismo e all’impegno sociale. Questa estetica, il cui riferimento culturale è Lev Tolstoj con il suo in «Cto takoe iskusstvo» («Che cos'è l'arte», 1898), è anche motore, negli anni successivi, per la nascita di altri importanti gruppi artistici come l’«Unione dei pittori russi», attenta alla rappresentazione della vita individuale e sociale, e il pietroburghese «Mir iskusstva» («Il mondo dell'arte»), che tende al modern e guarda anche all’esperienza del liberty o dell'art noveau.
La rassegna veneziana permette così di accostarsi alla produzione di Vasilij Polenov e Il'ja Repin, pittori che ebbero modo di conoscere l’impressionismo durante un loro soggiorno parigino. Ci sono in mostra anche lavori di Konstantin Juon, Petr Petrovicev e Stanislav Zukovskij. Non mancano, poi, lungo il percorso espositivo opere di Koncalovskij, Grabar', Kustodiev, Baranov-Rossiné, ma anche di Sergej Gerasimov, Georgij Savickij e persino di artisti molto legati al realismo socialista come Aleksandr Gerasimov e Dmitrij Nalbandjan. D'altra parte l'immagine guida della mostra –i «Manifesti sotto la pioggia» di Pimenov (1973)- documenta con ogni evidenza come la matrice impressionistica caratterizzi con un certo rilievo anche il periodo del disgelo post-staliniano.
La rassegna veneziana allinea, dunque, le prime esplicite meditazioni e rielaborazioni della rivoluzione artistica francese, ma evidenzia anche la tenace persistenza, per buona parte del Novecento, di questo approccio alla raffigurazione della vita individuale e dei suoi scenari. Ecco così che accanto a rare tele di Konstantin Korovin, il più famoso esponente dell’impressionismo russo, si trovano lavori di pittori come Vladimir Rogozin e Valerij Kosljakov, che non si possono certo considerare impressionisti in senso stretto, ma per i quali sono risultate fondamentali le ricerche dei loro predecessori alla fine del XIX secolo e che raccolgono oggi, idealmente ed efficacemente, in una chiave contemporanea, la loro eredità. (sam)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Jurij Pimenov, «Cartelloni sotto la pioggia», 1973; [fig. 2] Kostantin Korovin, «Al parco», 1880; [fig. 3] Nikolaj Bogdanov-Bel’skij, «Estate», 1911; [fig. 4] Tit Dvornikov, «Al mare», 1912

Informazioni utili
«A occhi spalancati». Palazzo Franchetti, Campo Santo Stefano, San Marco 2847 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Catalogo: Terra Ferma. Informazioni: tel. 041.2407711. Sito internet: www.istitutoveneto.it.  Fino al 12 aprile 2015. 


martedì 17 febbraio 2015

Boldini e il fascino della Belle époque in mostra a Ferrara e Forlì

Ha fissato sulla tela e consegnato al futuro figure femminili piene di grazia e gusto, simbolo di un’età carica di eleganza, frivolezza e gioia di vivere come fu la Belle époque, attraverso una ritrattistica immediatamente riconoscibile, nella quale rapidi e sicuri colpi di pennello, simili a sciabolate, fanno quasi intuire il fruscio delle pieghe dei vestiti. Giovanni Boldini (Ferrara 1842 - Parigi 1931), il più grande e prolifico pittore italiano residente a Parigi nell’Ottocento, amato da intellettuali come Proust e l'eccentrica Colette, viene celebrato in questi giorni dalla sua terra natia, l’Emilia Romagna, con due mostre: una grande esposizione monografica a Forlì, nelle sale dei Musei San Domenico, e una rassegna semipermanente a Ferrara, negli spazi del Castello estense, nella quale sono allineate opere sue e di Filippo de Pisis (Ferrara, 11 maggio 1896 – Milano, 2 aprile 1956), appartenenti alla collezione di Palazzo Massari, museo chiuso per lavori di restauro e di messa in sicurezza dopo il terremoto del 2012.
La mostra forlivese, intitolata «Lo spettacolo della modernità», presenta, nello specifico, oltre duecento opere dell’artista ferrarese, affiancate a una quarantina di lavori di autori del calibro di Van Dick, Goya, Degas, Modigliani, Zandomeneghi, De Nittis e altri ancora. Uno dei suoi punti di forza è la riconsiderazione della prima stagione di Giovanni Boldini, quella che va dal 1864 al 1870, quando il pittore visse a Firenze a stretto contatto con i macchiaioli. Questa fase, caratterizzata da una produzione di piccoli dipinti (soprattutto ritratti) straordinari per qualità e originalità, viene presa in considerazione da un punto di vista inedito grazie alla possibilità di presentare, tra l’altro, parte del ciclo di opere murali realizzate tra il 1866 e il 1868 nella villa di Collegigliato (nel Pistoiese), conosciuta con il nome di «Falconiera», residenza della famiglia inglese dei Falconer. Si tratta di vasti paesaggi toscani e di scene di vita agreste che consentono di avere una visione più completa del periodo macchiaiolo dell’artista.
Altro merito della rassegna, curata da Francesca Dini e Fernando Mazzocca, è quello di mettere in evidenza, accanto a straordinari dipinti con vedute parigine, scene di vita moderna e ritratti di bellissime aristocratiche o di attrici civettuole dal sorriso ammaliante, anche la straordinaria produzione grafica del maestro, attraverso disegni, acquerelli e incisioni, in parte inediti. Ecco così opere note come «Conversazione al caffè» (1879 ca.), «Ritratto di Marthe Regnier» (1905) o «La dame de Biarritz» (1912) dialogare con disegni come un «Autoritratto con note musicali» (1884), l’acquarello «Al parco» (1872) e il pastello su carta «Ballo in maschera» (1905 ca.).
A Ferrara, invece, le sale dell’appartamento di rappresentanza al piano nobile del Castello estense e i celebri «Camerini del principe» sono la sede temporanea di due percorsi monografici che esplorano l’intera parabola creativa di Giovanni Boldini e Filippo De Pisis. I musei ferraresi conservano, infatti, i più ricchi e completi fondi dei due artisti, testimoni di ogni aspetto della loro ricerca.
Del primo vengono esposti dipinti, opere su carta e documenti che raccontano il suo ruolo di spicco nel rinnovamento della pittura italiana e internazionale. Lungo il percorso espositivo che si sviluppa a partire dalle sale del Governo, della Devoluzione, dei Paesaggi e delle Geografie, si trovano invenzioni di sorprendente immediatezza quali «Le sorelle Lascaraky», brillanti scene di vita moderna come «Notturno a Montmartre» e icone della ritrattistica boldiniana quali «Fuoco d’artificio», la «Passeggiata al Bois de Boulogne» e «La signora in rosa». L’esposizione presenta, inoltre, i volti delle protagoniste della Belle époque, da madame Lydig alla contessa de Leusse a Olivia de Subercaseaux Concha, e degli amici artisti, come Degas, Menzel e Whistler.
Mentre i Camerini, abitualmente non aperti al pubblico, ospitano la seconda parte dell’allestimento, dedicata a un altro talento ferrarese attivo sul palcoscenico parigino: Filippo De Pisis. A raccontare il suo percorso creativo sono opere entrate a far parte della raccolta ferrarese soprattutto grazie all’attività della Fondazione Pianori e al generoso lascito di Manlio e Franca Malabotta.
Aprono la narrazione preziose testimonianze del periodo giovanile, da «Natura morta col martin pescatore» a «Le cipolle di Socrate», rivelatrice della riflessione dell'artista sull’incontro con Giorgio De Chirico e la pittura metafisica. Seguono i capolavori del periodo francese che raccontano la nascita di un linguaggio altamente personale, come documentano «Il gladiolo fulminato» e «Strada di Parigi».
Il cerchio si chiude con la produzione successiva al rientro in Italia, raccontata attraverso penetranti effigi maschili e opere come «La rosa nella bottiglia» e «Natura morta con calamaio», nelle quali la poesia delle immagini si spoglia fino all’essenziale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giovanni Boldini, «La dame de Biarritz», 1912. Olio su tela. Collezione privata; [fig. 2] Giovanni Boldini, «Ritratto di Marthe Regnier», 1905. Olio su tela. Collezione privata; [fig. 3] Giovanni Boldini, «La signora in rosa (Ritratto di Olivia de Subercaseaux Concha)», 1916. Olio su tela, cm 163x113 (cm 193x148). Ferrara, collezione dei Musei civici

Informazioni utili
 «Boldini. Lo spettacolo della modernità». Musei San Domenico, piazza Giudo da Molteferltro, 2 - Forlì. Orari: martedì-venerdì, ore 9.30 -19.00; sabato, domenica, giorni festivi, ore 9.30-20.00; lunedì chiuso (tranne il 6 aprile e il 1° giugno); la biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 9,00 (per gruppi superiori alle 15 unità, minori di 18 e maggiori di 65 anni, titolari di apposite convenzioni, studenti universitari con tesserino, residenti nella provincia di Forlì-Cesena, possessori del biglietto di ingresso alla mostra "L'arte per l'arte. Il Castello Estense ospita Giovanni Boldini e Filippo De Pisis); speciale € 5,00 (per scolaresche delle scuole primarie e secondarie, bambini dai 6 agli 11 anni); biglietto speciale aperto € 12,00 (visiti la mostra quando vuoi, senza date e senza fasce orarie; puoi regalarlo a chi desideri); gratuito per bambini fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, diversamente abili con accompagnatore, due accompagnatori per scolaresca, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino. Informazioni: tel. 199.151134 o mostraboldini@civita.it. Sito internet: www.mostraboldini.com. Fino al 14 giugno 2015. 

 «L’arte per l'arte. Il Castello estense ospita Giovanni Boldini e Filippo de Pisis». Castello Estense, piazza Castello - Ferrara. Orari: da gennaio a maggio e da settembre a dicembre, ore 9.30-17.30 (ad esclusione dei lunedì non festivi di gennaio, ottobre, novembre e dicembre); da giugno ad agosto, ore 9.30-13.30 e ore 15.00-19.00 (ad esclusione dei lunedì non festivi di luglio e agosto); chiuso 25 dicembre. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00, gruppi scolastici € 3,00, minori di 12 anni € 1,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0532 299233 o castello.estense@provincia.fe.it. Sito web: www.castelloestense.it. Dal 31 gennaio 2015.

domenica 15 febbraio 2015

Il Dada di Mondino incontra le esperienze di vita di Rä di Martino. Nuovi appuntamenti per «Surprise» e «Vitrine» alla Gam di Torino

È Aldo Mondino (Torino, 1938‐2005) il primo protagonista della terza edizione di «Surprise», progetto espositivo della Galleria d’arte moderna di Torino che concentra l’attenzione su aspetti specifici del contesto artistico nel capoluogo piemontese tra gli anni Sessanta e Settanta.
La rassegna, curata da Maria Teresa Roberto e Gregorio Mazzonis, focalizza nello specifico la propria attenzione sulle opere «Sole» e «Immersore», entrambe realizzate nel 1967, quando l’artista, con alle spalle studi all’Ecole du Louvre di Parigi e ai corsi di incisione di William Heyter, iniziava ad interessarsi alle tematiche del gioco e dello humor, complice anche l’arrivo della Pop art in Italia.
I due lavori esposti alla Galleria d’arte moderna di Torino rappresentano, in realtà, un’esperienza anomala nella storia artistica di Aldo Mondino, il cui esordio avvenne nel 1963 alla galleria «Il punto», allora diretta da Gian Enzo Sperone, con la presentazione delle «Tavole anatomiche», metafora della società contemporanea descritta attraverso gli organi del corpo umano.
Ad accomunare le due opere sono i materiali utilizzati, ovvero legno e lampadine ad incandescenza. «Sole» traduce, per esempio, con i prodotti delle insegne luminose un tema caro alla pittura di paesaggio come l’alba, sul quale, negli anni tra il 1963 e il 1964, si era concentrata anche la ricerca del pop artista Roy Lichtenstein. «Immersore» guarda, invece, più alle istanze New dada di quel periodo, come ha notato Riccardo Passoni.
Un altro elemento che accomuna i lavori esposti è una misura fissa che guida la loro installazione alla parete: 160 centimetri da terra, come è stato segnalato dallo stesso autore su un’etichetta della galleria Stein di Milano.
Questa linea immaginaria, che attraversa in orizzontale l’opera «Immersore», definisce -raccontano dalla Gam- «il punto al di sotto del quale le lampadine devono rimanere spente e corrisponde sia alla misura teorizzata da Masaccio come altezza fissa dell’occhio umano sia al segno lasciato dalle acque dell’Arno su alcuni capolavori dell’arte fiorentina» durante l’alluvione del 4 novembre 1966. Un fatto, quest’ultimo, che impressionò a tal punto Aldo Mondino da spingerlo a realizzare una serie di opere, come l’intervento alla mostra «Con temp l’azione» del 1967, durante la quale l’artista unì le sedi espositive -le gallerie Stein, Sperone e Il Punto- tirando un filo rosso attraverso la città posto a 160 centimetri di altezza da terra.
In contemporanea, la Galleria d’arte moderna di Torino ospita il primo appuntamento della quarta edizione di «Vitrine», il progetto dedicato alla ricerca artistica contemporanea, che prevede anche rassegne di Francesco Gennari, Francesco Barocco, Anna Franceschini e Luca Trevisani.
Per l’occasione, Rä di Martino (Roma, 1975) presenta l’opera «The Picture of Ourselves», video in bianco e nero che inquadra i primi piani alternati di una bambina e di un giovane uomo dagli occhi chiari, due ritratti in cui affiorano suggestioni della tradizione artistica, dalla pittura più antica fino alla fotografia più contemporanea, due sguardi che sono la testimonianza della vita che scorre, si radica, si evolve in un infinito intrecciarsi di possibilità.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Rä di Martino, The Picture of Ourselves, 2013, HD video. © Rä di Martino / Copperfield Gallery, Londra; [fig. 2]  Aldo Mondino, «Immersore», 1967. Legno e trentasei lampadine colorate, 13.5 x 118.5 x 29.6 cm. Torino, Fondazione De Fornaris; [fig. 3] Aldo Mondino,«Sole», 1967. Lampadine colorate su legno (scultura composta da 5 elementi). 160 × 320 cm.

Informazioni utili 
«Surprise» - Aldo Mondino e «Vitrine» - Rä di Martino. Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino, via Magenta, 31 - Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito per i ragazzi fino ai 18 anni. Informazioni: centralino tel. 011.4429518; segreteria tel. 011.4429595, gam@fondazionetorinomusei. Sito internet: www.gamtorino.it. Fino al 6 aprile 2015.