ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 9 gennaio 2017

#Pirandello150, al Manzoni di Busto gli atti unici «L’uomo dal fiore in bocca» e «La patente»

La ricerca drammatica di un inafferrabile senso dell’esistenza umana, l’atroce beffa del caso sulle nostre vite, l'assenza di una verità oggettiva delle cose, l’umorismo come chiave per smascherare le menzogne delle convenzioni sociali: sono molte le tematiche che rendono ancora oggi attuale il messaggio di Luigi Pirandello. Ne danno prova gli atti unici «L’uomo dal fiore in bocca» e «La patente», in cartellone al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio nella serata di venerdì 13 gennaio, alle ore 21, nell’ambito della stagione «Mettiamo in circolo la cultura».
L’appuntamento, inserito nel cartellone cittadino «BA Teatro», è proposto da «Culturando» in occasione degli ottant’anni dalla morte (10 dicembre 1936-10 dicembre 2016) e dei centocinquant’anni dalla nascita (28 giugno 1867-28 giugno 2017) dello scrittore siciliano.
 Sul palco saliranno gli attori Davide De Mercato e Gerry Franceschini, con Valentina Brivio e Igino Portatadino. Firma la regia Gerry Franceschini, volto non nuovo alla scena teatrale bustese, con all’attivo una lunga esperienza nel mondo dello spettacolo che lo ha visto, tra l’altro, recitare in testi di Primo Levi e Karol Wojtyla, nonchè collaborare con la Casa Goldoni di Venezia, il Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento, la Società Dante Alighieri, l’Università Eötvös Lorànd di Budapest e il Centro nazionale studi leopardiani di Recanati.

«L’uomo dal fiore in bocca», Pirandello e la precarietà dell'uomo
Il senso di ineluttabile incomunicabilità tra gli individui e la struggente consapevolezza della precarietà dell’esistenza umana sono i temi che permeano «L’uomo dal fiore in bocca», dramma borghese che lo scrittore di Agrigento mutuò dal racconto «Caffè notturno» del 1918, ripubblicato cinque anni dopo con il titolo definitivo de «La morte addosso». Considerato un vero e proprio cavallo di battaglia di tanti grandi interpreti del secolo scorso, tra i quali l’indimenticabile Vittorio Gassman, lo spettacolo debuttò al teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922, diventando, con il tempo, un vero e proprio classico pirandelliano di grande impatto emotivo e di straordinaria forza drammatica.
 Il pubblico viene trasportato all’esterno del caffè di una stazione ferroviaria, illuminato dalle luci fioche della notte. In questo scenario, squallido e crepuscolare, un «pacifico avventore» (Davide De Mercato), che ha perduto l’ultimo treno della sera e che, in attesa del convoglio successivo, lascia scorrere il tempo sorseggiando una bibita alla menta, si ritrova ad ascoltare la dolente storia di un uomo ammalato di epitelioma (Gerry Franceschini), un cancro o, come scrive lo stesso Luigi Pirandello, un fiore che la morte, passando, «ha ficcato» in bocca.
Il dialogo, o meglio il semi-monologo del protagonista, si configura come una meditazione sull’esistenza umana, sull’importanza della quotidianità e di tutto ciò che, in condizioni normali, appare insignificante. Dai braccioli delle sedie negli atri della stazione ai gesti che i commessi dei negozi compiono per fare un nodo a un pacco, dall’arredamento delle sale d’attesa dei medici all’imprevedibilità dei terremoti, tutto passa al vaglio dell’uomo malato, in un estremo e unico punto di contatto con la vita che sfugge, della quale egli vuole goderne fino allo stremo delle sue possibilità esistenziali, «come un rampicante alle sbarre d’una cancellata».
A fare da colonna sonora allo spettacolo, secondo le indicazioni fornite dallo stesso Pirandello nella didascalia iniziale dell’atto unico, è il suono del mandolino, con canzoni come «Notte di stelle» di Mario Rizzo e il «Concerto per due mandolini» di Antonio Vivaldi.

«La patente», il tema della maschera in Pirandello 
«La patente» si configura, invece, come un magistrale ritratto di uno dei più originali e paradossali atti di ribellione di un personaggio pirandelliano contro le ingiustizie della società.
In questo lavoro, diventato famoso sul grande schermo grazie all'interpretazione di Totò, per la regia di Luigi Zampa e con la sceneggiatura di Vitaliano Brancati, l’autore siciliano presenta, nello specifico, un tema a lui caro come quello della maschera forzatamente imposta, una maschera che rende impossibile porsi agli altri per ciò che si è realmente e che alterna così gli intrecci relazionali fra gli individui, inquinandoli di pregiudizi e preconcetti.
L'atto unico, tratto dall’omonima novella del 1911 apparsa sul «Corriere della Sera» del 9 agosto di quell’anno e raccolta in volume nel 1915, sempre per i tipi dell’editore Treves di Milano, fu scritta in dialetto siciliano nel 1917 e in lingua italiana tra il dicembre 1917 e il gennaio 1918.
La prima messa in scena, il cui testo fu edito sulla «Rivista d’Italia», si tenne, dopo una prima in dialetto all’Alfieri di Torino, il 19 febbraio 1919 all’Argentina di Roma, con la compagnia di Nino Martoglio e nell'interpretazione di Angelo Musco.
Al centro della scena vi è la figura di Rosario Chiàrchiaro (Gerry Franceschini), un «povero uomo» che costretto nella forma dello jettatore dalla stupidità e dalla cattiveria dei suoi concittadini -come dimostrano gli atteggiamenti superstiziosi dell’usciere Marranca (Igino Portatadino) e le parole commosse della figlia Rosinella (Valentina Brivio)- decide di risolvere il problema chiedendo al Regio Tribunale una «patente» che comprovi la propria «attività» di menagramo. La situazione appare comica, ma il giudice D’Andrea (Davide De Mercato), al quale l'uomo si rivolge, naturalmente non ride. Egli non crede alle dicerie della gente e, compresa la dolorosa condizione di Chiàrchiaro, gli esprime il proprio sentimento di solidarietà, pur rifiutandosi fermamente di concedergli una «patente» che comprovi il suo stato di jettatore. Ma il paradosso conquista la scena fino all’inatteso finale. Ad accompagnare la narrazione, che si chiude con il tipico «riso amaro» di Luigi Pirandello, è il canto del cardellino, l’amato uccellino che rappresenta per il giudice D’Andrea l’unico ricordo della compianta madre e che, con il suo costante cinguettio, è, nell’allestimento di «Culturando», protagonista al pari di Rosario Chiàrchiaro e del Pubblico Ministero.
Nella mattinata di venerdì 13 gennaio, alle ore 10.15, è prevista una prova aperta dello spettacolo riservata alle scuole secondarie di secondo grado del territorio. L’appuntamento, a ingresso gratuito e su invito, sarà seguita da una lezione-dibattito su Luigi Pirandello e sulla sua produzione teatrale, a partire dagli atti unici messi in scena e dal loro confronto con le rispettive novelle. Un'occasione per avvicinare anche ai più giovani al teatro di Luigi Pirandello, un autore che sa parlare il linguaggio della contemporaneità.

Informazioni utili  
«L’uomo dal fiore in bocca – La patente» | due atti unici di Luigi Pirandello, regia di Gerry Franceschini | con Gerry Franceschini, Davide De Mercato, Valentina Brivio e Igino Portatadino. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: venerdì 13 gennaio 2017, alle ore 21 (è prevista una prova aperta, a ingresso gratuito, per le scuole secondarie di secondo grado alle ore 10.15). Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 15,00. Orari botteghino: da giovedì 5 gennaio 2017, con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19. Informazioni: info@cinemateatromanzoni.it o tel. 0331.677961 (in orario serale e nei giorni di apertura del botteghino); info@associazioneculturando.com o cell. 347.5776656.  

sabato 24 dicembre 2016

«Il Natale di Rossini», una favola degli «Attori in erba» di «Culturando»

C’è un posto in Italia in cui il Natale è di casa. È il Sud Tirolo e lì, tra montagne rese incantate dalla neve e borghi suggestivi come un presepe, c’è un paese speciale. Si chiama Curon Venosta ed è conosciuto in tutto il mondo per il suo antico e pittoresco campanile, che sorge da un lago, quello di Resia, talvolta ghiacciato per le rigide temperature invernali.
Lo sanno in pochissimi, ma quel campanile è, in realtà, solo una piccola parte della casa delle arti, un luogo meraviglioso, nascosto sotto la superficie delle acque, dove ogni 25 dicembre i più importanti scrittori, musicisti, pittori e cantanti di tutti i tempi si incontrano per festeggiare il Natale.
Dal 1868 a organizzare il banchetto è Gioachino Rossini, lo chef più famoso tra tutti gli artisti del pentagramma, così amante della buona cucina da dire: «Dopo il non far nulla io non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore […] Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quell’opera buffa che si chiama vita […]».
 Il pranzo di Natale preparato da Gioachino Rossini, con l’aiuto della fata della musica, prevedeva ogni anno dieci portate e sei vini diversi, tra cui l’amato champagne. Nei giorni che precedevano il banchetto, i folletti delle note volavano da un luogo all’altro del pianeta a cercare prelibatezze per creare una vera e propria sinfonia di sapori.
Da Napoli arrivavano i maccheroni, da Siviglia i prosciutti, da Gorgonzola il formaggio, dalla Francia il fois gras, dall’Inghilterra la mostarda, da Bologna la mortadella e da Milano il panettone.
 Alla tavola natalizia di Gioachino Rossini non mancavano, poi, quasi mai le olive, i tartufi, il tacchino, il filetto di manzo, le uova, lo zampone, oltre ai ravanelli, ai cetrioli, al burro e alle acciughe, alimenti ai quali il compositore marchigiano aveva dedicato il divertente brano per pianoforte «I quattro antipasti», contenuto nella raccolta «Peccati di vecchiaia».
Il «cigno di Pesaro» amava, inoltre, sperimentare inediti accostamenti di aromi e sapori in una danza frenetica e gioiosa, consegnataci dalla storia attraverso una serie interminabile di aneddoti, lettere, ricette e pagine musicali.
Quale sarebbe stato il cibo principe sulla tavola del Natale 2016? Tra i folletti delle parole, intimi amici di Gianni Rodari, si vociferava che Gioachino Rossini avrebbe preparato un’inedita amatriciana: i bucatini avrebbero avuto il gusto del cioccolato amaro.
Le fatine dei colori, mandate a controllare i lavori da Leonardo da Vinci, dicevano, invece, che non sarebbe mancato in tavola un buonissimo tacchino ripieno di tartufo nero proveniente da Norcia. Il compositore pesarese era, d’altronde, ghiotto di questo cibo, almeno a leggere una delle sue tante affermazioni: «Ho pianto tre volte nella mia vita. Quando mi fischiarono alla prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi».
Anche la tavola -raccontavano Cenerentola e il Barbiere di Siviglia- sarebbe stata degna di nota: la tovaglia avrebbe avuto il sapore dello zucchero candito, i piatti sarebbero stati di marzapane, le posate di cioccolato e i bicchieri di arancia caramellata.
Mancava solo un dolce speciale per chiudere in bellezza la festa. Gioachino Rossini aveva deciso di preparare la torta alla Guglielmo Tell, con mele candite e glassa di zucchero. Ma il compositore voleva che il dolce fosse unico. Stava pensando a quale ingrediente segreto aggiungere nell’impasto quando il campanile di Curon Venosta iniziò a suonare e dal cielo scesero, magicamente, tanti fiocchi di neve di cioccolato con fogli dolci pieni di parole. Erano poesie da mettere nell’impasto: un regalo del folletto delle idee per sorprendere tutti gli invitati. «La festa è pronta», pensò Gioachino Rossini, che già vedeva i suoi amici invitati leggere poesie e danzare sulle note di una canzone natalizia.

Buone feste! 

venerdì 23 dicembre 2016

Pistoia: al Funaro dieci spettacoli internazionali per un 2017 da Capitale della cultura

«Rendere quotidiano ciò che spesso è un’eccezione» è l’obiettivo che si pone il Funaro per il 2017, anno nel quale Pistoia vestirà i panni di Capitale italiana della cultura. Ecco così che anche l’ordinario può diventare straordinario come racconta «Leo», spettacolo per la regia del canadese Daniel Brière, ideato e interpretato da Tobias Wegner, che sarà in scena il 10 e l’11 febbraio.
Presentato in molti stati dell’America, in Russia, Australia, Giappone, Cina, Corea, in numerosi Paesi europei e in Africa, in un quasi ininterrotto tour iniziato nel 2012, il titolo, al suo debutto sulla scena toscana, è vincitore di prestigiosi premi del Festival di Edimburgo e dell’Adelaide Fringe Festival.
«Leo» – si legge nella presentazione- «è uno spettacolo di teatro fisico per un pubblico di tutte le età, costruito su un’ingegnosa interazione tra performance dal vivo e proiezioni video, con cui sfida e destabilizza i sensi e la percezione della realtà fisica».
Di tutt’altro stile l’appuntamento che il 10 marzo vedrà tornare a Pistoia Daniel Pennaro: «Un amore esemplare», tratto dal fumetto «Un amour examplaire» (edizioni Dargaud), con la regia di Clara Bauer e i disegni di Florence Cestac, che sarà in scena insieme a Massimiliano Barbini e Ludovica Tinghi, sulle musiche di Alice Pennacchioni. Lo spettacolo, prodotto dalla compagnia Mia di Parigi con il Funaro, racconta la storia d'amore di Jean e Germaine, una storia così vera da sembrare inventata e così bella da doversi condividere.
Spazio, quindi, il 23 e 24 marzo a «Terre noire», una produzione del Théâtre Nationale de Nice (Francia) in prima nazionale, che vede alla regia Irina Brook su un testo originale da lei commissionato al pluripremiato drammaturgo italiano Stefano Massini. Lo spettacolo mostra la battaglia psicologica, degna di un thriller hollywoodiano ma tratta da una storia vera, di una donna sola contro alcune multinazionali prive di scrupoli, in un mondo in pericolo, dove l’umanità perde il suo posto per far spazio al denaro.
Il 21 aprile andrà, invece, in scena in prima nazionale la nuova versione di «Blake Eternallife Show», una produzione del Teatro del Carretto, con le voci di Elena Nenè Barini ed Elsa Bossi, Giacomo Vezzani alla tastiera e Fabio Pappacena alla chitarra. Dopo due anni di lavoro e la residenza artistica al Funaro, dal 18 al 21 aprile, questa indagine artistica diventa un live in bilico tra musica rock, teatro e videoarte, in cui si racconta di un William Blake, vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, incisore, disegnatore e soprattutto poeta, artista visionario, libero, provocatorio, inafferrabile e capace di rivoluzionare il linguaggio poetico con immagini che ancora oggi impressionano perché eterne.
Mentre il 6 maggio i riflettori saranno puntati su Alessandro Bergonzoni, che sarà al Funaro per un progetto speciale: la proiezione del film «Urge» e una conferenza dal titolo «Città e Cultura». Il film è tratto dallo spettacolo omonimo, un monologo che combatte artisticamente e civilmente le vacuità e le «metastasi culturali» della società di massa. Una giornata per interrogarsi sul tema a partire dal bergonzoniano assunto: «urge grandezza non mania di grandezza, urge fantasia».
Il 21 giugno verrà presentata, dopo il debutto al Festival Aperto di Reggio Emilia, la seconda data italiana di «A Fury Tale», spettacolo di Cristiana Morganti, volto noto della Compagnia Pina Bausch che, dal 2011, ha intrapreso con successo la carriera da solista e coreografa (accompagnata fin dall’inizio dal Funaro in veste di produttore), diventando, in poco tempo, fra i danzatori italiani più apprezzati anche all’estero. Con questo appuntamento, vengono messe in scena due danzatrici, Breanna O’Mara e Anna Wehsarg, che esplorano in modo sorprendente la favola poetica, feroce, ironica che può nascere dall’incontro di due donne alte, dalla pelle chiara e i capelli rossi, uguali ma diverse.
La stagione riprenderà, dopo la pausa estiva, con Enrique Vargas e il suo Teatro dei sensi che, dal 16 al 22 settembre presenteranno in prima nazionale «Il filo di Arianna», primo spettacolo della compagnia, che compone con «Oracoli» e «L’eco dell’ombra», la trilogia dei grandi labirinti. In questa creazione, concepita come un viaggio per uno spettatore alla volta chi è coinvolto è invitato a percorrere un cammino mitologico sulle orme del Minotauro, per superare i propri limiti. Si tratta –si legge nella nota stampa- di «un gioco teatrale sulla memoria del corpo, archetipi e paure, condotto nell’oscurità, per acuire sensi, intuizione e la dimensione poetica che risiedono in ciascuno». Chiude la programmazione, l’1 e il 2 dicembre, la prima nazionale di «Aladino» dei praghesi Fratelli Forman, uno spettacolo con marionette, ombre, musica e una straordinaria scenografia che conduce il pubblico nei paesaggi esotici e incantati de «Le mille e una notte».
Dieci spettacoli, di cui quattro in debutto nazionale, proposti da artisti di sei differenti Paesi compongono, dunque, il cartellone del Funaro, che miscela linguaggi e discipline per accompagnare il pubblico alla scoperta di un teatro che fa proprie due differenti direttrici: mondo e territorio. Grande spazio nel cartellone ha anche la formazione con corsi di teatro per tutte le età e laboratori con i maestri della scena contemporanea come Mark Down di Blind Summit Theatre che, l’8 luglio, parlerà delle marionette giapponesi (il Bunraku).
Completano l’offerta le iniziative legate alla biblioteca del Funaro come Il «Raccontamerende», «Leggiamo poi si vedrà», i «Compleanni d’autore» e il «Cinetandem», ovvero il cinema più piccolo del mondo.

Informazioni utili 
Il Funaro centro culturale, via del Funaro 16/18 – 51100 Pistoia, tel/fax 0573.977225, tel 0573.976853, e–mail: info@ilfunaro.org. Sito web: www.ilfunaro.org.