ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 3 maggio 2017

Milano, tra le acque di Massimiliano Bisazza

Racconta un elemento di grande fascino come l’acqua la mostra «Mud», a cura di Massimiliano Bisazza, che Aldo Salucci presenta fino al prossimo 9 maggio negli spazi della Galleria d’arte contemporanea Statuto 13 di Milano.
La rassegna allinea una selezione di opere fotografiche inedite, tutte di grande formato (cm 122x182), nelle quali l’elemento naturale è ripreso da distanze ravvicinate ed è legato soprattutto alla rappresentazione di fondali, metafora dell'inconscio, da cui emergono emozioni e significati intimi.
Nei lavori di Aldo Salucci si scorge una particolare attenzione rivolta alla luce e al colore, che variano da un estremo all’altro, da colori luminosi e sfavillanti a toni scuri, legati alle profondità. Proprio a queste ultime fa riferimento il titolo «Mud» che rimanda ai fondali fangosi e bui che si contrappongono alle acque cristalline, in stretta analogia con gli stati d’animo della vita.
L’intensità delle immagini conduce il visitatore in atmosfere oniriche e introspettive, dove il più piccolo dettaglio assume pregnante importanza in quanto costituisce la connessione con sensazioni e vissuti personali e che allo stesso tempo crea innumerevoli possibilità di interpretazione.
Lo si può osservare in «Stromboli», una fotografia caratterizzata da una forza estrema, dai colori rossi accesi che attraverso piccole pietre vulcaniche e strisce di luce descrive un’atmosfera, un’esperienza impressa nell’animo dell’artista. In «Topazio azzurro e giallo» il fondale frastagliato vira il suo colore attraverso piccoli granelli di sabbia, che si mescolano e passano da una tonalità all’altra, e sembra rispecchiare i mutamenti del paesaggio interiore.
Sono, inoltre, presenti richiami evidenti al mondo reale sempre filtrato da un velo d’acqua come avviene in «Montagne estive», dove si scorge attraverso una sorta di visione satellitare un paesaggio montano o in «Ponza’s flowers» dove macchie di colore amaranto evocano un tappeto di fiori adagiati su un prato.
In relazione al tema dell’esposizione, che fa parte del circuito espositivo «Milano Photofestival», il curatore Massimiliano Bisazza afferma: «L'acqua dunque è sempre fautrice di vita ma può nascondere anche segreti che in quanto tali sono privati e confidenziali dove la capacità creativa dell'artista è palesata nel saper donare tante e tali sfumature ricche di lirismo e riletture inventive, fantasiose o...legate al suo vissuto».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Aldo Salucci, Ginostra al tramonto, 2016. C-Print Lambda montata sotto acrilico, cm 122x182. © Aldo Salucci; [fig. 2] Aldo Salucci, Montagne estive, 2016. C-Print Lambda montata sotto acrilico, cm 139x128. © Aldo Salucci

Informazioni utili
«Mud». Mostra personale di Aldo Salucci. Statuto13 - Galleria d’arte contemporanea, via Statuto, 13 (corte int.) – Milano. Orari: da martedì a sabato, ore 11.00 – 19.00. Ingresso libero. Informazioni: cell. 347.2265227 (negli orari di aperture della mostra) o info@statuto13.it. Sito internet: www.statuto13.it. Fino al 9 maggio 2017

martedì 2 maggio 2017

Milano, un Rodin ritrovato in mostra da Artcurial

Artcurial si appresta a celebrare il centenario della morte di Auguste Rodin (1840-1917), artista che ha rivoluzionato la raffigurazione prima di Picasso e Matisse. Il prossimo 30 maggio verrà battuta all’asta a Parigi «Andromède», un’opera in marzo realizzata nel 1887 per il diplomatico cileno Carlos Lynch de Morla e ritrovata di recente a Madrid da Stéphane Aubert e Bruno Jaubert.
La storia che sta dietro a questo lavoro -in mostra a Milano da giovedì 4 a sabato 6 maggio, dopo essere stata esposta a Brussels (dal 20 al 22 aprile) e a Vienna (dal 27 al 28 aprile) - è molto curiosa: nel 1888, il diplomatico cileno Carlos Lynch de Morla, stanziatosi a Parigi, chiede all’amico Auguste Rodin di realizzare un ritratto della giovane moglie, Luisa. Lo scultore immortala la bellezza della sposa cilena in un busto marmoreo. Il capolavoro che ne deriva viene, quindi, esposto presso il Salon National des Beaux-Arts dello stesso anno. L’opera viene osannata a tal punto che il governo francese esprime il desiderio di acquisirla per la collezione del Musée du Luxembourg,l’istituzione dedicata al contemporaneo in quell’epoca. In qualità di patrono delle arti e amico di Francia, Carlos Lynch de Morla acconsente alla cessione del busto, permettendo il suo ingresso nel patrimonio pubblico francese (il ritratto è oggi visibile presso il Musée d’Orsay).
Quale gesto di riconoscenza e ammirazione nei confronti della coppia, Auguste Rodin dona un’altra opera in marmo alla famiglia cilena, raffigurante il corpo nudo di una giovane donna, accovacciata su una roccia. Lo scultore francese dava così forma al mito antico di Andromeda, una figura appartenente alla mitologia greca, figlia del re di Etiopia Cefeo e della regina Cassiopea, che si vantava di possedere una bellezza più grande di quella di tutte le Nereidi, le ninfe di Poseidone. La ninfe chiedono vendetta al Dio dei mari che risponde scagliando una mareggiata e un mostro marino contro il Regno di Cefeo collocato nell’attuale Striscia di Gaza. Il re consulta un oracolo che, al fine di acquietare Poseidone, gli consiglia di sacrificare la figlia Andromeda alla mostrosa creatura. Cefeo fa così incatenare la figlia a una roccia a pelo d’acqua, sperando di calmare il mostro con la sua offerta. Su quel masso, la ragazza rimane in agonia sino all’arrivo di Perseo che trovandola uccide il mostro e le restituisce la libertà.
Spesso confusa con «La Danae» create da Rodin nel 1885, la scultura infonde gli stessi sentimenti di disperazione, fatica e rassegnazione.
Lo scultore parigino realizzò cinque sculture dedicate al mito di Andromeda. La prima, probabilmente creata nel 1885 ed esposta per la prima volta nel 1886 alla Gallery Georges Petit a Parigi, era inizialmente di proprietà di Roger Marx ed è attualmente conservata presso il Philadelphia Rodin Museum. Un’altra, commissionata da Maurice Fenaille, è parte della raccolta del Paris Rodin Museum. La terza nasce come parte della collezione di Jacques Zoubaloff ed è ora esposta presso il Museo nazionale di Belle arti di Buenos Aires. Il quarto esemplare è stato incorporato in una collezione privata in seguito alla vendita in asta, circa una decina di anni fa. La copia che verrà battuta all’asta da Artcurial è segnalata nelle mani della famiglia Morla ancora nel 1930, da Georges Cluster, primo curatore del Museo Rodin. Per centotrenta anni è rimasta nelle mani della famiglia, prima di essere ritrovata nel 2017 Stéphane Aubert e Bruno Jaubert, i due direttori associati di Artcurial. Questa copia, che è presumibilmente la seconda realizzata dall’artista, costituisce l’esemplare più fedele alla trascrizione naturalistica.
Nell’introduzione del catalogo dell’asta, Serge Lemoine, scientific and cultural advisor di Artcurial, così descrive l’opera: «questo lavoro ha tutte le carte vincenti per sedurre il pubblico. Il soggetto, il materiale, le dimensioni, lo stato conservativo e, come abbiamo avuto modo di constatare, la storia. Questa scultura rappresenta una donna nuda ‘seduta su una roccia, quasi piegata in due’, come recita la descrizione stesa in occasione della mostra del 1886 presso la Georges Petit gallery a Parigi dal critico Gustave Geoffroy. Ciò che ovviamente impressiona maggiormente è il contrasto fra il trattamento della figura, con i suoi volume ben torniti, i profili morbidi e delicati, la superficie lisca e lucente, con quella della roccia che sorregge che la vergine, dall’apparenza ruvida e connotata da rare evocazioni arboree. Tutta l’arte di Rodin è caratterizzata dal dialogo tra l’immagine compiuta e il non finito del blocco a partire dal quale essa prende forma e a cui resta legato. Colpisce la varietà di profili e lo scorcio di tre quarti su cui è costruita la composizione, la sequenza di forme e le diverse inflessioni luminose. Si è poi commossi dalla realizzazione del dorso, la nuca delicata, la rotondezza delle natiche, la linea delle spalle e l’emergenza delle anche, enfatizzate dalla posizione del corpo. La sensualità della scultura di Rodin è ormai riconosciuta universalmente e ne ha garantito il successo. L’opera è stata pensata per un interno, favorendo l’intimità della contemplazione e ha preso il nome di Andromèda quando divenne chiaro il riferimento al mito greco».

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1, 2 e 3] Auguste Rodin, Andromeda, 1887, marmo, 28,1 x 30,7 x 18,5 cm. Provenienza: famiglia Lynch de Morla. Stima: €800,000-1,200,000 / $880,000-1,320,000

Informazioni utili 
Il ritrovamento di un eccezionale Rodin in marmo.  Artcurial in Italia, Corso Venezia, 22 – Milano. Informazioni: tel. 02.49763650 o gsardagnaferrari@artcurial.com. Dal 4 al 6 maggio 2017. 

venerdì 28 aprile 2017

Bologna, Catherine Wagner interpreta Giorgio Morandi

Il Museo Morandi di Bologna prosegue nell'intento di valorizzare la propria collezione anche grazie a un programma di mostre temporanee tese ad accostare il lavoro di Giorgio Morandi all’opera di artisti che a vario titolo si sono a lui ispirati. Dopo Alexandre Hollan, Wayne Thiebaud, Tacita Dean, Rachel Whiteread e Brigitte March Niedermair, è la volta di Catherine Wagner.
L’artista americana espone ventuno lavori, realizzati tra il 2015 e il 2016, durante un suo soggiorno nella città felsinea, che l’ha vista operare sia nella casa del maestro emiliano sia nel suo studio di Grizzana. La mostra, intitolata «In Situ: Traces of Morandi», si avvale della curatela di Giusi Vecchi ed è accompagnata da un catalogo con un testo critico di Peter Benson Miller.
Catherine Wagner ha immaginato nuove nature morte con gli oggetti che Giorgio Morandi rappresentava nelle sue opere, astraendo da questi modelli, sia formalmente che concettualmente, nuove composizioni attraverso la ripetizione e la natura effimera dell'ombra. Ne è nata la prima serie in mostra, intitolata «Shadows», in cui sono fotografate solo le ombre proiettate delle sue composizioni, creando immagini dematerializzate in cui i solidi sembrano inafferrabili, racchiusi nell’aura vibrante al margine della loro parvenza. Gli oggetti di Morandi nelle fotografie di Wagner sono sollevati dalla loro tangibile presenza e diventano ombre effimere e trascendenti.
Nell’altra serie, «Wrapped Objects», gli oggetti sono stati avvolti dall'artista in un foglio di alluminio per dotarli di una nuova pelle che mascherasse la patina della storia re-immaginandoli in un presente astratto.
Osservando le nature morte di Morandi, accanto alla gamma di colori tenui che le caratterizzano a prima vista, Catherine Wagner ha identificato aree distinte di colore saturo: variazioni di cobalto, ambra, vermiglio, arancio bruciato e verde chartreuse. L'artista ha classificato e registrato metodicamente questi colori per definire i gel colorati posti come filtri sulle luci in studio e creare così i campi di colore in cui sono immerse le fotografie in mostra. Anche l'apparente oggettività dei titoli rimanda al numero di catalogo dei filtri colorati usati dall'artista e nei casi in cui ha usato più di un filtro o due volte lo stesso, i numeri nel titolo sono due.
In numerosi lavori Catherine Wagner adotta un formato tipologico che sottolinea la giustapposizione tra similitudini e differenze riecheggiando la serialità morandiana. Con questa tassonomia l'artista californiana affronta un'incisiva e sistematica astrazione: per lei, infatti, la sfida alla dinamica tra rappresentazione e astrazione è motore essenziale del proprio lavoro e nelle opere in mostra al Museo Morandi si esamina il modo in cui questa tensione anima i concetti di tempo, solidità e forma.
Sono esposte anche due fotografie con cui Wagner rende omaggio alle vedute di paesaggio che il maestro bolognese amava contemplare e dipingere dalle finestre del suo studio a Grizzana.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Catherine Wagner, Ombre # 061, 2015. 95.3 x 127 cm. Courtesy l'artista, Anglim Gallery San Francisco e Gallery Luisotti Santa Monica; [fig. 2] Catherine Wagner, Ombre. # 017, 2015. 95.3 x 127 cm. courtesy l'artista, Anglim Gallery San Francisco e Gallery Luisotti Santa Monica; [fig. 3] Catherine Wagner, Oggetti Avvolti. # 728 : 750, 2015. Dittico. 45.7 x 36.8 cm cad. courtesy l'artista, Anglim Gallery San Francisco e Gallery Luisotti Santa Monica

Informazioni utili
«Catherine Wagner. In Situ: Traces of Morandi». Museo Morandi, via Don Minzoni, 14 – Bologna.  Orari: fino a maggio, venerdì e sabato ore 14.00 - 16.00, domenica, ore 11.00 - 13.00; da giugno a settembre, venerdì e sabato, ore 17.00 - 19.00, domenica, ore 11.00 - 13.00. Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611   o  info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org/museomorandi/ o www.catherinewagner.org. Fino al 18 settembre 2017.