La Fondazione Solomon R. Guggenheim si arricchisce di una preziosissima quanto rara perla pittorica: la tela «Ragazza con il bavero alla marinara» («La femme en blouse marine») di Amedeo Modigliani, lascito della collezionista veneziana Luisa Toso. L’opera, datata 1916, sarà esposta alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia a partire da giugno, in seguito a un delicato intervento di restauro intrapreso dal dipartimento di conservazione del museo. Tale progetto di conservazione è stato reso possibile grazie al generoso supporto di Efg, Institutional Patron del museo e già partner di progetti di restauro di opere della collezione.
«Ragazza con il bavero alla marinara» arricchisce il patrimonio artistico-museale della città di un inestimabile capolavoro, secondo il volere della stessa donatrice. Inoltre la tela di «Modì», soprannome dell’artista livornese mutuato dal termine francese maudit (maledetto), si unisce ad altri tre suoi lavori appartenenti alla collezione newyorkese del museo Solomon R. Guggenheim, ma posteriori a questa, tutte datate 1917-18.
Protagonista della tela è una giovane donna, con un caschetto di capelli neri che accentua l’ovale del viso e insieme ne esalta, con lo sfondo e l’abito ugualmente scuri, l’incarnato roseo del viso.
Lo stesso soggetto compare in un’altra opera dell’artista, dello stesso anno, «La servetta seduta». La tinta del vestito suggerisce di collocare l’opera in inverno, poiché nella bella stagione il «marinière», detto anche «French Riviera Style», adottato dai figli dei parigini e londinesi altoborghesi che frequentavano la Costa Azzurra, prevedeva colori chiari.
La parvenza leggermente androgina e l’astrazione rappresentativa rispondono all’esigenza, costante in Modigliani, di trasferire sulla tela l’inconscio, il mistero dell’istintività della razza umana. Nell’allungamento anatomico che, a partire dalla seconda metà del Novecento, caratterizza tutte le sue opere, affiorano echi delle precedenti esperienze in ambito scultoreo, con reminiscenze africane e orientali.
La tela, identificata con «La femme en blouse marine», viene esposta in occasione della personale dell’artista organizzata dal suo mercante Léopold Zborowski, nel dicembre del 1917 nella galleria parigina di Berthe Weill.
L’esposizione suscitò scandalo per i nudi femminili esposti in vetrina, tanto da dover chiudere in anticipo. Nel 1917 il dipinto venne acquistato dal mercante d’arte Paul Guillaume ed esposto in rarissime occasioni, al Palais des Beaux-Arts, a Bruxelles, nel 1933 e alla Kunsthalle Basel, a Basilea, nel 1934, per poi entrare nella collezione Toso di Venezia, nel 1952.
Successivamente, nel corso degli anni, «Ragazza con il bavero alla marinara» è stata esposta a Milano, Roma, Padova, Verona, Venezia, Ancona, Caserta e Torino, dopo che lo Stato Italiano l’ha notificata quale opera di altissimo valore artistico e storico.
Prima della sua esposizione, la tela è stata oggetto di un intervento di restauro, ad opera del capo-conservatore della Collezione Peggy Guggenheim e reso possibile grazie al prezioso sostegno di Efg, che ha abbracciato con entusiasmo il progetto comprendendone l’importanza storico-artistica. Luciano Pensabene Buemi è intervenuto sulla superficie del dipinto rimuovendo lo spesso strato di vernice non originale, ossidata e ingiallita, applicata in occasione di un precedente intervento di restauro, che ne aveva falsato i colori, rendendo illeggibili soprattutto i toni freddi, grigi e blu, del dipinto e l’incarnato roseo che era ormai era diventato color ocra. Grazie all’intervento i colori hanno nuovamente assunto le tonalità originali e anche le tracce di ossidazioni e sbiancamenti, visibili in più parti sulla tela, sono state colmate.
Informazioni utili
Collezione Peggy Guggenheim - Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 - Venezia | tel. 041.2405415 o guggenheim-venice.it
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
giovedì 1 giugno 2017
mercoledì 31 maggio 2017
Milano, una settimana all'insegna della fotografia
Mostre, incontri, visite guidate, laboratori, progetti editoriali e proiezioni urbane: è ricco il cartellone della Milano PhotoWeek, prima edizione di una rassegna promossa dall'Assessorato alla Cultura -con la collaborazione di ArtsFor e con il supporto di Fondation Carmignac e di Leica- che da lunedì 5 a domenica 11 giugno coinvolgerà più di cento sedi espositive e offrirà alla città oltre centocinquanta appuntamenti.
Dai grandi scatti d’autore ai reportage di guerra, dalle immagini di moda e architettura che hanno reso celebre Milano nel mondo alla storia dei principali interpreti dell'obiettivo è uno sguardo a trecentosessanta gradi sul mondo della fotografia quello che propone l'intensa settimana meneghina, nata con l'intento di valorizzare e promuovere quest'arte in tutte le sue possibili espressioni e forme per offrire ai cittadini, appassionati e non, una proposta diversificata e di qualità.
Ad aprire il programma sarà, lunedì 5 giugno, il progetto «365+1 Ritratti a Milano», ideato da Leica Camera Italia, che vedrà oltre trenta professionisti milanesi fotografare coppie di persone che vivono e abitano Milano o che la visitano, vi studiano, lavorano o vi passano parte del proprio tempo, con l’intento di sottolineare i valori di identità, multiculturalità, attrattività e accoglienza che appartengono alla città.
Sempre lunedì 5 giugno, a partire dalle ore 21, ci sarà a Base Milano «Common Thinking», una serata interamente dedicata ai collettivi fotografici dal mondo, nuove forme di associazione, alternativa alle agenzie, che permettono ai fotografi di produrre idee e progetti, distribuirli, trovare finanziamenti. Sarà così possibile conoscere i francesi Fractures, i portoghesi Colectivo Photo, i peruviani Versus Photo, i serbi Kamerades, gli americani MJR e gli italiani Cesura. Mentre in via Maroncelli inaugurerà il progetto «Icon Magazine: 5 mostre d’autore», una rassegna diffusa in cinque gallerie milanesi in cui altrettanti temi -moda, ritratto, luoghi, storie e talent- saranno raccontati attraverso una video proiezione dei servizi fotografici autoriali realizzati per Icon.
Il giorno di apertura del festival vedrà anche, allo Spazio Big Santa Marta, l'inaugurazione della mostra «The Anachronism of the Shaman Power», in cui l'artista Gianluca Balocco presenta una serie di opere fotografiche dedicate alle sciamane andine e alle loro cerimonie anacronistiche in dialogo con un'installazione site-specific di foglie che ricordano il rituale della chakana, richiamano le simbologie del potere economico occidentale e di quello cosmico delle curandere.
Nel lavoro esposto –scrive Francesca Bacci nel testo critico che accompagna la mostra, allestita fino al 30 giugno– «l’artista crea una precisa iconologia della guarigione. I ritratti delle sciamane andine sono costruiti per il nostro linguaggio visivo, così da portarci più vicino a un punto origine che un tempo ci apparteneva. Sono donne dalle sapienti mani-ponte, che cercano costantemente il punto di contatto con un’altra riva – o meglio, lo offrono».
La rassegna proseguirà martedì 6 giugno con una serata dedicata alla fotografia africana negli spazi dei Frigoriferi Milanesi. Il Lagos Photo Festival proporrà la proiezione «Snapshots», nella quale saranno proposti racconti e linguaggi di grande forza che aprono a un mondo e a un’iconografia per noi ancora sconosciuti. Contestualmente ci saranno la proiezione del documentario «African Photo. Mama Casset» di Elisa Mereghetti e la presentazione del catalogo della mostra «Il cacciatore bianco» con opere di Seydou Keita, Malik Sidibé e Guy Tillim.
Il giorno successivo, alle ore 21, nel chiostro di Fondazione Stelline si terrà l'anteprima del documentario «Robert Doisneau: Through the Lens» di Clémentine Deroudille; l'appuntamento si inserisce in «SHOT! Grandi fotografi su grande schermo», una piccola rassegna proposta da CineWanted che omaggia alcuni tra i più grandi e conosciuti fotografi della storia: Bill Cunningham, Tim Hetherington, Vivian Maier, Mapplethorpe e Robert Frank.
Giovedì 8 giugno, dalle ore 16.00, ci si sposterà in Triennale per due eventi inseriti in MiBACT per la fotografia: nuove strategie e nuovi sguardi sul territorio. Si tratta di una visita guidata alla mostra «La Terra Inquieta», a cura di Massimiliano Gioni, e di una conferenza dedicata al tema «Fotografia e società: documento o espressione artistica?», che vedrà al tavolo dei relatori Clarice Pecori Giraldi, Anna Maria Montaldo, Giovanna Calvenzi, Lorenza Bravetta, Raffaella Cortese, Filippo Maggia, Linda Fregni Nagler, Beatrice Trussardi, Bas Vroege, Tobias Zielony e Catterina Seia.
Da venerdì 9 a domenica 11 giugno, piazza Gae Aulenti ospiterà, quindi, il Wide Photo Fest 17, promosso da Aif - Associazione Italiana Foto & Digital, con un calendario di eventi e contest, dedicati a tutti, dai professionisti agli appassionati, per vedere ma soprattutto sperimentare le nuove tecnologie messe a disposizione dai principali marchi del settore.
Sabato 10 giugno si terrà un laboratorio per bambini organizzato dal fotografo Paolo Ventura in collaborazione con il Muba: una scatola di cartone, scotch, forbici, un po’ di luce naturale e i più piccoli saranno a metà strada dal costruire la loro macchina fotografica personale, una camera obscura dentro cui infilare la loro testa e accedere a un mondo fatto all’incontrario.
A chiudere il cartellone sarà domenica 11 giugno, nell’area di Porta Nuova, il progetto ponte tra la Milano PhotoWeek e la Milano ArchWeek dal titolo Milano «Open Portrait»: un'installazione a sorpresa di Antonio Ottomanelli che coniuga fotografia e architettura, promossa dalla Fondazione Riccardo Catella, che nella stessa giornata organizzerà anche l'incontro «Magazine a confronto: dialogo sulla Fotografia Narrativa. Il senso dell’immagine secondo Icon».
Informazioni utili
Milano PhotoWeek. Programma completo con orari e sedi su: www.photoweekmilano.it. Dal 5 all’11 giugno 2017.
Dai grandi scatti d’autore ai reportage di guerra, dalle immagini di moda e architettura che hanno reso celebre Milano nel mondo alla storia dei principali interpreti dell'obiettivo è uno sguardo a trecentosessanta gradi sul mondo della fotografia quello che propone l'intensa settimana meneghina, nata con l'intento di valorizzare e promuovere quest'arte in tutte le sue possibili espressioni e forme per offrire ai cittadini, appassionati e non, una proposta diversificata e di qualità.
Ad aprire il programma sarà, lunedì 5 giugno, il progetto «365+1 Ritratti a Milano», ideato da Leica Camera Italia, che vedrà oltre trenta professionisti milanesi fotografare coppie di persone che vivono e abitano Milano o che la visitano, vi studiano, lavorano o vi passano parte del proprio tempo, con l’intento di sottolineare i valori di identità, multiculturalità, attrattività e accoglienza che appartengono alla città.
Sempre lunedì 5 giugno, a partire dalle ore 21, ci sarà a Base Milano «Common Thinking», una serata interamente dedicata ai collettivi fotografici dal mondo, nuove forme di associazione, alternativa alle agenzie, che permettono ai fotografi di produrre idee e progetti, distribuirli, trovare finanziamenti. Sarà così possibile conoscere i francesi Fractures, i portoghesi Colectivo Photo, i peruviani Versus Photo, i serbi Kamerades, gli americani MJR e gli italiani Cesura. Mentre in via Maroncelli inaugurerà il progetto «Icon Magazine: 5 mostre d’autore», una rassegna diffusa in cinque gallerie milanesi in cui altrettanti temi -moda, ritratto, luoghi, storie e talent- saranno raccontati attraverso una video proiezione dei servizi fotografici autoriali realizzati per Icon.
Il giorno di apertura del festival vedrà anche, allo Spazio Big Santa Marta, l'inaugurazione della mostra «The Anachronism of the Shaman Power», in cui l'artista Gianluca Balocco presenta una serie di opere fotografiche dedicate alle sciamane andine e alle loro cerimonie anacronistiche in dialogo con un'installazione site-specific di foglie che ricordano il rituale della chakana, richiamano le simbologie del potere economico occidentale e di quello cosmico delle curandere.
Nel lavoro esposto –scrive Francesca Bacci nel testo critico che accompagna la mostra, allestita fino al 30 giugno– «l’artista crea una precisa iconologia della guarigione. I ritratti delle sciamane andine sono costruiti per il nostro linguaggio visivo, così da portarci più vicino a un punto origine che un tempo ci apparteneva. Sono donne dalle sapienti mani-ponte, che cercano costantemente il punto di contatto con un’altra riva – o meglio, lo offrono».
La rassegna proseguirà martedì 6 giugno con una serata dedicata alla fotografia africana negli spazi dei Frigoriferi Milanesi. Il Lagos Photo Festival proporrà la proiezione «Snapshots», nella quale saranno proposti racconti e linguaggi di grande forza che aprono a un mondo e a un’iconografia per noi ancora sconosciuti. Contestualmente ci saranno la proiezione del documentario «African Photo. Mama Casset» di Elisa Mereghetti e la presentazione del catalogo della mostra «Il cacciatore bianco» con opere di Seydou Keita, Malik Sidibé e Guy Tillim.
Il giorno successivo, alle ore 21, nel chiostro di Fondazione Stelline si terrà l'anteprima del documentario «Robert Doisneau: Through the Lens» di Clémentine Deroudille; l'appuntamento si inserisce in «SHOT! Grandi fotografi su grande schermo», una piccola rassegna proposta da CineWanted che omaggia alcuni tra i più grandi e conosciuti fotografi della storia: Bill Cunningham, Tim Hetherington, Vivian Maier, Mapplethorpe e Robert Frank.
Giovedì 8 giugno, dalle ore 16.00, ci si sposterà in Triennale per due eventi inseriti in MiBACT per la fotografia: nuove strategie e nuovi sguardi sul territorio. Si tratta di una visita guidata alla mostra «La Terra Inquieta», a cura di Massimiliano Gioni, e di una conferenza dedicata al tema «Fotografia e società: documento o espressione artistica?», che vedrà al tavolo dei relatori Clarice Pecori Giraldi, Anna Maria Montaldo, Giovanna Calvenzi, Lorenza Bravetta, Raffaella Cortese, Filippo Maggia, Linda Fregni Nagler, Beatrice Trussardi, Bas Vroege, Tobias Zielony e Catterina Seia.
Da venerdì 9 a domenica 11 giugno, piazza Gae Aulenti ospiterà, quindi, il Wide Photo Fest 17, promosso da Aif - Associazione Italiana Foto & Digital, con un calendario di eventi e contest, dedicati a tutti, dai professionisti agli appassionati, per vedere ma soprattutto sperimentare le nuove tecnologie messe a disposizione dai principali marchi del settore.
Sabato 10 giugno si terrà un laboratorio per bambini organizzato dal fotografo Paolo Ventura in collaborazione con il Muba: una scatola di cartone, scotch, forbici, un po’ di luce naturale e i più piccoli saranno a metà strada dal costruire la loro macchina fotografica personale, una camera obscura dentro cui infilare la loro testa e accedere a un mondo fatto all’incontrario.
A chiudere il cartellone sarà domenica 11 giugno, nell’area di Porta Nuova, il progetto ponte tra la Milano PhotoWeek e la Milano ArchWeek dal titolo Milano «Open Portrait»: un'installazione a sorpresa di Antonio Ottomanelli che coniuga fotografia e architettura, promossa dalla Fondazione Riccardo Catella, che nella stessa giornata organizzerà anche l'incontro «Magazine a confronto: dialogo sulla Fotografia Narrativa. Il senso dell’immagine secondo Icon».
Informazioni utili
Milano PhotoWeek. Programma completo con orari e sedi su: www.photoweekmilano.it. Dal 5 all’11 giugno 2017.
martedì 30 maggio 2017
Jacopo Di Cera e le sue barche di Lampedusa in mostra a Venezia
«L’uomo, cantami, dea, l’eroe dal lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo dopo che distrusse la città sacra di Ilio. Vide molti paesi, conobbe molti uomini, soffrì molti dolori, nell’animo, sul mare, lottando per salvare la vita a sé, il ritorno ai suoi compagni». Sono queste parole dell’«Odissea» di Omero a fare da filo conduttore alla mostra «Fino alla fine del mare» che il fotografo milanese Jacopo Di Cera presenta a Venezia, negli spazi della Galleria Accorsi in Campo San Stae.
Dopo aver toccato le città di Milano, Roma, Arles, Carrara, Napoli, Torino e Parigi, l’esposizione arriva nella città lagunare, in occasione della cinquantasettesima edizione della Biennale, con l’intento di sensibilizzare su un tema di stretta attualità come quello dell’immigrazione attraverso il linguaggio dell’arte.
Trenta scatti a colori con i frammenti delle imbarcazioni che riposano nel cimitero delle barche di Lampedusa, imbarcazioni che hanno traghettato centinaia di migliaia di persone sulle coste italiane, sono esposte fino al prossimo 6 giugno anche per motivi sociali: parte del ricavato delle vendite delle opere esposte verrà, infatti, devoluto ai progetti «Informazione e sensibilizzazione» e «Minori in transito» di «Save The Children».
Il visitatore è, dunque, invitato a compiere un viaggio metaforico che parte dall'«Odissea» di Omero, da cui sono estratte le sei parole chiave del progetto -il viaggio, l'isola, il legame, la lotta, la salvezza, il ritorno-, e arriva ai riferimenti visivi di Rothko e Klein per raccontare, semplicemente attraverso le forme e i colori, tutto quello che si nasconde negli occhi di chi abbandona la propria terra per fame, disperazione e paura attraverso associazioni visive e cromatiche.
Il fotografo milanese Jacopo Di Cera, attivo ormai da quindici anni nel campo della fotografia di paesaggio, racconta, dunque, in maniera nuova e sensibile un tema molto attuale e sceglie di farlo trattando la materia viva dei viaggi della speranza, le imbarcazioni. Il risultato sono una serie di immagini stampate in alta definizione direttamente su pezzi di legno prelevati in parte dal cimitero della barche di Lampedusa, su cui riversa una resina che dà l’idea dell’acqua.
Il legno è il materiale-simbolo di questo movimento, di questo viaggio. L’uomo è completamente assente; è presente solo il mezzo che lo ha salvato o tradito, che gli ha regalato una nuova vita o che ha scritto per sempre la parola fine al suo destino.
«Tutto è nato qualche anno fa osservando un servizio sugli sbarchi nel Mediterraneo - racconta Di Cera - probabilmente per la maggior parte delle persone le barche dei migranti trasmettono un sentimento di morte o di tristezza, in realtà io ci ho visto grande speranza: in questi pezzi di legno ho sentito un cuore pulsante».
«Fino alla fine del mare» narra così di Lampedusa, una terra fatta di contraddizioni, sofferenza, approdi e speranza con la sua umanità in continuo cambiamento e movimento. Un’umanità in cerca di una nuova, dovuta opportunità.
Informazioni utili
«Fino alla fine del mare» - Mostra personale di Jacopo Di Cera. Galleria Accorsi, Campo San Stae, 30135 Santa Croce - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 11.00-20.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 328.4156545 o info@finoallafinedelmare.com. Sito internet: www.finoallafinedelmare.com. Fino al 6 giugno 2017
Dopo aver toccato le città di Milano, Roma, Arles, Carrara, Napoli, Torino e Parigi, l’esposizione arriva nella città lagunare, in occasione della cinquantasettesima edizione della Biennale, con l’intento di sensibilizzare su un tema di stretta attualità come quello dell’immigrazione attraverso il linguaggio dell’arte.
Trenta scatti a colori con i frammenti delle imbarcazioni che riposano nel cimitero delle barche di Lampedusa, imbarcazioni che hanno traghettato centinaia di migliaia di persone sulle coste italiane, sono esposte fino al prossimo 6 giugno anche per motivi sociali: parte del ricavato delle vendite delle opere esposte verrà, infatti, devoluto ai progetti «Informazione e sensibilizzazione» e «Minori in transito» di «Save The Children».
Il visitatore è, dunque, invitato a compiere un viaggio metaforico che parte dall'«Odissea» di Omero, da cui sono estratte le sei parole chiave del progetto -il viaggio, l'isola, il legame, la lotta, la salvezza, il ritorno-, e arriva ai riferimenti visivi di Rothko e Klein per raccontare, semplicemente attraverso le forme e i colori, tutto quello che si nasconde negli occhi di chi abbandona la propria terra per fame, disperazione e paura attraverso associazioni visive e cromatiche.
Il fotografo milanese Jacopo Di Cera, attivo ormai da quindici anni nel campo della fotografia di paesaggio, racconta, dunque, in maniera nuova e sensibile un tema molto attuale e sceglie di farlo trattando la materia viva dei viaggi della speranza, le imbarcazioni. Il risultato sono una serie di immagini stampate in alta definizione direttamente su pezzi di legno prelevati in parte dal cimitero della barche di Lampedusa, su cui riversa una resina che dà l’idea dell’acqua.
Il legno è il materiale-simbolo di questo movimento, di questo viaggio. L’uomo è completamente assente; è presente solo il mezzo che lo ha salvato o tradito, che gli ha regalato una nuova vita o che ha scritto per sempre la parola fine al suo destino.
«Tutto è nato qualche anno fa osservando un servizio sugli sbarchi nel Mediterraneo - racconta Di Cera - probabilmente per la maggior parte delle persone le barche dei migranti trasmettono un sentimento di morte o di tristezza, in realtà io ci ho visto grande speranza: in questi pezzi di legno ho sentito un cuore pulsante».
«Fino alla fine del mare» narra così di Lampedusa, una terra fatta di contraddizioni, sofferenza, approdi e speranza con la sua umanità in continuo cambiamento e movimento. Un’umanità in cerca di una nuova, dovuta opportunità.
Informazioni utili
«Fino alla fine del mare» - Mostra personale di Jacopo Di Cera. Galleria Accorsi, Campo San Stae, 30135 Santa Croce - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 11.00-20.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 328.4156545 o info@finoallafinedelmare.com. Sito internet: www.finoallafinedelmare.com. Fino al 6 giugno 2017
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