ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 10 gennaio 2018

Dalla mostra «Homo Faber» ai concerti dello Squero: un anno di grande arte alla Fondazione Cini di Venezia

Dalla storia dell’arte alla musica, dal teatro agli studi religiosi: è ampio il ventaglio di proposte che la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, presieduta da Giovanni Bazoli, propone per il nuovo anno. Ventotto incontri tra convegni e giornate di studio, più di dieci concerti, cinque nuovi progetti espositivi distribuiti tra Palazzo Cini e l’Isola di San Giorgio Maggiore, oltre trenta borse di studio, più di quaranta pubblicazioni e un premio - la quinta edizione del «Benno Geiger»- per la traduzione poetica compongono il cartellone delle iniziative.
Lo Squero, l’auditorium della fondazione vincitore del Premio Torta 2017, proseguirà la propria attività grazie al Quartetto di Venezia, che proporrà una nuova serie di sei concerti (il 3 marzo, il 21 aprile, il 19 maggio, il 13 ottobre, il 10 e il 24 novembre); sono, inoltre, previste le esibizioni di Mario Brunello (il 24 febbraio e il 27 ottobre) e di Giovanni Sollima (il 7 aprile e il 12 maggio).
Lo Squero farà anche da scenario al «Concerto per cinque pianoforti e sei voci», con cui si chiuderà la decima edizione della «Solti Peretti Répétiteurs Masterclass», incentrata sul repertorio del bel canto (il 6 aprile).
Anche l’Istituto interculturale di studi musicali comparati proporrà alcune iniziative musicali: il nuovo appuntamento con il ciclo «Musica e rito», questa volta dedicato al Malawi (il 23 ottobre) e il concerto «Canto epico nei Balcani» (il 15 novembre), eseguito da Isa Elezi Lekgjekaj, il maggior interprete vivente dei canti della montagne di Rugova.
Per quanto riguarda le mostre, si segnala la consueta apertura annuale della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, grazie alla partnership di Assicurazioni Generali. Il programma quest’anno, in cartellone dal 20 aprile al 15 novembre, è interamente dedicato al disegno, con due mostre a cura dell’Istituto di storia dell’arte, arricchite come di consueto da attività espositive, culturali e didattiche per raccontare le peculiarità della raccolta Cini a San Vio e allo stesso tempo far conoscere e valorizzare le altre collezioni d’arte conservate a San Giorgio.
Si inizierà in primavera con «Idea e progetto. Disegni dalle raccolte grafiche della Fondazione Giorgio Cini», che vedrà esposta una selezione di una sessantina dei pezzi più belli e rappresentativi delle raccolte grafiche della fondazione. In autunno è, invece, previsto un progetto dedicato all’ampio corpus di disegni autografi dei pittori e fratelli bolognesi Ubaldo e Gaetano Gandolfi.
Di prestigio anche il programma espositivo del progetto «Le stanze del vetro», iniziativa per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento nata dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung.
La prima, dal titolo «Una fornace a Marsiglia – Centro internazionale di ricerca sul vetro e le arti plastiche /CIRVA» (9 aprile – 29 luglio), sarà realizzata in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia e, grazie alle opere selezionate da Isabelle Reiher, racconterà i momenti salienti della creazione da parte di artisti e designer giunti in residenze al Cirva di Marsiglia in questi trent’anni. L’altra, «La vetreria Cappellin e il giovane Carlo Scarpa» (9 settembre 2018 - 6 gennaio 2019), vedrà, invece, la curatela di Marino Barovier.
Molto attesa è anche la titanica mostra «Homo Faber», il primo grande evento culturale dedicato ai mestieri d’arte in Europa, realizzato in collaborazione con la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship.
L’esposizione, la più grande mai ospitata negli spazi della Fondazione Giorgio Cini, presenterà un’ampia selezione di materiali e discipline, dal gioiello alle biciclette su misura, dalle tecniche artigianali più rare ad alcuni degli esempi più rappresentativi dell’eccellenza artigiana a livello europeo. Per tutta la durata dell’evento, i visitatori potranno ammirare da vicino e dal vivo la maestria degli artigiani che prenderanno parte all’esposizione.
Nel 2018 la Fondazione Cini consoliderà, poi, ulteriormente la sua reputazione scientifica a livello internazionale grazie all’attività dei suoi Istituti e Centri di ricerca, con l’organizzazione di convegni, giornate di studio e seminari dei più diversi ambiti disciplinari. Tra i vari appuntamenti si segnalano «PIETRO pictore ARETINO. Una parola complice per l’arte del Rinascimento» (17-19 ottobre); «Giovanni Poli – La scena dell’essenzialità da Venezia al mondo» (25-26 ottobre) e «Luoghi per la cultura; cultura per i luoghi» (7-9 maggio 2018).
Accanto a queste iniziative, porterà avanti la valorizzazione del patrimonio immobiliare, mobiliare, materiale e immateriale custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore, promuovendo lo studio dei suoi archivi, grazie all’erogazione di borse di studio (tutti i bandi sono consultabili sul sito www.cini.it). La Fondazione Cini continuerà, inoltre, il processo di digitalizzazione dei suoi archivi, già iniziato nel 2016 con il progetto «Replica», realizzato in collaborazione con il DHLab del Politecnico di Losanna, ponendosi in una posizione avanguardistica nel settore degli archivi digitali, credendo che l’innovazione tecnologica, se messa a servizio della conoscenza, può dare un grande contributo al progresso degli studi umanistici.
Infine, nel 2018 si terrà la V edizione del Premio per la traduzione poetica «Benno Geiger», voluto da Elisabetta Paolina Geiger, che regola l’assegnazione di tre borse di studio residenziali al centro «Vittore Branca» per laureati (bando consultabile sul sito www.cini.it). Un anno, dunque, di grande cultura quello che organizza la Fondazione Cini per questo 2018.

Informazioni utili 
Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia, tel. 041.2710357, fax 041.2710221. Sito internet: www.cini.it.

lunedì 8 gennaio 2018

Dalla mostra «Il mondo che non c’era» ai «Dialoghi» sulla cultura: il 2018 della Fondazione Giancarlo Ligabue

Sono due i grandi eventi espositivi che costituiranno i cardini dell’attività studiata dalla Fondazione Giancarlo Ligabue per il 2018. Entrambi avranno come scenario Venezia, la città dove quasi cent’anni fa iniziò l’avventura imprenditoriale della famiglia Ligabue e dove prese corpo la passione di esploratore e collezionista di Giancarlo, il padre di Inti, attuale presidente della fondazione, che quest’anno festeggia il suo terzo anno di attività.
Agli inizi di gennaio aprirà le porte al pubblico negli spazi di Palazzo Loredan, sede dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, la mostra «Il mondo che non c’era. L’arte precolombiana nella collezione Ligabue» (dal 12 gennaio al 30 giugno 2018), già presentata con successo lo scorso anno a Firenze, Rovereto e Napoli.
Oltre centocinquanta opere selezionate da Jacques Blazy, specialista delle arti pre-ispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud, conducono il visitatore tra le meraviglie dei Maya, degli Aztechi degli Inca e di tanti altri popoli che abitarono il territorio latino-americano prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo e dei Conquistadores.
Le opere, tutte provenienti dalla collezione di Giancarlo Ligabue, raccontano di un continente palpitante di umanità, rimasto per l’Europa dietro il velo degli oceani fino al 1492. Attraverso opere pregevoli, che spaziano dalle figurine antropomorfe di ceramica delle cultura Tlalica e Olmeca ai bellissimi gioielli delle civiltà Maya, è possibile approfondire diversi aspetti della vita e della cultura sviluppatisi al di là degli Oceani, ma anche conoscere i «debiti», in termini di nuove tradizioni e colture, che l’Europa ha nei confronti del Nuovo Mondo: si pensi ad alcuni alimenti come il cacao, i pomodori e le patate) che sono arrivati per mediazione delle cucine della Corte spagnola nella tradizione alimentare italiana e anche veneta, ma anche al gioco con il pallone «di gomma» che scopriamo, grazie ad alcune raffigurazioni sul tema presenti in mostra, essere profondamente e anticamente radicato nella civiltà e nella ritualità mesoamericana.
Palazzo Loredan farà anche da scenario al successivo e inedito progetto espositivo della Fondazione Giancarlo Ligabue, che permetterà ancora una volta di vedere parte della sua ricca collezione: «Idoli, gli sguardi del potere», in programma dal 1° settembre al 6 gennaio 2019. L’esposizione, curata da Annie Caubet, sarà un viaggio attraverso il tempo e lo spazio - in un’ampia area geografica dal Mediterraneo all’Indo, all’Egitto - dal tardo Neolitico all’Antica Età del bronzo (ca. 4000-2000 a.C.), per indagare attraverso un centinaio di opere l’affascinante rappresentazione antropomorfa e il suo approccio artistico nelle società complesse che allora si stavano affermando.
Grande attesa c’è anche per il symposium internazionale «How Humans Conquered the World», presieduto da Donald Johanson, che nel maggio del prossimo anno porterà a Venezia paleontologi e antropologi da ogni parte del mondo per fare il punto su come gli uomini abbiano conquistato la terra alla luce delle recenti scoperte paleontologiche.
Nel 2018 continueranno anche gli appuntamenti con i «Dialoghi della fondazione», incontri a ingresso gratuito promossi con intellettuali di diversi campi del sapere e della cultura (tra i precedenti il teologo Vito Mancuso, il critico d’arte Philippe Daverio e il matematico e logico italiano Piergiorgio Odifreddi) per avvicinare gli studiosi a un vasto pubblico di appassionati riflettendo sulle più ampie tematiche, in piena aderenza al motto della Fondazione Ligabue «Conoscere e far conoscere».
La fondazione proseguirà, inoltre, durante quest’anno le sue collaborazioni con scienziati e università internazionali (Usa, Perù e Kazhakstan, per esempio).
Questi appuntamenti costituiscono il coronamento di un percorso che finora ha coinvolto in diverse città italiane quasi centomila persone, promuovendo cataloghi e ricerche, nuove collaborazioni con Istituzioni culturali nazionali e internazionali. Oltre ai quarantacinquemila contatti social, circa tremila studenti veneti hanno partecipato, negli ultimi mesi, ad attività di laboratori promossi dalla fondazione. Grande successo registra anche il «Ligabue Magazine», la rivista scientifica edita in italiano e inglese dalla fondazione, il cui direttore editoriale è Alberto Angela, che è divenuto ormai oggetto da collezione ambitissimo, grazie ai contribuiti di noti studiosi e al ricchissimo corredo iconografico.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Inti Ligabue; [fig. 2] Vaso antropomorfo, culture Moche, Perù, 100 a. C.-200 d.C.. Venezia, Collezione Ligabue; [fig. 2] Urna funeraria con effige del dio Cocijo, Cultura Zapoteca, Messico. Venezia, Collezione Ligabue

Informazioni utili 
Fondazione Giancarlo Ligabue, San Marco 3319 – Venezia. Informazioni: tel. 041.27 05 616, info@fondazioneligabue.it. Sito internet: www.fondazioneligabue.it.

sabato 23 dicembre 2017

Un insolito Natale: festa a casa de' Bisognosi

Natale per «Culturando» è sinonimo di favola. Dopo la storia dello scorso anno dedicata a Gioachino Rossini e al suo pantagruelico pranzo del 25 dicembre, gli «Attori in erba» (diciotto ragazzi dagli 11 ai 15 anni) rivolgono la loro attenzione al magico mondo della Commedia dell’arte, soffermandosi sulla figura di Pantalone de’ Bisognosi. Il laboratorio di scrittura creativa della scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti» ha presentato venerdì 22 dicembre, nell’ambito della lezione aperta «...E che festa sia» (che ha visto in scena anche «I piccoli attori»), una favola-canovaccio redatta nell’ambito del progetto «Tra maschere, lazzi e canovacci». Firmano l’idea Sara Mascheroni e Anna Giulia Pittarello.

LA FAVOLA: Sarà per tradizione. Sarà per autentico sentimento. Ma a Natale siamo tutti più buoni, generosi, affabili e sereni. Tutti, tranne uno: Pantalone de’ Bisognosi. A casa sua non si fanno l’albero e il presepe. Non si scartano i regali. E, soprattutto, non ci si abbuffa con dolci e leccornie. Ne sanno qualcosa Arlecchino, Brighella, Pulcinella, Colombina, la figlia Isabella e lo storico amico Pantofola da Montepulciano, al quale si deve uno dei soprannomi più conosciuti del ricco mercante veneziano: «braccino corto».

Ormai da anni, la sera della Vigilia nella casa di Pantalone si serve in tavola un menù a dir poco insolito: «zuppa di pane (poco) e cipolle (tante), profumo di carne sniffato dalla cucina del vicino, insalata di erbe amare e invidia (sì, proprio invidia, non indivia come farebbero tutti gli altri), e, per dessert, un biscotto secco, anzi secchissimo». Sarebbe stato così anche quell’anno? Sembrava proprio di sì.

Mancavano ormai pochi giorni a Natale e Pantalone rispondeva sempre con un no deciso a tutte le proposte dei suoi servitori.
 «Vado a prendere in ripostiglio l’albero e le decorazioni per abbellire la casa?», chiedeva civettuola Colombina.
 «Un mio amico di Napoli mi ha regalato un bel presepe del Settecento, fatto dagli artigiani di via San Gregorio Armeno. Lo mettiamo in salotto, vicino alla finestra che si affaccia sul Canal Grande?», domandava con il solito atteggiamento svogliato Pulcinella.

«Sior paròn, g’ho già una fame che no ghe vedo. Mi sogno la cena della Vigilia da giorni: mi immagino sulla nostra tavola natalizia bigoli in salsa, risi e bisi, sardele in saor, baccalà mantecato, moleche col pien, baìcoli, torone e il panettone di Meneghino. Giuro che mangerò tutto e ne vorrò ancor di più. Sior paròn, vado a far la spesa così siamo sicuri di avere tutto in dispensa?», chiedeva con un sorriso astuto Arlecchino.
A tutte le domande Pantalone rispondeva «Nooo. Gh’ho dito no ed è no. A casa nostra non si festeggia il Natale». Ma il ricco mercante di Venezia non aveva fatto i conti con un  «buffo uomo vestito di rosso», dalla lunga barba bianca e con la casa piena di regali per i bambini di tutto il mondo.

 La sera del 23 dicembre di quell’anno, in anticipo di qualche ora (forse un po’ troppe), Babbo Natale planò con la sua slitta sul tetto del palazzo de’ Bisognosi, si calò lentamente nel camino, andò in cucina e…rapì Colombina.

Potete immaginare che gran trambusto ci fu in quella casa. Arlecchino piangeva disperato pensando di aver perso per sempre l’amore della sua vita e, soprattutto, la sua locandiera personale. Brighella temeva di dover lavorare anche il giorno di Natale ed era quasi certo che Pulcinella, sempre impegnato dalla mattina alla sera nell’arte del «dolce far niente», non lo avrebbe aiutato nemmeno in quella difficile situazione. Pantalone, invece, era contento, anzi contentissimo: in casa ci sarebbe stata una persona in meno a ricordargli che si stava avvicinando il 25 dicembre. Mentre la slitta di Babbo Natale volava in cielo, il ricco mercante veneziano si era messo addirittura a ridere, saltare e gridare: «Addio Colombina. È stato un piacere averti conosciuta, ma era già da qualche tempo che pensavo di sostituirti con la tua amica Smeraldina. Non ti preoccupare, mi hanno detto che se un buffo uomo vestito di rosso ti mette in un sacco e ti rapisce, non devi aver paura: qualcuno ha chiesto un tesoro per Natale. Ah, ah, che ridere! E adesso mi chiudo nella mia stanza e ci rimango fino al 26 dicembre. Ah, ah, che ridere!».

Babbo Natale sorrise serafico e pensò tra sé e sé: «mio caro vecchio barbagianni, chi la fa, l’aspetti». Colombina era, infatti, il prezioso regalo che avrebbe trovato sotto l’albero Isabella, la figlia di Pantalone, per realizzare il suo più grande sogno: una festa di Natale per tutti i veneziani, che avrebbe riunito intorno allo stesso grande tavolo adulti e bambini, ricchi e poveri, simpatici e antipatici, amici e nemici.

In gran segreto tutte le maschere della Commedia dell’arte stavano arrivando a Venezia, su invito del «buffo uomo vestito di rosso», con un piatto tipico della loro terra: Tartaglia avrebbe portato la pizza napoletana e gli strufoli, Peppe Nappa i cannoli e le cassate, Gianduja i gianduiotti e il bollito misto alla piemontese con il bagnet ross e verd, il dottor Balanzone la mortadella di Bologna e i tortellini da fare in brodo, Meo Patacca gli gnocchi alla romana, Meneghino il panettone e Pantofola da Montepulciano del buon vino toscano. Mentre Colombina avrebbe preparato tutti i piatti veneziani che piacevano tanto al suo amato Arlecchino.

 Ci vollero una notte e un giorno per i preparativi: si dovette diramare l’invito a tutti i veneziani, preparare l’albero e il presepe, incartare i regali e portare di nascosto le pietanze nel palazzo di Pantalone, l’inconsapevole ospitante della festa. Il segreto non durò molto. Al primo vociare di bambini, il vecchio mercante si alzò di scatto dal letto. Uscì dalla sua stanza. Si guardò intorno. Capì che cosa stava succedendo e decise di far pagare a tutti il biglietto di ingresso al palazzo. Ci volle l’intervento di Isabella per far capire al padre che in una serata tanto speciale come quella della nascita di Gesù l’unica moneta da far pagare erano le parole di poesie famose e le note di belle canzoni e così fu, ma non prima che Pantalone dicesse a tutti i presenti: «…E che festa sia!».

 Forse è vero: a Natale siamo tutti un po’ più buoni.

Gli ATTORI IN ERBA di CULTURANDO