ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 18 dicembre 2020

Louise Bourgeois e le ragioni del cuore: sulle Alpi svizzere e on-line una mostra della galleria Hauser and Wirth

«Il cuore ha le sue ragioni di cui la ragione non sa nulla»: prende spunto da questa celebre aforisma di Blaise Pascal il titolo della mostra «The Heart Has Its Reasons», con cui la galleria internazionale Hauser and Wirth celebra questo inverno Louise Bourgeois (Parigi, 1911- New York, 2010), una delle artiste più amate del XX secolo, che ci ha lasciato un patrimonio visivo e poetico difficile da etichettare in una particolare corrente artistica per la propria ricchezza e complessità.
Scenario dell’esposizione, in programma dal 19 dicembre al 3 febbraio, sarà lo spazio espositivo Tarmak22 all’aeroporto di Gstaad, sulle Alpi svizzere, nell’Oberland bernese. Ma la rassegna, come avviene spesso in questi tempi di pandemia, che rendono più difficili gli spostamenti, sarà visibile anche on-line sul sito www.hauserwirth.com, dove già la scorsa primavera, in occasione del lockdown, era stata ospitata una mostra virtuale dell’artista franco-americana, allora dedicata alla sua opera su carta, con quattrodici lavori a inchiostro, acquerello e matita in bilico tra figurazione e astrazione.
Questa volta, accanto a disegni e grafiche, sarà visibile anche una selezione di importanti sculture, tra cui un’icona della public art come «Couple», qui presentata in una versione realizzata tra il 2007 e il 2009, nella quale i capelli della figura femminile si trasformano in un'eccentrica forma a spirale che la lega insieme al soggetto maschile. L’abbraccio viscerale tra i due corpi, sospesi nel vuoto, sta a indicare la volontà di rendere eterno il rapporto amoroso, ma anche la fragilità e la precarietà della relazione, con la conseguente paura di perdere l’altro. 
In questo lavoro, come in tutta la sua produzione, Louise Bourgeois ha dato voce ai propri fantasmi interiori. Ha ricomposto il puzzle intricato della sua esistenza. Ha restituito fisicità, «forma e stile», alle sue ansie e ossessioni, ai tradimenti e agli abbandoni che ha esperito, alla rabbia e alla solitudine.
L’artista ha, dunque, ossessivamente e caparbiamente scolpito nel marmo, con il bronzo, il ferro, la stoffa, la gomma o l’argilla il proprio vissuto, consapevole che per lei creare fosse «un atto di sopravvivenza», una «garanzia di salute mentale», un «esorcismo».
Per addentrarsi nell’universo creativo di Louise Bourgeois bisogna conoscere la sua biografia, caratterizzata da un rapporto conflittuale con il padre, impenitente donnaiolo, che ebbe una relazione con la giovane istitutrice inglese dei figli, mentre la moglie soffriva per la sua salute cagionevole. Fin da piccola, l’artista si avvicinò al disegno grazie al lavoro dei genitori, che erano restauratori di arazzi. Dopo il baccalauréat, studiò matematica e filosofia, per poi passare alla scuola d’arte e, nel 1938, sposarsi e volare oltreoceano con il marito, lo storico dell’arte americano Robert Goldwater, dando una svolta alla sua vita.
Il bisogno d’amore e il rapporto con l’altro -sentimenti di pascaliana memoria- sono la «stella polare» del suo percorso creativo, al centro del quale ci sono temi quali la coppia, la forma in coppia, la casa, il letto, il paesaggio e l'anatomia umana, tutti radicati nel gioco dinamico tra le opposizioni binarie: mente e corpo, geometrico e organico, maschio e femmina, conscio e inconscio.
Raccontano bene questo percorso le opere selezionate per la mostra elvetica, realizzate in un arco temporale che spazia dal 1949 al 2009. Tra di esse ci sono «In the two nest-like hanging Lairs» (1962; 1986-2000) e «Untitled No.7» (1993), dove la casa è sinonimo di rifugio e sicurezza, ma anche «Eyes» (2001), in cui la luce emana dalle pupille sporgenti come per proiettare un paesaggio psichico interiore sulla realtà esterna. Tra i disegni è esposta la suite «La Rivière Gentille» (2007), che allude al fiume Bièvre che scorreva dietro la casa d'infanzia di Bourgeois ad Antony; il paesaggio è introiettato nel corpo e persona e luogo si fondono attraverso l'atto di rievocazione dell'artista.
A tal proposito vengono in mente le parole della stessa Louise Bourgeois nel libro «Distruzione del padre, Ricostruzione del padre. Scritti e interviste 1923-2000»: «Ho bisogno dei miei ricordi. Sono i miei documenti. […] Bisogna distinguere i ricordi. Se sei tu ad andare da loro, stai perdendo tempo. La nostalgia è improduttiva. Se vengono da te, sono dei semi di scultura». Semi di scultura, i suoi, che parlano anche di noi, delle nostre insicurezze, dei conflitti che abitano il nostro cuore, soprattutto in questi tempi incerti.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Louise Bourgeois nella sua casa in 20th Street a NYC nel 2000. Photo: © Jean-François Jaussaud; [fig. 2] Louise Bourgeois, The Couple, 2007-2009. Alluminio fuso e lucidato,  pezzo da 154.9 x 76.2 x 66 cm / 61 x 30 x 26 in. Photo: Christopher Burke; [fig. 3] Louise Bourgeois, Untitled (No. 7), 1993. Bronzo, patina di nitrato d'argento. 12.1 x 68.6 x 43.2 cm / 4 3/4 x 27 x 17 in. Photo: Christopher Burke; [fig.4] Louise Bourgeois, Eyes, 2001. Bronzo, patina marrone dorato e luce elettrica. Primo occhio: 99 x 137.1 x 147.3 cm / 39 x 54 x 58 in. Secondo occhio: 86.3 x 147.3 x 121.9 cm / 34 x 58 x 48 in; [fig. 5] Louise Bourgeois, Night and Day, 2007. Tinture su tessuto cucito a mano, in due parti.  83.8 x 106.7 cm / 33 x 42 in. Photo: Christopher Burke

Informazioni utili
Louise Bourgeois. The Heart Has Its Reasons. Tarmak22, Gstaad Saanen Airport - Gstaad  (Svizzera). Orari: dal mercoledì alla domenica, ore 11.00-17.00. Informazioni e richiesta appuntamenti: +41.337486200. Sito internet per informazioni e visita virtuale: www.hauserwirth.com. Dal 19 dicembre al 3 febbraio 2021


giovedì 17 dicembre 2020

«Rhizome»: da Lachapelle a Gilberto Zorio, tredici artisti da vedere on-line e alla galleria Poggiali di Firenze

In presenza o on-line, nella sede di Firenze o davanti al proprio computer, nella tranquillità della propria casa: è una duplice fruizione quella che propone la Galleria Poggiali per «Rhizome», collettiva ispirata al concetto filosofico elaborato dai francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari per parlare di un tipo di ricerca che procede per multipli, senza punti di entrata o uscita ben definiti e senza gerarchie interne. Le opere esposte, visibili fino al prossimo 6 marzo, «si interconnettono -specificano, a tal proposito, dallo spazio espositivo toscano- attraverso una relazione di carattere orizzontale priva della necessità di un centro, nella quale ogni elemento è funzionale al processo, priva di determinazioni gerarchiche proprie di un sistema verticale ad albero».
Ad aprire il percorso espositivo, che allinea i lavori di tredici artisti contemporanei, sono due opere in marmo di Fabio Viale: la nuova «Doar Release» (2020), riproduzione di una mano tatuata con l’indice rivolto verso il cielo, e «Kouros (Hollow)» (2019), un busto concavo in sospensione dal richiamo classico, concepito come una forza possente capace di uscire dal muro alla maniera di un trofeo, uno scudo, un’epidermide dirompente o un reperto.
Nella stessa sala è esposta «Paesaggio artificiale» di Goldschmied and Chiari, un’opera realizzata fotografando in studio fumogeni colorati e associandoli con vetro e superficie specchiante in un processo poeticamente e tecnicamente alchemico e performativo.
La fotografia è protagonista anche della seconda sala, dove si trovano - oltre a un aeroplanino in marmo bianco, sempre di Fabio Viale - i lavori di Slater Bradley e Grazia Toderi, della quale sono esposte due opere della serie «Atlante rosso». Si avvicendano, quindi, una serie di scatti di Luigi Ghirri, dedicati a Reggio Emilia e Padova, e un’opera della serie «Awakened» di David Lachapelle, esposta sul fondo del corridoio che porta alla terza sala.
Le radici di «Rhizome» si allargano fino a toccare Gilberto Zorio con la sua «Stella Africa», un’opera del 1983 particolarmente iconica nel quale la stella in porcellana è adagiata su una pelle nera. Nello stesso spazio si trovano altre opere di artisti appartenenti all’Arte povera. Di Claudio Parmiggiani – recentemente protagonista nella galleria fiorentina dell’ampia mostra «A cuore aperto», a cura di Sergio Risaliti - è proposta una bella arpa settecentesca ornata da farfalle gialle ed è stata selezionata una 'delocazione' di tre metri che ha per soggetto la celebre libreria, proposta anche al Maxxi di Roma, nella rassegna per il decennale, in una declinazione avvolgente di ventidue tavole di oltre due metri ciascuna a formare un’intera sala senza soluzione di continuità. 
Sempre in questa stanza si trova una carta di Eliseo Mattiacci, che era stata presentata nella monumentale monografia «Gong», tenutasi nel 2018 al Forte Belvedere di Firenze.
Claudio Parmiggiani ritorna protagonista anche nella sezione successiva con un lavoro ispirato a Giorgio Morandi, che materializza poeticamente l’assenza e il passaggio del tempo. In questo spazio della mostra si trova anche una selezione di lavori di Enzo Cucchi, uno dei protagonisti della Transavaguardia. In queste opere si manifesta l'ossessione dell'artista per la pittura, per Vincent Van Gogh, per i miti e per la tracimazione del perimetro della pittura. 
La parte finale della galleria è dedicata al ritorno alla pittura messasi in luce sul finire degli anni Novanta con Luca Pignatelli, Manfredi Beninati e Marco Fantini. Di quest’ultimo è esposta «Prima di Prima», un’opera su tavola di grandi dimensioni, già presentata  nella personale al Museo Licini di Ascoli Piceno e scelta per la copertina del catalogo del medesimo progetto espositivo, che sintetizza la complessità iconografica dell'artista.
Di Pignatelli soggetti classici come «Afrodite» e «Testa femminile» sono presentati sul supporto del telone ferroviario che ne ha sempre contraddistinto la poetica, sia nella versione bruna originaria, sia nelle sperimentazioni aggiornate con l’introduzione del colore, del legno di recupero oppure della carta.

Manfredi Beninati espone, invece, un lavoro recente, che è una sintesi della sua dimensione intima e che è una personale esplorazione del tema del viaggio della vita.
Il risultato è una bella collettiva, visitabile anche on-line grazie al lavoro dello Studio09, che, tra differenze e confronti, tratteggia anche un ritratto del lavoro della Galleria Poggiali negli ultimi anni.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Paesaggio artificiale» di Goldschmied & Chiari e «Kouros (Hollow)» di Fabio Viale; [fig. 2] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Senza titolo» di Eliseo Mattiacci e «Senza titolo» di Claudio Parmiggiani; [fig. 3] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Stella Africa» di Gilberto Zorio; [fig. 4] David Lachapelle, «Awakened Jonah», 2007, Digital Color C-print, cm 101,6x76,2; [fig. 5] Manfredi Beninati, «Senza titolo», 2019, olio su tela, cm 200x133

Informazioni utili
Rhizome. Galleria Poggiali, via della Scala, 35/Ar – Firenze. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-13.00 e ore 15.00-19.00, domenica su appuntamento. Ingresso libero. Tour virtuale su , www.galleriapoggiali.com/it/virtual-exhibition, 24 ore su 24 sia in italiano che in inglese. Informazioni: tel. 055.287748 | info@galleriapoggiali.com. Fino al 25 gennaio 2021. La mostra è stata prorogata fino al 7 aprile 2021. 

[pubblicato il 17 dicembre 2020; aggiornato il 5 marzo 2021]

mercoledì 16 dicembre 2020

«Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo»: un libro di 24 Ore Culture per scoprire i segreti dei più importanti film di animazione

Le avventure di Topolino, Pippo e Paperino, ma anche i film d’avventura su Dumbo, Bambi e Robin Hood ci accompagnano da quando siamo bambini. Dietro di loro si nasconde il nome di uno dei disegnatori più importanti e amati del Novecento, Walt Disney, creatore nel 1923 di uno studio d’animazione in California che oggi è un vero e proprio impero quotato in borsa.
Di anno in anno dagli studi della Disney sono usciti personaggi sempre più moderni, che hanno conquistato i bambini e non solo: da Merida ad Ariel, da Belle a Pocahontas, da Elsa a Hercules, senza dimenticare Cenerentola, Biancaneve e la Bella addormentata.
Chissà come sono nati questi personaggi? Chi ha disegnato le avventure di cui sono protagonisti? E chi ha dato loro voce e vita davanti a uno schermo? A queste domande risponde una delle ultime uscite editoriali di 24 Ore Culture: il volume «Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo», catalogo dell’omonimo mostra di prossima apertura al Museo delle culture di Milano
In attesa di scoprire quando riapriranno in Italia teatri, pinacoteche e spazi espositivi, ancora chiusi per effetto dell’ultimo Dpcm per contrastare la diffusione del Coronavirus, e poter così vedere anche la nuova esposizione del Mudec, gli appassionati di fumetti e film d’animazione possono sfogliare e leggere questo bel libro, realizzato con la consulenza scientifica di Federico Fiecconi.
Il volume, disponibile sia on-line che in libreria, permette di vedere all'opera gli artisti della Disney mentre utilizzano le più svariate tecniche per rinnovare l'antichissima arte di raccontare storie attraverso le immagini, dando nuova vita a miti, favole, leggende e fiabe.
Walt Disney e il suo studio hanno, infatti, attinto al patrimonio delle più popolari narrazioni delle diverse tradizioni culturali e letterarie, creando un affascinante melting pot tra continenti ed epoche della storia, da Esopo a Charles Perrault, dai fratelli Grimm all’epica greco-romana, fino a giungere alla favolistica orientale e al romanzo «Pinocchio» del nostro Carlo Collodi.
Il libro illustra le origini letterarie di tali storie e ne esplora le reinterpretazioni da parte degli studi di animazione della Disney.
Il disegnatore americano e i team creativi che gli sono succeduti le hanno sintetizzate e modernizzate, rendendole più accessibili e più interessanti per il pubblico contemporaneo. Farlo ha richiesto un processo lento, scrupoloso e continuo.
Per ciascuna pellicola sono stati, infatti, necessari diversi anni di lavoro, che dall’idea iniziale hanno portato a costruire un intero film, dove le immagini prendono vita e si animano. Acquerello, carboncino, pastello, matita, grafite, inchiostro, guazzo, colori acrilici e a resina, pittura digitale sono la grande varietà di tecniche utilizzate per fare questo lavoro.
Brani tratti da note di produzione e da interviste con gli artisti gettano, inoltre, luce dietro le quinte di alcuni fra i più noti classici d’animazione, offrendo uno sguardo storico sugli approcci narrativi e sulle intenzioni che li hanno informati.
Il volume conduce in questo modo il lettore a conoscere le tante figure professionali coinvolte in questo grande e corale lavoro artistico e artigianale di straordinaria creatività e dedizione.
Paperino
e Topolino, Robin Hood e Biancaneve, la Sirenetta e i personaggi di «Frozen» sono solo alcuni dei tanti protagonisti che il libro ci svela e ci racconta attraverso un insieme unico di immagini, disegni, schizzi e maquettes.
A partire dal tratto con cui ciascun disegnatore ha saputo creare personaggi indelebili per le successive generazioni, il volume porta così adulti e bambini a entrare visivamente nei Walt Disney Animation Studios, comprendendo dall'interno come nasce un capolavoro di animazione. 
Affascinante non è solo la storia degli studios, ma anche quella del loro fondatore, geniale visionario, creatore e ispiratore di una nuova arte dello storytelling, che, nel corso della sua vita, ha ricevuto più di novecentocinquanta premi e riconoscimenti in tutto il mondo, fra cui quarantotto Oscar e sette Emmy.
Il disegnatore americano non si stancava mai di perfezionare l’arte dell’animazione. «Steamboat Willie», dove compariva per la prima volta Topolino, fu il primo cartone animato al mondo realizzato con il sonoro sincronizzato a debuttare davanti al pubblico. Era il 1928. Mentre durante la produzione della serie «Silly Symphonies» fu introdotto il technicolor. Nel 1937 «The Old Mill» fu, invece, il primo cortometraggio a utilizzare la tecnica della cinepresa multipiano. Ma l’interesse di Walt Disney per la combinazione di musica e animazione lo ha portato nello stesso anno anche  a produrre il primo acclamato lungometraggio musicale animato degli studios, «Biancaneve e i sette nani», considerato ancora oggi una delle pietre miliari della storia del cinema.
Pur dividendosi tra televisione, film in live action, film di animazione e Disneyland, il disegnatore americano continuò sempre a migliorare il processo di produzione delle animazioni. Una delle innovazioni più importanti fu la tecnologia Xerox, un processo xerografico che permetteva di trasferire le linee disegnate dagli animatori direttamente sui fogli di acetato, invece di farle ripassare a inchiostro dal reparto Ink and Paint.
Oggi come in passato, i Walt Disney Animation Studios sono un reparto creativo, artistico e innovativo che produce film unici, raccontando storie che continuano ad attirare il pubblico di tutto il mondo.
Questi film oggi possono essere scoperti anche grazie a questo bel libro di 24 Ore Culture e alla mostra che -si spera presto- aprirà le porte a Milano. 

Didascalie delle immagini
[Fig.1 ] Copertina del libro Disney. L'arte di raccontare storie senza tempo; [fig. 2] Biancaneve e i Sette Nani, 1937 | Disney Studio Artists | Composizione con acetato | Inchiostro e pittura su acetato e guazzo su carta (riproduzione dell'originale) | © Disney; ; [fig. 3] Robin Hood, 1973 | Disney Studio Artist.Concept art | Guazzo, pennarello e inchiostro su carta. © Disney; [fig. 4] La Spada nella Roccia, 1963 | Disney Studio Artist. Concept art | Inchiostro e pastello su carta | © Disney; [fig. 5] Pinocchio, 1940 | Disney Studio Artist. Studio di personaggio | Stampa su carta | © Disney; [fig. 6] Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle, 2019. Jin Kim | Concept art | Disegno digitale su carta | © Disney

Informazioni utili 
Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo. A cura di Walt Disney Animation Research Library, con la consulenza scientifica di Federico Fiecconi. 24 ORE Cultura, Milano 2020. Formato: cartonato, 23 x 31 cm. Pagine: 244 pp. Illustrazioni: 100. Prezzo: € 34,00. Codice ISBN: 978-88-6648-445-5. In vendita in libreria e online. Sito: www.24orecultura.com