ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 4 marzo 2021

Punta Conterie, una pausa tra arte e cibo nel cuore di Murano

(Aggiornato il 27 aprile 2020, alle ore 11.00) -Non è stata una ripartenza facile quella di Punta Conterie, l’hub frutto dell’impegno e della visione di Alessandro Vecchiato e Dario Campa nato due anni fa nel cuore di Murano, l’isola simbolo della tradizione vetraria a livello internazionale. Nel 2019 i due imprenditori non solo hanno restituito al comprensorio veneziano, un patrimonio architettonico inestimabile - una delle costruzioni più rappresentative dell’edilizia industriale muranese nel crocevia di navigazione tra il Canale Grande e il Canale San Donato - ma hanno anche dato vita a uno spazio fluido in cui le arti e il cibo, la creatività e l’enogastronomia, si compenetrano stimolando percorsi visivi, culturali e del gusto inusuali.
La riapertura graduale di Punta Conterie, inizialmente prevista per marzo e poi posticipata per l'aggravarsi della situazione sanitaria, si chiuderà sabato 1° maggio con la proposta food and wine dei nuovi menù - à la carte, degustazione, classico o del territorio, vegano - studiati per il «Vetri Restaurant / Bistrot» e per il «Vetri Café» dallo chef, di origini filippine, Johnmark Nanit, sotto la supervisione di Dario Campa. La valorizzazione della materia prima e la ricerca dell’equilibrio di sapori e consistenze giustapposti saranno alla base di piatti unici tra stagionalità e sperimentazione da assaporare in un angolo di Murano carico di storia: il complesso tra Palazzo Giustinian e la Basilica di San Donato che, nel 1891, iniziò a ospitare la Società veneziana per l’industria delle conterie, le minute perle in pasta vitrea ricavate dal taglio di una lunga e sottilissima canna forata arrotondata a caldo in particolari contenitori metallici.
Stessa scuola di pensiero si respira anche nella pasticceria del pastry chef Allaraj Selam: un mix di sapori in equilibrio e consistenze sorprendenti per delle proposte sfiziose solo in apparenza semplici, come un Babà-raj al rum con cannella, liquirizia e gelato al mascarpone o un Bonet e amaretti, gelato al cioccolato fondente 72% con barolo chinato, da accompagnare a centrifugati e estratti di frutta e verdura.
Con l'apertura di Punta Conterie ritornano accessibili al pubblico anche i due store dell’hub muranese: «InGalleria Shop» e «Fioraio Green Boutique».
Con una vasta selezione di prodotti a firma Punta Conterie, il cui filo conduttore è rappresentato dal vetro: piccoli oggetti di design, perle in vetro di Murano, gioielli contemporanei e accessori moda tra tradizione lagunare e alto artigianato, che da qualche mese sono disponibili anche sul nuovo canale di e-commerce di Punta Conterie.
«Fioraio Green Boutique» è, invece, l’angolo green dove poter scegliere tra piante stagionali, composizioni floreali uniche, piccoli oggetti e fragranze d’ambiente ispirati a profumi e colori della natura.
Ad affascinare i visitatori non è solo l’offerta alternativa di questo hub nel cuore di Murano, ma anche la sua costruzione. Il rapporto tra spazi esterni e interni si articola in modo naturale sui due livelli della struttura rinnovandosi in ogni ambiente. Situato al piano terra il «Vetri Café» gode di un ampio plateatico esterno cinto dai tipici mattoni industriali dell’epoca, accanto si apre lo spazio dedicato al green design con affaccio sulle aree industriali delle antiche Conterie. Al primo piano — dove si trovano l’area espositiva «InGalleria» e il «Vetri Restaurant / Bistrot» — la luce naturale rivela i dettagli originali dello spazio come il pavimento in rovere a spina di pesce completamente recuperato e restaurato, le travi a vista del soffitto, i cassonetti alla «sansovino» con i decori floreali anch’essi recuperati e restaurati e i toni grigio scuro e sabbia alle pareti che donano ulteriore profondità alle stanze.
Punta Conterie è anche sinonimo di mostre temporanee di caratura internazionale che raccontano le relazioni tra vetro e design negli spazi di «InGalleria Art Gallery».
Da sabato 10 aprile sono riprese le attività espositive di questa realtà con l'anteprima di «Murano in focus», mostra fotografica con protagonisti Luigi BussolatiMassimo Gardone e Roberta Orio.
Coordinato da Alessandro Vecchiato - anima artistica di Punta Conterie - il progetto presenta complessivamente ventuno opere sull’isola veneziana del vetro, frutto di tre sguardi molto diversi per contenuto, per supporto, per messaggio.
Luigi Bussolati
, chiamato a rappresentare le architetture industriali – che sono i luoghi di lavoro di chi ha costruito la fortuna artistica e commerciale di Murano –, suona le corde dello strumento che più gli è congeniale, e attraverso il suo peculiarissimo uso della luce ci restituisce delle immagini che, pur mantenendo un loro grande peso concreto, ci appaiono come realtà sospese, mondi sconosciuti e al tempo stesso rivelati finalmente nella loro interezza.
Massimo Gardone racconta, invece, mondi immaginari portandoci dentro i suoi «Orizzonti», facendoci sognare immersi negli oceani per poi proiettarci in prospettive costruite da riflessi. Il suo lavoro, stampato su una superficie specchiante, porta lo spettatore dentro l’immagine, permettendogli così di mettere in atto un proprio personale sguardo sulla poetica dell’opera.
Infine, il lavoro di Roberta Orio, punto di unione tra queste due letture – e ponte tra due mondi – concentra la sua visione nelle tracce di chi Murano la vive perché ci abita, perché ci lavora, ci passa del tempo della propria vita, e restituisce segni, parti, sezioni del modo che l’isola veneziana oggi rappresenta. Punta Conterie presenta, dunque, tre mostre in una per uno sguardo corale che è anche un grande omaggio a Murano e alle sue vetrerie, attività che, essendo strettamente connesse al turismo internazionale, hanno risentito più di altre la crisi per il Covid-19.

 
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] PuntaConterie. Foto di Maris Croatto; [fig. 2] PuntaConterie, terrazza del «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Maris Croatto; [fig. 3] PuntaConterie, «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Valentina Cunja; [fig. 4] Punta Conterie. Foto di Roberta Orio; [figg. 5 e 6] Punta Conterie, «In Galleria Shop». Foto di Valentina Cunja; [fig. 7] Punta Conterie, «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Maris Croatto 

Informazioni utili
Punta Conterie, Fondamenta Giustinian, 1 Venezia. Informazioni: tel. 041.5275174, info@puntaconterie.com. Sito internet: www.puntaconterie.com

mercoledì 3 marzo 2021

«Dear you», nella cassetta postale le lettere d’artista del Mambo di Bologna

«Caro amico, ti scrivo così mi distraggo un po’ / E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò…». Era il 1978 e Lucio Dalla, nel brano «L’anno che verrà», celebrava il piacere della scrittura epistolare. Oggi, con i social e le piattaforme di messaggistica sempre più imperanti nella nostra vita, abbiamo perso l’abitudine di prendere in mano carta e penna per mettere nero su bianco i nostri pensieri. A riscoprire il piacere della corrispondenza attraverso la spedizione postale è il Mambo di Bologna con il progetto «Dear you», a cura di Caterina Molteni, la cui identità visiva è firmata da Mattia Pajè.
Dopo aver esplorato nel 2020 la dimensione digitale, come molti musei in Italia colpiti dalla pandemia, l’istituzione felsinea si sposta, dunque, verso un medium più tradizionale con l’intento di accrescere le potenziali interazioni con il pubblico, dandogli e dandosi la possibilità di creare un rapporto tangibile con le opere, che sebbene non avvenga nello spazio espositivo non rinuncia a una fisicità non mediata dal digitale.
«Dear you» nasce da una riflessione sui confini e sulle potenzialità dello spazio intimo. Considerando le attuali condizioni di semi-isolamento a cui la popolazione mondiale è costretta, il progetto si sofferma sull'intimità non solo come sofferta solitudine, ma come luogo di una possibile e vitale auto-determinazione.
«Dear you» intende, dunque, osservare l’indagine introspettiva e il suo esercizio come spazio di trasformazione, concependo l’identità come una dimensione in divenire, possibile fonte di importanti rivoluzioni politiche e sociali, ma anche emotive e sentimentali.
Il progetto ideato da Caterina Molteni si propone, nello specifico, di rivalutare condizioni ed esperienze emotive come la fragilità e l'emotività, esaltandone gli elementi generativi. Incita a nuove forme di amore, erotismo, amicizia e lealtà, riflettendo su possibili risorse emotive e fisiche capaci di espandere il nostro spettro di auto rappresentazione e di desiderio personale e collettivo.
Questa particolare tipologia di mostra si struttura tramite sei interventi di artiste e artisti internazionaliHamja Ahsan (Londra, 1981), Giulia Crispiani (Ancona, 1986), Dora García (Valladolid, 1965), Allison Grimaldi Donahue (Middletown, 1984), David Horvitz (Los Angeles, 1982) e Ingo Niermann (Biefeled, 1969), che sono accomunati da una pratica fortemente legata alla poesia, alla scrittura e alla performance
La corrispondenza postale è la forma di comunicazione e di ricezione delle opere prescelta per il progetto.
Concepiti come poesie, brevi racconti, istruzioni per atti performativi e come dispositivi relazionali, i lavori che verranno realizzati dialogheranno con la dimensione creatrice del linguaggio, guardando alla lettura come un’esperienza trasformativa.
Allo stesso tempo, le artiste e gli artisti riflettono su temi di fondamentale rilevanza nella nostra contemporaneità come la perdita di contatto fisico e le relative ripercussioni sulla vita emotiva, la diminuzione della vita sociale condivisa e la necessità di creare nuove strategie di relazione e di cura, al di là dell’esperienza digitale.
«Dear you» richiama espressamente la corrispondenza amorosa per accentuare il forte intimismo innescato dalla ricezione di una lettera. In particolare si vuole sottolineare come la corrispondenza postale sia capace di alimentare dinamiche di cura grazie alla capacità di trasformare una voce lontana in qualcosa di tangibile e prossimo.
Il progetto permette, inoltre, la comunicazione e fruizione di opere d’arte fisiche oltre i confini geografici nazionali oggi bloccati e fortemente regolamentati dalle restrizioni imposte dalla pandemia globale, favorendo così lo scambio di idee e di gesti di attenzione.
Il Mambo invita il suo pubblico a partecipare e diventare lo «you» destinatario di questa corrispondenza artistica.
Per ogni iscrizione, che ha un costo di 20,00 euro per il biglietto intero e di 12,00 euro per i titolari di Card Cultura, «Dear you» prevede la spedizione di sei lettereuna per ogni artista coinvolto. Ogni busta conterrà un’opera in forma di lettera e un testo di accompagnamento sul progetto. È previsto l’invio di una lettera ogni due settimane, indicativamente tra marzo e maggio.
È Incluso nell’iscrizione un biglietto d’accesso alle collezioni del MAMbo del quale usufruire entro il 2021.
L’adesione a «Dear you» avviene tramite iscrizione online dal sito del MAMbo (www.mambo-bologna.org) fino al 14 marzo.
Durante la registrazione sarà richiesto l’indirizzo di spedizione al quale verranno recapitate le lettere.
Il progetto si apre, inoltre, alla possibilità di promuovere la formula della lettera sospesa: chiunque (privati, aziende, istituzioni) può acquistare dei pacchetti di abbonamenti e, fornendo la lista completa degli indirizzi, mandarli a gruppi di persone, associazioni, strutture assistenziali e istituti scolastici.
Con questa opportunità, così come accade con le mostre temporanee ospitate negli spazi del museo, sarà possibile strutturare insieme al Dipartimento educativo Mambo attività didattiche legate a ciascuna opera. Grazie a questa formula, saranno forniti al personale scolastico strumenti effettivi per laboratori didattici da svolgere in classe in concomitanza con la ricezione delle singole lettere.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alexa Karolinski e Ingo Niermann, Oceano de amor, 2019. Video still; [fig. 2] David Horvitz, Letters sent by David Horvitz to Ruth Wolf-Rehfeldt. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [fig. 3] David Horvitz, Lessons, 1 ottobre 2020 – 31 maggio 2021. Nassauischer Kunstverein, Wiesbaden, 2020. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [figg. 4 e 5] Dora García, EXILE, 2014 – in corso. Veduta di allestimento dell’installazione presso Witte de With Art Center (ora Melly Art Center), Rotterdam. Foto di Dora García; [fig. 6] Giulia Crispiani

Informazioni utili
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna, tel. +39.051.6496611 | Sito internet: www.mambo-bologna.org | Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna  | Instagram: @mambobologna | Twitter: @MAMboBologna | YouTube: MAMbo channel

martedì 2 marzo 2021

Torino, al via il restauro della facciata juvarriana di Palazzo Madama


È uno dei monumenti simbolo della storia e dell’arte di Torino, condensando, al suo interno, duemila anni di storia, dal I secolo a.C. all’epoca medievale degli Acaja, dal Barocco delle due «Madame reali» - Maria Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours - fino al Risorgimento, con il Senato del Regno sabaudo, e al costituirsi, nel 1934, del grande Museo civico di arte antica. Per Palazzo Madama, patrimonio mondiale dell’Umanità di Unesco, sta per scriversi una nuova pagina della sua storia. La facciata juvarriana, capolavoro architettonico del Settecento europeo, sarà sottoposta a un importante intervento di restauro e consolidamento dell’avancorpo centrale. Il lavoro è promosso dalla Fondazione Torino Musei e approvato dal Ministero per i beni culturali e dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, con il sostegno dalla Fondazione Crt che ha stanziato 2,4 milioni di euro.
Il progetto, ‘firmato’ dall’architetto Gianfranco Gritella, che in passato diede nuova vita alla Mole Antonelliana, prende le mosse dagli esiti del cantiere studio, realizzato, a partire dal 2018, dalla Fondazione Centro conservazione e restauro La Venaria reale, per valutare lo stato di conservazione della facciata, progettata tra il 1718 e il 1722 dall’architetto Filippo Juvarra per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, che ne fece la propria residenza dopo la salita al trono del figlio Vittorio Amedeo II.
Con il coinvolgimento anche del Politecnico e dell’Università degli studi di Torino, sono state condotte indagini scientifiche sui materiali e sulle alterazioni intervenute nel tempo. Le caratteristiche costruttive di Palazzo Madama e il marmo di Chianocco o Foresto utilizzato, estratto fin dal Cinquecento nelle omonime località nella bassa valle di Susa – di semplice lavorazione, ma affetto da «un male antico» legato alla propria friabilità – hanno fin da subito innescato problemi di conservazione e cedimenti strutturali, tanto che i primi tentativi per risolverli risalgono già alla fine del XVIII secolo.
L’intervento - perfetto mix tra tradizione e innovazione, tra antiche tecniche artigianali e metodologie all’avanguardia - inizierà prima dell’estate e durerà circa due anni. Verranno recuperati i marmi originali con l’impiego di materiali contemporanei, come fibre di carbonio, resina e acciaio inox nelle parti nascoste dell’edificio.
Il restauro sarà aperto al pubblico. All’interno di un padiglione appositamente realizzato in prossimità di Palazzo Madama, il pubblico potrà assistere alle principali fasi di restauro delle quattro grandi statue allegoriche. Un sistema di videocamere trasmetterà su alcuni schermi a terra le principali fasi di lavorazione e gli interventi più significativi in corso sulle impalcature. Ma non è tutto. Un ascensore montacarichi consentirà, inoltre, di condurre gruppi di visitatori in determinate aree del cantiere, sino alla quota della balaustra sommitale. Al termine dell’intervento, una mostra a Palazzo Madama illustrerà la storia millenaria dell’edificio e i restauri, e consentirà di conoscere parti del palazzo oggi sconosciute al grande pubblico.
Il progetto prevede, inoltre, un «cantiere della conoscenza» che consentirà, già nelle fasi iniziali, di esplorare parti dell’edificio nascoste, per ampliare gli spazi disponibili e fruibili dal pubblico: si tratta delle cosiddette «Cantine juvarriane», ossia gli affascinanti sotterranei dello scalone monumentale, l’area del fossato antistante la facciata e gli ambienti che, sino agli inizi dell’Ottocento, esistevano nel fossato adiacente al monumento al Cavaliere d’Italia e che conducevano da Palazzo Madama verso l’Armeria reale.
Per quanto riguarda il restauro, gli studi fino a oggi fatti hanno documentato, nello specifico, il cedimento del sistema portante settecentesco della facciata juvarriana, nove travi orizzontali in pietra lunghe sette metri e pesanti due tonnellate ciascuna. Questo ha messo in crisi l’intero sistema strutturale, causando numerose fessurazioni con distacchi di grossi frammenti. Al di sopra degli architravi vi sono tre ambienti ciechi, piccole camere lunghe circa 6 metri e alte 1,20 metri coperte da grandi archi in mattoni simili a tre ponti che, poggiati sulle colonne, sostengono il peso del cornicione, della soprastante balaustra e delle quattro gigantesche statue. Attraverso l’apertura di alcune botole praticate nel cornicione, è stato possibile ispezionare per la prima volta queste «amere nascoste» e verificare l’entità delle lesioni, per progettare il recupero e il consolidamento dell’intera struttura.
La parte più delicata e innovativa del progetto riguarderà senz’altro il consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale con la costruzione di tre travi reticolari in acciaio con profilo curvilineo all’interno di ogni campata o camera nascosta. Questi tralicci orizzontali – vere e proprie «protesi» reversibili – dovranno sorreggere gli architravi in pietra fessurati e, soprattutto, mantenere sospesi a particolari perni verticali le centinaia di lastre di marmo dei soffitti, per impedirne il cedimento, preservare e rendere visibili i bassorilievi. L’intervento prevede, quindi, di realizzare e portare in quota grandi piastre in acciaio sagomate e tagliate secondo le forme e le decorazioni presenti sui soffitti.
La facciata presenta degrado e dissesti su tutta la superficie lapidea. Gli agenti atmosferici e l’inquinamento urbano sono la causa principale della disgregazione della pietra, ricca di piccole cavità. Si prevede, quindi, un lungo e delicato lavoro di consolidamento e stuccatura per rendere il più possibile impermeabile, uniforme e priva di microcavità la superficie delle pietre utilizzate per costruire l’edificio. Un intervento mirato con impiego di fibre di carbonio e micro barre in resina e acciaio inox consentirà di prevenire ulteriori distacchi di frammenti e rendere stabili i decori scultorei più degradati, come i grandi capitelli delle colonne principali. Recuperando tecniche artigianali antiche, si risaneranno le principali lacune mediante l’inserimento di tasselli e il rifacimento di parti in marmo identiche all’originale, utilizzando la stessa pietra di Foresto recuperata appositamente per questo specifico restauro.
Mentre uno degli interventi più spettacolari del progetto riguarderà le quattro sculture in marmo di tre tonnellate ciascuna alte quattro metri, rappresentanti le Allegorie delle virtù del Buon governo o le Virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza), scolpite da Giovanni Baratta nel 1726. A causa del degrado che interessa la superficie delle statue ma, soprattutto, alla luce della frammentazione in più parti dei blocchi che le compongono, il progetto prevede la rimozione delle quattro grandi statue. L’intervento comprenderà il sezionamento della superficie di appoggio del basamento di ciascuna statua sulla balaustra – mediante una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave –-, l’inserimento delle statue all’interno di speciali gabbie in acciaio e il loro sollevamento e trasporto alla base dell’edificio. Qui ogni statua sarà restaurata e musealizzata. Al posto degli originali saranno inserite quattro copie identiche. Infatti, per evitare che il cornicione e la balaustra settecenteschi, privati del peso secolare costituito dalle statue, possano subire deformazioni o innescare ulteriori problemi di staticità nell’edificio, durante i restauri ciascuna scultura sarà temporaneamente sostituita sul posto da elementi provvisori dello stesso peso.
Saranno, inoltre, recuperati e restaurati gli undici finestroni vetrati di cinquanta metri quadrati ciascuno, i più grandi serramenti barocchi realizzati in Piemonte: saranno realizzati direttamente in opera dei particolari telai in acciaio speciale, debitamente disegnati e sagomati, applicati a contatto con il serramento in legno e parzialmente nascosti dalle sagome che li caratterizzano. Questi telai metallici avranno lo scopo di rendere indeformabili i finestroni, garantirne la stabilità strutturale e trasferire gli sforzi causati dalla spinta del vento direttamente sulla struttura muraria, scongiurando anche pericolose infiltrazioni d’acqua sullo scalone interno.
Torino si prepara, dunque, a ritrovare la «grande bellezza» della facciata di Palazzo Madama, unico edificio del barocco torinese, oltre alla Cappella della Sacra Sindone, costruito pressoché interamente in pietra, rompendo con la tradizione del costruire sabaudo esclusivamente in laterizio.

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