ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 2 marzo 2021

Torino, al via il restauro della facciata juvarriana di Palazzo Madama


È uno dei monumenti simbolo della storia e dell’arte di Torino, condensando, al suo interno, duemila anni di storia, dal I secolo a.C. all’epoca medievale degli Acaja, dal Barocco delle due «Madame reali» - Maria Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours - fino al Risorgimento, con il Senato del Regno sabaudo, e al costituirsi, nel 1934, del grande Museo civico di arte antica. Per Palazzo Madama, patrimonio mondiale dell’Umanità di Unesco, sta per scriversi una nuova pagina della sua storia. La facciata juvarriana, capolavoro architettonico del Settecento europeo, sarà sottoposta a un importante intervento di restauro e consolidamento dell’avancorpo centrale. Il lavoro è promosso dalla Fondazione Torino Musei e approvato dal Ministero per i beni culturali e dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, con il sostegno dalla Fondazione Crt che ha stanziato 2,4 milioni di euro.
Il progetto, ‘firmato’ dall’architetto Gianfranco Gritella, che in passato diede nuova vita alla Mole Antonelliana, prende le mosse dagli esiti del cantiere studio, realizzato, a partire dal 2018, dalla Fondazione Centro conservazione e restauro La Venaria reale, per valutare lo stato di conservazione della facciata, progettata tra il 1718 e il 1722 dall’architetto Filippo Juvarra per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, che ne fece la propria residenza dopo la salita al trono del figlio Vittorio Amedeo II.
Con il coinvolgimento anche del Politecnico e dell’Università degli studi di Torino, sono state condotte indagini scientifiche sui materiali e sulle alterazioni intervenute nel tempo. Le caratteristiche costruttive di Palazzo Madama e il marmo di Chianocco o Foresto utilizzato, estratto fin dal Cinquecento nelle omonime località nella bassa valle di Susa – di semplice lavorazione, ma affetto da «un male antico» legato alla propria friabilità – hanno fin da subito innescato problemi di conservazione e cedimenti strutturali, tanto che i primi tentativi per risolverli risalgono già alla fine del XVIII secolo.
L’intervento - perfetto mix tra tradizione e innovazione, tra antiche tecniche artigianali e metodologie all’avanguardia - inizierà prima dell’estate e durerà circa due anni. Verranno recuperati i marmi originali con l’impiego di materiali contemporanei, come fibre di carbonio, resina e acciaio inox nelle parti nascoste dell’edificio.
Il restauro sarà aperto al pubblico. All’interno di un padiglione appositamente realizzato in prossimità di Palazzo Madama, il pubblico potrà assistere alle principali fasi di restauro delle quattro grandi statue allegoriche. Un sistema di videocamere trasmetterà su alcuni schermi a terra le principali fasi di lavorazione e gli interventi più significativi in corso sulle impalcature. Ma non è tutto. Un ascensore montacarichi consentirà, inoltre, di condurre gruppi di visitatori in determinate aree del cantiere, sino alla quota della balaustra sommitale. Al termine dell’intervento, una mostra a Palazzo Madama illustrerà la storia millenaria dell’edificio e i restauri, e consentirà di conoscere parti del palazzo oggi sconosciute al grande pubblico.
Il progetto prevede, inoltre, un «cantiere della conoscenza» che consentirà, già nelle fasi iniziali, di esplorare parti dell’edificio nascoste, per ampliare gli spazi disponibili e fruibili dal pubblico: si tratta delle cosiddette «Cantine juvarriane», ossia gli affascinanti sotterranei dello scalone monumentale, l’area del fossato antistante la facciata e gli ambienti che, sino agli inizi dell’Ottocento, esistevano nel fossato adiacente al monumento al Cavaliere d’Italia e che conducevano da Palazzo Madama verso l’Armeria reale.
Per quanto riguarda il restauro, gli studi fino a oggi fatti hanno documentato, nello specifico, il cedimento del sistema portante settecentesco della facciata juvarriana, nove travi orizzontali in pietra lunghe sette metri e pesanti due tonnellate ciascuna. Questo ha messo in crisi l’intero sistema strutturale, causando numerose fessurazioni con distacchi di grossi frammenti. Al di sopra degli architravi vi sono tre ambienti ciechi, piccole camere lunghe circa 6 metri e alte 1,20 metri coperte da grandi archi in mattoni simili a tre ponti che, poggiati sulle colonne, sostengono il peso del cornicione, della soprastante balaustra e delle quattro gigantesche statue. Attraverso l’apertura di alcune botole praticate nel cornicione, è stato possibile ispezionare per la prima volta queste «amere nascoste» e verificare l’entità delle lesioni, per progettare il recupero e il consolidamento dell’intera struttura.
La parte più delicata e innovativa del progetto riguarderà senz’altro il consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale con la costruzione di tre travi reticolari in acciaio con profilo curvilineo all’interno di ogni campata o camera nascosta. Questi tralicci orizzontali – vere e proprie «protesi» reversibili – dovranno sorreggere gli architravi in pietra fessurati e, soprattutto, mantenere sospesi a particolari perni verticali le centinaia di lastre di marmo dei soffitti, per impedirne il cedimento, preservare e rendere visibili i bassorilievi. L’intervento prevede, quindi, di realizzare e portare in quota grandi piastre in acciaio sagomate e tagliate secondo le forme e le decorazioni presenti sui soffitti.
La facciata presenta degrado e dissesti su tutta la superficie lapidea. Gli agenti atmosferici e l’inquinamento urbano sono la causa principale della disgregazione della pietra, ricca di piccole cavità. Si prevede, quindi, un lungo e delicato lavoro di consolidamento e stuccatura per rendere il più possibile impermeabile, uniforme e priva di microcavità la superficie delle pietre utilizzate per costruire l’edificio. Un intervento mirato con impiego di fibre di carbonio e micro barre in resina e acciaio inox consentirà di prevenire ulteriori distacchi di frammenti e rendere stabili i decori scultorei più degradati, come i grandi capitelli delle colonne principali. Recuperando tecniche artigianali antiche, si risaneranno le principali lacune mediante l’inserimento di tasselli e il rifacimento di parti in marmo identiche all’originale, utilizzando la stessa pietra di Foresto recuperata appositamente per questo specifico restauro.
Mentre uno degli interventi più spettacolari del progetto riguarderà le quattro sculture in marmo di tre tonnellate ciascuna alte quattro metri, rappresentanti le Allegorie delle virtù del Buon governo o le Virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza), scolpite da Giovanni Baratta nel 1726. A causa del degrado che interessa la superficie delle statue ma, soprattutto, alla luce della frammentazione in più parti dei blocchi che le compongono, il progetto prevede la rimozione delle quattro grandi statue. L’intervento comprenderà il sezionamento della superficie di appoggio del basamento di ciascuna statua sulla balaustra – mediante una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave –-, l’inserimento delle statue all’interno di speciali gabbie in acciaio e il loro sollevamento e trasporto alla base dell’edificio. Qui ogni statua sarà restaurata e musealizzata. Al posto degli originali saranno inserite quattro copie identiche. Infatti, per evitare che il cornicione e la balaustra settecenteschi, privati del peso secolare costituito dalle statue, possano subire deformazioni o innescare ulteriori problemi di staticità nell’edificio, durante i restauri ciascuna scultura sarà temporaneamente sostituita sul posto da elementi provvisori dello stesso peso.
Saranno, inoltre, recuperati e restaurati gli undici finestroni vetrati di cinquanta metri quadrati ciascuno, i più grandi serramenti barocchi realizzati in Piemonte: saranno realizzati direttamente in opera dei particolari telai in acciaio speciale, debitamente disegnati e sagomati, applicati a contatto con il serramento in legno e parzialmente nascosti dalle sagome che li caratterizzano. Questi telai metallici avranno lo scopo di rendere indeformabili i finestroni, garantirne la stabilità strutturale e trasferire gli sforzi causati dalla spinta del vento direttamente sulla struttura muraria, scongiurando anche pericolose infiltrazioni d’acqua sullo scalone interno.
Torino si prepara, dunque, a ritrovare la «grande bellezza» della facciata di Palazzo Madama, unico edificio del barocco torinese, oltre alla Cappella della Sacra Sindone, costruito pressoché interamente in pietra, rompendo con la tradizione del costruire sabaudo esclusivamente in laterizio.

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