ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 1 luglio 2021

«Sii albero», Stefano Boeri dialogo con l’arte e la poetica di Maria Lai

È un dialogo a due sul legame tra uomo e natura quello che propone la mostra «Sii albero», per la curatela di Davide Mariani, allestita alla Stazione dell’arte di Ulassai, nel cuore dell’Ogliastra, in Sardegna. Protagonisti del percorso espositivo, visibile fino al 19 settembre, sono l’architetto Stefano Boeri e l’artista Maria Lai, con la loro visione affine, pur nell’originalità dei rispettivi linguaggi artistici, sul nostro vivere sulla terra, incentrate sui talvolta fragili equilibri sociali e ambientali.
Il progetto si compone di tre momenti interrelati tra loro: un’esposizione nella nuova project room del museo, un’installazione realizzata nel parco e una mostra negli spazi della ex rimessa del treno.
La prima parte della rassegna porta a Ulassai un modello in scala 1:50 del Bosco verticale, edificio-simbolo del lavoro di Stefano Boeri. Nello specifico, degli oltre dieci progetti realizzati dall’architetto nel mondo, viene esposto nel museo sardo il prototipo del primo, costruito a Milano, nell’area Porta Nuova, e formato da due torri alte ottanta e centododici metri che accolgono, nel complesso, ottocento alberi (una vegetazione equivalente a quella di trentamila metri quadrati di bosco e sottobosco). Il concept del Bosco verticale, l’essere cioè «una casa per alberi che ospita anche umani e volatili», viene esplicitato in mostra anche grazie a una serie di apparati didattici e video che illustrano la visione di Stefano Boeri di città sostenibile in relazione alla doppia sfida del cambiamento climatico e dell’aumento progressivo della popolazione mondiale.
Nel parco, sono messe in dialogo la scultura «Fiabe intrecciate. Omaggio a Gramsci» (2007) e la micro-architettura temporanea «Radura degli abbracci» (2017). La prima opera, a firma di Maria Lai, nasce dalla fusione tra due narrazioni, «Il topo e la montagna» (1931) scritta dal politico cagliaritano per i suoi figli durante il periodo di reclusione, e la leggenda della bambina e del nastro celeste che ha ispirato l’artista per la celebre performance collettiva «Legarsi alla montagna» (1981). Entrambe le storie hanno in comune un momento drammatico in cui ai bambini, come ricorda l’artista sarda, è affidato il compito di ricomporre la frattura passato-presente, riconducibile a quella tra uomo e natura.
Con «Radura degli abbracci», Stefano Boeri propone un prototipo di spazio pubblico che qui si compone di novantacinque cilindri di legno d’abete di cinque metri di altezza e sei centimetri di diametro, che creano un luogo al contempo permeabile e intimo, in cui i visitatori possono accedere per vivere un’esperienza originale di contatto con la natura, accompagnati dalla suggestiva melodia «Visioni» del violoncello di Piero Salvatori.
Il rapporto tra uomo e ambiente è, infine, ulteriormente approfondito negli spazi dell’ex rimessa del treno dove, per la prima volta in un’istituzione museale, viene proiettato il cortometraggio «Troiane», premiato al Venice Architecture Short Film Festival 2020. La pellicola, diretta da Stefano Santamato e prodotta da Paolo Soravia / The Blink Fish per Stefano Boeri Architetti, racconta, dal punto di vista degli alberi, il viaggio degli abeti divelti dalla Tempesta Vaia del Friuli e «rinati» nella scenografia de «Le Troiane» di Euripide al teatro greco di Siracusa, seguendoli per oltre 1.500 km, nell’avvicendarsi di paesaggi, colori e suoni.
È una storia di sacrificio e di resurrezione, che trova affinità nel lavoro di Maria Lai con la narrazione che l’artista affida al ciclo di opere «Sii albero», realizzate alla fine degli anni Novanta, che danno il titolo alla mostra.
Il percorso espositivo si chiude con una selezione di progetti, schizzi, foto e disegni riferiti alle varie installazioni di «Radura» nel mondo, fino ad arrivare a «Radura della memoria», l’ultimo straordinario esemplare realizzato a Genova, in seguito al crollo del Ponte Morandi avvenuto nell’agosto 2018. L’intervento è costituito da un podio ligneo circolare del diametro di cinquanta metri, all’interno del quale sono collocate quarantatré specie arboree differenti, in ricordo delle vittime della tragedia e la cui varietà richiama la biodiversità tipica della macchia mediterranea.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Stefano Boeri Architetti, Un bosco morto - Le Troiane a Siracusa, progetto scenico. Foto di Tommaso Le Pera; [Fig. 2]  Radura degli abbracci, Stefano Boeri Architetti; [Fig. 3] Bosco Verticale visto con il drone, Stefano Boeri Architetti

Informazioni utili
Stefano Boeri. Sii albero, a cura di Davide Mariani e Stefano Boeri Architetti. Museo Stazione dell’Arte, Ex Stazione ferroviaria - Ulassai (Nuoro). Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 9:30 alle ore 19:30 (orario continuato); chiusura settimanale il lunedì. Visite guidate: ore 9:00; ore 11:00; ore 13:00; ore 14:30; ore 16:00; ore 18:00 Sito: www.stazionedellartexperience.com. Facebook: https://www.facebook.com/MuseoMariaLai/. Instagram: https://www.instagram.com/stazionedellarte/. Fino al 19 settembre 2021

mercoledì 30 giugno 2021

«Scena natura»: sui colli bolognesi una rassegna per scoprire le interazioni tra arti e ambiente

«La musica si inserisce negli spazi verdi per insonorizzarli dialogando con il vento sulle foglie e i suoni degli uccelli, il teatro trasmette le emozioni del nostro vivere su questo pianeta e si interroga sul presente, la danza, come pure le esperienze di arte visiva, disegnano forme che tracciano conversazioni con l’ambiente». Viene riassunta così la proposta offerta al pubblico, da oltre dieci anni, da «Scena natura», inusuale «dialogo tra le arti e il verde» nato nel 2008 dalla collaborazione tra Fienile Fluò, ristorante e azienda agricola con bed and breakfast sui colli di Bologna, e l'associazione culturale Crexida/Anima Fluò, fondata nel 2003 dall’attrice e regista Angelica Zanardi.
Spettacoli teatrali, concerti, performance di danza e passeggiate-racconto animeranno, a partire da mercoledì 30 giugno, tutti gli ambienti della struttura sui colli di Paderno: dall’anfiteatro naturale tra i calanchi ai sentieri panoramici sulle colline, dai vigneti ai giardini.
«I vari appuntamenti in agenda utilizzano, dunque, gli elementi circostanti come scenografie spontanee. Le proposte artistiche – spiegano gli organizzatori - sono cioè pensate in stretta connessione con il luogo e sono prodotte ad hoc proprio per lo spazio che le ospita. Così alcuni spettacoli sono illuminati dalla luce del tramonto, altri, proposti dopo il crepuscolo, dall’ausilio di luci e fari, altri ancora stimolano una percezione a tuttotondo del contesto naturale circostante e un diverso coinvolgimento, anche grazie a degustazioni olfattive o enogastronomiche o particolari esperienze uditive prodotte grazie all’uso di device audio individuali».
Il cartellone multidisciplinare prenderà il via, con l'anteprima dello spettacolo «OUT!» (in replica il 7, il 21 e il 28 luglio; il 4 e l’11 agosto), un progetto di Allegra de Mandato e Angelica Zanardi, che rievoca in maniera drammaturgica il difficile periodo pandemico di «esclusione» e il costante bisogno di un dialogo tra il dentro, nell’intimità, e il fuori, nel mondo esterno. Sul palcoscenico un’attrice torna a recitare dopo una lunga pausa, un periodo di isolamento. Le persone davanti a lei sono finalmente reali, presenti. La donna esce allo scoperto e racconta la sua storia, affacciandosi in un presente «diverso», stravolto dalla necessità della distanza e pieno di limitazioni.
Ogni mese «Scena natura» ospiterà, dunque, una mini-rassegna dedicata a una delle quattro arti, con opere uniche e performance inedite. Luglio sarà il mese della musica con «escurSonica», quattro concerti per un’immersione nei sentieri delle sette note e della natura, a cura del critico musicale e saggista Pierfrancesco Pacoda, che spazierà dai linguaggi diversi del jazz all’elettronica.
Ad aprire il cartellone musicale sarà Tati Valle (4 luglio), versatile multistrumentista e cantante brasiliana che fa parte del gruppo «L’orchestra di piazza Vittorio», l’ensemble multiculturale italiano più noto nel mondo. Sarà, poi, la volta di Tiziano Popoli (11 luglio), uno dei più originali compositori italiani, sperimentatore con partiture elettroniche sin dagli anni Settanta, e degli Earthset (18 luglio), giovane formazione della scena musicale bolognese, che si muove tra suoni acidi e sonorità d’ambiente con all’attivo collaborazioni con la Cineteca di Bologna. Toccherà, quindi, esibirsi a Francesco Pizzo, chitarrista, compositrice, cantante, per anni parte del duo di avant garde pop Melampus, che porterà sul palco Cristallo il suo progetto solista. A chiudere la rassegna musicale sarà, a ottobre, l’esibizione di Consorteria delle tenebre (15 ottobre), quartetto di viole da gamba costituito da Teodoro Baù, Rosita Ippolito, Marco Casonato e Noelia Reverte Reche.
Luglio vedrà in scena sui colli bolognesi anche Ugo Dighero, uno dei volti più amati dal pubblico teatrale e televisivo, e Daniele Ronco, inventore del «teatro a pedali», con lo spettacolo «Un pianeta ci vuole…c’è nessuno?», che spinge a ragionare sulle soluzioni per migliorare la qualità della nostra vita e del mondo che ci circonda a partire da tre temi che diventano tre capitoli: alimentazione, trasporto e sovraffollamento.
Ad agosto si accenderà, quindi, lo schermo sotto le stelle del Cinema Fluò per una mini-rassegna in cinque appuntamenti, curata dallo scrittore e giornalista Roy Menarini, con la collaborazione della Cineteca di Bologna. Ogni mercoledì, dal 4 agosto, sempre alle ore 22:00, verrà proiettata una pellicola che racconta la relazione tra uomo e ambiente. Si partirà con «In viaggio verso un sogno», road movie ed esordio alla regia di Tyler Nilson e Michael Schwartz. Si proseguirà con «Nel nome della terra» (11 agosto), uno spaccato sulla vita di chi è legato al lavoro dei campi, costretto a combattere con una società in cui il profitto sta al primo posto. Sarà, poi, la volta di «Corpo e anima» (18 agosto), in cui la vita e la morte degli animali fanno da sfondo e contrappunto alle vicende umane; mentre a chiudere la mini-rassegna cinematografica sarà uno dei capolavori di John Ford, «Com’era verde la mia valle», del 1941.
Ad agosto tornerà anche l’appuntamento con le passeggiate «Tra gli alberi walk» (11 e 29 agosto), con l’attrice Angelica Zanardi e la violinista Erica Scherl. Le due artiste guideranno gli spettatori in un libero girovagare tra storia, leggenda e botanica, tra ricordi e sensazioni, realtà e immaginazione, a spasso tra gli alberi di un piccolo bosco privato e collettivo.
Settembre, infine, sarà il mese della danza e avrà per protagonista il giovane coreografo Carlo Massari, direttore della compagnia di danza CeC Company, che sviluppa un linguaggio artistico indirizzato verso un’indagine fisica e drammaturgica, in stretta relazione con tematiche sociali contemporanee. Tra gli spettacoli in programma (4 e 5 settembre, ore 18:00) ci sono ben tre le anteprime, due delle quali produzione di Crexida/Anima Fluò, di tre diversi gruppi: Dehors/Audela, De Simone/Cossignani/Adorni e il Collettivo Semipermanenti di Davide Nazzaro.
Negli stessi giorni si terrà anche il corso «Corpi intuitivi» (4 e 5 settembre, ore 10:00-17:00), ideato per gli spazi verdi di Fienile Fluò dalla compagnia Mualem/De Filippis Dance Projects. «Il laboratorio – raccontano gli organizzatori - vuole stimolare la ricerca di danza fuori dalle sale, esplorare le risorse interiori in luogo dove la vita «accade» continuamente e da sempre, dove l’aria è brezza o vento, dove la luce compie milioni di chilometri per poter accompagnare un gesto, sottolineare uno sguardo, testimoniare un incontro, un’opportunità difficilmente replicabile in qualsiasi altro luogo».
Completa il programma «La voce degli alberi», un percorso panoramico in dieci tappe dedicato all’osservazione delle diverse specie arboree del territorio dei colli bolognesi. Ogni tappa è una lezione immersiva, una relazione intima e insieme collettiva con il paesaggio, distinta e impreziosita da sculture tattili realizzate dal progettista di installazioni museali Fabio Fornasari.
Si rinnova, dunque, con un programma ricco Scena natura, frutto di una ricerca artistica che fa sconfinare «l’idea di bellezza sempre più fuori di noi, tra gli alberi, in un prato fiorito, in un teatro sotto le stelle».

Informazioni utili
Per info e costi: www.fienilefluo.it

martedì 29 giugno 2021

Da Dozza a Riolo Terme, alla scoperta delle Rocche di Caterina Sforza

Quattro edifici medioevali e una donna da leggenda a fare da filo rosso tra di loro: si potrebbe riassumere così il legame fra le Rocche di Imola, Dozza, Riolo Terme e Bagnara, ubicate in uno «spicchio» di terra fra Emilia e Romagna. La donna che fa da collante fra i quattro manieri, comodamente raggiungibili sia in automobile che con un tour in bicicletta di circa settanta chilometri, è Caterina Sforza, la «leonessa delle Romagne», nipote del più importante fra i capitani di ventura, Francesco Sforza, e madre dell’ultimo dei grandi condottieri, Giovanni dalle Bande Nere.
La Rocca di Imola, nel Bolognese, è uno splendido esempio di architettura fortificata tra Medioevo e Rinascimento. Le sue origini risalgono al 1261. Sul perimetro della struttura originaria s’impostavano ben nove torri quadrangolari, solo una decima torre, il mastio, campeggia tuttora al centro del cortile interno. La Chiesa di Roma, le nobili famiglie degli Alidosi, dei Visconti e, poi, dei Manfredi guidarono Imola e la Rocca. È, però, alla fine del Quattrocento che si avviò con gli Sforza la completa trasformazione rinascimentale dell’edificio che proseguì col nuovo signore di Imola Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV e sposo di Caterina Sforza. A partire dal 1480 le torri angolari quadrate vennero inglobate entro nuovi e più spessi torrioni circolari capaci di resistere ai colpi delle bombarde, e si avviò anche la costruzione di una residenza, il Palazzetto. La morte di papa Sisto IV segna l’inizio della crisi della signoria Riario-Sforza sulla città, fino all’assedio della Rocca mosso da Cesare Borgia, detto il Valentino, che nel 1499 decreta il ritorno di un diretto dominio pontificio. Il Valentino ricorre, poi, nel 1502 alla consulenza di Leonardo da Vinci per ispezionare le fortezze romagnole tra cui quella imolese: ne è testimonianza la pianta di Imola che Leonardo stese, dove è ben visibile anche la Rocca. Infine, con l’annessione definitiva di Imola allo stato pontificio si rafforza l’utilizzo degli ambienti della fortezza come carcere, situazione che si mantiene fino al 1958 quando si avviano i restauri e si destina il monumento sforzesco a museo.
La Rocca di Dozza, sulle colline tra Imola e Bologna, è un complesso medievale sorto nel XIII secolo, ancora visitabile all'interno, dove si ammirano la cucina antica, la sala delle torture, le prigioni, i vari appartamenti arredati con mobilio originale e dipinti. Nei sotterranei è ospitata l’Enoteca regionale Emilia Romagna con l’esposizione e la vendita di oltre mille etichette di vino. L’attuale aspetto esterno della Rocca è ascrivibile al tardo Quattrocento, quando Dozza entrò a far parte della Signoria Riario–Sforza. Nel 1473, con un matrimonio dalle forti valenze politiche, Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV, si unisce a Caterina Sforza, figlia del Duca di Milano e nipote di Ludovico il Moro. Invece, l’impianto distributivo del palazzo - cortili, atrio, androne e scale - e l’organizzazione del piano nobile, così come oggi ci appaiono, sono in prevalenza riconducibili alla Signoria dei Campeggi che, nella seconda metà del Cinquecento, intraprese massicci interventi di trasformazione allo scopo di trasformare la Rocca da fortezza a sede di rappresentanza diplomatica. Quando il feudo di Dozza fu abolito, la Rocca rimase di proprietà dei Malvezzi-Campeggi che ne fecero la loro residenza fino al 1960.
La Rocca di Riolo Terme, nel Ravennate, è una delle rocche più interessanti del territorio, per lo stato di conservazione in cui si trova. Di fine XIV secolo, questa fortificazione militare appartiene alla tipologia della «transizione», in cui si sommano caratteristiche architettoniche medievali e rinascimentali: il fossato e le caditoie per il tiro piombante, le camere di manovra con le bocche di fuoco per il tiro radente fiancheggiante. Al suo interno si può vivere una vera immersione nella storia, scoprire il Medioevo tramite la vita di Caterina Sforza e il territorio faentino e i suoi insediamenti attraverso i reperti rinvenuti nella vicina Grotta di Re Tiberio. Dai sotterranei ai piani alti, attraverso stretti passaggi, ci si cala nelle avventure dei cavalieri medievali indossando e impugnando gli strumenti utilizzati in battaglia, si scopre il funzionamento delle macchine da guerra e si ascoltano i racconti di Caterina Sforza. Nella sala del pozzo l’allestimento multimediale permanente «I misteri di Caterina», dedicato alle gesta e agli amori di Caterina Sforza, trasporta il visitatore in una realtà interattiva, chiamandolo a interagire con la «Leonessa delle Romagne» in persona. Nel Mastio si trova la sezione archeologica, che ospita reperti databili dall’Età del ferro all’Epoca romana. La sezione del Museo del paesaggio dell’Appennino faentino offre un’ampia visione del paesaggio collinare circostante, con i calanchi e gli affioramenti di gesso, osservabili grazie ai binocoli. Essendo Centro di documentazione del parco regionale della vena del Gesso Romagnola, la Rocca è un importante centro di studi, scoperte e attività, un museo del territorio in evoluzione continua.
La Rocca di Bagnara di Romagna, nel Ravennate, costituisce il fulcro della struttura difensiva del Castello, la cui organizzazione era completata dalla cinta muraria, dalla porta civica, dal Torrioncello, dai terragli e dalle fosse, oltre che cardine del popolamento e del complesso edilizio e abitativo. L’origine della Rocca è di datazione incerta, fu probabilmente costruita da Uguccione della Faggiola nel 1297, per poi diventare possedimento dei Barnabò Visconti. Dopo diverse distruzioni, restauri e dominazioni, venne concessa da papa Sisto IV al nipote Girolamo Riario.
All’epoca del Riario e di sua moglie Caterina Sforza risalgono il restauro e l’ammodernamento della Rocca (1487) e della cinta muraria, le primitive strutture del palazzo signorile e la costruzione del mastio (1494). Conquistata dai francesi nel 1494, tornò poi sotto il controllo degli Sforza che dovettero cedere nel 1500 all’avanzata di Cesare Borgia, detto il Valentino, evento che segnò l’inizio della decadenza della Rocca di Bagnara. La Rocca è una tipica costruzione quattrocentesca in mattoni, di aspetto regolare e compatto, a pianta quadrata, con gli edifici articolati attorno a un cortile. Nell’angolo sud-ovest si trova il mastio, poderoso torrione circolare, che rappresentava la difesa principale dell’intero complesso; sull’angolo opposto c’è il bastione, un’altra torre circolare di dimensioni più piccole, collegata al mastio dalle mura di cinta. Il Signore risiedeva nel palazzo, posto sul lato nord, un lungo corpo di fabbrica a pianta rettangolare, a due piani e dotato di una loggia, la cui funzione era strettamente legata ai compiti di rappresentanza, simbolo di potere e, in quanto tale, garanzia di sicurezza contro gli attacchi nemici.
Per completare e impreziosire il tour delle rocche è possibile vivere esperienze cultural-gastronomiche alla scoperta del territorio: dalle visite narrate ai borghi alle degustazioni di vini e dei prodotti locali in luoghi suggestivi o in accoglienti agriturismi, in piccoli e curiosi musei, sempre in compagnia di esperti che sapranno raccontarne ai visitatori segreti e curiosità.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Rocca di Riolo;  [fig. 2] Rocca di Dozza; [fig. 3] Rocca di Bagnara; [fig. 4] Rocca di Imola. Foto Monia M Photo; [fig. 5] Rocca di Riolo 
 
Informazioni utili 
Per informazioni e prenotazioni, tel. 0542.25413 o tel. 0546.71044 | info@imolafaenza.it | sito web: www.imolafaenza.it