A partire dalla fine degli anni Ottanta del Novecento, con l’acquisizione, in un’asta romana, del cosiddetto «Suicidio di Giuda», un frammento resecato dalla tavola dedicata alla «Speranza», lo Stato italiano inizia a rintracciare e recuperare i vari pezzi di questo prezioso manufatto che, come un puzzle, nell’arco di quarant’anni si va a ricomporre quasi completamente sotto la supervisione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Nel 1987 vengono acquisite da Giovanna di Capua Sestrieri l’«Allegoria della Giustizia», l’«Allegoria della Pazienza» e due «Putti con Tabella», frammenti che la collezionista aveva nella sua raccolta dal 1932 e che nel 1981 avevano raggiunto la notorietà dopo il prestito per la celebre mostra sul Manierismo a Venezia.
Nel 2002 lo Stato italiano acquisisce un ulteriore «Putto con Tabella», riscoperto qualche anno prima da Luisa Vertova grazie a una fotografia pubblicata su «AD Architectural Digest». Il medesimo anno, le Gallerie dell’Accademia di Venezia ottengono anche il comparto con l’«Allegoria della Carità», appartenente dall’Ottocento alla Pinacoteca di Brera, ma depositata dal 1973 nel Museo di Storia patria di Gallarate, in provincia di Varese.
Nel 2013 è, poi, la volta dell’«Allegoria della Fede», che viene acquistata a Londra dalla moglie dello scrittore e politico Wayland Young, Lord Kennet. Nel 2017 viene, infine, comperato a Londra dalla collezione del noto editore austriaco, naturalizzato britannico, Georg Weidenfeld, l’ultimo frammento del soffitto ligneo vasariano, l’«Allegoria della Speranza», al cui ottenimento contribuiscono economicamente, oltre allo Stato italiano, Venetian Heritage e Venice in Peril Fund.
Il manufatto vasariano, il cui restauro è stato eseguito da Rossella Cavigli per i dipinti e da Roberto Saccuman per i supporti lignei, è così quasi completo: mancano soltanto il quarto «Putto con Tabella» e due frammenti resecati dal comparto con l’«Allegoria della Fede». Ed è tempo per le Gallerie dell’Accademia di Venezia di pensare alla sua presentazione unitaria, avvenuta proprio poche settimane fa, nell’anno delle celebrazioni dei quattrocentocinquanta anni dalla morte del pittore, scrittore e biografo Giorgio Vasari (Arezzo, 1511 - Firenze, 1574).
L’istituzione lagunare ha collocato l’opera in una sala interamente dedicata posta lungo la loggia palladiana e la espone rigorosamente a soffitto, in un ambiente immersivo che ripropone con attenzione e cura la camera di Palazzo Corner cui era destinata, riportando il visitatore indietro nel tempo.
Per l’occasione, Marsilio Arte pubblica un piccolo ma prezioso volume curato dal direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia, che presenta un saggio nel quale sono ripercorse le vicende critiche e collezionistiche delle tavole fino alla riunione e all’allestimento museografico. Il catalogo contiene anche l’intervento di Rossella Cavigli sul restauro dell’opera e il contributo di Luisa Caporossi, che si concentra sulla lettura iconologica del soffitto Corner.
Il soffitto a cassettoni con le sue nove tavole dipinte, otto quelle recuperate, costituisce un capolavoro assoluto, che agevola l’influenza che l’arte manierista centroitaliana ha avuto sui grandi artisti veneziani del Cinquecento e in particolare su Tintoretto, Tiziano e Veronese, che riprendono alcuni spunti e figurazioni di quest’opera.
Giorgio Vasari lo realizza tra il 1541 e il 1542 su commissione di Giovanni Corner, discendente di una delle famiglie più influenti e nobili di Venezia, per Palazzo Corner Spinelli, da poco acquistato dalla casata Lando. L’opera deve impreziosire la cosiddetta camera nova.
Il pittore aretino idea una ricca composizione costituita da nove scomparti, corrispondenti alle cinque Virtù e a quattro Putti destinati agli angoli della sala, per un totale di dodici metri quadrati di tavole dipinte. Al centro, nel comparto rettangolare, si erge la «Carità», cui guardano, in un gioco di rimandi e sguardi, le altre virtù: la «Speranza» e la «Fede», sui lati più lunghi, la «Pazienza» e la «Giustizia», su quelli più corti.
Come è emerso dagli studi sull’opera, Giorgio Vasari introduce delle varianti rispetto al tema classico del «Trionfo delle Virtù», accostando al soggetto centrale nelle cinque tavole un esempio positivo, che rafforza ed esprime il concetto della virtù in questione, e uno negativo, che contrasta e si oppone al soggetto stesso. Questo dettaglio non è secondario, poiché è proprio la corretta attribuzione di un esempio negativo, il «Giuda che si toglie la vita», per anni ritenuto un brano indipendente dall’opera di Giorgio Vasari per Palazzo Corner, all’apparato decorativo del soffitto quale personificazione della «Disperazione» in opposizione alla «Speranza», ad aver fornito la chiave interpretativa dell’iconologia dei singoli comparti, attribuendo nuovo significato all’unità della composizione.
Il soffitto vasariano potrebbe, dunque, essere la visione plastica – spiega Luisa Caporossi in catalogo - «del dibattito allora in atto intorno al principio della “doppia giustificazione”, secondo cui «l’agire virtuosamente non è sufficiente e l’uomo è a rischio caduta, come dimostrano gli esempi di virtù, Giobbe e Salomone, che furono tentati dalla disperazione e dall’idolatria». Al riguardo, nel saggio sulla lettura iconografica dell’opera, si cita una lettera del 1523 in cui Contarini scrive al suo amico Giustiniani a Camaldoli: «Allorquando l’uomo pensa di aver acquistato tali virtù, proprio allora cade […] dobbiamo giustificarci con la giustizia di un altro, cioè di Cristo».
L’esposizione al pubblico della ricomposizione del celebre soffitto cassettonato di Giorgio Vasari arricchisce, dunque, in maniera significativa il patrimonio artistico nazionale. Ma celebra anche, per usare le parole del Giulio Manieri Elia, «un esempio lodevole e fruttuoso di concordanza progettuale e continuità di azione, che ha portato a raggiungere un risultato straordinario», anche grazie alla molto significativa collaborazione tra il pubblico e il privato, tra lo Stato italiano e le tante realtà, italiane e straniere, che hanno a cuore il destino di Venezia.
Vedi anche
Didascalie delle immagini
[Fig. 1 e 2] Vista dell'installazione alle Gallerie dell'Accademia. Foto di Matteo De Fina; [fig. 3] Giorgio Vasari, Il suicidio di Giuda; [fig. 4] Giorgio Vasari, Allegoria della Speranza; [fig. 5] Giorgio Vasari, Allegoria della Carità; [fig. 6- Giorgio Vasari, Putto
Informazioni utili
Gallerie dell’Accademia, Campo della Carità 1050 – Venezia. Orari di apertura: lunedì, dalle ore 8:15 alle ore 14:00 (la vendita dei biglietti termina alle ore 13:00); da martedì a domenica, dalle ore 8:15 alle ore 19:15 (la vendita dei biglietti termina alle ore 18:15). Biglietti; intero € 15.00, ridotto € 2.00 (giovani 18 -25 anni cittadini dell'UE e acquisto con 18app), gratuito per i minori di 18 anni; Prima mattina € 10,00 (biglietto individuale acquistabile tra le 8:15 e le 9:00 con ultimo ingresso entro e non oltre le 9:15); Due giorni € 22,00 (biglietto individuale valido 2 giorni nell’anno solare); Arteritivo € 10,00 (biglietto individuale dedicato ai giovani tra i 26 e i 35 anni non compiuti, valido tutti i venerdì tra le 17:15-19:00; ultimo ingresso entro e non oltre le 18:15); Insieme € 12,00 (biglietto individuale dedicato ai gruppi tra i 10 e i 25 adulti sopra i 26 anni). L'accesso alle mostre è consentito con lo stesso titolo d'accesso. In occasione di esposizioni temporanee il prezzo del biglietto è suscettibile di variazioni. Per maggiori informazioni: https://www.gallerieaccademia.it/informazioni.