ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 13 luglio 2012

A Roma Joan Mirò e il suo grande atelier tra «poesia e luce»

«Perché i frutti crescano si devono tagliare le foglie, e in un determinato momento bisogna anche potare. […] Le cose seguono il loro corso. Diventano grandi, maturano. Si deve fare degli innesti e anche irrigare, come è il caso della lattuga». Più che da uno dei grandi maestri dell'arte del Novecento, queste parole sembrano essere state dette da un esperto di botanica. Eppure era così che ideava Joan Mirò (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983), coltivando la propria creatività in più «orti» -pittura, incisione, litografia, scultura e ceramica -, come si legge nel volumetto «Lavoro come un giardiniere», apparso in Italia, nel 1964, per i tipi delle celebri e prestigiose Edizioni del Cavallino di Venezia.
Il risultato è un alfabeto espressivo, magico ed evocativo, fatto di segni ritmici e fantastici, di grafismi stilizzati e fanciulleschi, di macchie pure e squillanti, di impronte e abrasioni, che -a dispetto della propria apparente elementarità e spensieratezza- sa parlare di qualcosa che attiene al segreto della vita, sa essere una vera e propria «mappa dello spirito».
Astri, soli, lune, stelle filanti, code d’aquilone, strani personaggi dalle fattezze umane e animalesche, ma anche occhi, teste ed elementi di origine sessuale sono le immagini che, più di sovente, ricorrono in questa, affascinante e incantatrice, narrazione pittorica di uno dei più abili cantori di sogni del secolo scorso, di un’anima dall’evidente «audacia visionaria», per usare le parole di Maurizio Calvesi. Un’anima che regala al suo ‘spettatore’ un universo immaginifico, apparentemente ingenuo e giocoso, privo di riferimenti nel mondo dell’arte contemporanea, cioè estraneo a movimenti pittorici, seppure inserito nell’ambito del Surrealismo e con un occhio rivolto, negli ultimi anni, all’esperienza dell’Action painting e dell’Espressionismo astratto americano.
«L'incontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dell'arte e della personalità» dell’autore del «Muro del Sole» e del «Muro della Luna» per il palazzo dell’Unesco a Parigi, scrive, sagacemente, Gillo Dorfles, per dare ragione di un lavoro unico nel suo genere, di un lavoro costantemente in bilico tra divertissement e metafisica del cuore.
All’insaziabile sperimentalismo dell’artista spagnolo guarda la mostra «Mirò! Poesia e luce», a cura di María Luisa Lax Cacho, che riunisce a Roma, nella cornice rinascimentale del Chiostro del Bramante, un’ottantina di lavori, per lo più inediti, tra cui cinquanta oli di grande formato, realizzati prevalentemente tra il 1956 e il 1983, anni vissuti dall’artista nella casa di campagna sull’isola di Maiorca. Qui, nel paese natale della madre Dolores e della moglie Pilar, Joan Mirò realizza un sogno a lungo agognato: un «grandissimo studio», fatto costruire dall'amico architetto Josep Lluis Sert, dove -per usare le sue stesse parole- «disporre di spazio sufficiente per molte tele», «cimentarsi nella scultura, nella ceramica, nella stampa», e «per quanto possibile, andare oltre la pittura da cavalletto».
Sono anni, questi, in cui l'artista, dopo una pausa di riflessione sul suo lavoro o, come egli stesso la definisce, «una pulizia del cervello», distrugge molti suoi vecchi dipinti e schizzi e, talvolta, vi ridisegna sopra. E’ il caso di una delle tele esposte: un paesaggio del 1908, occultato da Joan Mirò con un giornale, su cui aveva posto la firma e la data del dipinto eseguito, nel 1960, sul retro.
Il libero canto miroiano, un canto da «usignolo della pittura moderna», per usare le parole di Carlo Argan, viene reinventato. E’ questo il momento in cui l’artista, messa da parte la pittura a cavalletto, dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi lascia l’impronta della propria mano con il colore, vi si stende sopra, sporcandosi «tutto –lo scrive egli stesso nel 1974- di pittura, faccia, capelli». Il pennello sgocciola, il gesto si fa ampio e istintivo, forse brutale.
In alcuni casi le squillanti macchie di blu, rosso, giallo e verde, che rendono riconoscibile a tutti l’arte di Joan Mirò, lasciano spazio a una tavolozza cromatica ridotta al bianco e nero, a una figurazione che evoca la predilezione dell’artista per la calligrafia orientale, conosciuta direttamente nei suoi due viaggi in Giappone (1966 e 1969).
Tra le opere esposte, si potranno ammirare l’olio «Donna nella via» (1973), un intenso «Senza titolo» dallo sfondo blu (1978), i bronzi «Donna» (1966) e «L’equilibrista» (1969), gli schizzi per la decorazione murale della Harkness Commons-Harvard University, lavori tutti provenienti da Palma di Maiorca dove la «Fundació Pilar i Joan Miró» detiene molte opere dell'artista, concesse in via del tutto straordinaria per questa mostra italiana. Una mostra che testimonia come il maestro catalano sia sempre stato fedele al suo stile, incurante delle mode del momento, come sia cresciuto artisticamente fino all’ultimo respiro, senza arenarsi mai. Il cartellone ferroviario che Joan Mirò aveva scovato in un negozio e appeso alla porta del suo studio -lo ricorda Janis Mink- sembrava fatto apposta per lui: «Questo treno non fa fermate».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Joan Mirò, «Femme dans la rue», 1973. Olio, guazzo e acrilico su tela, 195 x 130 cm. Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca. Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet /. Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca; [fig. 2] Joan Mirò, «Senza titolo», 1978. Olio su tela, 92 x 73 cm. Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca. Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca; [fig. 3] Joan Mirò, «Senza titolo», n.d. Olio, acrilico e carboncino su tela, 162,5 x 131 cm. Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca. Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca; [fig. 4] Joan Mirò, «Senza titolo», 1972. Giornale, guazzo, inchiostro, corda, legno e filo metallico, 40 x 13 x 8 cm. Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca. Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca; [fig. 5] Joan Mirò, «Senza titolo», n.d. Acrilico su tela, 162,5 x 130,5 cm. Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca. Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca


Informazioni utili
Miró! Poesia e luce. Chiostro del Bramante, via della Pace - Roma. Orari: lunedì-venerdì, ore 10.00-20.00; sabato e domenica, ore 10.00-21.00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 12,00, ridotto [65 anni compiuti (con documento); ragazzi fino a 18 anni non compiuti; studenti fino a 26 anni non compiuti (con documento); militari di leva e appartenenti alle forze dell’ordine; portatori di handicap; ex ridotti legge] € 10,00; biglietto famiglia [solo genitori e figli - minimo 3 persone] € 30,00; ridotto gruppi € 10,00, ridotto gruppi scolastici € 5,00; giovedì universitari (promozione estiva per studenti) € 5,00. Catalogo: 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE. Informazioni: tel. 06.68809036 o tel. 06.916508451. Sito internet: www.mostramiro.it o www.chiostrodelbramante.it o www.facebook.com/Miropoesiaeluce. Fino a giovedì 23 agosto 2012.

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