ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 18 giugno 2025

«Nuvolette»: torna a Rovereto il festival dell’illustrazione, del racconto per immagini e del fumetto

Mostre personali e collettive, incontri con gli autori, live performance di disegno, animazioni, laboratori per bambini, dj set, sonorizzazioni, esplorazioni al planetario, un trekking urbano e la fiera dell’editoria di fumetti e cultura pop «Carta & inchiostro»: è ricco il programma della settima edizione di «Nuvolette», il festival dell’illustrazione e del racconto per immagini che per quattro giorni, dal 19 al 22 giugno, trasformerà Rovereto, cittadina del Trentino Alto Adige, in un laboratorio d’arte a cielo aperto.

Vie, piazze e vetrine dei negozi del centro storico saranno ridisegnate da artisti e illustratori «a colpi di penn(ar)ello», con l'intento di invitare il pubblico a riflettere sull’inaspettato, come dichiara il sottotitolo scelto da Superflùo, per il 2025: «Shit Happens - Oh, capita!». Un tema, questo, che gioca sull’ironia e che «ci ricorda che la vita va presa così com’è, anche se a volte non è quella che speriamo o ci aspettiamo» perché, in un mondo sempre più orientato all’essere vincenti, certe volte «abbracciare l’errore, l’imprevisto, una macchia di colore fuori palette», «l’inchiostro rovesciato sul foglio» può essere un vero elisir di felicità. Lo racconterà bene la mostra collettiva «Sheet happens! L’arte del cavarsela», a cura di Becoming x Art+Sound Collective, aperta fino al 6 luglio alla Biblioteca civica G. Tartarotti.

Tra i protagonisti del festival ci sarà Enrico Pantani, l’artista bibliotecario toscano, classe 1975, che racconta il suo universo quotidiano con disegni evocativi, accompagnati da titoli dissacranti, in «amoreodio, mostra-manifesto di abbracci e scazzottate», aperta fino al 10 agosto (orari: martedì-domenica 16-20 e sabato-domenica 10-12; ingresso libero) alla Sala Iras Baldessari.
Attorno all’immagine ripetuta di un abbraccio tra due esseri umani che, stretti, guardano un orizzonte colorato da tinte forti, le opere della serie «Abbracci» si presentano come una collezione di manifesti – usati o ancora da usare – a sostegno di gesti di fraternità e di unione tra individui. Tra i lavori in mostra emergono anche quelli della serie «Risse» e opere con iconografie sacre calate nella contemporaneità, con santi in tenuta Givova e putti travestiti che minacciamo madri-madonne.
La scanzonata leggerezza dei soggetti raffigurati e la serietà di ciò che raccontano sono la chiave narrativa della pittura di Enrico Pantani, capace, con la sua ironia, di rappresentare le ipocrisie della nostra società occidentale attraverso scene ordinarie di dinamiche emotive molto reali, quelle che – nel bene ma, più spesso, nel male – emergono ogni volta che si agisce, semplicemente, come animali umani.

A «Nuvolette» esporrà anche Camilla Falsini, artista e illustratrice romana dallo stile riconoscibile per le linee nette, le forme minimali e i colori decisi declinati in progetti che spaziano dall’illustrazione editoriale ai murales, dal design ai libri. Per il festival, l'artista ha creato strane figure che osservano i passanti di via Roma nell’installazione originale «Forme comuni, esseri unici», un invito a resistere all’uniformità dei corpi e delle menti. Facce strette o quadrate, corpi allungati, braccia sinuose, gambe corte o piedi enormi rendono visibile – e orgogliosamente esteriore – la bellezza della varietà, che è anche interiore.

Tra le mostre di questa edizione si segnalano anche: «Essenza invisibile», una personale di Aurora Stano sulla scoperta delle proprie fragilità e incertezze; la divertita e divertente esposizione «Di che parleranno i piccioni?», con opere di Filippo Paparelli; e «Shit Happens», rassegna con i progetti degli studenti del terzo anno del corso di computer graphic di Laba Brescia, realizzati sotto la supervisione dei docenti Simone Borioni e Marco Giugliarelli.

Altro appuntamento da non perdere è la collettiva «Suoni urbani. Immagina una città come una sinfonia viva», nata da un progetto visivo e sensoriale che ha trasformato la vicina Trento e i suoi sobborghi in partiture illustrate, in «una sorta di grande orchestra metropolitana.» Dieci artisti – Andrea Bettega, Elio Carollo, Davide Comai, Sara Filippi Plotegher, Anna Formilan, Nadia Groff, Veronica Martini, Michela Nanut, Andrea Oberosler, Giorgia Pallaoro – sono stati invitati da Superflùo a riscoprire e illustrare i dettagli acustici che abbiamo smesso di notare, ma anche a riconoscere quanto i rumori generati dall’essere umano coprano spesso quelli della natura.

Molto atteso è, poi, lo spettacolo «O+< Scritture viziose sull’inarrestabilità del tempo» della Compagnia Abbondanza/Bertoni, che, venerdì 20 giugno, vedrà in scena l’artista visivo Andrea Amaducci con la danzatrice Francesca Pennini della compagnia «CollettivO CineticO» di Ferrara. Il movimento della ballerina, costruito e decostruito in tempo reale, verrà tradotto graficamente dal writer, generando un flusso continuo di feedback tra linguaggi, dove ogni gesto si consuma nell’effimero e nella trasformazione.
Altro appuntamento da non perdere è il concerto del cantautore italo-canadese James Jonathan Clancy, sulla scena underground italiana con vari progetti musicali («Settlefish», «A Classic Education», «His Clancyness»), che presenterà a «Nuvolette» il suo primo album solista: «Sprecato», uscito a febbraio 2024 per la label. Dal disco è nata anche una collaborazione con il fumettista Michelangelo Setola, che ha dato vista a un albo illustrato a fumetti, uscito per Canicola. I due artisti si incontreranno sul palco del festival di Rovereto per una performance di musica e live painting, in programma sabato 21 giugno, che restituirà attraverso la musica e il disegno dal vivo le atmosfere stranianti di un indefinito sud del mondo, tra natura arida e città industriale.

A chiudere il cartellone, che vedrà anche la presenza di Elena Mistrello con una live performance sulla vetrata della caffetteria del Mart e con un incontro dal titolo «Disegnare il reale» alla Biblioteca civica G. Tartarotti, sarà l’evento «La guerra, la pace, l’impegno sociale. Sessant’anni di canzoni, da Dylan agli Idles» alla Campana dei caduti: un salotto all’aria aperta, animato dal giornalista e musicista Giuliano Lott, durante il quale gli artisti del collettivo Becoming X realizzeranno un murale dal vivo. L’evento si chiuderà con i cento rintocchi di «Maria Dolens», la campana sul colle di Miravalle, fatta con il bronzo dei cannoni della Prima guerra mondiale, che fu inaugurata cento anni fa e che, ogni giorno, al tramonto, con il suo suono invita alla convivenza pacifica, un monito oggi quanto mai attuale.

Didascalie delle immagini
1. Locandina di Nuvolette; 2. e 3. Illustrazioni di Camilla Falsini; 4. Illustrazione di Enrico Pantani; 5. Live painting in una passata edizione di Nuvolette
 
Per saperne di più
https://www.facebook.com/nuvoletteart. Informazioni: tel. 3421281843; info@super-fluo.net

lunedì 16 giugno 2025

Sull’Appennino pistoiese un museo a cielo aperto: l’«OCA - Oasy Contemporary Art and Architecture»

Era il 2006 quando, sull’Appennino Pistoiese, nel Comune di San Marcello Piteglio, il recupero di una vecchia riserva di caccia di oltre 1000 ettari, estesi tra i 700 e i 1.100 metri di altitudine, dava vita a Oasi Dynamo, un grande polmone verde, affiliato al WWF, che fonda la propria attività su quattro pilastri: ricerca ed educazione (rivolta soprattutto ai più giovani con campi estivi e didattica ambientale), arte contemporanea, ospitalità e agricoltura eco-sostenibile.
Tra macchie di conifere e boschi di latifoglie caratterizzati dalla presenza di querce, carpino nero, castagno, ciliegio, acero campestre e ontano nero, dove vivono indisturbati animali come caprioli, daini e picchi neri, nell’estate del 2023 è nato, sotto la direzione artistica del curatore trentino Emanuele Montibeller (l’ideatore di «Arte Sella»), OCA, acronimo di Oasy Contemporary Art and Architecture, un laboratorio culturale in continuo dialogo tra creatività e natura, oggi inserito nel network «Grandi giardini italiani».
Estate dopo estate, il progetto cresce arricchendo questo prezioso territorio nel cuore della Toscana, che fu di proprietà della famiglia Orlando, la fondatrice agli inizi del ’900 della Smi - Società metallurgica italiana, con nuove installazioni site-specific.

Appena riaperta, e visitabile fino al prossimo 7 novembre, l’Oasi Dynamo offre, quest’anno, un percorso tra le opere di alcuni dei più importanti architetti e artisti contemporanei: Alejandro Aravena, Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi, Kengo Kuma, Quayola, David Svensson, Pascale Marthine Tayou e Matteo Thun. Le installazioni, perfettamente integrate nell’ambiente, trasformano la camminata in un atto di scoperta e meraviglia, che, nei prossimi anni, diventerà ancora più sorprendente grazie ai lavori, in fase di ideazione e creazione, di Stefano Boeri, fuse*, Diana Scherer, Álvaro Siza, Eduardo Souto de Moura ed Edoardo Tresoldi, a prova che il progetto è stato pensato come un organismo vivo, in continua trasformazione, capace ogni volta di sorprendere.
Va detto che l’ OCA - Oasy Contemporary Art and Architecture, luogo accessibile solo a piedi, non è un semplice spazio dedicato all’arte, ma è un’esperienza totale, che inizia ben prima di arrivare a destinazione. Lasciata l’automobile al parcheggio, in località Croce di Piteglio, il visitatore si trova, infatti, a compiere una camminata nel bosco di circa mezz’ora: una sorta di porta di ingresso che invita a rallentare il passo, a guardare con attenzione ciò che si sta attraversando. Uscito dal fitto degli alberi, arriva in un ampio pianoro soleggiato, dove viene accolto in quella che un tempo era una stalla e che oggi ospita uno spazio espositivo. Da qui prende avvio l’itinerario ad anello, un percorso di circa un’ora e mezza di cammino tra le opere e gli elementi naturali dell’oasi, da compiere in compagnia dallo staff del parco, che offre ai partecipanti approfondimenti sulle opere e sul contesto naturale che le accoglie.
 
La prima installazione che si incontra è il «Dynamo Pavilion» di Kengo Kuma, una scultura di fasci che si insinuano tra le piante come una folata di vento, danzando con il paesaggio e invitando alla contemplazione.
Proseguendo il cammino, il visitatore si imbatte nell’opera «Nella terra il cielo» di Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi, che fonde poesia e architettura per riflettere sul rapporto tra mito e memoria. Immersa nel verde, questa struttura nasce evocata dal racconto del luogo e, nel tempo, lascerà tracce solo nella poesia.
Addentrandosi nella macchia, il cammino conduce, quindi, a «Fratelli Tutti» di Matteo Thun, un’installazione ispirata all’omonima enciclica di Papa Francesco e ai valori universali di fraternità e pace. Composta da monoliti in pietra locale trovati sul posto, l’opera si sviluppa in forma circolare, richiamando i cicli naturali della vita.
Poco oltre, nella quiete del bosco, si incontra «Erosions» di Quayola, un’opera composta da massicci blocchi di pietra lavica scolpiti da algoritmi generativi. Questa scultura, realizzata grazie al supporto di Ranieri, azienda leader nella lavorazione della roccia vulcanica, riflette sulla tensione tra forza naturale e intervento tecnologico, trasformando la materia in una nuova forma di paesaggio.
Continuando, si scorge, infine, «Self-regulation», un’installazione di Alejandro Aravena, che si appoggia ad una struttura preesistente: una sorta trappola antropologica che invita il visitatore ad interrogarsi su come abitare l’opera.
Mentre il prato attorno allo spazio espositivo, dove si chiude il percorso ad anello, ospita due opere realizzate negli anni passati per OCA: «Home of the World» di David Svensson e la coloratissima «Plastic bags» di Pascale Marthine Tayou

 In questa struttura è allestita la mostra «L’arte è WOW!», con una selezione delle oltre 2000 opere realizzate a Dynamo Art Factory, progetto speciale che da oltre quindici anni unisce, in un contesto di gioco e di relazione autentica, arte contemporanea e terapia ricreativa Dynamo®. I lavori esposti sono il frutto di residenze che hanno coinvolto numerosi artisti di rilievo nazionale e internazionale, impegnati a lavorare fianco a fianco con i bambini e i ragazzi con patologie gravi o croniche e con le loro famiglie.

Inoltre, all’interno del ristorante Casa Luigi, per tutta la stagione estiva, saranno esposti cinque piccoli prototipi di Michele De Lucchi: «Legni di pietra», lavori nati dal recupero di tronchi sbozzati e conservati per anni, oggi reinterpretati su basamenti di pietra, che riflettono sulla temporaneità dell’architettura e sulla mutabilità delle forme. 

Didascalie delle immagini
1. Pascale Marthine Tayou, Plastic bags, 2024. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 2. Kengo Kuma, Dynamo Pavillion, 2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 3.Alejandro Aravena, Self regulation,2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 4. Michele De Lucchi e Mariangela Gualtieri, Nella terra il cielo, 2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 5. Quayola, Erosions, 2025.OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco


Informazioni utili 
OCA Oasy Contemporary Art and Architecture. Parcheggio per visitatori SP 633 n° 15, località Piteglio (PT). Orario: dal mercoledì alla domenica, 11.00 – 17.00. Ingresso mostra: gratuito. Ingresso percorso guidato nella riserva, solo su prenotazione ad orari prestabiliti, consultabili sul sito web: intero 20,00 €, bambini fino ai 10 anni gratuito. Informazioni: Tel. 0573 1716197. Sito web: www.oasycontemporaryart.com

venerdì 13 giugno 2025

«Luoghi del cuore» 2024: vince il Santuario di Nizza Monferrato amato da don Bosco

2.316.984 voti raccolti, 30.260 luoghi votati, 5.802 comuni coinvolti, 196 comitati registrati e oltre 530 scuole, tra primarie e secondarie di I e II grado, protagoniste nella raccolta delle segnalazioni: sono questi i numeri – da record – con cui si è chiusa la dodicesima edizione del censimento «I luoghi del cuore», ad oggi il più importante ed efficace strumento di partecipazione diretta dei cittadini alla tutela del patrimonio del Paese.
L’iniziativa, promossa dal 2004 dal Fai - Fondo per l’ambiente italiano e da Intesa Sanpaolo, ha visto ben 221 siti – mai così tanti – superare la soglia minima di 2.500 voti, quella che garantisce la possibilità di partecipare al Bando, aperto fino all’11 settembre, per sostenere campagne di restauro e valorizzazione culturale; di questi luoghi – tra cui ci sono chiese, eremi, fontane, castelli, monasteri e persino un traghetto leonardesco sull'Adda - ben 38 hanno superato la soglia delle 10mila firme.
In palio ci sono complessivamente oltre 700mila euro, ovvero 300.000 euro in più rispetto alle precedenti edizioni, che negli anni hanno visto la restituzione al grande pubblico di ben 163 siti. Ai tre vincitori saranno assegnati – ma solo in seguito alla presentazione di un progetto concreto di riqualificazione - 70.000, 60.000 e 50.000 euro; gli altri luoghi che hanno superato la soglia minima dei 2.500 voti potranno concorrere all’attribuzione di un contributo che potrà arrivare a un massimo di 50.000 euro.
 
A vincere l’edizione 2024 del censimento Fai è stato il Santuario Nostra Signora delle Grazie a Nizza Monferrato, nel cuore di un paesaggio vitivinicolo di indubbio fascino che dal 2014 è patrimonio Unesco: un luogo strettamente legato alla figura di don Bosco, il padre dell’oratorio moderno, che acquistò il complesso nel 1877 salvandolo dall’abbandono e facendone la casa madre del suo ordine. La provincia di Asti è così salita per la prima volta sul gradino più alto del podio grazie ai 72.050 voti raccolti, provenienti non solo dal suo territorio, anche dalle scuole salesiane presenti in vari Paesi del mondo, dall’India alla Colombia, dalle Filippine al Messico, che hanno così espresso il loro favore nei confronti di questo convento, legato anche alla storia di madre Maria Mazzarello, in nome dell’attualità e dell’importanza dell’eredità educativa del fondatore.
Sul podio sono salite, poi, la Fontana Antica di Gallipoli, che ha raccolto 62.967 segnalazioni, e la Chiesa di San Giorgio nel borgo di Tellaro, una frazione del comune spezzino di Lerici - luogo del cuore di personaggi come il pittore Arnold Böcklin, gli scrittori Henry James e Virginia Woolf, il poeta Eugenio Montale - dove la piccola ma tenace comunità si è mobilitata e riunita per proteggere il proprio patrimonio culturale riuscendo a raccogliere 47.012 voti.

Al quarto posto si è classificato il Complesso di Santa Croce di Campese a Bassano del Grappa (Vi), l’ex monastero sul Canale del Brenta fondato nel giugno del 1124 da Ponzio di Melgueil, settimo abate di Cluny, di ritorno dalla Terra Santa, che ha festeggiato i 900 anni, segnalato al censimento con l’obiettivo di recuperare antiche testimonianze storiche del Cinquecento e del Seicento, custodite nell’archivio, e renderle finalmente consultabili.
 Seguono, nella classifica, due beni siciliani: l’Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina a Santo Stefano Quisquina (Ag), luogo di devozione locale molto amato, e il Parco regionale di Cava Ispica a Modica (Rg), uno dei maggiori complessi naturalistico-archeologici dell’isola, che ospita, tra l’altro, un cimitero paleocristiano, con loculi e tombe ad arcosolio e un Gymnasium ellenistico con iscrizioni greche, nonché i resti della chiesa in grotta di Santa Maria, risalente all'epoca normanna.
Mentre al settimo posto si è classificato il Traghetto di Leonardo da Vinci a Imbersago (Lc), per il quale la mobilitazione, che ha ottenuto 31.490 voti, è partita dallo stesso sindaco che ha preso l’abilitazione per far tornare a navigare sull’Adda quest’unico esemplare funzionante al mondo di barca, che ha storicamente prestato servizio come importante collegamento tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia fino alla fine del XVIII secolo. Sulla base di un disegno datato 1513 e incluso nel Codice Windsor, si ipotizza che l’artista fiorentino abbia progettato o perfezionato l’infrastruttura durante il suo soggiorno nella vicina Vaprio d'Adda, tra il 1506 e il 1507. Il sistema funziona grazie a un cavo – oggi d'acciaio - teso tra le due sponde, sfruttando la corrente del fiume per il movimento, senza quindi la necessità di un motore. 
Nella top ten si trovano, quindi, il Castello di Lagopesole ad Avigliano (Pz), la Chiesa di San Giacomo della Vittoria ad Alessandria e la Valle dei Mulini di Gragnano (Na), antica testimonianza della lavorazione locale della farina e della pasta, da preservare con le sue storie di tradizione e ingegno.

Tra i «Luoghi del cuore» più votati ci sono anche siti colpiti da disastri naturali, come la chiesetta danneggiata da una tromba d’aria a Cervia (Ra), il centro storico di Concordia sulla Secchia (Mo), ancora in attesa di un pieno recupero dopo il terremoto del 2012, e il Torrente Rovigo a Palazzuolo sul Senio (Fi), che ha raccolto undicimila voti in una manciata di giorni, in seguito allo smottamento causato dalle abbondanti piogge che ha portato alla luce una discarica creata negli anni Settanta lungo i suoi argini. Ne emerge il ritratto di un’Italia  fatta di province, borghi, chiese, luoghi di natura, spesso poco conosciuti o trascurati, ma capaci di aggregare e appassionare persone anche fuori dai nostri confini nazionali.

Didascalie delle immagini
1. Nostra Signora delle Grazie, Nizza Monferrato (AT) Foto Roberto Morelli, 2025, (C) FAI; 2.  Fontana Antica di Gallipoli (LE) (C) FAI; 33. Chiesa di San Giorgio a Tellaro, Lerici (SP). Foto Davide Marcesini (C) FAI; 4. Traghetto Leonardo da Vinci, Imbersago (LC). Foto Roberto Morelli (C) FAI; 5. Complesso di Santa Croce di Campese, Bassano del Grappa (VI) (C) FAI

Per saperne di più
https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/i-luoghi-del-cuore/

giovedì 12 giugno 2025

#Notizieinpillole, quando l'arte contemporanea onora il passato e racconta un restauro

Tra Roma, Venezia e Milano, tre importanti realtà imprenditoriali - la maison della nautica Sanlorenzo, la società di consulenza Deloitte e l'azienda di costruzioni Ghella - condividono una visione comune: l'arte contemporanea può dare nuova linfa al restauro dell'antico. In quest'ottica sono stati concepiti i progetti di riqualificazione della Loggia dei Vini nella capitolina Villa Borghese, dell'ex chiesa meneghina di San Paolo Converso e di un edificio degli anni Quaranta a Venezia, nel quartiere di Dorsoduro, all'ombra della Basilica di Santa Maria della Salute. 
Una medesima visione conservativa ha mosso il progetto pluriennale «Restituire l’incanto a Villa Medici»,  promosso dall'Accademia di Francia a Roma, che, questo fine settimana, apre eccezionalmente le porte al pubblico per mostrare i recenti interventi di restauro che hanno interessato sei camere per gli ospiti e il Giardino dei Limoni, nuovo scrigno di natura e design.  

A VENEZIA UN NUOVO CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA. APRE CASA SANLORENZO

Venezia ha un nuovo centro dedicato all’arte contemporanea. Nei giorni della Venice Climate Week e nell’ambito della Biennale di architettura, la maison Sanlorenzo, leader internazionale nella nautica di lusso, ha inaugurato, all’interno di una dimora degli anni Quaranta, ubicata all’ombra della Basilica di santa Maria della Salute, in una zona artisticamente ricca del quartiere di Dorsoduro (quella tra Punta Dogana e la Peggy Guggenheim Collection), il suo nuovo laboratorio culturale e creativo: Casa Sanlorenzo.

Restaurato dall’architetto Piero Lissoni con lo studio Lissoni & Partners, il nuovo hub vuole essere «uno spazio di ricerca, dove l’arte non decora, ma interroga. Dove il design non impressiona, ma accompagna. Dove la bellezza non è mai fine a sé stessa, ma portatrice di un’etica». In queste parole di Massimo Perotti, Executive Chairman di Sanlorenzo, c’è tutto il senso di un’operazione culturale - lungimirante e visionaria - che guarda all’arte come motore per il cambiamento della società e che, nel contempo, intende stimolare l’incontro tra gli individui, promuovere le diversità di idee, prestare attenzione alla sostenibilità ambientale.

Il restauro dell’edificio, che era abbandonato dagli anni Quaranta e che ora ospita la collezione d’arte contemporanea del brand Sanlorenzo (con opere che spaziano dagli anni Sessanta ai giorni nostri), ha onorato la sua anima storica: le facciate in mattoni sono state valorizzate e si è provveduto alla conservazione di alcuni elementi originali, come parte dei pavimenti. Materiali della tradizione veneziana, come la palladiana, dialogano, ora, con superfici in cemento, acciaio e vetro creando un elegante equilibrio tra memoria storica e linguaggio contemporaneo. Un sistema di illuminazione adattiva permette di modulare la luce in base alle esigenze delle mostre che verranno ospitate nei mesi a venire, migliorando l’esperienza dei visitatori.

Un elemento chiave della ristrutturazione è, infine, il ponte che collega Casa Sanlorenzo all'area circostante. Realizzata interamente in metallo prefabbricato e già assemblato, la struttura, la cui forma “a schiena d’asino” ricorda i ponti medioevali, presenta una superficie in pietra d’Istria, tipica della città lagunare, e un corrimano in legno lavorato come se fosse un remo, per evidenziare il legame, di Venezia e di Sanlorenzo, con l'acqua.

Per maggiori informazioni: https://www.sanlorenzoyacht.com/

Foto di Federico Cedrone. Courtesy: Sanlorenzo Arts

# MILANO, NELL’EX CHIESA DI SAN PAOLO CONVERSO PRENDE VITA LA GALLERIA DELOITTE 

Ha da poco aperto i battenti a Milano la Galleria Deloitte, un nuovo spazio dedicato all’arte e alla cultura nato dalla riqualificazione della chiesa sconsacrata di San Paolo Converso, in piazza Sant’Eufemia. A tenere a battesimo la neonata realtà culturale è stato Giuseppe Lo Schiavo, ultimo vincitore del prestigioso Premio Cairo, che ha presentato «Liturgica». Si tratta di un’opera creata con l’intelligenza artificiale generativa, che «non celebra – spiega l’artista - l’autonomia della macchina, ma la responsabilità e il potere dell’essere umano nel darle forma, nel dirigerne la rotta, nell’assumersi la paternità del proprio stesso futuro».
L’installazione artistica – racconta ancora il suo autore – si configura come «un viaggio visivo che si sviluppa come un’allucinazione: sequenze che scorrono, si trasformano, si dissolvono, senza inizio né fine. Corpi, animali, materia. Tutto è immerso in un flusso che somiglia all’acqua: viva, imprevedibile, sacra».

Costruita a partire dal 1549 per volere della contessa di Guastalla Paola Lodovica Torelli, la chiesa di san Paolo Converso ospitava originariamente le Madri Angeliche, un ordine religioso voluto da Antonio Maria Zaccaria e dalla stessa contessa Torelli, che venne approvato nel 1535 da papa Paolo III. Nella seconda metà del ’700 il monastero venne chiuso a causa delle soppressioni ordinate dall’Imperatore Giuseppe II. La chiesa, oggi di proprietà della parrocchia di Sant’Eufemia, venne così ridotta a deposito e da allora non fu più adibita al culto. Il suo recupero strutturale risale agli anni Trenta quando il celebre architetto milanese Paolo Mezzanotte compì una completa ristrutturazione comprensiva del restauro degli affreschi.

La galleria è l’ultimo tassello - insieme con Solaria Space, il nuovo hub dedicato all’intelligenza artificiale generativa (GenAI) - a essere stato inaugurato all’interno nuovo Campus Deloitte, 48 mila metri quadri, di cui oltre mille di verde situati, tra via Santa Sofia e Corso Italia, nel complesso immobiliare di proprietà di Allianz che fu progettato negli anni ’50 da Gio Ponti, Antonio Fornaroli e Piero Portaluppi.

Per saperne di più: https://www.deloitte.com/ 

Nelle foto: Giuseppe Lo Schiavo, «Liturgica», 2025, installazione artistica realizzata con la GenAi per la nuova galleria Deloitte alla chiesa di San Paolo Converso a Milano

# ROMA, ALLA LOGGIA DEI VINI DI VILLA BORGHESE LE NUOVE OPERE DI JOHANNA GRAWUNDER E DANIEL KNORR PER «LAVINIA»

Sono Johanna Grawunder e Daniel Knorr a scrivere un nuovo capitolo della storia di «Lavinia», il programma di arte contemporanea pensato per dialogare con il restauro della Loggia dei Vini, originale ed elegante architettura realizzata tra il 1609 e il 1618 all’interno del parco di Villa Borghese a Roma, dove venivano serviti, al riparo da sguardi indiscreti, vini e sorbetti agli ospiti del cardinale Scipione Borghese.

Curato da Salvatore Lacagnina, realizzato da Ghella e promosso da Roma Capitale, con la collaborazione di Zètema, il progetto deve il suo nome a Lavinia Fontana (1552 – 1614) e si sviluppa in parallelo alle varie fasi di ristrutturazione della loggia seicentesca.

Per valorizzare le mura perimetrali che verranno restaurate il prossimo anno, la designer americana Johanna Grawunder (San Diego CA, 1961), cresciuta con i colori e le forme di Ettore Sottsass (con cui ha lavorato a lungo), ha progettato «Wiley a Roma» (2025), un’installazione con una serie di lampade da muro dai colori fluo e luce UV. L’opera vuole esaltare la «pelle» del muro, la sua texture dalle stratificazioni secolari, rispettandone completamente le condizioni e «vestendo di luce» il muro grezzo.

Mentre Daniel Knorr (Bucarest, 1968) ha portato al centro della Loggia la sua riflessione sui processi di industrializzazione e sulle cicatrici del consumismo presentando un’installazione traboccante di objet trouvé che raccontano come i rifiuti siano la «trachea» di una città; ne testimonino il respiro e la vita.

Le due nuove opere site-specific si aggiungono alle sedute di Gianni Politi, alla maniglia per il cancello di ingresso di Monika Sosnowska, alla fontana d’acqua infinita di Piero Golia e alla leggendaria lupa sulla grata di Enzo Cucchi, nonché al sentiero «Dante Desire Line Poetry Path» di Ross Birrell & David Harding, che accompagna i visitatori con le parole dell’Alighieri dentro e fuori lo spazio architettonico. Un approfondimento su queste opere è presente al link: http://bit.ly/456BTIg.

Per saperne di più sul progetto: www.laviniaroma.com.

Nella foto: Installation views, LAVINIA secondo gusto, Roma, 2025. Ph. Eleonora Cerri Pecorella e Daniele Molajoli, courtesy Ghella

# ROMA, PER UN WEEK-END VILLA MEDICI SVELA I SUOI SPAZI RESTAURATI 

Solo per due giorni, sabato 14 e domenica 15 giugno, l’Accademia di Francia a Roma apre le porte per far scoprire al pubblico gli spazi restaurati della sua sede, nell’ambito del grande progetto pluriennale «Restituire l’incanto a Villa Medici».

Nel 2025 la campagna di riqualificazione, iniziata nel 2022, ha interessato sei nuove camere per gli ospiti, che hanno visto all’opera, tra gli altri, Sébastien Kieffer e Léa Padovani, Zanellato/Bortotto e lo studio Ggsv. Ogni stanza offre, ora, un dialogo raffinato tra storia e creazione contemporanea, tra intonaci decorativi e legno intagliato, tra luce naturale e volumi armonizzati.

Nell’ultimo anno è stato completato anche il restauro del Giardino dei limoni, frutto della visione del paesaggista Bas Smets e dell’architetto dei monumenti storici Pierre-Antoine Gatier. In questo spazio segreto, tra piante di agrumi e pergolati di limoni Lunario, nasce un paesaggio che unisce storia medicea, ricerca botanica e design contemporaneo. Il giardino ospita anche la nuova collezione di arredi per esterni «Cosimo de’ Medici», ideata dal duo Muller Van Severen e prodotta da Tectona, in armonia con le geometrie del luogo e con una palette di colori che fa risplendere l’ambiente.
Davanti alla loggia della villa, il parterre ridisegnato ospita, ora, venti alberi di limone in vasi d’artista, realizzati da Natsuko Uchino con terracotta modellata e decorata con frammenti di resti romani. Le basi in peperino, scolpite da Daniele De Tomassi, recano parole incise che formano una poesia originale di Laura Vazquez, premio Goncourt per la poesia 2023.

Durante il fine settimana, i visitatori potranno anche esplorare le sale restaurate nel 2022 e nel 2023, ovvero le stanze dei ricevimenti, ridisegnate sotto la direzione artistica di Kim Jones e Silvia Venturini Fendi, e le camere reinterpretate da India Mahdavi, che ha trasformato gli appartamenti cardinalizi in spazi colorati e vibranti, tra geometrie e arredi del Mobilier National.
Un’occasione unica dunque, questa due giorni, per scoprire un vero laboratorio del presente che onora il passato.

Informazioni e prenotazioni: https://villamedici.it

 Foto di Sebastiano Luciano

mercoledì 11 giugno 2025

«Santa», a Reggiane Parco Innovazione l’arte irriverente di Maurizio Cattelan incontra la danza

C’è un luogo a Reggio Emilia che ha riconvertito il suo glorioso passato industriale in una fucina per la creatività, l’imprenditorialità e la cultura. Si tratta di Reggiane Parco Innovazione, importante opera di riqualificazione urbana che, negli ultimi anni, ha ridato vita, grazie a preziosi interventi di restauro (apprezzati anche all’estero), a una zona periferica della città, l’attuale quartiere Santa Croce, che, nei primi cinquant’anni del Novecento, fu un distretto di eccellenza per la meccanica e la meccatronica italiana, producendo aerei, treni, macchinari agricoli e gru portuali. Nei Capannoni 15B, 15C, 17, 18 e 19 hanno trovato sede l’Università di Modena e Reggio Emilia, centri di ricerca, imprese ad alta tecnologia, ordini professionali, associazioni culturali e incubatori di start up. Ne è nato un vero e proprio polo incentrato sull’«economia della conoscenza», che ha come valori fondanti la sostenibilità, le relazioni tra individui e l’incontro tra le diversità.

Da giovedì 12 giugno
, per tre fine settimana, questi spazi, e più precisamente i capannoni 17 e 18, faranno da scenario a «Santa», un’opera site-specific dove danza, arte contemporanea e architettura si intrecciano in un percorso immersivo, coinvolgente e radicalmente sperimentale.
Prende così avvio il nuovo format (di durata triennale) «Danze dell’Utopia», ideato da Gigi Cristoforetti per il Centro coreografico nazionale/Aterballetto, altra eccellenza reggiana, con l’obiettivo di attraversare luoghi iconici e insoliti con performance capaci di coinvolgere nuovi pubblici e di far dialogare i vari linguaggi dell’arte, trasformando spazi urbani, storici o degradati, in scenari immersivi e comunitari.

Il progetto, che gode del contributo del Comune di Reggio Emilia, porta la firma di Nicolas Ballario, classe 1984, figura di riferimento nel panorama dell’arte contemporanea, con all’attivo collaborazioni con Radio Rai Uno, «Rolling Stone» e «Il giornate dell’arte». Le azioni coreografiche sono affidate a Lara Guidetti, direttrice della compagnia Sanpapiè (co-produttrice della performance), che per l’occasione ha costruito un tessuto danzato instabile, nomade e potente, in costante dialogo con gli spazi di Reggiane Parco Innovazione e con le opere di Maurizio Cattelan, uno degli artisti italiani contemporanei più noti e controversi a livello internazionale, celebre per il suo linguaggio provocatorio e ironico, capace di eludere ogni definizione e amplificare ogni domanda. 

 Per l’occasione, l’archivio dell’artista ha concesso in prestito: un giocoso autoritratto («Untitled», 2001), «Homeless» (2005), opera in legno e stracci che dà voce al dramma dei senzatetto, e una riproduzione di «L.O.V.E.» (2010), la scultura monumentale in marmo di Carrara raffigurante una mano con tutte le dita mozzate tranne il medio, che fu installata nel 2010 davanti alla Borsa di Milano e che ora, in una versione dalle dimensioni ridotte, è collocata su un'Apecar.

L'azione coreografica, il cui titolo evoca le relazioni tra sacro e profano, tra spiritualità e corporeità, vedrà in scena Gioele Cosentino, Vittoria Franchina, Gador Lago Benito, Alberto Terribile, Kiran Luc Gezels, Alessia Giacomelli, Michele Hu, Karline Olivia Kotila. Il sound design è a cura di Marcello Gori; il light design porta la firma di Marcello Marchi. La progettazione e la realizzazione dei costumi e degli accessori hanno visto all’opera Maria Barbara De Marco e Fabrizio Calanna, con Nuvia Valestri.

«Cosa sia «Santa», esattamente, non è facile dirlo. Una performance? Un atto liturgico? Una mostra? Un sogno? Forse tutto questo, o forse niente di tutto questo. «Santa» - si legge sul sito di Aterballetto - è soprattutto un attraversamento. Di uno spazio,di un tempo, di un pensiero. […] Nulla è rivelato in anticipo. […] L’unica bussola è la fiducia: chi si affida al progetto sarà ricompensato con l’inatteso». 
Al punto di accoglienza, dove si ritirano le cuffie silent-disco, lo spettatore sa solo che il progetto è itinerante e che, lungo il cammino (della durata di circa un’ora), non sono previste sedute (il consiglio è di indossare scarpe comode).

I visitatori, accompagnati dalla voce di Nicolas Ballario, saranno protagonisti di un gioco percettivo che alterna ironia e struggimento, visione e spaesamento. La camminata-spettacolo è – si legge ancora sul sito di Aterballetto - «un invito. A disorientarsi. A guardare di nuovo. A credere che l’arte possa ancora sorprendere». Perché la performance multidisciplinare, definita da Nicolas Ballario «un rito collettivo anomalo» nel segno del paradosso e della metamorfosi, si propone più di accendere domande che di offrire risposte. «È un invito – spiega il curatore - a guardare, sentire e pensare senza ridurre o etichettare».
La coreografia diventa così un gesto effimero e trasformativo che attraversa la fisicità dei danzatori e i sensi degli spettatori. «I corpi dei performer – spiega Laura Guidetti - non raccontano ma evocano; non rappresentano ma si offrono come apparizioni: presenze che emergono e svaniscono, portando con sé tracce di ironia, bellezza, crudeltà e virtuosismo»

Gli ambienti industriali rigenerati si fanno, dunque, palcoscenico e controcampo, in un viaggio che richiama il senso di una civiltà sconfitta o forse appena nata. Un rave punk, una favola dark, un’invocazione laica o una marcia verso l’ignoto: ogni spettatore costruisce la propria personale chiave di lettura. Perché l’opera d’arte, qui, non è solo da osservare: è un catalizzatore per rileggere il reale. «L’arte contemporanea ha moltissimi livelli di lettura – termina Nicolas Ballario –. Non può esserci una interpretazione univoca, per questo vogliamo affidare la “critica” di queste opere così potenti a lessici e discipline molto diverse tra loro solo all’apparenza. In questi spazi, che hanno una storia così evocativa, ci spingiamo a parlare dell’“innominabile” in modo ironico e tragico allo stesso tempo. Per esorcizzarlo, per spingere la nostra immaginazione un po’ più in là».

Infine, Luca Torri, presidente Stu Reggiane, sottolinea che «portare la cultura alle Reggiane significa restituire a questo luogo la sua dimensione storica, ma anche dare un futuro a una comunità. «Santa» è un gesto forte e necessario, che ci aiuta a non dimenticare cosa siamo stati e a immaginare cosa possiamo diventare». Perché, da sempre, l’arte legge la realtà e anticipa il futuro. 

Didascalie delle immagini
1. 2 . Santa. Foto di Luca del Pia; 3.  Santa. Foto di Alice Vacondio; 4. Maurizio Cattelan, Junho, LEEUM Museum, Seoul, 2023, photo Kim Kyoungtae; 5 e 6. Santa. Foto di Luca del Pia

Informazioni utili 
Santa. Reggio Emilia – Reggiane Parco Innovazione, Capannoni 17 e 18, piazzale Europa 1
Anteprima stampa: 10 giugno 2025, ore 11:00 Spettacoli pubblici: 12, 13, 14 giugno | 26, 27, 28 giugno | 3, 4, 5 luglio Tre repliche al giorno: ore 19:30, 21:00, 22:15 
Biglietto unico: 5 euro. Acquisto online: www.biglietteriafonderia39.it/home.aspx. La biglietteria è aperta presso il Tecnopolo al Reggiane Parco Innovazione dalle ore 18.30 del 12, 13, 14, 26, 27, 28 giugno e del 3, 4, 5 luglio. I biglietti acquistati online devono essere ritirati alla biglietteria, negli orari di apertura, presentando la ricevuta d’acquisto. 
Informazioni e prenotazioni: tel. e whatsapp 3341023554. Website: www.fndaterballetto.it

martedì 10 giugno 2025

«Nelle terre dei Rasna», terminato il restauro di un prezioso manufatto etrusco al Museo archeologico di Bologna

Si è concluso «Nelle terre dei Rasna», il progetto per la salvaguardia e la valorizzazione di un reperto prezioso e unico appartenente alle collezioni del Museo civico archeologico di Bologna: uno sgabello in avorio datato alla fine del VI secolo a.C., raro esempio di manufatto con funzioni di rappresentanza nell’ambito della società etrusca.
L'iniziativa - a cura scientifica di Federica Guidi e Marinella Marchesi, archeologhe della realtà museale felsinea diretta da Paola Giovetti - è stata avviata nell'ottobre 2024 in stretta collaborazione culturale con il Rotary Club Bologna Est in occasione del sessantesimo anniversario dalla sua fondazione, sotto la presidenza dell’avvocato Silvia Stefanelli.
Dopo otto mesi lo sgabello in avorio è tornato a essere visibile nella Sala X, quella dedicata alla Bologna etrusca, con un nuovo supporto e un nuovo apparato multimediale che ne illustra la struttura e il contesto di rinvenimento, con una narrazione più stimolante e coinvolgente nel rispetto del rigore metodologico.
Il Museo civico archeologico di Bologna è riconosciuto come uno degli Istituti museali più importanti per la conoscenza della civiltà dei Rasna, il nome in cui i popoli etruschi si riconoscevano. Le sue raccolte comprendono una ricchissima documentazione derivante sia dalla raffinata tradizione collezionistica di antichità propria della storia culturale della città, sia soprattutto dalle testimonianze archeologiche rivenute durante le campagne del XIX e XX secolo che hanno messo in luce il passato etrusco di Bologna, quella Felsina sviluppatasi tra IX e IV secolo a.C. e definita da Plinio il Vecchio «princeps Etruriae».
Il manufatto è parte del ricco corredo rinvenuto nella tomba 173 portata alla luce nel 1887 dall’allora direttore del Museo archeologico Edoardo Brizio (Torino, 1846 - Bologna, 1907) nel parco dei Giardini Margherita a Bologna, in occasione dei lavori di sistemazione per accogliere i padiglioni dell’Esposizione emiliana del 1888. Già in precedenza l’area aveva restituito 172 tombe di epoca etrusca e, dopo lo scavo di Brizio, le indagini archeologiche proseguirono fino agli anni Ottanta del XX secolo, per restituire complessivamente oltre 230 tombe databili tra la seconda metà del VI e gli inizi del IV secolo a.C.. 
Lo sgabello è formato da due coppie di gambe incrociate, fissate fra loro con perno metallico e raccordate nella parte superiore da due traverse, cui era fissata la seduta, che doveva probabilmente essere in cuoio, così da consentirne la chiusura.
Mentre sono piuttosto frequenti le attestazioni in epoca etrusca di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, la scelta dell’avorio rende questo elemento un reperto di eccezionale rilevanza nel panorama non solo dell’area bolognese ma dell’Etruria in generale. La manifattura particolarmente preziosa ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una sella curulis, il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese.

Il restauro e le analisi diagnostiche
 
L’intervento di restauro è stato realizzato dalla ditta Kriterion e sono state eseguite anche indagini diagnostiche per meglio comprendere la struttura del raro manufatto.
Il reperto presentava una fragilità elevata dovuta ad un degrado molto avanzato, che aveva comportato fratturazione, frammentazione e disgregazione di alcune parti, oltre al dislocamento parziale di porzioni e a un generale inaridimento della superficie. Nel corso dei precedenti restauri l’avorio era stato pulito, consolidato e incollato, ma in alcuni punti gli adesivi avevano ceduto, provocando altri distacchi di materiale.
Prima di procedere allo smontaggio dei frammenti dal supporto in plexiglass sono state eseguite la documentazione fotografica e la mappatura descrittiva dei frammenti. Una volta smontati, le singole porzioni di avorio e gli elementi metallici sono stati puliti e consolidati. Poi si è effettuata un’attenta ricerca degli attacchi tra i frammenti già in opera e quelli non assemblati, esclusi dalla ricostruzione precedente. In questa fase è stato possibile ricondurre all’esatta pertinenza e alle giuste connessioni le porzioni, che non sempre erano state collocate correttamente.
L’attento esame dei frammenti ha anche premesso di individuare alcuni elementi relativi all’originario sistema di montaggio (piccoli fori con tracce di chiodi, tasselli di avorio, ecc.). Le indagini radiografiche hanno dato un ulteriore contributo allo studio del sistema di assemblaggio delle parti di avorio per mezzo di elementi metallici. Per quanto riguarda la giunzione tra le coppie di gambe, una boccola in ferro alloggia i due perni in bronzo con una estremità decorata in argento, permettendo così allo sgabello di richiudersi con naturalezza e senza attrito.
Un’altra interessante novità riguarda proprio l’avorio che costituisce la quasi totalità del mobile. Le analisi effettuate dall’archeozoologo Fabio Fiori di ArcheoLaBio – Centro di ricerche di bioarcheologia dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna hanno permesso di ricondurre con certezza l’avorio ad un proboscidato, escludendo quindi l’utilizzo dell’avorio di altre specie animali, quali l’ippopotamo, il tricheco e alcuni cetacei.
Inoltre, contrariamente a quanto presupposto in passato, si è confermato che non si tratta di zanne intere ma di porzioni di esse e, anche se lo stato precario di conservazione non consente una lettura precisa sul metodo di intaglio, tutti i pezzi potrebbero essere stati realizzati anche da una singola zanna.
Sono attesi nei prossimi giorni i risultati delle analisi di spettrometria LC-MS/MS, una tecnica analitica molto sensibile e precisa che combina cromatografia liquida (LC) e spettrometria di massa tandem (MS/MS). Con questa analisi, condotta dal Laboratorio ArchaeoBiomics dell’Università di Torino, si spera di identificare l'origine dell'avorio, definendo con certezza il proboscidato come elefante africano o asiatico, grazie all’esame dei profili delle proteine specifiche per specie.
L’intervento di restauro è stato, infine, completato dalla progettazione e realizzazione di un nuovo supporto espositivo sul quale sono stati fissati i frammenti. Il supporto in plexiglass presenta una robusta stabilità che permette di movimentare l’oggetto archeologico senza che vibrazioni nocive ne alterino la struttura e l’integrità.

L’esperienza interattiva 
Il progetto «Nelle terre dei Rasna» si è posto anche l’obiettivo di rendere l’esperienza di visita e la fruizione museale inclusiva, accessibile e interattiva. Proprio per questo si è scelto di creare una narrazione completa, offrendo al pubblico un’esperienza interattiva che narra non solo il restauro dello sgabello, ma anche il contesto storico e culturale da cui proviene.
La ditta Genera ha realizzato un applicativo digitale composto da tre moduli tematici, liberamente fruibile attraverso un’apposita postazione con touch screen installata al lato della vetrina che custodisce il corredo della tomba 173 nota come «tomba dello Sgabello».
Il primo modulo tematico permette ai visitatori del Museo civico archeologico di ripercorrere le fasi fondamentali del restauro, attraverso un video-racconto realizzato sia in lingua italiana che in lingua inglese con un filmato, appositamente progettato nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone ipoudenti o non udenti.
Il secondo modulo consente al pubblico di entrare virtualmente all’interno della tomba etrusca, di acquisire informazioni dettagliate sui singoli oggetti e di ricollocarli nella loro posizione originaria, grazie ad una esperienza digitale interattiva ideata e sviluppata secondo i principi del gaming e dell’edutainment. Tutti i reperti sono stati accuratamente digitalizzati in versione tridimensionale grazie all’utilizzo di scanner professionali a luce strutturata: i modelli ottenuti non assolvono solo alla funzione educativa ma sono di grande importanza anche per la tutela e conservazione dei beni stessi.
Infine, il terzo modulo tematico contiene i reperti del corredo nella versione 3D, per consentire agli utenti di interagire con essi ruotandoli a 360° così da apprezzarne meglio dettagli e caratteristiche.

Didascalie delle immagini
1. e 2. Sgabello pieghevole (dopo il restauro). Provenienza: Bologna, Necropoli dei Giardini Margherita, tomba 173 nota come “tomba dello Sgabello” Datazione: fine del VI sec. Materiale: avorio Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 17274 Courtesy Kriterion, Bologna; 3. e 4. Vetrina con il corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello” Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X ; 5. e 6. Postazione multimediale sul corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello” Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X  

Informazioni 
Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio 2 - 40124 Bologna. Orari di apertura estivi [dal 9 giugno 2025]: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Orari di apertura invernali [dal 4 novembre 2024 all’8 giugno 2025]: Lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì 9.00 - 18.00; sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Informazioni: tel. +39 051 2757211 o mca@comune.bologna.it. Sito web: https://www.museibologna.it/archeologico 

lunedì 9 giugno 2025

Un nuovo allestimento per la Pinacoteca di Tortona, scrigno del Divisionismo

Si rinnova il percorso espositivo della Pinacoteca Divisionismo Tortona. Dallo scorso fine settimana, il museo piemontese, aperto al pubblico dal 2001, espone ufficialmente una sua nuova acquisizione: «La signora Maffi. Una maestra di scena», opera chiave nella ricerca artistica di Umberto Boccioni, che ben esprime il passaggio dalla tecnica divisionista alle prime tensioni espressioniste e futuriste. Il ritratto colpisce per la sua potente resa plastica e luministica: la figura della donna, imponente, emerge da un interno appena accennato; il tutto è costruito attraverso la luce e il colore dando vita a una composizione ravvicinata e incisiva.

Realizzata nel 1909 e già esposta nel 1910 alla storica mostra personale di Boccioni a Ca’ Pesaro a Venezia, l’opera - che faceva parte della collezione dell’Istituto Mario Negri di Milano, a cui era stata donata nel 2005 dal professor Giuseppe Mattioli - è stata acquisita nel gennaio di quest’anno della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona nell’ambito di una speciale sinergia tra le due istituzioni che le vedrà accostate anche in un progetto triennale di formazione di un giovane ricercatore.

Secondo la ricostruzione dei passaggi di proprietà, realizzata dalla professoressa Sharon Hecker nel 1916, alla morte di Umberto Boccioni, l’olio su tela (di centimetri 110 x 80, firmato e datato il basso a destra) passa per eredità a sua madre, Cecilia Forlani Boccioni. L’anno seguente l’opera viene acquistata dal ragionier Enrico Bachi di Torre Pellice, che, poco più di una quindicina di anni dopo, lo presta alla mostra che la Galleria d’arte moderna di Milano dedica, nel 1933, al maestro futurista. L’etichetta sul verso del quadro conferma il fatto e riporta le seguenti informazioni: «Civica Galleria d’Arte Moderna. Autore: mostra Boccioni 1933; titolo: l’Attrice; catalogo n. 11. Sig. Bachi rag. Enrico, via Assarotti».

Con l’approvazione in Italia delle Leggi razziali, Enrico Bachi presenta al suo Comune di nascita la denuncia per l’«appartenenza alla razza ebraica». Dalla fine del 1938 non si si trova più traccia di lui nell’Albo dei ragionieri di Torino e nell’ottobre del 1939, secondo i documenti presenti alla Camera di Commercio, il prefetto provvede alla liquidazione della sua azienda e alla confisca di tutti i beni mobili della famiglia presenti nella Villa Bachi di Torre Pellice. Nella scheda di confisca vengono sottolineate a matita le opere d’arte e gli altri oggetti di valore sequestrati come tappeti orientali e orologi. Ma non figura l’opera di Umberto Boccioni, che viene presumibilmente affidata, con altri beni, ad amici di famiglia che la custodiscono sino alla fine della guerra. Nel 1961, alla morte di Enrico Bachi, la tela passa, infatti, per eredità alla moglie Rita, che nel giugno dello stesso anno la vende alla Galleria La Bussola di Torino. Acquistato pochi mesi dopo dal collezionista castellanzese Luciano Pomini, il dipinto entra quindi, nel 1977, nella collezione di Giuseppe Mattioli, che nel 2005 lo cede all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri con l’intento di supportare la ricerca del Dipartimento di oncologia intitolato alla Fondazione Nerina e Mario Mattioli Onlus.

L’opera di Umberto Boccioni si aggiunge a un’altra recente e preziosa acquisizione esposta a Tortona dallo scorso novembre: «Il cammino dei Lavoratori» (1898-1899) di Giuseppe Pellizza da Volpedo, studio preparatorio de «Il Quarto Stato». Questo lavoro restituisce la tensione sociale ed esistenziale del tempo attraverso un sapiente uso del colore e una composizione teatrale in cui gesti e sguardi si intrecciano in un flusso inarrestabile di figure compatte. L’ocra che pervade la scena accresce il senso di unità del gruppo, che marcia determinato verso una luce simbolo di speranza. Sebbene si tratti di uno studio, la potenza espressiva e la straordinaria resa pittorica lo rendono un'opera autonoma, capace di restituire con immediatezza la visione simbolica di Pellizza.

Con queste due nuove acquisizioni, la Pinacoteca di Tortona rafforza il proprio ruolo di riferimento per lo studio e la valorizzazione del Divisionismo, offrendo al pubblico un viaggio ancora più completo attraverso le sue evoluzioni e influenze sulle avanguardie del primo Novecento. Il museo ospita, oggi, 145 opere dei principali maestri divisionisti, tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Plinio Nomellini, Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Con un allestimento studiato secondo i più moderni criteri museali, il visitatore può esplorare le varie anime del movimento avanguardista: dalle sperimentazioni luministiche ai temi sociali, dal simbolismo alle ricerche paesaggistiche che anticipano il Futurismo e che pongono il Divisionismo come anello di congiunzione tra Ottocento e Novecento.

Didascalie delle immagini
1. e 2. Pinacoteca Divisionismo Tortona, veduta della sala con la nuova acquisizione: La signora Maffi. Una maestra di scena (1909), Umberto Boccioni; 3. Giuseppe Pellizza, Il cammino dei lavoratori, 1898-1899; 4. e 5. Pinacoteca Divisionismo Tortona, veduta di una sala

Informazioni utili
Pinacoteca Divisionismo Tortona. Palazzetto medievale, Corso Leoniero, 6 (ingresso dal cortile interno) - Tortona (Alessandria). Orari: sabato e domenica, dalle 15.00 alle 19.00; giorni feriali su prenotazione; chiusura Natale e Capodanno. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0131.822965, e-mail: pinacotecadivisionismo@gmail.com. La Pinacoteca online e sui social https://www.ildivisionismo.it https://www.instagram.com/museodeldivisionismo https://www.facebook.com/museodeldivisionismo https://www.youtube.com/channel/UCAfr8Wifq8gKMsWXtttP9dQ

venerdì 6 giugno 2025

«Cross Festival», l’edizione 2025 guarda all’India e racconta le relazioni tra arte e spiritualità

Ritorna sulle sponde del lago Maggiore «Cross Festival», evento internazionale di danza contemporanea e arti performative promosso dalla Fondazione Cross Ets, con la direzione artistica di Antonella Cirigliano.
Spettacoli, performance, installazioni, workshop, incontri di approfondimento, pratiche meditative, sessioni di yoga, eventi musicali con ospiti provenienti da Italia, India, Armenia, Danimarca, Germania, Inghilterra, Siria e Brasile – per un totale di quaranta appuntamenti – caratterizzano il cartellone della tredicesima edizione della manifestazione, in programma dal 13 giugno al 2 luglio al Sacro Monte di Ghiffa, nel vicino comune di Bee, all’interno dell’Albagnano Healing Meditation Centre, e a Verbania, in luoghi di indubbio fascino quali il teatro Maggiore, Villa Simonetta, il Museo del paesaggio, la Casa Elide Cerretti e la Chiesa metodista di Intra.
Il legame tra arte, spiritualità e tecnologia farà da filo conduttore all’intera programmazione, riunita sotto il titolo «Tone of light» ovvero «Tono di luce», un’espressione, questa, che -si legge nell’opuscolo informativo - guarda alla trascendenza come «un paesaggio dell'immaginario collettivo dai toni di colore indefiniti, ma che porta in sé una profondità luminosa capace di accompagnarci nella scoperta delle pratiche del corpo e della relazione cosmica che attraverso le arti del movimento ci tiene uniti in un abbraccio spirituale».

Dalla danza Odissi all’arte marziale Kalaripayattu, tre giorni per scoprire le arti performative indiane
Ad aprire «Cross Festival» sarà, dal 13 al 15 giugno, un focus dedicato alle arti performative indiane, a cura della danzatrice e coreografa Antonella Usai, che racconta così il suo progetto: «questi tre giorni incrociano tecniche e immaginari avvicinando la danza classica indiana alle arti marziali, il principe Siddharta a San Francesco, i raga indiani ai canti popolari del sud Italia, ma, soprattutto, la tematica spirituale a quella del selvaggio, l'eterico al carnale, l'ideale al viscerale. Il desiderio e l’auspicio sono di tornare a sentire il Sacro come nel «Siddharta» di Hermann Hesse, ovvero tornando a percepire tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i colori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme il mondo. Tutto insieme il fiume del divenire».
L’evento di apertura, nella serata del 13 giugno, all’Albagnano Healing Meditation Centre di Bee, sarà lo spettacolo «Silsila», con i coreografi e ballerini Sooraj Subramaniam e Rukmini Vyas Dwivedi, esperti a livello internazionale in danza classica indiana. «Il programma mescola Odissi e danza contemporanea, intrecciando nritta (danza pura) e abhinaya (danza espressiva), reinterpretando in chiave moderna temi tradizionali ed esplorando sfumature e peculiarità dei vari universi». Il giorno successivo, sempre a Bee, saranno in programma sessioni di Hata Yoga, con Rukmini Vyas Dwivedi e Igor Orifici, un laboratorio di arte marziale Kalaripayattu, con Arianna Romano, un workshop di teatro danza Odissi, con Sooraj Subramaniam, e la proiezione del film documentario «Heaven on Earth» di Rocio Carbajo e Nico Miranda, che racconta la nascita del centro buddhista di Albagnano per iniziativa del Lama Gangchen Rinpoche.
Nella stessa giornata a Verbania, negli spazi di Villa Simonetta, si terrà una Conferenza relazionale con la coreografa Antonella Usai e con lo staff del Mao, il Museo d’arte orientale di Torino, che dal 2022 ha attivato il programma #MAOTempoPresente, nel quale l’arte contemporanea diventa medium e motore di interpretazione e valorizzazione del patrimonio museale attraverso installazioni site-specific, sviluppate all’interno del programma di residenze d’artista.
Sempre sabato 14 giugno Villa Simonetta farà da scenario anche allo spettacolo di danza e Kalaripayattu «Wild Animal Memories», con Arianna Romano, e alla mostra «L’India tra sacro e performativo», con lavori di Attakkalari Dance Company, Jayachandran Palazhy ed Hemabharathy Palani, Massimiliano Troiani e Antonella Usai.
Mentre domenica 15 giugno sono in programma due incontri di approfondimento: «Divino, Femminile, Animale. Tra Yogini indiane e streghe del Cusio Ossola», con Antonella Ravani, e «La danza indiana: questioni di genere e costrutti sociali», con Alessandra Consolaro e con Lucrezia Ottoboni e Antonietta Fusco del Collettivo Dance IN. Al termine dei due appuntamenti, la compagnia «Il mutamento» presenterà «Francesco, il lupo e il principe Siddhartha», uno spettacolo per bambini e adulti di Giordano Amato, con Amandine Delclos e Claudio Micalizzi; mentre Renata Frana ed Elena d’Ascenzo proporranno «Ku, concerto per dilruba e voce», che intreccia raga indiani, ninnananne della Maiella, canti di raccolta umbri e composizioni originali. Da lunedì 16 a mercoledì 18 giugno sarà, infine, possibile frequentare sessioni mattutine di Yoga Nidra, con Rukmini Vyas Dwivedi, all’Albagnano Healing Meditation Centre.

Anche i dervisci rotanti e il rituale buddhista dell’incenso tra i «toni di luce» del festival

Chiusa la parentesi dedicata all’India, il «Cross Festival» proseguirà, il 19 giugno, al teatro Maggiore con «Dervishes Remixed», un’immersione nell’esperienza unica della danza meditativa dei dervisci rotanti, una pratica propria degli asceti islamici della tradizione Sufi, che vedrà protagonisti, tra gli altri, Giovanni di Cicco e il derviscio Ahmad Rifai Hambrouch. Nella stessa giornata, a Bee, andrà in scena la performance «Sinfonia H2O», un omaggio all'essenza dell'acqua, fonte sacra di vita, origine di tutto e custode della memoria, proposto da Francesca Cinalli e Paolo De Santis di Tecnologia Filosofica.
Il giorno successivo, venerdì 20 giugno, Il Maggiore farà da scenario alla presentazione del libro «Dove vai così di fretta?», scritto dal Lama Michel Rimpoche, guida spirituale del centro buddhista di Albagnano, che accompagnerà i presenti in un viaggio alla riscoperta della felicità, intrecciando aneddoti personali e riflessioni profonde sul nostro vivere quotidiano, per invitare il pubblico a «guardare la vita con occhi nuovi, ad abbandonare schemi rigidi e paure, per riscoprire il valore della consapevolezza e della gentilezza».
Seguiranno due spettacoli: «Mirada», con la performer Elisa Sbaragli, e «Cani Lunari», il nuovo lavoro di Francesco Marilungo, in anteprima nazionale, che, seguendo le riflessioni di studiosi come Carlo Ginzburg ed Ernesto De Martino, esplora la magia come una forma di sapere alternativa e indaga la figura della strega, della guaritrice, della magiara. 
Il festival proseguirà, sabato 21 giugno, con «Sirene», una performance itinerante e immersiva negli spazi urbani di Verbania, guidata dalla performer Sara Vilardo e dall'artista multidisciplinare Sonja Winckelmann Thomsen, che mira a esplorare il viaggio di ritorno da una prospettiva contemporanea, prendendo spunto dall’«Odissea» di Omero: il rientro a casa diventa così una vera e propria esperienza trasformativa alla scoperta di sé.
Villa Simonetta ospiterà, quindi, la prima nazionale della performance «Dove cresce ciò che salva | Archivio sentimentale del movimento», di e con Francesca Foscarini. Mentre domenica 22 giugno, in piazza San Vittore, a Verbania, si terrà lo spettacolo «Hit Out», con la compagnia Parini Secondo e il musicista e produttore Bienoise: un viaggio intenso e pulsante dove il salto della corda si trasforma in uno strumento percussivo capace di dar voce a ritmi, movimenti e riflessioni.Martedì 24 giugno ci si sposterà all’Albagnano Healing Meditation Centre per la performance itinerante «Storia di un ruscello», primo progetto da autrice di Erica Meucci, che si configura come «un racconto per immagini, una camminata nei boschi, una danza scritta per un’interprete e una pietra», che prende spunto – racconta l’artista - dalle idee ecologiche del geografo anarchico Élisée Reclus, «secondo il quale per ricollocarsi al fianco degli altri esseri viventi è necessario riconoscersi vulnerabili ed esposti al pericolo, svincolandosi da un’idea di dominio ed entrando in relazione con gli ambienti che attraversiamo, lasciandoci plasmare da essi».
«Cross festival» proseguirà, quindi, a Verbania con «Alloro_Varietà Aurea» (25 e 27 giugno) della compagnia Tecnologia Filosofica, all’Atelier Casa Ceretti, e con l’installazione performativa e contemplativa «Coming to Matter» (25 giugno), uno spazio di incontro e intra-azione della materia, tra corpi umani e minerali, che vedrà in scena, al Museo del paesaggio, Titta C. Raccagni e Barbara Stimoli. Ci sarà, quindi, la prima nazionale dell’installazione performativa «Garden Alchemy» (26 e 27 giugno) alla Chiesa Metodista Evangelica di Intra: un’esperienza multimediale, interattiva e tattile, curata da TinDrum e Art of Listening, dove musica, animazione dipinta a mano e installazioni immersive convivono in armonia invitando il pubblico a esplorare i rapporti umani come atto ecologico. Poi, Villa Simonetta si trasformerà nel regno della performance con «Augmented Nature: Verbania Edition», sul valore del silenzio e sul potere del qui ed ora, «Perle Sparse - Perles fanné par tous», sul tema del viaggio e sul ritorno al proprio luogo d’origine, e «UMMN - Il viaggiatore immobile» (27 e 28 giugno).
Ci si sposterà, poi, al Santuario di Ghiffa, dove la Compagnia EgriBiancoDanza presenterà, sabato 28 giugno, la prima regionale della performance itinerante «I sentieri del mistero», «una danza perpetua che esprime precarietà e passione, inquietudine e speranza». A seguire, nel giardino dell’Hotel «Il Chiostro» di Verbania, si terrà l’anteprima nazionale di «Fatigue», una performance corale, vocale e fisica, sull’atto di andare avanti in un percorso che evoca una scalata e una processione, a cura di Irene Russolillo, con in scena quattro danzatori armeni sulle composizioni musicali del verbanese Edoardo Sansonne.
A chiudere il festival saranno, nella giornata di mercoledì 2 luglio, il rituale dell'Incenso e l’appuntamento «Voci dal Bosco» con la compagnia «Teatro Selvatico» di Elena Borgna, una camminata guidata per bambini e adulti nella natura che circonda l’Albagnano Healing Meditation Centre, dove gli alberi prenderanno idealmente la parola e racconteranno miti e leggende sulle relazioni tra l’uomo e l’ambiente. Un percorso, dunque, composito e interessante alla ricerca delle relazioni tra arte, danza, teatro, tecnologia e spiritualità quello proposto del festival verbanese che, come suggerisce l’opuscolo informativo, fa propria un’espressione dello scrittore indiano Sri Aurobindo, tratta dal libro «La sintesi dello yoga»: «L'arte è il linguaggio dell'anima. L'artista è colui che riesce a cogliere l'invisibile e a tradurlo in forme che parlano al cuore dell'umanità».



Didascalie delle immagini
1.Dervishes Remixed. Foto Donato Acquaro; 2. Rukmini Vyas Dwivedi Pattu. Foto Mohan Dravid; 3. Francesco Marilungo, Cani Lunari. Foto Luca Del Pia; 4. Ultimabaret, Pleasure Rock, workshop-Cross; 5. FRANCESCO, IL LUPO E-IL PRINCIPE SIDDHARTA. Compagnia Il Mutamento. Foto Virginia Boscolo; 6. Teatro selvatico. Voci dal bosco. Foto: Davide Comandu; 7. Sooraj Subramaniam. Foto Tom-Decuyper; 8. Lama Michel Rinpoche. Foto: Freya Helders


Per saperne di più
www.crossproject.it