ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 14 dicembre 2012

Amore e Psiche, la favola di Apuleio secondo Canova e Gérard

Un fresco profumo di lavanda e menta piperita, frammisto a un delicato aroma di eucalipto e a una legnosa fragranza di patchouli e sandalo, accoglie i visitatori negli spazi cinquecenteschi della sala Alessi di Palazzo Marino, sede di rappresentanza del Comune di Milano. Sono, queste, le essenze scelte dalla Officina Profumo - Farmaceutica di Santa Maria Novella, casa fondata nel 1612 a Firenze, per ricreare le suggestioni olfattive di un giardino notturno di ispirazione neoclassica. E’, infatti, una scenografia fatta di un morbido manto erboso, di filari di siepi sagomate a forma di portici e di labirinti verdi quella costruita dallo Studio Greci Architettura per ambientare la mostra «Amore e psiche a Milano», appuntamento promosso da Eni, in partnership con il Museo del Louvre di Parigi, nel solco di una fortunata tradizione, inaugurata nel 2008, che, di Natale in Natale, ha portato nel capoluogo lombardo opere come la «Conversione di Saulo» del Caravaggio (2008), il «San Giovanni Battista» di Leonardo da Vinci (2009), la «Donna allo specchio» di Tiziano (2010), «L’Adorazione dei pastori» e il «San Giuseppe falegname» di Georges de La Tour (2011).
All’ombra di filari di bosso e sotto un soffitto di verzura e rampicanti, costruito per mezzo di proiezioni perimetrali di Simon Miller, tese a dare la sensazione di una vegetazione che in quasi modo piranesiano divora e avvolge le pareti della sala, va, dunque, in scena uno dei miti più affascinanti della classicità, una delle storie più romantiche di tutti i tempi: la favola di Amore e Psiche, tratta dal capolavoro di Apuleio, «Le metamorfosi» o «L’asino d’oro» del II secolo d.C., e fonte di ispirazione per schiere di artisti, come documentano grandi cicli di affreschi come quelli di Raffaello alla villa Farnesina di Roma o quelli di Giulio Romano a Palazzo Te di Mantova.
Tutto incomincia con il più classico degli avvii: c’era una volta. Sì, c’era una volta una ragazza bellissima, così bella da suscitare le invidie della dea Afrodite che, vendicativa come sempre, mandò sulla terra suo figlio, il dio Amore (Cupido per i romani, Eros per i greci), ordinandogli di punire la fanciulla, detta Psiche, accendendo in lei un amore insopprimibile per il più brutto degli uomini. Ma, per uno strano gioco del destino, Amore cadde vittima del fascino della ragazza, la fece prigioniera nel suo castello incantato e le disse che si sarebbero sempre amati al buio, di notte, per lasciarsi ogni mattina, ai primi raggi del sole, in modo tale che lei non potesse mai vederlo in volto. Psiche, istigata dalla due sorelle invidiose, trasgredì, però, il divieto e dovette così espiare la colpa di aver guardato negli occhi una divinità, prima di potersi ricongiungere definitivamente al suo amato e, attraverso una serie di prove terribili, conquistare l’immortalità.
A rievocare questa vicenda di seduzione, tradimento e perdono, metafora dell’amore che vince su tutto, sono, negli spazi di Palazzo Marino, due opere simbolo del Neoclassicismo, la scultura «Amore e Psiche stanti» di Antonio Canova e il dipinto «Psyché et l’Amour» di François Gérard, esposte, per la curatela di Valeria Merlini e Daniela Storti, in un percorso espositivo arricchito da apparati didattici e supporti video, oltre che da un catalogo edito da Rubbettino editore e da un percorso digitale con un sito web (www.amoreepsicheamilano.it), un’app dedicata, video e approfondimenti sui principali social network.
L’opera di Antonio Canova, datata 1797, ritrae i due giovani nel loro ultimo abbraccio mortale, richiamando il tema della metamorfosi di Psiche nell’immagine della farfalla, simbolo dell’anima che, dal corpo terreno, vola verso l’eternità. Alla dolcezza e all’eleganza formale del maestro veneto, François Gérard, pittore parigino di scene galanti, risponde, l’anno successivo, con un dipinto dall’erotismo raffinato: Amore è visto di profilo, con il corpo reclinato per accostarsi all’amata fanciulla, ritratto nuda, con un solo velo a ricoprire gambe e bacino, mentre sopra il suo capo, dipinto con eleganza raffaellesca, volteggia una farfalla, riferimento in chiave neoplatonica e successivamente cristiana al tema dell’immortalità dell’anima.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venice, 1822), «Amore e Psiche stanti», c. 1797. Marmo di Carrara, H. 1.45 m. Parigi, Museo del Louvre; [fig. 2] François Gérard, «Psyché et l’Amour», 1798.  H. 1.86 m; W. 1.32 m. Parigi, Museo del Louvre

Informazioni utili 
Amore e Psiche a Milano. Palazzo Marino, piazza della Scala, 2 - Milano. Orari: tutti i giorni (compresi 25 dicembre 2012 e 1° gennaio 2013), ore 9.30-20.00; giovedì, ore 9.30-22.30; 24 e 31 dicembre,ore 9.30-18.00. Ingresso libero. Catalogo: Rubbettino editore. Informazioni: numero verde 800.14.96.17. Sito internet: www.amoreepsicheamilano.it. Fino a domenica 13 gennaio 2013

mercoledì 12 dicembre 2012

Brigitte Niedermair e la sua «Ultima cena» al femminile in aiuto delle donne

Dalla rivisitazione pop di Andy Warhol alla rilettura in chiave militare di Adi Nes, passando per gli omaggi irrituali di Damien Hirst, Hermann Nitsch e Alfred Hrdlicka, è lungo l’elenco degli artisti che hanno guardato a Leonardo da Vinci e all’iconografia del suo «Cenacolo».
L’affresco parietale, realizzato tra il 1494 e il 1498 per il refettorio del convento della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, ha suggestionato anche la fantasia di Brigitte Niedermair (Merano, 1971), fotografa e pittrice altoatesina che da sempre lavora sui territori di confine tra impegno civile e rigore estetico. E’, infatti, sua «The Last Supper», l’immagine della discussa campagna pubblicitaria per la collezione primavera-estate 2005 della maison francese Marithé e François Girbaud, raffigurante un’«Ultima cena» tutta al femminile. Lo scatto, che alla sua prima apparizione fece addirittura parlare di blasfemia e del quale fu proibita l’affissione sia in Italia che in Francia per «lesa maestà della morale», ritorna oggi agli onori della cronaca per un’iniziativa di solidarietà. Brigitte Niedermair ha, infatti, deciso di mettere in rete e di commercializzare la propria opera offrendo in beneficenza parte del ricavato per sostenere progetti di sostegno e aiuto alle donne. Duemila gli esemplari autografati, numerati e certificati, disponibili al costo di 1000,00 euro, sul sito www.lastsupper.it.
Il guadagno ottenuto dalla vendita delle stampe andrà in favore della rete internazionale dei Musei delle Donne (www.womeninmuseum.net), un’istituzione nata nel 2008, che realizza, tra le molte iniziative, un servizio educativo per superare le situazioni di discriminazione e violazione dei diritti umani in Paesi come il Sudan, l’Africa centrale e l’Iran, riunendo più di cinquanta enti internazionali e promuovendo quattordici progetti.
«Un'opera d'arte sulle donne che può aiutare le donne»: ecco, dunque, la nuova vita dell’«Ultima cena» di Brigitte Niedermair, una foto molto glamour, insieme poetica e provocatoria, che strizza l’occhio anche alle teorie contenute nel best-seller «Il codice da Vinci» di Dan Brown, secondo le quali Maria Maddalena avrebbe partecipato all’ultimo pasto di Gesù Cristo e la sua figura comparirebbe anche all’interno dell’affresco leonardesco, celata sotto le sembianze femminili di Giovanni. L’artista altoatesina ribalta questo concetto: accanto a un Gesù e ad undici apostoli donne, modelle di conturbante bellezza in abiti griffati, appare un solo uomo, di spalle e semi-nudo, conteso da due ragazze dall'aria agguerrita, che impersonano Giuda e San Pietro. Si tratta, appunto, di Giovanni.
Molti i simboli che compaiono nell’immagine: la colomba, il lavaggio dei piedi, il pane spezzato, un fico aperto, il pesce davanti al Cristo-donna. Non mancano, inoltre, riferimenti alla contemporaneità, con un registratore che simboleggia la ricerca della verità e due quotidiani, uno palestinese e uno israeliano, a ricordare il conflitto che tormenta la Terra Santa.
Pensando al lavoro artistico di Brigitte Niedermair, vengono così alla mente le parole di Erri de Luca: «Il genere maschile è invidioso della potenza femminile di generare. Si è ritagliato per sé il potere, la guerra, la politica, spazi di governo minori di fronte all’immensità di fare nascere. Il femminile riproduce l’opera della creazione. E’ il tempo delle madri».

Informazioni utili 
«The Last Supper»,di Brigitte Niedermair. Edizione di 2000 esemplari, autografati, numerati e certificati disponibili al costo di 1000,00 euro cadauno solo on-line, sul sito www.lastsupper.it. Parte del ricavato sarà devoluto in favore della Rete internazionale dei Musei delle Donne (www.womeninmuseum.net).

lunedì 10 dicembre 2012

Natale d’arte a Palazzo Madama, in mostra Pisanello

Il Natale porta a Torino, nelle sale di Palazzo Madama, un grande capolavoro dell’arte italiana del Rinascimento. Dopo la «Madonna col Bambino» (1525) di Michelangelo, prezioso disegno usualmente conservato alla Casa Buonarroti di Firenze ed ammirato durante le passate festività natalizie da migliaia di torinesi, la città regala ai suoi abitanti un confronto ravvicinato con il «Ritratto di Lionello d’Este» di Antonio Pisano, detto Pisanello, artista tardo-gotico celebre per la propria attività di medaglista e per i suoi disegni con studi dal vero di personaggi e animali, nei quali si evidenzia uno spiccato senso di analisi e di curiosità naturalistica.
L’esposizione, resa possibile grazie al generoso contributo dei visitatori che l’anno scorso hanno donato oltre 16mila euro, si lega al percorso sulla storia del ritratto pittorico, allestito nelle sale espositive del museo in occasione della mostra dedicata a Robert Wilson: un excursus dal Medioevo all’Ottocento, tra pale sacre, medaglie rinascimentali, raffigurazioni per monete, dipinti devozionali, celebrativi o allegorici. Si viene così a creare un dialogo ideale tra opere note come il «Ritratto d’uomo» (1476) di Antonello da Messina o «Il gioco degli scacchi» (1530-1532 circa) di Giulio Campi e il celebre dipinto di Pisanello, restaurato nel 2008 presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e usualmente conservato nelle raccolte dell’Accademia Carrara di Bergamo, ora chiusa per lavori di restauro e la cui riapertura è prevista per il 2014.
La tempera su tela (28x 19 centimetri), tra le opere più celebri della pittura rinascimentale italiana, raffigura il marchese Lionello d’Este, signore di Ferrara dal 1441 al 1450. Il busto di profilo, simile ai ritratti delle monete imperiali romane, si delinea con fierezza contro lo sfondo blu scuro del cielo, in uno spazio reso più profondo dalla siepe di rose che gioca in funzione di quinta ravvicinata. La spalla marca il primo piano con un ricco broccato a fili d’oro e bordure di velluto su cui spiccano grandi bottoni perlacei. Il volto, dall’incarnato chiarissimo, è contraddistinto dall’impasto prezioso del colore, accarezzato dalla luce che si dirama in sottilissime ombre a definire i tratti essenziali, quasi incisi, della fisionomia.
L’opera, citata per la prima volta nei testi «Pro insigne certamine» di Angelo Decembrio e il «De Politia letteraria» di Ulisse degli Aleotti, fu realizzata a Ferrara nei primi sei mesi del 1441, in occasione di una sfida artistica voluta, secondo le fonti del tempo, da Niccolo III d’Este, che fece ‘duellare’ Pisanello, in punta di pennello, con un altro artista veneto del momento, Jacopo Bellini. Quest’ultimo, stando alla testimonianza di Ulisse degli Aleotti, ebbe la meglio (il suo ritratto è, però, andato perduto), ma Pisanello non conobbe, per questo, scarsa fortuna a Ferrara. Sue sono, intatti, alcune delle più note medaglie celebrative di Lionello d’Este, mentre il ritratto realizzato per la contesa artistica rimase, per lungo tempo, nelle raccolte estensi. L’opera approdò, poi, alla collezione Costabili di Ferrara e venne, quindi, acquistata da Giovanni Morelli, che la lasciò, per legato testamentario, all’Accademia di Carrara.
Renzo Chiarelli, nel 1961, elogiò la tecnica del ritratto, che – si legge in uno dei suoi testi- «sembra giovarsi dell'esperienza del bronzo, specie in quei capelli singolarmente trattati e disposti in piccoli ciuffi filiformi e ricurvi che ravvivano plasticamente quella curiosa mezza parrucca, in aderenza al modo di trattare la materia nei corrispondenti particolari delle medaglie». Mentre Licisco Magagnato, nel 1958, paragonò l’opera, per il suo «carico d’energia», ai «ritratti più alti di Piero della Francesca e Antonio del Pollaiolo», facendone così uno dei simboli più eleganti dell'Italia delle corti.

Didascalia delle immagini
[fig. 1] Antonio Pisano, detto Pisanello, (Pisa, circa 1394 – Roma? 1455), «Ritratto di Lionello d’Este», circa 1441. Tempera su tavola, cm 29 x 19,5. Bergamo, Accademia Carrara

Informazioni utili
«Ritratto di Lionello d’Este». Palazzo Madama - Museo civico d’arte antica, Corte Medievale - piazza Castello - Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00, chiuso lunedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 011.4433501. Sito Internet: www.palazzomadamatorino.it. Da mercoledì 12 dicembre a domenica 13 gennaio 2012.