È tutto pronto a Milano per la diciannovesima edizione di MiArt, la fiera d’arte moderna e contemporanea, curata da Vincenzo De Bellis, che da venerdì 28 a domenica 30 marzo animerà gli spazi di Fieramilanocity. Centoquarantotto gallerie, di cui sessanta straniere in rappresentanza di venti Paesi del mondo, saranno in mostra per tre giorni al Padiglione 3; tra di loro ci sono delle eccellenze come la Lisson Gallery di Londra, la Massimo Minini di Brescia e la Continua di San Gimignano, Beijing e Le Moulin, ma anche delle realtà emergenti, da tenere sott’occhio, come la Freedman Fitzpatrick di Los Angeles o la Mathew di Berlino.
Quattro le sezioni in cui si articola questa edizione: Established, suddivisa al suo interno in Master e Contemporary, presenta una selezione delle più importanti realtà d’arte moderna e contemporanea di tutto il mondo; Emergent mette in mostra venti gallerie d’avanguardia focalizzate sulla ricerca dei next to be del panorama artistico internazionale; THENnow propone diciotto dialoghi tra un artista storicizzato e uno appartenente a una generazione più recente; Object è, invece, interamente dedicata alle gallerie di design. In mostra ci sarà, poi, anche una piattaforma, soprannominata Conflux, all’interno della quale saranno proposti cinque progetti site-specific di artisti contemporanei internazionali, rappresentati da importanti gallerie provenienti da America Latina, Medio Oriente, Stati Uniti ed Europa.
Non mancheranno, inoltre, le consuete Miartalks: conversazioni, incontri e interviste, realizzate in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand, che coinvolgeranno trentotto personaggi internazionali, tra artisti, designer, direttori di museo, critici, curatori e collezionisti.
Tra i progetti più interessanti di questa edizione di MiArt spicca «Cine Dreams», un piccolo festival nato dalla collaborazione tra la Fiera di Milano e la Fondazione Nicola Trussardi, con l’appoggio dell’Assessorato comunale alla Cultura, che porterà l’arte e il cinema nell’eccezionale cornice del Civico Planetario «Ulrico Hoepli», capolavoro architettonico in stile neoclassico progettato da Piero Portaluppi alla fine degli anni Venti e donato alla città nel 1929, che si trova ai margini dei giardini pubblici «Indro Montanelli», verso Porta Venezia.
Per tre sere installazioni, proiezioni multimediali, interventi sonori e video di Stan VanDerBeek, Jeronimo Voss e Katie Paterson -tre artisti selezionati dai curatori Massimiliano Gioni e Vincenzo De Bellis- racconteranno storie di costellazioni e di universi. Un modo nuovo, questo, per vivere uno spazio votato alla scienza che, dalla sua apertura, è stato visitato da oltre cinque milioni di persone e la cui tecnologia d’avanguardia permette di proiettare sull’ampia cupola, del diametro di quasi venti metri, l’intera volta stellata.
Ad aprile il cartellone di eventi, tutti a ingresso gratuito, sarà la proiezione dell’opera che dà il titolo alla rassegna, «Cine Dreams: Future Cinema of The Mind», dell'americano Stan VanDerBeek (New York, 1927 – Baltimora, 1984), famoso fin dagli inizi della sua carriera per la ricerca pionieristica nel cinema e nell'animazione sperimentale, che lo portò a essere uno dei primi artisti invitati a insegnare al Mit (Massachussets Institute of Technology) nel suo celebre programma di integrazione tra arte e tecnologia.
L’opera, presentata per la prima volta nel 1972 al Strassenburgh Planetarium di Rochester (nello Stato di New York), consiste nella proiezione simultanea di ventuno film sulla volta del planetario, sulla quale scorreranno anche proiezioni della calotta celeste. Il risultato è un’esplosione di forme, suoni e colori, che mescola scienza e psichedelia, spettacolo e critica della società delle immagini.
Il progetto, riproposto nella sua versione originale, durerà in tutto otto ore e si terrà venerdì 28 marzo, dalle 22 alle 6 del mattino successivo. Gli spettatori sono invitati a portare cuscini e coperte e a passare la notte sotto la cupola del planetario; si potrà, come nella presentazione originale, sonnecchiare, guardare i film in dormiveglia o a occhi chiusi, sperimentando lo stato individuale e inconscio del sogno in un contesto collettivo e di gruppo.
Sarà, poi, la volta di Jeronimo Voss (Hamm, Germania, 1981), artista tedesco che nelle sue installazioni manipola materiale storico e scientifico per dare vita a nuove storie di costellazioni e universi paralleli. Dopo la presentazione al MMK di Francoforte e ai planetari di Kassel e di Berlino, l'opera «Eternity through The Stars» -il cui titolo è ispirato all’omonimo saggio del 1872 del francese Louis-Auguste Blanqui sulla possibilità dell'esistenza di dimensioni parallele infinite- farà la sua prima apparizione in Italia in occasione di «Cine Dreams». Il lavoro filmico, visibile nella serata di sabato 29 marzo (dalle 22 alle 24), consiste nella proiezione sulla volta del planetario di immagini tratte da antiche diapositive astronomiche raffiguranti rivoluzioni di pianeti e viaggi di comete nel sistema solare.
A chiudere il programma sarà, invece, Katie Paterson (Glasgow, 1981), il cui lavoro indaga i grandi temi che da secoli affascinano l’arte e la connettono alla scienza, spaziando in modo poetico e sorprendente dalla natura all’ecologia, dalla geologia alla cosmologia. Per l’evento milanese l’artista scozzese realizzerà una nuova performance ispirata al lavoro «Earth-Moon-Earth», nella quale le note della «Sonata al chiaro di luna» di Ludwig van Beethoven sono state trasmesse sulla superficie lunare sotto forma di onde radio e, una volta ritornate sulla terra, sono state tradotte in suoni e silenzi da un pianoforte automatico. La nuova versione del «Sonata», accompagnata dalla proiezione sulla volta del planetario di ventisettemila stelle morte, sarà eseguita dal vivo nella serata di domenica 30 marzo, a chiusura di «Cine Dreams». Non aspettatevi la solita musica. Sarà una partitura nuova e strana, frutto dei magici legami tra arte e scienza. Ascoltare per credere.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Jeronimo Voss, Eternity through the Stars, 2012. Planetarium, Orangerie, Kassel. Photo: Anders Sune Berg. Courtesy the artist & d(13); [figg. 3 e 4] Stan VanDerBeek, Movie-Drome interior, Stony Point, New York, 1965 | © Estate of Peter Moore / VAGA, New York | Photo: Peter Moore
Informazioni utili
MiArt 2014. Fieramilanocity - Gate 5, pad. 3, ingresso viale Scarampo - Milano. Orari: venerdì e sabato, ore 12.00-19.00; domenica, ore 11.00-19.00. Ingresso: intero € 15,00, ridotto € 10,00. Informazioni: tel. +39.02.49971 o miart@fieramilano.it. Sito internet: www.miart.it. Da giovedì 27 (inaugurazione ad inviti alle ore 18) a domenica 30 marzo 2014. «Cine Dreams. Civico Planetario Ulrico Hoepli, corso Venezia 57 - Milano.
«Cine Dreams». Civico Planetario Ulrico Hoepli, corso Venezia, 57 – Milano. Programma delle serate: venerdì 28 marzo, dalle 22.00 alle 6.00 - Stan VanDerBeek: «Cine Dreams: Future Cinema of The Mind»; sabato 29 marzo, dalle 22.00 alle 24.00 - Jeronimo Voss: «Eternity through the Stars»; domenica 30 marzo, dalle 22.00 alle 24.00 - Katie Paterson: «Earth-Moon-Earth». Ingresso libero. Informazioni: Fondazione Nicola Trussardi, tel. +39.02.8068821 o info@fondazionenicolatrussardi.com. Sito internet: www.fondazionenicolatrussardi.com. Da venerdì 28 a domenica 30 marzo 2014.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 26 marzo 2014
martedì 25 marzo 2014
«Chapeau, madame!»: ottanta cappelli per raccontare cinquant’anni di stile
Non chiamatelo semplicemente accessorio. È un termine troppo riduttivo per un capo d’abbigliamento capace di regalare eleganza, stile e fascino. Lo dimostra chiaramente il percorso espositivo «Chapeau, madame!», ideato dalla Fondazione Torino Musei per la Sala dei tessuti di Palazzo Madama, dove sono attualmente allineati ottanta cappelli che raccontano il gusto e lo stile della moda femminile nella città sabauda tra il 1920 e il 1970.
L’intera raccolta, in mostra fino al 1° marzo 2015 al secondo piano del monumentale edificio di piazza Castello, proviene dal liceo artistico musicale «Passoni» di Torino ed è frutto di varie donazioni cittadine.
Dalle cloches degli anni Venti ai volumi alla Schiaparelli degli anni Trenta, dai baschi alla Greta Garbo ai cappelli a larga tesa della fine degli anni Settanta, senza dimenticare la deliziose calotte fiorite o le stravaganti bombette di piume degli anni Cinquanta: la carrellata delle fogge più amate dalle signore torinesi nell’arco di cinquant’anni regala ai visitatori uno straordinario viaggio nella storia del costume novecentesco, l’epoca d’oro del cappello.
Usato già nel tardo Medioevo dai ceti più abbienti, il copricapo diventa, infatti, un vero e proprio must-have agli inizi del secolo scorso, quando donne di ogni classe sociale fanno a gara per avere il modello più raffinato e à la page nel proprio armadio. Torino è, allora, la capitale della moda italiana e le signore che vivono all’ombra della Mole, aggiornate sulle ultime tendenze sartoriali della vicina Francia, sono simbolo di un’eleganza discreta da imitare. Alcune di loro si servono da couvre-chefs di famose sartorie parigine come la Maison Lewis, in rue Royale, o come l’atelier di Caroline Reboux, designer nota anche per aver abbigliato il capo dell’imperatrice Eugenia. Altre fanno acquisti da modisterie di alto livello come Vassallo e David, e altre ancora rivolgono la propria attenzione alle creazioni di sartine semisconosciute, ma abilissime nell’interpretare il gusto dei propri clienti come Giuditta Brasseur, ragazzina orfana che apprese l'arte del taglio e del cucito nel Collegio Figlie dei Militari, o come Angela Gallia, che iniziò la propria attività di cappelleria nel 1904 con il marito Filippo.
Anche nei decenni successivi, modisterie eccellenti, quali Cerrato, Maria Volpi, Gina Faloppa, Chiusano e Rigo, mantengono un rapporto privilegiato con la capitale francese e propongono, accanto alle proprie creazioni, modelli originali o copie su licenza di maison come Pierre Balmain, Christian Dior, Jean Barthet e Claude Saint Cyr.
Lungo il percorso espositivo si trovano così cappelli capaci di affascinare ogni donna per l’eleganza delle linee essenziali, per l’eccentricità della fattura o per la vivacità coloristica dei tessuti. Si spazia, infatti, dalla raffinata cloche in feltro rosa della parigina Maria Guy ai bellissimi ballon di pelliccia degli anni Sessanta, da modelli realizzati con materiali poveri in tempo di guerra a capricapo stravaganti come quelli in piume di Maria Volpi e quello in petali di Diorval.
Insieme alla mostra, Palazzo Madama lancia anche il progetto «Storie di moda», mirato all’indagine sulle sartorie, le modisterie e le calzolerie torinesi attive tra il 1860 e il 1960. Il museo chiederà l’aiuto e la collaborazione del suo pubblico per censire e raccogliere documentazione e testimonianze su attività che hanno rappresentato un’eccellenza della creatività e dell’industria torinese. L’obiettivo è quello di creare un nuovo archivio di comunità che verrà reso disponibile sulle piattaforme web di Palazzo Madama. Un modo, questo, per ritrovare momenti importanti della storia cittadina e per condividerli con le nuove generazioni vicine e lontane.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cappello Diorval, Torino, 1960-65; [fig. 2]Cappello di piume Maria Ennas, Torino, 1965 ca; [Fig. 3] Cappello di piume Maria Volpi, Torino, 1955-60
Informazioni utili
«Chapeau, madame!». Palazzo Madama – Museo civico d’arte antica, piazza Castello – Torino. Orari: martedì – sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito fino a 18 anni e abbonati Musei Torino Piemonte. Visite guidate: 30 marzo - 6 aprile - 4 maggio - 1 giugno, ore 17.00 - € 4,00. Informazioni e prenotazioni: tel. 011.5211788 o tel. 800.329329. Dal 25 marzo 2014 al 1° marzo 2015.
L’intera raccolta, in mostra fino al 1° marzo 2015 al secondo piano del monumentale edificio di piazza Castello, proviene dal liceo artistico musicale «Passoni» di Torino ed è frutto di varie donazioni cittadine.
Dalle cloches degli anni Venti ai volumi alla Schiaparelli degli anni Trenta, dai baschi alla Greta Garbo ai cappelli a larga tesa della fine degli anni Settanta, senza dimenticare la deliziose calotte fiorite o le stravaganti bombette di piume degli anni Cinquanta: la carrellata delle fogge più amate dalle signore torinesi nell’arco di cinquant’anni regala ai visitatori uno straordinario viaggio nella storia del costume novecentesco, l’epoca d’oro del cappello.
Usato già nel tardo Medioevo dai ceti più abbienti, il copricapo diventa, infatti, un vero e proprio must-have agli inizi del secolo scorso, quando donne di ogni classe sociale fanno a gara per avere il modello più raffinato e à la page nel proprio armadio. Torino è, allora, la capitale della moda italiana e le signore che vivono all’ombra della Mole, aggiornate sulle ultime tendenze sartoriali della vicina Francia, sono simbolo di un’eleganza discreta da imitare. Alcune di loro si servono da couvre-chefs di famose sartorie parigine come la Maison Lewis, in rue Royale, o come l’atelier di Caroline Reboux, designer nota anche per aver abbigliato il capo dell’imperatrice Eugenia. Altre fanno acquisti da modisterie di alto livello come Vassallo e David, e altre ancora rivolgono la propria attenzione alle creazioni di sartine semisconosciute, ma abilissime nell’interpretare il gusto dei propri clienti come Giuditta Brasseur, ragazzina orfana che apprese l'arte del taglio e del cucito nel Collegio Figlie dei Militari, o come Angela Gallia, che iniziò la propria attività di cappelleria nel 1904 con il marito Filippo. Anche nei decenni successivi, modisterie eccellenti, quali Cerrato, Maria Volpi, Gina Faloppa, Chiusano e Rigo, mantengono un rapporto privilegiato con la capitale francese e propongono, accanto alle proprie creazioni, modelli originali o copie su licenza di maison come Pierre Balmain, Christian Dior, Jean Barthet e Claude Saint Cyr.
Lungo il percorso espositivo si trovano così cappelli capaci di affascinare ogni donna per l’eleganza delle linee essenziali, per l’eccentricità della fattura o per la vivacità coloristica dei tessuti. Si spazia, infatti, dalla raffinata cloche in feltro rosa della parigina Maria Guy ai bellissimi ballon di pelliccia degli anni Sessanta, da modelli realizzati con materiali poveri in tempo di guerra a capricapo stravaganti come quelli in piume di Maria Volpi e quello in petali di Diorval.
Insieme alla mostra, Palazzo Madama lancia anche il progetto «Storie di moda», mirato all’indagine sulle sartorie, le modisterie e le calzolerie torinesi attive tra il 1860 e il 1960. Il museo chiederà l’aiuto e la collaborazione del suo pubblico per censire e raccogliere documentazione e testimonianze su attività che hanno rappresentato un’eccellenza della creatività e dell’industria torinese. L’obiettivo è quello di creare un nuovo archivio di comunità che verrà reso disponibile sulle piattaforme web di Palazzo Madama. Un modo, questo, per ritrovare momenti importanti della storia cittadina e per condividerli con le nuove generazioni vicine e lontane.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cappello Diorval, Torino, 1960-65; [fig. 2]Cappello di piume Maria Ennas, Torino, 1965 ca; [Fig. 3] Cappello di piume Maria Volpi, Torino, 1955-60
«Chapeau, madame!». Palazzo Madama – Museo civico d’arte antica, piazza Castello – Torino. Orari: martedì – sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito fino a 18 anni e abbonati Musei Torino Piemonte. Visite guidate: 30 marzo - 6 aprile - 4 maggio - 1 giugno, ore 17.00 - € 4,00. Informazioni e prenotazioni: tel. 011.5211788 o tel. 800.329329. Dal 25 marzo 2014 al 1° marzo 2015.
lunedì 24 marzo 2014
I De Pisis segreti di Alberto Rossi alla Gam di Torino
Si è inaugurata con la mostra «I De Pisis di Alberto Rossi: una collezione segreta» la nuova Wunderkammer della Gam – Galleria d’arte moderna di Torino, progetto che da cinque anni presenta al pubblico preziosi nuclei del patrimonio grafico del museo. La nuova dislocazione dello spazio, attigua al Gabinetto disegni e stampe, rende più immediata la relazione tra il progetto espositivo e l’ampia raccolta grafica conservata nel piano interrato dell’edificio di via Magenta, ribadendo la specifica vocazione della Wunderkammer: offrire al pubblico saggi sulla qualità e le peculiarità della vasta collezione posseduta dal museo, tra le maggiori raccolte grafiche italiane, il cui arco cronologico si estende dagli ultimi anni del Settecento alla contemporaneità.
Se il Gabinetto disegni e stampe, inaugurato il 6 marzo 2013 grazie al contributo della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, è divenuto in questi primi mesi un punto di riferimento per il pubblico interessato a ricevere informazioni, condurre ricerche e consultare gli originali conservati, la Wunderkammer può consolidare la sua missione allestendo in questa nuova sala rassegne di maggiore ampiezza, che consentono veri e propri approfondimenti rispetto ad autori e temi trattati, con la possibilità di ospitare significativi nuclei di opere appartenenti anche ai fondi grafici di musei italiani e stranieri.
La mostra allestita per l’inaugurazione è dedicata a un’ampia scelta di acquerelli ed oli di Filippo De Pisis, parte del generoso lascito disposto da Alberto Rossi (Induno Olona-Varese, 1893 – Torino, 1956) nel 1956, periodo in cui la galleria d’arte moderna era sollecitata a rafforzare la qualità e l’importanza della propria collezione in vista della riapertura nel nuovo edificio progettato da Bassi e Boschetti (1959).
Uomo di profonda cultura letteraria, artistica, musicale e cinematografica, Alberto Rossi fu presenza fondamentale delle pagine culturali de «La Stampa». In un momento drammatico della propria esistenza, il critico e giornalista lombardo volle lasciare al museo torinese la sua raccolta d’arte comprendente anche importanti lavori di Giorgio Morandi, Arturo Tosi, Felice Casorati e altri artisti del Novecento.
Le opere esposte -selezionate da Luigi Ficacci, sovrintendente delle Belle arti di Bologna- sono testimonianza del rapporto che unì Rossi a De Pisis e dipendono dalle circostanze dei loro reciproci contatti. La scelta di queste tele, acquarelli e disegni consente di descrivere le fasi salienti dello stile del pittore ferrarese e la peculiarità della sua evoluzione in ambito europeo.
Lungo il percorso espositivo si spazia, infatti, dal dipinto a olio «Natura Morta in grigio con caffettiera» del 1923, che è un’interpretazione tipica della generale tendenza classicistica post-avanguardistica, a una serie di disegni del periodo parigino, realizzati tra il 1925 e il 1939, che illustrano l’apertura delle forme a un respiro pittorico senza pari nel panorama artistico, recuperando la libertà della pittura del romanticismo e dell’impressionismo.
Oltre a significative opere del successivo periodo milanese (1939-1943), il culmine dell’esposizione consiste in una serie di magnifici fogli e dipinti del periodo veneziano (1943-1948), con nudi, volti di ragazzi e nature morte, caratterizzati da una sconvolgente esuberanza pittorica. Mentre gli ultimi struggenti acquerelli del disperato periodo finale della vita dell’artista, durante i ricoveri a Villa Fiorita di Brugherio, esprimono in dissolvenza diafana un’altissima qualità poetica.
Le opere che dalla segretezza discreta della passione artistica di Alberto Rossi emersero alla sua morte come patrimonio destinato ad arricchire la galleria torinese, sono, dunque, una guida utile alla comprensione del vertiginoso talento e dell’originalità inventiva di Filippo De Pisis.
In questi stessi giorni, alla Gam di Torino sono visibili anche i nuovi percorsi dei progetti «Surprise» e «Vitrine», l’uno incentrato sulla ricerca artistica torinese tra gli anni Sessanta e Settanta, l’altro sui giovani creativi piemontesi. Il primo appuntamento è dedicato a Pinot Gallizio, in occasione della presentazione del dipinto «La Notte barbara» del 1962, mai inserito prima d’ora nel percorso espositivo del museo e recentemente oggetto di un intervento di restauro alla Venaria Reale, realizzato in collaborazione con l’Università di Torino. La seconda occasione espositiva propone, invece, un focus su Manuele Cerutti con l’installazione «Pause», che presenta una carrellata di nature morte di ispirazione morandiana.
Informazioni utili
«I De Pisis di Alberto Rossi: una collezione segreta». Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino, tel. 011 4429518; segreteria, tel. 011 4429595. Sito web: www.gamtorino.it. Fino al 6 aprile 2014.
Se il Gabinetto disegni e stampe, inaugurato il 6 marzo 2013 grazie al contributo della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, è divenuto in questi primi mesi un punto di riferimento per il pubblico interessato a ricevere informazioni, condurre ricerche e consultare gli originali conservati, la Wunderkammer può consolidare la sua missione allestendo in questa nuova sala rassegne di maggiore ampiezza, che consentono veri e propri approfondimenti rispetto ad autori e temi trattati, con la possibilità di ospitare significativi nuclei di opere appartenenti anche ai fondi grafici di musei italiani e stranieri.
La mostra allestita per l’inaugurazione è dedicata a un’ampia scelta di acquerelli ed oli di Filippo De Pisis, parte del generoso lascito disposto da Alberto Rossi (Induno Olona-Varese, 1893 – Torino, 1956) nel 1956, periodo in cui la galleria d’arte moderna era sollecitata a rafforzare la qualità e l’importanza della propria collezione in vista della riapertura nel nuovo edificio progettato da Bassi e Boschetti (1959).
Uomo di profonda cultura letteraria, artistica, musicale e cinematografica, Alberto Rossi fu presenza fondamentale delle pagine culturali de «La Stampa». In un momento drammatico della propria esistenza, il critico e giornalista lombardo volle lasciare al museo torinese la sua raccolta d’arte comprendente anche importanti lavori di Giorgio Morandi, Arturo Tosi, Felice Casorati e altri artisti del Novecento.
Le opere esposte -selezionate da Luigi Ficacci, sovrintendente delle Belle arti di Bologna- sono testimonianza del rapporto che unì Rossi a De Pisis e dipendono dalle circostanze dei loro reciproci contatti. La scelta di queste tele, acquarelli e disegni consente di descrivere le fasi salienti dello stile del pittore ferrarese e la peculiarità della sua evoluzione in ambito europeo.
Lungo il percorso espositivo si spazia, infatti, dal dipinto a olio «Natura Morta in grigio con caffettiera» del 1923, che è un’interpretazione tipica della generale tendenza classicistica post-avanguardistica, a una serie di disegni del periodo parigino, realizzati tra il 1925 e il 1939, che illustrano l’apertura delle forme a un respiro pittorico senza pari nel panorama artistico, recuperando la libertà della pittura del romanticismo e dell’impressionismo.
Oltre a significative opere del successivo periodo milanese (1939-1943), il culmine dell’esposizione consiste in una serie di magnifici fogli e dipinti del periodo veneziano (1943-1948), con nudi, volti di ragazzi e nature morte, caratterizzati da una sconvolgente esuberanza pittorica. Mentre gli ultimi struggenti acquerelli del disperato periodo finale della vita dell’artista, durante i ricoveri a Villa Fiorita di Brugherio, esprimono in dissolvenza diafana un’altissima qualità poetica.
Le opere che dalla segretezza discreta della passione artistica di Alberto Rossi emersero alla sua morte come patrimonio destinato ad arricchire la galleria torinese, sono, dunque, una guida utile alla comprensione del vertiginoso talento e dell’originalità inventiva di Filippo De Pisis.
In questi stessi giorni, alla Gam di Torino sono visibili anche i nuovi percorsi dei progetti «Surprise» e «Vitrine», l’uno incentrato sulla ricerca artistica torinese tra gli anni Sessanta e Settanta, l’altro sui giovani creativi piemontesi. Il primo appuntamento è dedicato a Pinot Gallizio, in occasione della presentazione del dipinto «La Notte barbara» del 1962, mai inserito prima d’ora nel percorso espositivo del museo e recentemente oggetto di un intervento di restauro alla Venaria Reale, realizzato in collaborazione con l’Università di Torino. La seconda occasione espositiva propone, invece, un focus su Manuele Cerutti con l’installazione «Pause», che presenta una carrellata di nature morte di ispirazione morandiana.
Informazioni utili
«I De Pisis di Alberto Rossi: una collezione segreta». Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino, tel. 011 4429518; segreteria, tel. 011 4429595. Sito web: www.gamtorino.it. Fino al 6 aprile 2014.
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