ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 4 aprile 2014

Da Stevenson a Paul Gauguin, quando l’arte incontra la leggenda di Tahiti

Isole incontaminate, spiagge deserte, acque cristalline, natura policroma e una calorosa popolazione locale: l’immagine leggendaria delle Isole di Tahiti come paradiso tropicale, iniziata con i racconti dei primi visitatori europei, è stata rafforzata nei secoli da poeti, pittori, scrittori, balenieri, commercianti, vagabondi, marinai, navigatori, esploratori e registi che contribuirono a diffonderne la fama in tutto il mondo.
L’esploratore Samuel Wallis, dopo aver scoperto l’arcipelago polinesiano, scrisse: «Tutte le donne sono belle e qualcuna di una grande bellezza». Il collega francese Louis Antoine de Bougainville, nel 1771, pubblicò il suo «Viaggio intorno al mondo», nel quale dichiarò: «Credevo di essere trasportato nei giardini dell'Eden»; anche James Cook e Joseph Banks, nei loro diari di viaggio, contribuirono ad alimentare questa visione idilliaca dell’arcipelago.
Robert Louis Stevenson, autore dei celebri libri «L'isola del tesoro» e «Dr Jekyll e Mr Hyde», rimase particolarmente colpito dalla bellezza delle Tuamotu e lo raccontò nel libro «Nei mari del sud» (1890). Mentre l’Arcipelago della Società è protagonista di ben due romanzi dello scrittore americano Herman Melville, che nel 1846 pubblicò «Taipi: uno sguardo alla vita della Polinesia», in parte ispirato a una vicenda personale. L’anno dopo è la volta di «Omoo», nel quale sono molti i riferimenti autobiografici al periodo di prigionia che l'autore trascorse tra gli indigeni polinesiani, a Tahiti e a Moorea. La cultura Maori è, invece, al centro de «Les Immémoriaux» (1907) di Victor Segalen, poeta e medico della Marina che soggiornò a Tahiti e in altre isole della Società.
Hiva Oa è conosciuta anche come l’isola di Paul Gauguin; il pittore francese vi si stabilì dal 1901 al 1903, anno della sua morte, dopo avervi già soggiornato dal 1891 al 1893. Qui l’artista, che aveva deciso di lasciare l’Europa per «vivere in questo luogo d'estasi, di calma e d'arte», realizzò circa settanta dipinti di vario genere, dai ritratti ai nudi, dai paesaggi ai soggetti simbolici ed allegorici.
Nella capitale delle Isole Marchesi, Atuona, è possibile vedere anche la ricostruzione della Maison du jouir, la casa/atelier polinesiana del pittore, con disegni, fotografie, lettere e altri oggetti personali del pittore e copie delle opere più celebri realizzate in quel periodo. Mentre chi fosse interessato a scoprire che cosa l’artista ha lasciato nella successiva generazione di pittori può visitare, al Museo delle Isole di Tahiti e fino al 24 maggio, la mostra «Après Gauguin. La peinture à Tahiti de 1903 aux années 60».
In Polinesia, di fronte alla baia di Ta'a'oa, c’è anche la tomba del pittore francese, sepolto nello stesso luogo di un altro celebre europeo, il cantautore e attore belga Jacques Brel che, spinto dalla sua grande passione per l’aviazione, trascorse in questi luoghi gli ultimi anni della sua vita, dal 1975 al 1978, continuando a comporre nonostante le difficili condizioni di salute.
Gli incomparabili scenari naturali delle Isole di Tahiti hanno ispirato anche numerosi registi e produttori cinematografici, primo fra tutti il tedesco Friedrich Wilhelm Murnau che, dopo diciotto mesi di riprese a Bora Bora, sul Motu Tapu, fece uscire il film «Tabu. Uragano» di Dino De Laurentis, remake dell’omonimo film di John Ford ispirato al romanzo di James Norman Hall e Charles Nordoff. Ma la figura cinematografica più legata alle Isole di Tahiti, dove si tiene anche il Fifo – Festival internazionale del film documentario oceanico, è Marlon Brando che, dopo il film «Gli ammutinati del Bounty» del 1962, decise di acquistare l’isola di Tetiaroa, dove visse fino al 1990. Al grande attore americano è dedicato l’ecoresort The Brando, una serie di lussuosi bungalow integrati tra la foresta. Un arcipelago, quello polinesiano, capace, dunque, di incantare anche l’arte, grazie alle sue ricchezze naturalistiche, ai sui colori favolosi, alla sua «aria -diceva Paul Gauguin- arroventata, ma soffusa, silenziosa».

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Paul Gauguin, «Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? », olio su tela, 139 x 374,5 cm, 1897, Museum of Fine Arts, Boston; [fig. 2] Paul Gauguin, «Due donne tahitiane», 1891, olio su tela, 69 x 91 cm; Musee d'Orsay, Parigi; [fig. 3] Paul Gauguin, «Primavera sacra», 1894, olio su tela, 73 x 98 cm, Hermitage Museum, San Pietroburgo

Informazioni utili 
Tahiti Tourisme c/o Aviareps Via Monte Rosa 20 - 20149 Milano, tel. 02.43458345, fax 02. 43458340, Tahiti.italy@aviareps.com

giovedì 3 aprile 2014

Da Ludovico Ariosto a Piero della Francesca, grandi mostre a Reggio Emilia

Reggio Emilia festeggia uno dei suoi figli più illustri. Sarà, infatti, un grande omaggio a Ludovico Ariosto (Reggio Emilia, 8 settembre 1474 – Ferrara, 6 luglio 1533), nel cinquecentoquarantesimo anniversario dalla nascita, a caratterizzare la proposta culturale della città per quest’anno. Cinquanta le istituzioni coinvolte in questo progetto di alta qualità e di notevole valore scientifico, in programma a partire dal prossimo 16 aprile, di cui è ente capofila Palazzo Magnani, dove dal prossimo autunno (dall’11 ottobre al 1° febbraio 2015) si terrà una mostra sullo scrittore emiliano e il suo «Orlando Furioso».
La rassegna, ideata e curata da Sandro Parmeggiani, si pone l’obiettivo di indagare la persistenza della fortuna dell’Ariosto e della sua opera più nota non solo nella letteratura (si pensi all’ammirazione che gli tributò Italo Calvino), ma anche in campi artistici quali la pittura, l’illustrazione, il fumetto e la fotografia, o in discipline come il cinema e il teatro.
Per raccontare come la forza dirompente dell’«Orlando Furioso» continui a influenzare l’immaginario creativo, confermando come quella stupefacente visione del mondo non possa essere consegnata agli archivi del passato, sono stati scelti artisti quali Valerio Adami, Concetto Pozzati, Tullio Pericoli, Emilio Isgrò, Omar Galliani, Lucio Del Pezzo, Elio Marchegiani, Gianluigi Toccafondo, Nino Migliori e Franco Vaccari; mentre i testi in catalogo vedranno la firma di Gianni Celati, Ermanno Cavazzoni, Gino Ruozzi, Antonio Faeti e di altri studiosi, critici e storici dell’arte e dell’illustrazione coinvolti nell’imponente progetto celebrativo.
Altrettanto rilevante, e impegnativo, si configura l’appuntamento scelto per inaugurare il 2015. Dal 14 marzo al 14 giugno, a Palazzo Magnani sarà, infatti, protagonista la mostra «Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza», curata da Filippo Camerota, Francesco Paolo Di Teodoro e Luigi Grasselli, coadiuvati da un comitato scientifico nel quale operano anche Piergiorgio Odifreddi, Stefano Casciu, Enrico Maria Davoli, Roberto Marcuccio e Massimo Mussini.
Anche questa rassegna, che prevede un itinerario sul territorio con tappe alla Basilica di San Prospero e in alcune piazza della città, nasce da una coralità di istituzione culturali e vede in prima linea, tra gli altri, l’Università degli studi di Modena, l’Accademia di Belle arti di Bologna, la Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla e la locale Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici.
Spunto del progetto espositivo, che allineerà un centinaio di opere provenienti da prestigiosi musei internazionali e da collezioni private, è il cosiddetto «Reggiano A 41/2», ovvero il codice del «De Prospectiva Pingendi», patrimonio della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Il manoscritto, realizzato da un abile copista, presenta una sessantina di notazioni e correzioni a mano di Pietro della Francesca, che nei suoi centodieci fogli lascia anche molti disegni.
Da questo volume, che di fatto inizia la grande esperienza rinascimentale, partono nove sezioni espositive, che analizzano temi quali i principi geometrici, le figure piane, i corpi geometrici, l’architettura, la figura umana, la proiezione delle ombre e l’anamorfosi.
Lungo il percorso, opere originali -tra le quali la «Predella della Pala Griffoni» di Ercole dé Roberti, la «Summa de arithmetica» di Luca Pacioli e il «San Bernardino guarisce un uomo assalito e ferito con una pala» di Pietro Perugino- saranno affiancate da un ampio apparato multimediale, da modellini che consentono di capire con immediatezza gli sviluppi tridimensionali dell’idea di Piero della Francesca.
Nel frattempo, Palazzo Magnani propone, in contemporanea con il festival «Fotografia europea 2014», la mostra «Un secolo di grande fotografia. I capolavori della collezione Fotografis Bank Austria». L’esposizione, curata da Margit Zuckriegl e Walter Guadagnini, allinea centocinquanta immagini selezionate tra le oltre seicento che compongono la collezione della nota banca austriaca, attualmente in comodato d’uso al Museo d’arte moderna di Salisburgo. Si tratta di scatti che ripercorrono la storia della fotografia dalla seconda metà dell’Ottocento alla metà del Novecento attraverso i più grandi interpreti di sempre:Man Ray, Paul Strand, André Kertész, Edward Weston e molti altri. Un appuntamento, questo, davvero imperdibile per tutti coloro che intendono ripercorrere un secolo di arte fotografica attraverso le sue massime espressioni.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Tempesta»: Antonio, «Bradamante Valorosa, [Eroi ed eroine dei romanzi cavallereschi]». Romae, Joannis Orlandi a Pasquino formis, 1597 [Un'opera presente nella mostra su Ludovico Ariosto]; [fig. 2] Michelangelo, «Progetti per la scala del ricetto della Biblioteca Laurenziana, profili di base di colonne e studi di figure», 1525 ca. Matita nera, rossa e penna. Museo Casa Buonarroti, Firenze [un'opera presente nella mostra «Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza»]; [fig. 3] Man Ray, «Untitled (Gun with Alphabet Squares)», 1924, stampa 1966. © Man Ray Trust [un'opera presenta nella mostra «Un secolo di grande fotografia. I capolavori della collezione Fotografis Bank Austria»] 

Informazioni utili
Fondazione Palazzo Magnani, corso Garibaldi 31 - Reggio Emilia, tel. 0522.44 4446, fax 0522.444436, info@palazzomagnani.it

mercoledì 2 aprile 2014

«La Serenissima nello specchio di rame», una prestigiosa pubblicazione di Dario Succi sull’incisione veneziana

Novecentoottanta pagine, millecinquecento immagini con dettagli anche di ampie dimensioni, due volumi cartonati di grande formato e una veste grafica accuratissima: sono questi i numeri del progetto editoriale «La Serenissima nello specchio di rame», edito in mille copie numerate a mano dalla società Cecchetto Prior alto antiquariato di Castelfranco Veneto.
I due tomi, riuniti in un unico cofanetto, sono opera di Dario Succi, studioso di fama internazionale specializzato nella pittura e nell’incisione del Settecento veneziano, che ha curato una ventina di esposizioni, tra le quali quella, memorabile, del 1983 al museo Correr di Venezia dal titolo «Da Carlevarijs ai Tiepolo».
L’opera, che è frutto di un trentennio di ricerche, colma una lacuna su quello che fu il secolo d'oro di uno straordinario universo di immagini incise, finora non adeguatamente valorizzato perché oggetto di studi frammentari, diluiti in un arco di tempo plurisecolare, dispersi su riviste specializzate e contributi monografici di non facile reperibilità.
Il lettore e l’appassionato d’arte avranno così modo di sfogliare i cataloghi ragionati completi di ventidue grandi maestri, incisori d'invenzione, tra i quali Luca Carlevarijs, Marco Ricci, Michele Marieschi, Antonio Canal detto Canaletto, Bernardo Bellotto, i tre Tiepolo, Sebastiano Ricci, Francesco Fontebasso, Alessandro Longhi, Gaetano Zompini e Gianfrancesco Costa. Di pagina in pagina, sarà possibile anche ammirare una selezione delle serie più significative realizzate da dodici fra i migliori incisori di riproduzione del Settecento veneziano, quali Francesco Bartolozzi, Davide Fossati, Antonio Visentini, Giambattista Brustolon, Giovanni Volpato, Giuliano e Marco Sebastiano Giampiccoli, Dionisio Valesi, Francesco Zuccarelli, Antonio Sandi e Teodoro Viero.
Di ogni incisione, accuratamente riprodotta, vengono descritti nel progetto editoriale della Cecchetto Prior tutti gli stati conosciuti, precisando le dimensioni, la tecnica esecutiva, la datazione, l'eventuale esistenza di dipinti o disegni corrispondenti.
La catalogazione delle stampe, suddivisa in milletrecentoquaranta schede e millecinquecento immagini con dettagli anche a piena pagina, scorre all'interno di una visione panoramica che consente di seguire la nascita, la straordinaria fioritura, il lento declino di una civiltà espressiva che ha contribuito in maniera determinante, con la larghissima diffusione internazionale, all'esaltazione della gloria di Venezia e della Repubblica Serenissima.
I capitoli, ordinati cronologicamente, sono suddivisi seguendo un filo conduttore che valorizza artisti e generi tematici. Ecco così che il lettore e l’appassionato d’arte trovano vedute di Venezia, delle isole lagunari, della Riviera del Brenta, del territorio prealpino, di città italiane ed europee, ma anche capricci di paesi e di rovine, ritratti di artisti e letterati, scene del carnevale, delle sagre popolari e delle feste dogali.
Strumento prezioso per studiosi, collezionisti, antiquari, questa pubblicazione può interessare tutte le persone sensibili al fascino dell'arte incisoria e alla magnificenza del passato di Venezia, due realtà che, per decenni, hanno camminato insieme come ricorda Giandomenico Romanelli: «l’incisione veneziana del Settecento - nella sua storia e nelle sue fortune - può essere assunta ad emblema della civiltà figurativa lagunare di quel secolo: ne possiede tutti i caratteri, in ogni senso e accezione, ne articola vicende, tensioni, velleità e sostanza, ne condivide il fantastico, l’irreale e l’effimero non meno che i dati destinati a rimanere e a contare, partecipa della stessa teatrale e scenografica vocazione, è altrettanto cosmopolita e internazionale».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Immagine della pubblicazione «La Serenissima nello specchio di rame. Splendore di una civiltà figurativa del Settecento. L’opera completa dei grandi Maestri veneti», a cura di Dario Succi; [fig. 2] Michele Marieschi, «La Salute». Acquaforte e bulino, 317×467 mm; [fig. 3]  Antonio Sandi incisore da Francesco Tironi, «L'isola di Santa Maria delle Grazie», 1780. Acquaforte, 297 x 420 mm.

Informazioni utili
Dario Succi (a cura di), «La Serenissima nello specchio di rame. Splendore di una civiltà figurativa del Settecento. L’opera completa dei grandi Maestri veneti», Cecchetto Prior Alto Antiquariato, Castelfranco Veneto 2013. Dati: due volumi cartonati di 24 x 30 cm, con sovracoperta e cofanetto; 980 pagine totali; 1340 schede; 1500 immagini. Tiratura: mille copie numerate a mano. Prezzo: € 280,00. Informazioni: Cecchetto Prior Alto Antiquariato srl, via Chiesa, 7 - 31033 Castelfranco Veneto, info@cecchettoprior.com o tel 0423.721948. Sito internet: www.cecchettoprior.com