L’arte contemporanea incontra il mondo del calcio. Succede a Torino, dove sta prendendo il via il progetto «Invasione di campo», nato dalla partnership tra la Gam e lo Juventus Museum.
In attesa del 2015, quando il capoluogo piemontese sarà Capitale europea dello sport, quattro artisti contemporanei rivisitano gli spazi del museo di via Druento, dove sono raccontati centoquindici anni di storia bianconera attraverso memorabilia di vario genere, come le maglie di grandi leggende del club o i trofei vinti in Italia e all’estero, e nel quale un’installazione multimediale di grande impatto scenografico permette al pubblico di vivere l’emozione di scendere in campo con la propria squadra del cuore.
L’appuntamento espositivo, in programma da venerdì 18 aprile a domenica 27 luglio, nasce nel segno della cosiddetta audience development, ossia con l’intento di mescolare i pubblici per creare una «contaminazione positiva» tra due mondi apparentemente distanti come il calcio e l’arte.
Lo Juventus Museum si trasforma così per la prima volta in uno scenario di sperimentazione artistica contemporanea, grazie alle installazioni site specific di Francesco Barocco, Gianni Caravaggio, Rä di Martino e Sissi, quattro artisti presenti nelle collezioni della Gam e con all’attivo numerose mostre sia in Italia che all’estero.
Grandi disegni, incisioni, xilografie assemblate assieme per tracciare una mappa del corpo, dei suoi movimenti e dei suoi sforzi è quanto propone Sissi per il progetto «Invasione di campo». Con sguardo medico, che si diluisce poi in una dimensione poetica, l’artista mette in mostra una visionarietà anatomica fatta di fasci muscolari, ossa, nervi e vasi sanguigni capaci di tracciare un sconvolgente panorama interiore. Alla fisicità degli atleti guarda anche Rä Di Martino, che espone allo Juventus Museum due scatti fotografici in cui il corpo del calciatore è ripreso nel momento dell’atterraggio, frontale e laterale.
L’«Ercole» di Francesco Barocco è, invece, un altare improvvisato alla divinità della forza sul quale si accatastano gli ex-voto dei giornali sportivi; mentre Gianni Caravaggio presenta un lavoro più spirituale: «una grossa pietra –si legge nella nota stampa- che squarcia il cielo, un rettangolo di paesaggio lacerato dalla forza dirompente di un cuneo di materia. Il campo da gioco è un ritaglio dell’Universo, è lo specchio capovolto del rettangolo verde, un prato stellare dove il vigore e la forza strappano il terreno».
Mentre la Juventus sposa l’arte contemporanea, la AS Roma celebra gli ottantasette anni della sua storia con una mostra alla Factory Pelanda, uno degli spazi espositivi più suggestivi dell’ex Mattatoio di Testaccio. L’esposizione, intitolata «Roma Ti Amo», è organizzata da Arthemisia group, società leader a livello nazionale nell’organizzazione e produzione di grandi mostre d’arte, con il sostegno dell’assessorato alla Politiche giovanili di Roma Capitale.
In uno spazio di oltre milletrecento metri quadrati sono esposti tutti i trofei della società, le maglie storiche, i documenti più significativi e molto altro materiale grazie al quale il tifoso romanista o l’appassionato di calcio potrà rivivere l’intera avventura della squadra giallorossa, da quando nel 1927 la fusione di tre formazioni (Alba-Audace, Fortitudo-ProRoma e Foot Ball Club di Roma) diede vita all'Associazione sportiva Roma. Scorrono così davanti agli occhi del visitatore non solo i trionfi (e le immancabili delusioni) di uno dei club più longevi d'Italia, ma anche i volti dei tanti uomini che hanno fatto la sua storia: Attilio Ferraris IV, il Core de Roma Giacomo Losi, Piedone Manfredini, il fornaretto Amadei, il divino Falcao, Agostino Di Bartolomei, Bruno Conti, il bomber Pruzzo, fino al capitano Francesco Totti.
La mostra -all’interno della quale sono esposte centinaia di prime pagine del «Corriere dello Sport», partner speciale dell’iniziativa espositiva, prossimo a festeggiare i suoi novant’anni- ha anche un’ottima componente di interattività, con schermi e monitor che trasmetteranno partite storiche, interviste, video inediti, racconti tra i più particolari e suggestivi. Non mancano installazioni sensazionali, come il calcio balilla con ‘omìni’ alti più di due metri, suddivisi in due squadre romaniste: una indossa le maglie della rosa attuale, l’altra quelle della celebre «Hall of Fame», composta da grandissimi atleti della storia della squadra come Aldair Nascimento Santos, Amedeo Amadei, Fulvio Bernardini, Marcos Evangelista de Moraes ‘Cafu’, Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Paulo Roberto Falcao, Giacomo Losi, Roberto Pruzzo, Francesco Rocca, Franco Tancredi, Attilio Ferraris IV, Vincenzo Montella, Sebino Nela e Giuseppe Giannini. Un’occasione, questa, per ricordare divertendosi.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Opera di Francesco Barocco per la mostra «Invasione di campo» allo Juventus Museum. Foto: La Presse; [Fig.2] Opera di Rä di Martino per la mostra «Invasione di campo» allo Juventus Museum. Foto: La Presse; [fig. 3] Opera di Sissi per la mostra «Invasione di campo» allo Juventus Museum. Foto: La Presse; [fig. 4] Opera di Gianni Caravaggio per per la mostra «Invasione di campo» allo Juventus Museum. Foto: La Presse; [fig. 5] Scultura Calcio Balilla Franco Tancredi (cm 65x185x40). Opera di Cesare Inzerillo per la mostra «Roma ti amo»; [fig. 6] Brivido Pop, «Magica Erre - la sistina giallorossa», 2014. Alluminio, cm 286x193
Informazioni utili
«Invasione di campo». Juventus Museum, via Druento, 153/42 – Torino. Orari: lunedì-venerdì, ore 10.30-19.00; sabato, domenica e festivi, ore 10.30-19.30; chiuso il martedì. Ingresso: €18,00 museo+stadium tour, € 12,00 solo museo, € 5,00 solo mostra, € 15,00 museo+stadium tour per possessori del biglietto della Gam di Torino; € 10,00 solo museo per possessori del biglietto della Gam di Torino. Informazioni: juventus.museum@juventus.com. Fino a domenica 27 luglio 2014.
«Roma ti amo». Factory Pelanda (Ex Mattatoio di Testaccio), piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma. Orari: martedì - venerdì, ore 16.00-22.00, sabato e domenica, ore 10.00-22.00 (la biglietteria chiude un'ora prima); aperture straordinarie: 20 aprile, ore 10.00–22.00, 21 aprile, ore 10.00–22.00, 25 aprile, ore 16.00–22.00, 1° maggio, ore 16.00–22.00, 2 giugno, ore 16.00–22.00, 29 giugno, ore 10.00–22.00. Ingresso: intero € 10,00, ridotto gruppi € 8,00, ridotto bambini € 5,00. Catalogo: 24 Ore Cultura, gruppo Il Sole 24 Ore. Informazioni: tel. 06.98373340. Sito internet:
www.mostraromatiamo.it o www.asroma.it/romatiamo. Fino al 20 luglio 2014.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
martedì 15 aprile 2014
lunedì 14 aprile 2014
«A piccoli passi», scatti della Settimana Santa in Puglia
Il Venerdì santo la Puglia si veste di dolore. La Chiesa ricorda la passione e la morte di Gesù Cristo e, da Foggia a Taranto, è un pullulare di processioni di statue, di cortei di donne velate e di uomini incappucciati, di ali di folla silenziose e commosse, di musiche funebri e solenni suonate dalle bande musicali.
Fede e folklore si mescolano in riti che proseguono fino al giorno di Pasqua: passioni teatrali, pellegrinaggi penitenziali al Sepolcro, processioni per rinnovare la gioia della Resurrezione. A queste tradizioni millenarie che animano la Settimana Santa è dedicato il progetto fotografico «A piccoli passi» firmato da Carlos Solito, fotoreporter e scrittore pugliese che vanta collaborazioni con importanti giornali italiani e che firma il blog «Tachicardia» per la rivista «Vanity Fair». Quarantacinque gli scatti in bianco e nero che compongono il lavoro, in mostra fino a martedì 6 maggio al MuDi - Museo diocesano di Taranto per iniziativa della Oz Film, produttore che ha al proprio attivo collaborazioni per pellicole come «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, «La Terra» di Sergio Rubini, «Il passato è una terra straniera» di Daniele Vicari e la fiction televisiva «Braccialetti rossi».
L’esposizione, patrocinata dall’agenzia regionale per il turismo Puglia Promozione e dalla Società geografica italiana nell’ambito dell’Ente Premio Sele d’Oro Mezzogiorno, racconta le fasi salienti della Settimana Santa, dalla vestizione degli incappucciati, che s’incamminano per il viaggio della penitenza, fino alla fotografia finale di Cristo Risorto. Timidi gesti di fede, sguardi ammirati, veglie e preghiere costruiscono un reportage in bianco e nero carico di pathos che ripercorre le nuance e i chiaroscuri di un neorealismo tutto meridionale.
Fotografia dopo fotografia, il visitatore percorre un viaggio lentissimo, senza tempo: una sorta di Via Crucis che tocca le città di Taranto, Grottaglie, Pulsano, Castellaneta e Francavilla Fontana. Ogni centro, unicum di tradizioni, ha proposto, in sostanza, i tasselli che compongono il puzzle d’insieme per la lettura dei rituali della Settimana Santa in terra pugliese, un momento dell’anno in cui –si legge nella nota stampa- «devoti, addolorate, penitenti, incappucciati rallentano il loro metabolismo, per dedicarsi, anima e corpo, lentamente, a piccoli passi (da qui il titolo della mostra fotografica) al millenario sentimento di fede».
In considerazione della scelta stilistica del suo lavoro, Carlos Solito ha prediletto la bicromia bianco e nero che rende bene quel clima di fede, di devozione e di folklore in bilico tra antico e presente che caratterizza le tradizioni del Sud Italia.
In occasione della rassegna, il nuovo, e già diffuso, settimanale «Credere», diretto da don Antonio Rizzolo, pubblica un reportage all’interno del numero in edicola da giovedì 10 aprile. Un’occasione, questa, per scoprire tutti i segreti di un lavoro che la nota photo editor Giovanna Calvenzi ha descritto con queste parole: «Carlos Solito ci accompagna in un lungo viaggio in bianco e nero, intenso, drammatico, magistralmente composto. Un viaggio nella profondità delle emozioni, nella rappresentazione della spiritualità. Ogni sua immagine è una costruzione di equilibri fatti da forza narrativa e lirica».
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3 e 4] Uno scatto del progetto «A piccoli passi» di Carlos Solito
Informazioni utili
«A piccoli passi». MuDi - Museo diocesano, vico Seminario, 1 - Taranto. Orari: fino al 20 aprile, ore 10.00-12.00 e ore 17.00-21.00; dal 21 aprile al 6 maggio, giovedì, ore 9.30-12.00 e ore 16.30-19.30; sabato e domenica, ore 9-30-12.00. Ingresso libero. Supporto editoriale alla mostra: brochure, totem, striscione microforato, reportage pubblicato sul numero di Credere del 10 aprile 2014. Informazioni: tel. 099.4709636. Sito internet: www.carlossolito.com o www.facebook.com/pages/Carlos-Solito/319205728214357?ref=hl. Fino al 6 maggio 2014.
Fede e folklore si mescolano in riti che proseguono fino al giorno di Pasqua: passioni teatrali, pellegrinaggi penitenziali al Sepolcro, processioni per rinnovare la gioia della Resurrezione. A queste tradizioni millenarie che animano la Settimana Santa è dedicato il progetto fotografico «A piccoli passi» firmato da Carlos Solito, fotoreporter e scrittore pugliese che vanta collaborazioni con importanti giornali italiani e che firma il blog «Tachicardia» per la rivista «Vanity Fair». Quarantacinque gli scatti in bianco e nero che compongono il lavoro, in mostra fino a martedì 6 maggio al MuDi - Museo diocesano di Taranto per iniziativa della Oz Film, produttore che ha al proprio attivo collaborazioni per pellicole come «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, «La Terra» di Sergio Rubini, «Il passato è una terra straniera» di Daniele Vicari e la fiction televisiva «Braccialetti rossi».
L’esposizione, patrocinata dall’agenzia regionale per il turismo Puglia Promozione e dalla Società geografica italiana nell’ambito dell’Ente Premio Sele d’Oro Mezzogiorno, racconta le fasi salienti della Settimana Santa, dalla vestizione degli incappucciati, che s’incamminano per il viaggio della penitenza, fino alla fotografia finale di Cristo Risorto. Timidi gesti di fede, sguardi ammirati, veglie e preghiere costruiscono un reportage in bianco e nero carico di pathos che ripercorre le nuance e i chiaroscuri di un neorealismo tutto meridionale.
Fotografia dopo fotografia, il visitatore percorre un viaggio lentissimo, senza tempo: una sorta di Via Crucis che tocca le città di Taranto, Grottaglie, Pulsano, Castellaneta e Francavilla Fontana. Ogni centro, unicum di tradizioni, ha proposto, in sostanza, i tasselli che compongono il puzzle d’insieme per la lettura dei rituali della Settimana Santa in terra pugliese, un momento dell’anno in cui –si legge nella nota stampa- «devoti, addolorate, penitenti, incappucciati rallentano il loro metabolismo, per dedicarsi, anima e corpo, lentamente, a piccoli passi (da qui il titolo della mostra fotografica) al millenario sentimento di fede».
In considerazione della scelta stilistica del suo lavoro, Carlos Solito ha prediletto la bicromia bianco e nero che rende bene quel clima di fede, di devozione e di folklore in bilico tra antico e presente che caratterizza le tradizioni del Sud Italia.
In occasione della rassegna, il nuovo, e già diffuso, settimanale «Credere», diretto da don Antonio Rizzolo, pubblica un reportage all’interno del numero in edicola da giovedì 10 aprile. Un’occasione, questa, per scoprire tutti i segreti di un lavoro che la nota photo editor Giovanna Calvenzi ha descritto con queste parole: «Carlos Solito ci accompagna in un lungo viaggio in bianco e nero, intenso, drammatico, magistralmente composto. Un viaggio nella profondità delle emozioni, nella rappresentazione della spiritualità. Ogni sua immagine è una costruzione di equilibri fatti da forza narrativa e lirica».
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3 e 4] Uno scatto del progetto «A piccoli passi» di Carlos Solito
Informazioni utili
«A piccoli passi». MuDi - Museo diocesano, vico Seminario, 1 - Taranto. Orari: fino al 20 aprile, ore 10.00-12.00 e ore 17.00-21.00; dal 21 aprile al 6 maggio, giovedì, ore 9.30-12.00 e ore 16.30-19.30; sabato e domenica, ore 9-30-12.00. Ingresso libero. Supporto editoriale alla mostra: brochure, totem, striscione microforato, reportage pubblicato sul numero di Credere del 10 aprile 2014. Informazioni: tel. 099.4709636. Sito internet: www.carlossolito.com o www.facebook.com/pages/Carlos-Solito/319205728214357?ref=hl. Fino al 6 maggio 2014.
venerdì 11 aprile 2014
«Mex Pro», l’arte messicana si mostra a Trieste
L’arte contemporanea del Messico trova casa a Trieste. In occasione del centoquarantesimo anniversario dall’apertura delle prime relazioni diplomatiche tra l’Italia e il Paese sudamericano, l’associazione culturale Gruppo 78 lancia il progetto «Mex Pro». Due i segmenti principali nei quali l’iniziativa espositiva si articola: la mostra «Circa 2000» e l’installazione «2.501 Migrantes» dell’artista Alejandro Santiago.
La prima rassegna -curata da Maria Campitelli, con la collaborazione di Manolop Cocho, Fernando Galvez de Aguinaga e Gerardo Traeguez- porterà ottantasette artisti messicani provenienti dalla collezione di Josè Pinto Mazal nella splendida location delle Scuderie del Castello di Miramare, luogo particolarmente significativo per quanto riguarda le relazioni tra Trieste e il Paese sudamericano relativamente alla vicenda di Massimiliano d'Austria che andò a morire oltre oceano dopo essersi costruito a Chapultepec, nel cuore di Città del Messico, una dimora sul modello della magione friulana.
La collezione di Mazal, composta da una ricca selezione di opere realizzate tra il 1980 e il 2013, si attiene a una pluralità di tendenze. Appaiono, infatti, tutti i generi consacrati, secondo un paradigma messicano che tende di preferenza al racconto complesso, prediligendo in ogni caso un’intensa, debordante figuratività. Si spazia così dal paesaggio al ritratto, dal nudo al realismo sociale, dalla tendenza primitiva a tematiche sacre come il citazionismo arcaico e surreale.
Molti degli artisti che esporranno a Trieste a partire da lunedì 14 aprile, e per tutta la primavera e l’estate, vantano curricula internazionali e hanno frequentato la prestigiosa Scuola nazionale d’arte Esmeralda di Città del Messico. Va detto che su tutte le tendenze artistiche esplose in Europa e approdate, poi, nel Paese latinoamericano, s’inserisce -ineludibile, sotteso o dichiarato- un imprinting tipicamente messicano, un legame con le culture passate, con le civiltà precolombiane degli Aztechi e dei Maya, che incombono con le loro straordinarie vestigia e che parlano di grandezza, di tempi favolosi e di incessante produttività.
Vero e proprio perno portante dell’intera iniziativa triestina, che prevede anche numerosi eventi collaterali, sarà l’installazione «2.501 Migrantes» dell’artista Alejandro Santiago: un popolo di statue di terracotta, delle misure variabili dai 120 ai 180 centimetri, che sarà esposto in piazza Unità d’Italia. L’opera, che sarà poi in mostra anche al Berengo Center di Venezia, evoca il dramma eterno della migrazione dei popoli, di cui lo stesso artista si sentiva di far parte.
Alejandro Santiago fu, infatti, egli stesso migrante (quell'uno aggiunto ai duemilacinquecento lo rappresenta) e, una volta ritornato al suo piccolo paese arroccato sulle montagne, lo trovò spogliato di vita umana. La comunità che lo abitava era andata a vivere negli Stati Uniti per garantire la sopravvivenza ai propri congiunti. Erano rimaste solo le donne, i bambini e i vecchi. Mancavano duemilacinquecento persone all’appello: uomini costretti ad abbandonare la propria terra con il sogno di un futuro migliore. Un vero e proprio esercito della disperazione e, allo stesso tempo, della volontà incrollabile, della speranza.
Le duemilacinquecentouno statue di Alejandro Santiago, con la loro presenza e il loro assordante silenzio, vogliono invitare le persone a prendere coscienza di un problema, come quello della migrazione, che interessa sempre più persone e che la politica sembra incapace di risolvere. Basti pensare ai recenti scandali legati ai luoghi d’accoglienza, dove ci sono conclamati casi di violazione dei diritti umani, o alla difficile situazione che sta vivendo Lampedusa.
Il progetto espositivo sarà corredato da una schiera di eventi collaterali, distribuiti in spazi pubblici come il Museo Revoltella o in gallerie private, e tesi a restituire un’immagine a tutto tondo della cultura messicana, anche in settori come la cucina, la lettura e il cinema. Tra le iniziative più interessanti si segnala la mostra «Rostros de la fiesta», che porterà negli spazi del Castello di Miramare una selezione di maschere messicane provenienti dal museo nazionale della maschera di San Luis. Sono, poi, in programma una rassegna di video-arte alla DoubleRoom Gallery, una mostra di Luciana Esqueda alla Stazione Rogers, una rassegna di Alejandro Echeverria alla Lux Art, un omaggio all’arte grafica messicana e, per chiudere, una personale di German Venegas, che unirà opere di pittura con lavori in vetro e che prevede anche una sezione al Berengo Center for Art and Glass di Venezia. Un omaggio, dunque, a tutto tondo nei confronti di una cultura artistica che affascinerà il pubblico con i suoi colori squillanti e con le sue tematiche esotiche.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Graciela Iturbide, «Un Ángel en el Desierto Plata». Gelatina in B/N. 53,3 x 53,5 cm; [fig. 2]Marco Arce, «Cuento de los pájaros» (polittico di quattro parti), 2003. Olio, cm 58 x 58 x ; [figg. 3 e 4] Alejandro Santiago, installazione «2.501 Migrantes»
Informazioni utili
«Mex Pro. Ponte internazionale di arte contemporanea Italia -Messico». Trieste, sedi varie.
Mostre principali: Circa 2000- 90 artisti messicani,Scuderie del Castello di Miramare - Trieste. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Dal 15 aprile al 15 settembre 2014; 2501 Migrantes - macro installazione di 2500 sculture di terracotta di Alejandro Santiago. Piazza Unità d'Italia, Trieste. Dal 20 novembre 2014.
Catalogo: disponibile in mostra (edizione trilingue in italiano, spagnolo e inglese). Informazioni: Gruppo78, gruppo78trieste@gmail.com, tel./fax 040.567136, mob. +39.339.8640784.
La prima rassegna -curata da Maria Campitelli, con la collaborazione di Manolop Cocho, Fernando Galvez de Aguinaga e Gerardo Traeguez- porterà ottantasette artisti messicani provenienti dalla collezione di Josè Pinto Mazal nella splendida location delle Scuderie del Castello di Miramare, luogo particolarmente significativo per quanto riguarda le relazioni tra Trieste e il Paese sudamericano relativamente alla vicenda di Massimiliano d'Austria che andò a morire oltre oceano dopo essersi costruito a Chapultepec, nel cuore di Città del Messico, una dimora sul modello della magione friulana.
La collezione di Mazal, composta da una ricca selezione di opere realizzate tra il 1980 e il 2013, si attiene a una pluralità di tendenze. Appaiono, infatti, tutti i generi consacrati, secondo un paradigma messicano che tende di preferenza al racconto complesso, prediligendo in ogni caso un’intensa, debordante figuratività. Si spazia così dal paesaggio al ritratto, dal nudo al realismo sociale, dalla tendenza primitiva a tematiche sacre come il citazionismo arcaico e surreale.
Molti degli artisti che esporranno a Trieste a partire da lunedì 14 aprile, e per tutta la primavera e l’estate, vantano curricula internazionali e hanno frequentato la prestigiosa Scuola nazionale d’arte Esmeralda di Città del Messico. Va detto che su tutte le tendenze artistiche esplose in Europa e approdate, poi, nel Paese latinoamericano, s’inserisce -ineludibile, sotteso o dichiarato- un imprinting tipicamente messicano, un legame con le culture passate, con le civiltà precolombiane degli Aztechi e dei Maya, che incombono con le loro straordinarie vestigia e che parlano di grandezza, di tempi favolosi e di incessante produttività.
Vero e proprio perno portante dell’intera iniziativa triestina, che prevede anche numerosi eventi collaterali, sarà l’installazione «2.501 Migrantes» dell’artista Alejandro Santiago: un popolo di statue di terracotta, delle misure variabili dai 120 ai 180 centimetri, che sarà esposto in piazza Unità d’Italia. L’opera, che sarà poi in mostra anche al Berengo Center di Venezia, evoca il dramma eterno della migrazione dei popoli, di cui lo stesso artista si sentiva di far parte.
Alejandro Santiago fu, infatti, egli stesso migrante (quell'uno aggiunto ai duemilacinquecento lo rappresenta) e, una volta ritornato al suo piccolo paese arroccato sulle montagne, lo trovò spogliato di vita umana. La comunità che lo abitava era andata a vivere negli Stati Uniti per garantire la sopravvivenza ai propri congiunti. Erano rimaste solo le donne, i bambini e i vecchi. Mancavano duemilacinquecento persone all’appello: uomini costretti ad abbandonare la propria terra con il sogno di un futuro migliore. Un vero e proprio esercito della disperazione e, allo stesso tempo, della volontà incrollabile, della speranza.
Le duemilacinquecentouno statue di Alejandro Santiago, con la loro presenza e il loro assordante silenzio, vogliono invitare le persone a prendere coscienza di un problema, come quello della migrazione, che interessa sempre più persone e che la politica sembra incapace di risolvere. Basti pensare ai recenti scandali legati ai luoghi d’accoglienza, dove ci sono conclamati casi di violazione dei diritti umani, o alla difficile situazione che sta vivendo Lampedusa.
Il progetto espositivo sarà corredato da una schiera di eventi collaterali, distribuiti in spazi pubblici come il Museo Revoltella o in gallerie private, e tesi a restituire un’immagine a tutto tondo della cultura messicana, anche in settori come la cucina, la lettura e il cinema. Tra le iniziative più interessanti si segnala la mostra «Rostros de la fiesta», che porterà negli spazi del Castello di Miramare una selezione di maschere messicane provenienti dal museo nazionale della maschera di San Luis. Sono, poi, in programma una rassegna di video-arte alla DoubleRoom Gallery, una mostra di Luciana Esqueda alla Stazione Rogers, una rassegna di Alejandro Echeverria alla Lux Art, un omaggio all’arte grafica messicana e, per chiudere, una personale di German Venegas, che unirà opere di pittura con lavori in vetro e che prevede anche una sezione al Berengo Center for Art and Glass di Venezia. Un omaggio, dunque, a tutto tondo nei confronti di una cultura artistica che affascinerà il pubblico con i suoi colori squillanti e con le sue tematiche esotiche.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Graciela Iturbide, «Un Ángel en el Desierto Plata». Gelatina in B/N. 53,3 x 53,5 cm; [fig. 2]Marco Arce, «Cuento de los pájaros» (polittico di quattro parti), 2003. Olio, cm 58 x 58 x ; [figg. 3 e 4] Alejandro Santiago, installazione «2.501 Migrantes»
Informazioni utili
«Mex Pro. Ponte internazionale di arte contemporanea Italia -Messico». Trieste, sedi varie.
Mostre principali: Circa 2000- 90 artisti messicani,Scuderie del Castello di Miramare - Trieste. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Dal 15 aprile al 15 settembre 2014; 2501 Migrantes - macro installazione di 2500 sculture di terracotta di Alejandro Santiago. Piazza Unità d'Italia, Trieste. Dal 20 novembre 2014.
Catalogo: disponibile in mostra (edizione trilingue in italiano, spagnolo e inglese). Informazioni: Gruppo78, gruppo78trieste@gmail.com, tel./fax 040.567136, mob. +39.339.8640784.
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