È
Ettore Spalletti (Cappelle sul Tavo – Pescara, 1940) l’artista contemporaneo scelto da
Luca Massimo Barbero per inaugurare il secondo piano della
Galleria di Palazzo Cini a San Vio, straordinaria casa-museo veneziana, un tempo dimora dell’industriale e politico
Vittorio Cini (Ferrara, 1885-Venezia, 1977), riaperta al pubblico per il secondo anno consecutivo grazie alla
partnership di
Assicurazioni Generali.
In queste sale, nelle quali sono conservate molte opere della collezione personale del grande mecenate che, grazie a un’ampia possibilità di mezzi economici e all’amicizia con personaggi del calibro di
Federico Zeri,
Bernard Berenson e
Nino Barbantini, acquisì nell’arco della sua vita mirabili testimonianze del Rinascimento toscano e ferrarese, l’artista abruzzese espone, fino al prossimo 23 agosto, sedici suoi lavori tra pitture, opere su carta e sculture, nei quali prevalgono le tonalità del rosa e dell’azzurro.
Con questo progetto espositivo, Ettore Spalletti vuole proporre, in linea con la sua ricerca artistica interessata a studiare le relazioni tra natura e astrazione e le congiunzioni tra memoria del classico e contemporaneità, una propria personale interpretazione degli spazi della casa-museo lagunare, ragionando sulla storia del luogo, studiandone la sua dimensione intima, osservandone i colori e le variazioni di luce, attraverso un percorso che accosta opere già note ad alcune mai esposte prima.
Si trovano così in mostra, lungo un percorso che non segue un ordine cronologico, ma che mira a coinvolgere emotivamente il visitatore, lavori conosciuti come «Sapone» (1998), una scultura sospesa in bronzo dorato, e «Così com’è, fonte» (2006), un’installazione cilindrica fatta di colore azzurro e resina, ma anche nuove creazioni come le due tele monocrome «I colori si innamorano» (2015).
Colpiscono l’attenzione anche due grandi opere su carta azzurre, di cui una già presente nella prima sala, realizzate per la prima volta nel 1974 e riproposte per la mostra a Palazzo Cini a San Vio in una nuova versione. «Sono due lavori -racconta l’artista- che amo particolarmente, perché sono in continuo mutamento: come un foglio di carta che si apre o si arriccia a seconda dell’umidità e non trova quiete sulla parete».
Questo dimostra l’attualità della ricerca artistica di Ettore Spalletti, che così racconta il suo incontro con le atmosfere del Canal Grande: «le opere qui esposte, indipendentemente dalla data di realizzazione, sono tutte nuove perché la luce di Venezia è diversa. I colori sono rinnovati da questa luce che li ha trasformati: nemmeno io li avevo mai visti con questi toni e queste sfumature che sono unici perché la luce di Venezia è unica».
L’esposizione vuole, inoltre, sottolineare la dimensione intima della casa di Vittorio Cini. Ecco così che, nella Sala del caminetto, è stata collocata l’opera «Leggio» (2011), composta da due elementi d’arredo disegnati dall’artista: una sedia e un tavolino che regge un oggetto in alabastro, teso a raccogliere lo sguardo di chi entra nella stanza.
In questi giorni, e fino al 28 settembre, il museo lagunare mette in mostra anche la «Madonna di Pontassieve» (1435 circa) del
Beato Angelico (Vicchio di Mugello, 1395 ca. – Roma, 1455), capolavoro proveniente dalla
Galleria degli Uffizi di Firenze.
L’opera, esposta nell’ambito del
progetto «L’ospite a palazzo», fu commissionata nel 1435 da sei componenti della ricca famiglia fiorentina Filicaia, detentori del patronato sulla chiesa di San Michele a Pontassieve, e costituisce con ogni probabilità la parte centrale del polittico dell’altare maggiore: l’ipotesi che alla destra della Vergine, in uno dei due pannelli perduti, dovesse stagliarsi il santo titolare della chiesa, è confermata dalla presenza, al margine della tavola conservata, della punta di una spada trattata con foglia d’argento, messa in evidenza dall’ultimo restauro.
Il capolavoro, realizzato dal Beato Angelico negli anni della sua maturità, rimase per lungo tempo nell’ombra, complici la collocazione periferica e il precoce smembramento che dovette subire già entro la metà del XVII secolo. Solo nel 1909 il dipinto ottenne la prima menzione in sede critica da
Giovanni Poggi, con attribuzione, universalmente accettata, al pittore. L’interesse suscitato attorno all’opera, grazie anche alle mostre di Londra e Firenze degli anni Trenta che la posero all’attenzione degli studi, aumentò da allora e contribuì alla decisione di trasferirla presso la Galleria degli Uffizi nel 1949.
In occasione dell'apertura al pubblico del palazzo, prevista fino al prossimo 15 novembre, è stato, inoltre, ridisegnato il percorso di visita: accanto ai lavori di
Giotto,
Guariento,
Botticelli,
Filippo Lippi e
Pontormo già esposti lo scorso anno, saranno visibili nuovi arredi e opere d’arte.
Dopo molti anni, tornano, quindi, a impreziosire la casa, ricostruendo l’ambiente domestico principesco in cui viveva il conte Vittorio, un armadio intagliato, già riferito a
Jacopo Tatti detto il Sansovino (Firenze, 1486 - Venezia, 1570), e un monumentale tavolo antico ornato da telamoni e cariatidi, che ritrova la sua collocazione originale accanto al polittico (recentemente restaurato) di
Lorenzo di Niccolò. Tra gli arredi, sono in mostra a palazzo Cini San Vio anche due meravigliosi orci in terracotta policroma e un vaso da farmacia, detto «globulare» per la tipica forma panciuta, esempio della ricchissima produzione della bottega di uno dei più importanti maiolicari veneziani del Cinquecento.
Per gentile concessione di
Giovanni Alliata di Montereale, figlio di
Yana Cini Alliata, si possono ammirare, inoltre, due grandi zuppiere in argento realizzate dall’argentiere
Robert Garrard, attivo a Londra tra Settecento e Ottocento.
Tra le novità, si registra, poi, l’arrivo a Palazzo Cini anche di alcuni importanti dipinti, prima fra tutti una preziosa tavola raffigurante «San Giovanni Evangelista» di
Stefano di Giovanni detto «il Sassetta» (Cortona, 1400 circa – Siena, 1450), artista di cui la galleria già possiede la tavola con la «Madonna dell’Umiltà», che rende ancora più ampio il panorama della pittura senese del Quattrocento, rappresentato anche dalle tavole del
Maestro dell’Osservanza, di
Matteo di Giovanni e di
Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta.
Ancora, tra le nuove opere, si può ammirare un raro elaborato portadocumenti della metà del Quattrocento in cuoio rosso cesellato, appartenuto al
duca Borso d’Este, come rivela lo stemma di famiglia che decora il fronte.
Trovano posto lungo il percorso espositivo, infine, una tela del tardo Rinascimento con un «Ritratto di gentiluomo con guanti», già attribuito al geniale pittore bresciano
Girolamo Romanino, e due straordinari lavori di
Giandomenico e Lorenzo Tiepolo, raffiguranti due «teste di fantasia», ritratti virili ideali, esempi di un genere diffuso nel Settecento a Venezia. Queste opere, fra le poche presenze veneziane della galleria, sono un interessante esempio della ricchezza della collezione, che annoverava anche uno straordinario nucleo di opere del Settecento veneziano: da
Guardi a
Canaletto, da
Tiepolo a
Longhi.
Vedi anche
2014: a Venezia riapre al pubblico Palazzo Cini a San Vio
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ettore Spalletti, «I colori si innamorano», 2015, impasto di colore su tavola/ 2 elementi/ 120 x 120 x 4 cm ciascuno; [fig. 2] Interno di Palazzo Cini a San Vio, Venezia. Foto: Matteo De Fina; [fig. 3] Esterno di Palazzo Cini a San Vio, Venezia. Foto: Matteo De Fina; [fig. 4] Veduta del rio dal secondo piano Palazzo Cini a San Vio, Venezia. Foto: Matteo De Fina; [fig. 5] Beato Angelico, «Madonna di Pontassieve», 1435 circa. Firenze, Galleria degli Uffizi
Informazioni utili
Palazzo Cini, Campo San Vio, Dorsoduro 864 – Venezia. Orari: ore 11.00–19.00, chiuso il martedì (ultimo ingresso ore 18.15). Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: disponibile in mostra guida breve (€ 4,00). Informazioni: palazzocini@cini.it. Sito web: www.palazzocini.it e www.cini.it. Fino al 15 novembre 2015.