ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 13 luglio 2020

Torna il festival «Tones on the Stones». Paolo Fresu suona nella cava di Oira

Come ridare valore ai termini «sociale» e «socialità» nell’epoca del distanziamento? Come costruire una nuova relazione tra noi e l’ambiente naturale? Quale strada seguire per un diverso concetto di benessere personale e collettivo? Sono queste le domande che tessono la trama e l'ordito del programma di «Tones on the Stones/Nextones 2020».
«Before and After», ovvero «Prima e dopo», è il titolo scelto per il cartellone di questa edizione del festival, la numero quattordici, che si svolgerà dal 19 al 26 luglio a Baveno, sul Lago Maggiore, nella cava dismessa Roncino di Oira di Crevoladossola e a Ghesc di Montecrestese, borgo in pietra della Val D’Ossola.
Musica, danza, performance, arte visiva, circo contemporaneo, architettura, filosofia, incontri, workshop ed escursioni sono i differenti linguaggi che la soprano Maddalena Calderoni, direttrice artistica della manifestazione, ha scelto per raccontare questo nostro tempo complicato e difficile, che ci ha messo davanti alla fragilità delle nostre esistenze e del nostro sistema di vivere, con l’intento di trasformare il momento di crisi che stiamo attraversando in «un’occasione di riflessione, ricerca e progettazione per il futuro dell’uomo, dell’ambiente e delle performing arts».
Accanto agli spettacoli dal vivo, che si terranno nel pieno rispetto delle regole sanitarie, del distanziamento sociale e del contingentamento del pubblico, ci sarà così anche una residenza-laboratorio lunga una settimana, un’«opera-studio» (per usare la definizione di Maddalena Calderoni), che vedrà la partecipazione di artisti, creativi, studiosi e professionisti del settore.
Ad accompagnare questo percorso di ricerca è stato ideato un diario di bordo multimediale, curato dalla scrittrice Veronica Raimo, che, giorno per giorno, racconterà questa quattordicesima edizione attraverso dirette web, streaming di video autoriali, contributi testuali degli studiosi e gallery fotografiche.
Ma «Before and After» non sarà solo un cantiere di idee, ma anche un cantiere vero e proprio: il festival, molto coraggiosamente, ha deciso di riqualificare la cava dismessa di Oira per trasformare questo ex spazio industriale in un teatro immerso nella natura, in uno spazio permanente dedicato all’espressione creativa dove artisti e pubblico possano incontrarsi per «ritrovare la bellezza».
A tenere a battesimo il programma sarà, nella serata di domenica 19 luglio, lo spettacolo multimediale «Fellini 100», ideato in occasione del centenario dalla nascita del grande regista romagnolo che ha reso l’Italia famosa nel mondo come il paese della «Dolce vita». Nel piazzale antistante la splendida chiesa romanica di Baveno, il compositore e pianista jazz Roberto Olzer –in quartetto con Fulvio Sigurtà, strumentista in rapidissima ascesa (tromba e flicorno), Yuri Goloubev (contrabasso) e Mauro Beggio (batteria)– incontrerà le visioni della videoartista Anna Frigo e le acrobazie della compagnia milanese di circo contemporaneo Quattrox4.
Mentre lunedì 20 luglio, alle ore, 18 il villaggio di Ghesc ospiterà «La costruzione del Movimento. Esercizi di estensione meccanica del corpo umano», un talk con Riccardo Blumer, allievo di Mario Botta e fondatore del gruppo «Blumer&Friends» dedito allo studio delle relazioni fra design e natura. A seguire Joseph Tagliabue, figura di spicco della scena alternativa italiana, proporrà un viaggio musicale e temporale fra folk ed elettronica contemporanea, spaziando dall’avanguardia ai ritmi etnici.
Martedì 21 luglio il programma inizierà già al mattino: alle ore 8, nei prati limitrofi alla cava, si terrà una puntata speciale di Radio Safari, programma sui suoni della natura andato in onda su radio e portali di Milano nel periodo della quarantena, che ha trasportato gli ascoltatori nei meandri della vita e dell’evoluzione, alla scoperta degli angoli più remoti del pianeta. Nel pomeriggio, alle ore 18.30, ci si sposterà negli straordinari scenari degli Orridi di Uriezzo, anche conosciuti come il Grand Canyon del Piemonte, per una performance musicale del percussionista Enrico Malatesta, «Occam Ocean – Occam XXVI», che con due piatti e un tamburo a cornice svilupperà un continuo divenire di risonanze, suoni fantasma e sovrapposizione di armonici e texture sonore.
Mercoledì 22 luglio si inizierà, alle 18, con un incontro con Elisa Cristiana Cattaneo, al quale seguirà, alle ore 19, uno tra gli appuntamenti più attesi del festival: Annamaria Ajmone, coreografa e danzatrice fra le più apprezzate esponenti della danza contemporanea europea, presenterà, negli spazi della Cava, «Il segreto», visionaria azione coreografica site specific con tre macchine sonore rotanti: «in un ecosistema geograficamente prossimo, aperto, terreno, indeterminato, multi-tempo, si alternano -raccontano gli organizzatori- sussurri, creature capovolte e rose del deserto».
Giovedì 23 luglio il palcoscenico di «Tones on the Stones» vedrà, invece, in scena il trombettista Paolo Fresu –senza dubbio il jazzista italiano più famoso al mondo– con Ramberto Ciammarughi, uno tra i pianisti più eclettici e schivi della scena contemporanea, e l’illustratore Gianluca Folì. La cava Roncino di Oira si riempirà, dunque, di suoni e colori, regalando al pubblico una serata indimenticabile, realizzata in co-produzione con il festival «Musica in Quota» e in collaborazione con il progetto «Di-se. Disegnare il territorio».
Un momento cardine rispetto alla tematica affrontata da «Before and After» sarà il talk del filosofo Emanuele Coccia, in programma nel pomeriggio del 24 luglio all'Alpe Devero, incantevole conca di pascoli sulle Alpi Lepontine a oltre 1.600 metri di altitudine. Il rivoluzionario del pensiero green, amato dai millenials, affronterà con la sua consueta modalità pop  la centralità del mondo vegetale a partire da un suo testo divenuto ormai un best seller, «La vita delle piante. Metafisica della mescolanza». Mentre in serata, alla Cava di Roncino, sarà in scena il trio milanese acid techno folk Acid Castello, che si esibirà nella sonorizzazione dal vivo con drum machine e sintetizzatori di un'opera cult: «Slow Action» di Ben Rivers, film di fantascienza post apocalittico che presenta lo scenario di una natura ostile dove il livello del mare è cresciuto mostruosamente e la società umana si è evoluta in piccole comunità rette da utopie iperboliche.
La performance di Acid Castello preparerà il terreno per l’ultima serata del festival, quella di sabato 25 luglio, tutta dedicata alle più ardite e radicali sperimentazioni elettroniche, in cui la Cava di Roncino si trasformerà in una vera astronave sonora pronta a trasportare il pubblico verso nuovi pianeti. Il producer Mana, il profeta della nuova elettronica Nicolàs Jaar, gli esploratori degli angoli oscuri del suono digitale Willikens & Ivkovic saranno i protagonisti della serata.
Domenica 26 luglio il festival si chiuderà con il consueto brunch a Ghesc, alla scoperta delle tipicità eno-gastronomiche del territorio della Val d’Ossola e con il long set del collettivo Gang of Ducks.
Un cartellone, dunque, vario quello del festival «Tones on the Stones», che lancia il proprio sguardo verso un futuro visionario da costruire attraverso le arti.

Informazioni utili
www.tonesonthestones.com 

venerdì 10 luglio 2020

«Pietre della memoria», D’Annunzio e «il parente» Michelangelo secondo Andrea Chisesi

Monica Guerritore, Stefano Massini, Arisa, Michela Murgia, Arturo Brachetti, Corrado Tedeschi, Gaia De Laurentis, Chiara Francini, Claudio Bisio e tanti altri: è ricco di grandi nomi il cartellone della quarantunesima edizione del festival «La Versiliana», in scena dal 12 luglio nel teatro all’aperto di Marina di Pietrasanta.
Ventiquattro eventi teatrali, otto spettacoli accompagnati da cene a tema e una rassegna cinematografica all’aperto di dodici film, per un totale di quarantaquattro serate, è quanto offre quest’anno il programma del festival, che vede alla direzione artistica «Lo studio Martini».
«Versiliana 2020, per continuare a volare» è il titolo scelto per l’attuale edizione, che proporrà anche attività per bambini, incontri al caffè letterario e un evento espositivo: «Pietre della memoria. Omaggio al parente», personale di Andrea Chisesi. per la curatela di Marcella Damigella. L’esposizione temporanea, in programma dal 12 luglio al 23 agosto, è dedicata a Michelangelo, e in particolare al profondo legame che Gabriele d’Annunzio nutriva per il genio di Caprese a tal punto da considerarlo «il parente».
In tal senso la Versiliana appare come il luogo perfetto per questo dialogo artistico visto che la vicina cava delle Cervaiole, sul Monte Altissimo, offrì al Buonarroti la materia prima «di grana unita, omogenea, cristallina» per alcuni dei suoi più celebri capolavori, mentre proprio sotto gli alti pini della storica villa versiliese, nell’estate del 1902, Gabriele d’Annunzio compose la celebre lirica «La pioggia nel pineto», inserita nell’«Alcyone».
L’esposizione, che segna l’esordio di Chisesi in Toscana, allinea quarantuno dipinti inediti su tela e settanta opere su carta, oltre a sei filmati dedicati all’opera dell’artista romano di nascita e milanese d’adozione, che ormai risiede stabilmente a Siracusa.
Il percorso espositivo parte dall’esterno: su un muro della villa viene proiettato il lavoro Il Vate, esclusiva anteprima di «Tempora Vatis», la nuova mostra che prossimamente l’artista dedicherà a Gabriele d’Annunzio e che si terrà al Vittoriale di Gardone Riviera, sul Lago di Garda, su invito del presidente Giordano Bruno Guerri.
I monocromi dell’artista, spinti dalla chiara rievocazione dannunziana, risultano ispirati alla natura e ai suoi elementi, primi tra questi l’acqua e la luce. Nelle tredici sale della villa si disloca così un percorso temporale che -come scriveva d’Annunzio- rappresenta l’iconografia della «misteriosa facoltà di penetrare in ogni oggetto e di trasmutarsi in esso», quindi la «fusione» vitalistica, in un percorso conoscitivo tra la Versilia e la Grecia antica e il tempo mitico che permane nel tempo.
Il legame di Andrea Chisesi con la natura -che trasforma senza annientare ciò che di bello l’uomo ha realizzato- è il deterioramento, la bellezza della morte che non è una fine, ma una rinascita, un nuovo stadio delle cose.
Riferendosi all’arte, d’Annunzio scriveva che «la grandezza di un’opera non si misura al numero dei suffragi che l’accolgono ma sì bene all’impulso ch’ella determina in rari spiriti chiusi, all’ansia subitanea ch’ella solleva in un uomo d’azione o d’accidia o di mercatura, alla perplessità straziante ch’ella agita in una sorte già resoluta».
Dimostrando di aver interiorizzato la lezione del Vate, per Andrea Chisesi la bellezza non è un decumano di canoni dal quale l’arte stessa, prodotto di una personalissima rivisitazione, può̀ palesarsi, bensì la voluttà̀ del rigore che con il passare del tempo si piega alla modernità.
La collezione delle «fusioni», termine con cui l’artista chiama la sua tecnica, dettata dall’innesto di pittura e fotografia, vanta tra i soggetti la più alta espressione della scultura dall’arte classica a Michelangelo: il «Fauno Barberini», il «Laocoonte», il «Torso del Belvedere», il «Mosè», il «David» e la «Nike di Samotracia».
Questi sono solo alcuni dei soggetti trasposti nel XXI secolo, portatori di valori estetici, quelli che ognuno di noi conserva come certezza di un contenitore di storia e cultura, uno scrigno indissolubile nel tempo.
Le «colature» sulla tela di Chisesi rivelano l’identità dell’immagine, poiché la sua tecnica sperimentata venticinque anni fa permette al colore bianco di accogliere l’immagine, creando un sodalizio tra luce ed ombra, in un frammentato ricordo della sua volumetria; l’immagine appare quasi impalpabile, una rievocazione di tempi perduti, di nuovi miti sacri, cosicché «le pietre della memoria» rimangono sospese come desideri mai sopiti.
L’acqua danza con la gravità, asseconda il colore bianco in un verticismo infinito, le linee scorrono sulla tela creando una fitta ritmica sul fondo scuro, Chisesi analizza la capacità dell’acqua di trasformare la pietra, di ritornare a lei come elisir di vita che mai si sottrae al suo dovere.
Nella lavorazione del marmo l’acqua è un elemento imprescindibile, come nella pittura dell’artista, tanto che d’Annunzio definisce l’acqua «sovrana», cioè vita stessa, che sfugge per sempre. L’acqua di fonte, l’acqua che bagna le tamerici, diventa, quindi, un tutt’uno con la natura stessa: le gocce lasciano il rigore e si trasformano in foglie, fiori o arabeschi che lui chiama matrem. Le preparazioni di Chisesi rivestono di dogmi le immagini donandogli una nuova visione.I monoliti sono dipinti con organismi di luce, concorrono all’affermazione che nella natura si racchiude la vera bellezza. Bellezza che è stata la cifra di Michelangelo e che D’Annunzio ha voluto come sua compagnia di vita.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Andrea Chisesi, il Vate, 2020 | dim.: 100x120 | tecnica: fusione; [fig. 2] Andrea Chisesi, Preghiera in fiore, 2019 | dim.: 100 x130 | tecnica: fusione; [fig.l 3] Andrea Chisesi, David, 2020 | dim.: 150 x150 | tecnica: fusione; [fig. 4] Andrea Chisesi, Laocoonte, 2020 | dim.: 120 x120 | tecnica: fusione

Informazioni utili 
Pietre della Memoria. Omaggio al Parente.. Villa la Versiliana, viale Enrico Morin, 16 - Marina di Pietrasanta (Lucca). Orari: tutti i giorni dalle 17.00 alle 23.00. Ingresso libero. Sito internet: www.versilianafestival.it | www.andreachisesi.com. Dal 12 luglio al al 23 agosto 2020

giovedì 9 luglio 2020

Venezia, a Palazzo Grassi una grande mostra su Henri Cartier-Bresson

Lo hanno definito l’«occhio del secolo» per la sua capacità di cogliere, attraverso la fotografia, l’essenza del Novecento e della società a lui contemporanea. È stato il maestro del «momento decisivo», quell’attimo irripetibile in cui scattare per cogliere l’essenza di una situazione. Con la sua Leica e l’eleganza del bianco e nero ha saputo raccontare la storia, quella con la S maiuscola, dal Surrealismo alla Guerra fredda, dal secondo conflitto bellico alle rivolte in Spagna. Ci ha lasciato immagini iconiche come «Paris. Place de l’Europe. Gare Saint Lazare» (1932) o «The Var department – Hyères» (1932), «Dimanche sur les bords de Seine» (1938) o «Simiane La Rotonde» (1969).
Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 22 agosto 1908 – L'Isle-sur-la-Sorgue, 3 agosto 2004) è il protagonista della mostra con cui la Fondazione Pinault riapre, da sabato 11 luglio, gli spazi di Palazzo Grassi a Venezia, dopo l’emergenza sanitaria per il Coronavirus.
«Le Grand Jeu» è il titolo del progetto espositivo, ideato e coordinato da Matthieu Humery, che prende spunto dalla Master Collection, trecentoottantacinque immagini selezionate, agli inizi degli anni Settanta del Novecento, dallo stesso fotografo su richiesta dei suoi amici di lunga data e collezionisti John e Dominique de Menil.
Momenti storici epocali, ritratti di vita popolare e grandi personaggi dell’epoca come Henri Matisse e Alberto Giacometti compongono la selezione che, intorno al 1973, viene stampata nel laboratorio parigino di fiducia, in formato 30x40 e in cinque esemplari ciascuna, oggi conservati presso il Victoria and Albert Museum di Londra, la University of Fine Arts di Osaka, la Bibliothèque nationale de France, la Menil Foundation di Houston, la Fondation Henri Cartier-Bresson e la Pinault Collection.
A partire da questa collezione la mostra mette a confronto lo sguardo di cinque curatori particolari: il regista Wim Wenders, la fotografa Annie Leibovitz, lo scrittore Javier Cercas, la curatrice Sylvie Aubenas (direttrice del dipartimento di stampe e fotografia della Bibliothèque nationale de France) e, naturalmente, il padrone di casa, il collezionista Francois Pinault.
A tutti loro è stato chiesto di scegliere una cinquantina di immagini tra quelle che compongono la Master Collection.
La regola del gioco -perché di gioco si tratta, come recita anche il titolo della mostra «Le Grand Jeu», appunto- è una sola: selezionare in piena autonomia e solitudine un gruppo di scatti e offrirli in un allestimento che rispecchia il proprio gusto personale.
Ciascuno dei «giocatori» non ha avuto accesso alle decisioni altrui, sperimentando, dunque, sentimenti propri del lavoro curatoriale come il dubbio e l’infinito interrogarsi sul buon esito delle direzioni intraprese.
La rassegna veneziana offrirà così in un unico percorso cinque mostre differenti, proponendo angolazioni inedite per conoscere il lavoro di Henri Cartier-Bresson.
In contemporanea, La Fondazione Pinault di Venezia, che ha da poco alla guida Bruno Racine, propone, sempre a Palazzo Grassi, la mostra «Once Upon a Dream», curata da Matthieu Humery e Jean-Jacques Aillagon, che ha per oggetto il lavoro fotografico di Youssef Nabil (Il Cairo, 1972).
La ricerca dei reperti identitari, le preoccupazioni ideologiche, sociali e politiche del XXI secolo, la malinconia di un passato lontano sono i soggetti che l’artista predilige nei suoi lavori. L’allestimento invita a ripercorrere la carriera del fotografo dagli inizi fino all’ultima stagione creativa, seguendo un ritmo narrativo trasognato.
Realizzate con la tecnica tradizionale egiziana largamente utilizzata per i ritratti fotografici di famiglia e per i manifesti dei film che popolavano le strade del Cairo sino agli anni Settanta e Ottanta del Novecento, le fotografie successivamente dipinte a mano da Youssef Nabil restituiscono, infatti, la suggestione di un Egitto leggendario tra simbolismo e astrazione.
A Punta Dogana apre, invece, la mostra «Untitled, 2020. Tre sguardi sull'arte di oggi», concepita e curata da Caroline Bourgeois, Muna El Fituri e dall’artista Thomas Houseago. Spaziando tra diversi media, dalla scultura al video, dalla pittura alla fotografia, l'esposizione presenta il lavoro di una sessantina di artisti, provenienti dalla Pinault Collection e da musei internazionali e collezioni private, che offrono uno spaccato sulle tematiche fondamentali dell'arte contemporanea, dall’inizio del Novecento a oggi.
Con la riapertura di Palazzo Grassi e di Punta Dogana, Venezia offre, dunque, due nuovi musei da visitare in questa estate del post-emergenza Covid, caratterizzata da aperture con orari ridotti e da code per l’ingresso contingentato negli spazi espositivi.

Didascalie delle immagini 
[Fig.1] Henri Cartier-Bresson, Dimanche sur les bords de Seine, France, 1938, épreuve gélatino-argentique de 1973  © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos; [fig. 2] Henri Cartier-Bresson, Simiane-la-Rotonde, France, 1969, épreuve gélatino-argentique de 1973  © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos; [fig. 3]Youssef Nabil - You Never Left # III, 2010. Hand colored gelatin silver print. Courtesy of the Artist and Nathalie Obadia Gallery, Paris/Brussels; [fig. 4] Llyn Foulkes, Day Dreams, 1991 © Llyn Foulkes. Pinault Collection 

Informazioni utili
www.palazzograssi.it