ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 16 luglio 2020

«Evoluzioni», sul Delta del Po l'arte racconta la natura e le sue fragilità

Stormi di fenicotteri rosa, aironi, fagiani, lepri, falchi di palude e daini allo stato brado. Due milioni di alberi di centocinquanta specie arboree diverse, tra cui il pioppo bianco. E una strada panoramica immersa tra il verde e l’azzurro dalla laguna veneta. È un gioiello naturalistico da vedere assolutamente l’isola di Alborella, oltre cinquecentoventi ettari di macchia mediterranea nel cuore del parco regionale del Delta del Po, riconosciuto dall’Unesco come riserva di biosfera.
In questo paradiso del turismo lento, amato dalle famiglie e dagli sportivi, è visitabile per tutta estate la mostra open air «Evoluzioni», un racconto sulla fragilità della natura intessuto da Vera Bonaventura e Roberto Mainardi.
La monografica dei due artisti di Officinadïdue, allestita fino al prossimo 18 ottobre, è un percorso in sette installazioni che testimonia le conseguenze del cambiamento climatico sul territorio e sulla biodiversità, ma allo stesso celebra la resilienza e la forza rigeneratrice della natura.
Autori dell’opera «Urlo di Vaia», evocazione sonora della tempesta che nel 2018 ha devastato le Alpi orientali e l’Altopiano di Asiago, Bonaventura e Mainardi considerano l’arte il medium ideale per il dialogo tra uomo e natura perché «esprime -spiegano loro stessi- concetti che le sole parole non riescono, toccando leve emotive, sensorialità e percezioni profonde. Per questo l’arte deve superare l’estetica per diventare etica».
Le sculture di «Evoluzioni» sono immerse negli spazi verdi dell’Isola di Albarella, a sua volta colpita nell’agosto 2017 dalla furia del maltempo che ha divelto oltre ottomila alberi su una superfice di quasi seicento ettari. A questo evento sono dedicate le prime installazioni del percorso, «Quiescenza» e «Attesa». Se da un lato le due opere narrano la nuda cronaca di quanto vissuto in questo angolo della Laguna veneta – immortalata dai trucioli delle piante abbattute e da una grande quercia sradicata che diventano parte integrante delle installazioni –, dall’altro mettono in luce l’intelligenza biologica della natura, in grado di rinnovarsi in presenza delle condizioni più adatte. Ciò non significa tuttavia che non sia necessario proteggerla e aiutarla a sopravvivere, come ribadiscono gli artisti con la scultura «La Foglia», dove una foglia di ferro sorregge un albero piegato dal vento e destinato a cadere.
L’altro volto del cambiamento climatico è quello della desertificazione. Posta idealmente al termine del percorso per sottolinearne l’opposizione agli episodi di maltempo, spesso legati a forti piogge, «Zolla» riporta alla memoria l’estate del 2018, caratterizzata da un lungo periodo di basse precipitazioni ed elevate temperature. Salinizzazione, impoverimento del suolo e perdita di fertilità sono i principali fenomeni legati alla desertificazione che arriva a porre in serio pericolo la stessa sopravvivenza delle persone e degli animali ed è tra i fattori che danneggiano, spesso irreversibilmente, la biodiversità.
Il tema della biodiversità è affrontato anche dalle altre tre restanti opere di «Evoluzioni».
«Ovuli» è una composizione in cui sementi di fiori, graminacee e piante sono custoditi in sfere di vetro soffiato di Murano poste su canne di bambù: una rappresentazione delle oltre mille banche dei semi che esistono a livello internazionale e hanno lo scopo di preservare la varietà biologica della flora.
«Lettino per Farfalle» punta i riflettori sul drastico calo della popolazione di insetti nel mondo, dalle farfalle alle api, a causa della perdita degli habitat, inquinamento e cambiamenti climatici. Un danno non solo ambientale: dagli insetti dipende un terzo della produzione alimentare e due terzi della frutta e verdura consumata quotidianamente.
«Il Grande Orecchio», presentato in anteprima in occasione della Giornata mondiale degli oceani, è, invece, un vortice che sgorga dal laghetto Palancana di Albarella, accompagnato dal rumore della natura del mare: un invito a mettersi in ascolto del fragile ecosistema marino. «L’orecchio ha una grande antica simbologia ed è associato alla saggezza dell’ascolto -raccontano Bonaventura e Mainardi-. Il movimento archetipo dell’acqua è la spirale che permette a due mondi di comunicare fra loro».
Le installazioni di «Evoluzioni» s’inseriscono perfettamente nella cornice dell’Isola di Albarella che, dopo la tempesta del 2017, ha promosso «Immersi nella natura», un ampio progetto paesaggistico di riqualificazione del patrimonio ambientale e naturale realizzato in collaborazione con l’atelier Coloco di Parigi. Tra le iniziative sviluppate c’è il parco giochi ecosostenibile AlbarellaLand, dotato di strutture ludiche realizzate in materiali naturali come legno e corde nel rispetto dell’ambiente.
L’anima sempre più green di Albarella si riflette nell’attenzione che si dimostra in ogni azione e comportamento promosso verso l’ambiente, dall’uso di biciclette all’abolizione della plastica sul suo territorio. Inoltre, la destinazione punta a diventare la prima isola al mondo a garantire un impatto nullo sulle emissioni di CO2 con il progetto «Albarella Futuro - Zero Carbon Emission», elaborato Mauro Rosatti ed Enrico Longo, in collaborazione con Augusto Zanella e Cristian Bolzonella dell'Università di Padova.
Nel parco regionale del Po una mostra d’arte diventa così anche l'occasione per conoscere un luogo di villeggiatura ancora poco frequentato dal turismo di massa.  Con i suoi alberghi e villette, con le sue spiagge attrezzate e con i suoi angoli pittoreschi Albarella è, infatti, una bella occasione per una vacanza diversa dal solito.

Informazioni utili
www.albarella.it

mercoledì 15 luglio 2020

Da Soffici a Lodola, da Zannier a Benvenuto: la ricca estate del Mart di Rovereto

Ballerini, animali, creature fantastiche alte fino a tre metri accolgono il visitatore al Mart di Rovereto in questa estate 2020. La scenografica installazione è opera di Marco Lodola (Dorno, 4 aprile 1955), che ha voluto creare per la piazza del museo un carosello di luci e colori ispirato alla visionarietà dell’arte circense e un tributo all’immaginazione che sembra scaturita dalla potenza narrativa delle fiabe.
Sempre all’esterno del museo, nel giardino delle sculture, in questi giorni è possibile vedere il «Monumento alla resistenza», un branco di cani prodotti da Vasco Vitali (Bellano, 1960) con materiali per lo più provenienti dalla cantieristica edile, come ferro, catrami, piombo, reti metalliche, cemento.
Spunto per la creazione di questa serie è l’osservazione dell’abusivismo edilizio e dei progetti incompiuti che costellano l’Italia. Minaccioso, curioso, silenzioso, il branco di Vitali, proposto al Mart in collaborazione con ArteSella, introietta, dunque, e trasla, su un piano umanissimo, il dibattito sulla fragilità del paesaggio e sulla sua tutela.
All’interno del museo è ancora aperta, fino al 23 agosto, la rassegna su Italo Zannier (Spilimbergo, 9 giugno 1932), intellettuale, docente, primo titolare di una cattedra di Storia della fotografia in Italia e, come ama dire lui, «fotografo innocente».
Attraverso un centinaio di immagini, realizzate a partire dagli anni Cinquanta, e preziosi albi illustrati provenienti dall’archivio personale dello studioso si delinea l’evoluzione dell’immagine riprodotta: dalla pre-fotografia, con volumi del XVI secolo, all'archeologia fotografica, tra incisioni e dagherrotipi, fino alle sperimentazioni contemporanee.
È ancora visitabile fino al 23 agosto anche l’altra mostra del Mart che aveva chiuso i battenti a causa del lockdown, quella dedicata a Yervant Gianikian (Merano, 1942) e Angela Ricci Lucchi (Lugo, 1942 ‒ Milano, 2018), vincitori nel 2015 del Leone d'oro alla Biennale d'arte di Venezia.
Il museo trentino presenta, per l’occasione, l’ultima produzione del duo entrata a far parte delle sue collezioni: «I diari di Angela. Noi due cineasti. Capitolo secondo» (2019), racconto dell’esperienza cinematografica, complessa e personale, con cui i due artisti hanno custodito e ricucito le storie più tragiche del Novecento: diaspore, guerre, genocidi.
L’opera dialoga in mostra con il «Trittico del XX secolo» (2002-2008): una video installazione co-prodotta dal Mart, presentata al pubblico nel 2008 e riallestita per l’occasione negli ampi spazi del secondo piano.
La rassegna di punta di questa estate è, invece, «Carlo Benvenuto. L’originale», curata da Gianfranco Maraniello con Daniela Ferrari e Chiara Ianeselli.
L’esposizione, visitabile fino al prossimo 18 ottobre, allinea una sessantina di lavori tra fotografie, sculture e dipinti, realizzati dagli anni Novanta a oggi, che vanno a comporre una raffinata e spaesante metafisica del quotidiano e che, spesso, riflettono sul tema del doppio, attraverso un gioco di abbinamenti e ripetizioni.
Riprodotti in dimensioni reali, collocati fuori da un tempo e da uno spazio riconoscibili, gli oggetti raffigurati dall’artista piemontese perdono, infatti, la propria funzionalità trasformandosi in immagini di misteriosa poesia.
Massimiliano Gioni, nel testo in catalogo, ritrova, in questo percorso creativo, «l’atmosfera sospesa del Realismo magico, il rigore e la sobrietà di Luigi Ghirri o l’ossessione per i dettagli di Domenico Gnoli, i teatrini metafisici di de Chirico, Savinio e de Pisis e l’attenta orchestrazione dell’immagine delle nature morte di Giorgio Morandi».
Attraverso assonanze e riflessi, la mostra -come dichiara lo stesso Benvenuto- «orbita, idealmente, attorno a un centro nel quale trovano sede quattro forme di autoritratto». Per questo motivo è stato pensato anche un cameo sulle collezioni del museo con l’esposizione degli autoritratti di tre grandi maestri del primo Novecento: Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi e Renato Guttuso.
Il Mart propone, inoltre, per questi mesi estivi tre focus sulle sue collezioni, che attraversano oltre centocinquanta anni di storia dell’arte, dal XIX secolo a oggi.
Il primo è dedicato alla pittura di Ardengo Soffici (1879-1964), ma vuole ricordare anche il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri, avvenuta nel 1321.
Il progetto espositivo, a cura di Beatrice Avanzi, si sviluppa attorno al dipinto «Incontro di Dante e Beatrice» (1906), parte di un ciclo decorativo realizzato tra il 1905 e il 1906, destinato al salone delle feste dell’allora Grand Hôtel des Bains di Roncegno Terme Bains e andato perduto quasi completamente durante la Prima guerra mondiale.
L’opera testimonia una delle prove più rilevanti che precede l’adesione dell’artista all’avanguardia cubista e futurista.
Accanto a questo lavoro sono esposte alcune opere successive di Ardengo Soffici presenti nelle collezioni del Mart, dal «Paesaggio» di gusto cézanniano del 1912 al quadretto che raffigura Poggio Caiano del 1962, eco di immagini popolari della campagna toscana.
Il museo trentino rende, poi, omaggio a Claudia Gian Ferrari, tra le maggiori galleriste italiane, indiscussa figura di riferimento per la valorizzazione dell’arte del XX secolo, di cui ricorrono i dieci anni dalla scomparsa.
Il focus presenta un nucleo di straordinarie ceramiche di Fausto Melotti realizzate a partire dagli anni Trenta. Queste opere, donate dalla gallerista al museo trentino, vengono presentate in un inedito dialogo con una selezione di lavori realizzati da alcuni protagonisti dell’arte italiana che Claudia Gian Ferrari ha amato e sostenuto con particolare dedizione: Boccioni, Casorati, Sironi, Marussig, Funi, de Pisis, Cagnaccio di San Pietro, Dudreville, Pirandello.
Chiude il ciclo di focus proposti per questa estate «After Monet. Il pittorialismo nelle collezioni del Mart», a cura di Denis Isaia, che allinea una selezione di opere fotografiche, tese a illustrare un tema centrale della storia dell’arte contemporanea: il dialogo e lo scontro tra fotografia e pittura.
Nelle esperienze creative più recenti gli artisti e i fotografi hanno, infatti, contaminato sempre più i confini delle singole discipline, sviluppando una fluidità di linguaggi e media che ha dato esiti innovativi.
La mostra parte dai fotogrammi realizzati da Luigi Veronesi negli anni Quaranta, prosegue con l’opera di Wolfgang Tillmans, che lavora direttamente in camera oscura, e trova la sua conclusione nel lavoro di Vik Muniz, in cui Monet rimane faro fondamentale.
Un programma, dunque, intenso quello del Mart di Rovereto che permette di spaziare dalla fotografia alla pittura, dall’esperienza cinematografica alla ceramica e alla contaminazione di generi, per scoprire i tanti volti dell’arte contemporanea.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ardengo Soffici (Rignano sull'Arno, FI, 1879 - Vittoria Apuana, LU, 1964), Incontro di Dante e Beatrice, 1906. Palace Hotel, Roncegno Terme; [fig. 2] Ardengo Soffici (Rignano sull'Arno, FI, 1879 - Vittoria Apuana, LU, 1964), Spiaggia tirrena, 1928. Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto / Collezione privata; [fig. 3] Fausto Melotti (Rovereto, TN, 1901 - Milano, 1986), Vaso, 1950. Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Lascito Claudia Gian Ferrari; [fig. 4] Carlo Benvenuto (Stresa, VB, 1966), Senza titolo, 2015. 31 x 22 cm; [fig. 5] Carlo Benvenuto (Stresa, VB, 1966), Senza titolo, 2018. 63 x 47 cm. Galleria Mazzoli, Modena

Informazioni utli
MartRovereto, corso Bettini, 43 - Rovereto (Trento). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso. Tariffe: intero 11 Euro, ridotto 7 Euro, gratuito fino ai 14 anni e persone con disabilità. Informazioni: 800397760 o tel. 0464.438887. Sito internet: www.mart.trento.it

martedì 14 luglio 2020

Gilbert & George, cinquant'anni di provocazioni in mostra a Locarno

Irriverente, caustico, spiazzante, provocatorio, colorato e divertente: sono tanti gli aggettivi usati per classificare il lavoro di Gilbert & George, all'anagrafe Gilbert Prousch (San Martino in Badia, 1943) e George Passmore (Plymouth, 1942), una delle coppie più famose e osannate dell’arte contemporanea, che fin dall’esordio, nel 1967, ha fatto proprio il motto «Art for All», ovvero «Arte per tutti», producendo opere democratiche, comprensibili da chiunque, e dal forte impatto comunicativo, che analizzano in profondità la condizione umana, il nostro mondo sempre più moderno e veloce.
Amore, sesso, razza, soldi, politica, religione, identità, paura, speranza sono, da sempre, i temi cardine della ricerca dei due artisti che ha come palcoscenico la casa-studio nell’East End londinese, un quartiere dove convivono diverse fasce sociali ed etnie, e che permette al duo di essere costantemente in contatto con i molteplici aspetti della vita quotidiana di una grande metropoli.
È nato qui anche il progetto di «Gilbert and George. The Locarno Exibition 2020», la mostra che porta sulle sponde del Verbano elvetico, negli spazi di Casa Rusca, una sessantina di opere, anche di grandi dimensioni, afferenti a cinque gruppi tematici realizzati tra il 2008 e il 2016.
I due artisti, da sempre allergici alla figura del curatore, hanno, infatti, chiesto a Rudy Chiappini, direttore del museo svizzero, una planimetria precisa delle sale, con indicazione di ogni dettaglio, con anche la disposizione delle prese di corrente, e hanno restituito un modellino completo di tutto con l'esposizione allestita.
Il risultato è un percorso caleidoscopico, che trasforma ogni sala in un affresco dalle cromie violente, dove il linguaggio della pop art si unisce a quello fotografico, ma anche a titoli di giornale, pubblicità erotiche, iconografia religiosa, bandiere e slogan per dare vita a un ricco repertorio di immagini allo stesso tempo elettrizzanti e spaventose, teatrali e austere.
L'esposizione di Casa Rusca si apre con la serie «Utopian pictures» (2014), caratterizzata da un proliferare di proclami e insinuazioni: «Vietato urinare», «Vietato giocare con la palla», «Niente alcool», «Niente razzisti», «Niente nazisti», «Cercasi escort maschi e femmine».
Gilbert & George fissano lo spettatore mascherati o con delle corone. I loro corpi sono parzialmente oscurati dalla calligrafia che riproduce le iniziali di re Giorgio VI. In sovraimpressione appaiono degli avvisi che trasmettono un’atmosfera cupa di minaccia e di sfida, tra le voci dell’ordine civico e l’esortazione a ribellarsi, tra l’accettazione e la sicurezza delle regole e il volatile libero arbitrio dell’individuo.
Le «Utopian Pictures» forse intendono suggerire che la cosiddetta «società perfetta» sia in realtà frutto della tolleranza, dal permettere e dal coesistere di dissonanza e dissenso.
Il percorso espositivo continua con le «Jack Freak Pictures» (2008), dove la bandiera britannica è ridotta a pattern decorativo all’interno di un mondo denso di figure specchiate e di simboli enigmatici.
Ogni opera è costituita da più livelli in cui si giustappongono i corpi degli artisti in molteplici pose: distorti, smembrati, strizzati o abnormi. Il cerchio e la croce ricorrono in maniera quasi ossessiva, avviluppate con degli elementi materici (medaglie e amuleti).
La serie «Jack Freak» è invadente, mostruosa e claustrofobica e suscita l’impressione che Gilbert & George celebrino tutto ciò che è intrinsecamente strano (tradotto dall’inglese, freak indica appunto qualcuno o qualcosa di inusuale, singolare).
Nelle «Scapegoating Pictures» (ossia capro espiatorio), serie del 2013, i due artisti compaiono, invece, insistentemente in una successione di forme mascherate o come se fossero stati fatti esplodere in mille pezzi.
Protagoniste delle composizioni sono le bombolette di gas esilarante all’ossido d’azoto, conosciute come hippy crack.
Queste «bombe», sinistramente onnipresenti, sembrano asserire le conseguenze del dare la colpa ad altri: la produzione costante di odio e risentimento, la determinazione ad aggredire, a schierarsi, a radicalizzarsi.
Le «Scapegoating Pictures» raccontano così la complessa coesistenza di fedi, politiche e stili di vita, in tutte le loro sfumature, dal fondamentalismo religioso al laicismo capitalista.
Si prosegue con il risultato di una collezione pluriennale di strilli giornalistici: le «London Pictures» (2011), che riportano annunci di violenza, passione, squallore e avidità. Ogni pannello allinea titolazioni accomunate da un termine forte accompagnate da una raffigurazione della regina Elisabetta II, tratta da una moneta.
Sempre più ultraterreni nell’abitare i loro quadri, nella serie conclusiva «Beard Pictures» (2016) Gilbert & George sono raffigurati con il volto e il corpo di un rosso vivo, gli occhi ombreggiati e imperscrutabili, circondati da recinzioni di filo spinato, spesso dinnanzi ad uno sfondo nero che evoca il vuoto. Indossano barbe follemente esagerate, vividamente colorate di un color malva-verde-viola, congiunte in strane forme architettoniche. Oppure assumono le sembianze di personaggi fumettistici dai corpi piccoli e dalle teste enormi. Dietro di loro uno stravagante fogliame ornamentale, numeri di telefono di escort, allarmi di vigilanza consumati dalle intemperie, profili numismatici di papi, monarchi o eroi.
Le allucinanti «Beard Pictures» sono un’intensificazione di temi e sentimenti che gli artisti testano, esplorano e ritraggono da più di cinquant’anni, fedeli a pochi comuni denominatori: l’ironia pungente, il rifiuto delle etichette e la voglia di mettere tutto in discussione, senza necessariamente fornire risposte alle domande suscitate.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Gilbert & George, UNION DANCE, 2008. Tecnica mista, 226 x 190 cm © 2020 Gilbert & George - courtesy Arndt Collection; [fig. 2]  Gilbert & George, GOD SAVE THE BEARD, 2016. Tecnica mista, 254 x 377 cm © 2020 Gilbert & George - courtesy Galerie Thaddaeus  Ropac, London, Paris, Salzburg; [fig. 3] Gilbert & George RIDLEY ROAD, 2013 Tecnica mista, 254 x 337 cm © 2020 Gilbert & George - courtesy Galerie Thaddaeus Ropac,  London, Paris, Salzbur; [fig. 4] Gilbert & George, BEARDBABY BEARDBABY, 2016. Tecnica mista, 151 x 127 cm © 2020 Gilbert & George - courtesy Galerie Thaddaeus Ropac, London,  Paris, Salzburg; [fig. 5] Gilbert & George, E II R, 2014 Tecnica mista, 254 x 226 cm © 2020 Gilbert & George - courtesy The Artist and White Cube

Informazioni utili
«Gilbert and George. The Locarno Exibition 2020». Museo Casa Rusca, piazza Sant’Antonio - Locarno. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-12.00 e ore 14.00-17.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero CHF 12.-; ridotto CHF 10.-; studenti dai 16 anni CHF 6.-. Prenotazioni: +41(0)917563185. Informazioni: tel. 41(0)917563170 ⏐servizi.culturali@locarno.ch. Sito web: www.museocasarusca.ch | www.locarno.ch. Fino al 18 ottobre 2020. La mostra è stata prorogata fino al 6 gennaio 2021.