ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 13 gennaio 2021

Ancona nella shortlist delle città candidate a Capitale italiana della cultura 2022


Manca poco all’attribuzione del titolo di Capitale italiana della cultura 2022. In lizza sono rimaste dieci città: Ancona, Bari, Cerveteri (Roma), L’Aquila, Pieve di Soligo (Treviso), Procida (Napoli), Taranto, Trapani, Verbania e Volterra (Pisa).
«La cultura tra l'altro»
è il titolo del dossier di candidatura presentato da Ancona, un progetto nato dalla consapevolezza che oggi più che mai l’identità, l’inclusione, l’uguaglianza, la coesione sociale sono temi centrali nel dibattito del pensiero contemporaneo e che le varie arti sono la membrana attraverso cui i cambiamenti possono essere filtrati guadagnando così un senso per migliorare l’individuo e la collettività.
Oltre ottanta le iniziative ideate da enti, associazioni pubbliche e private, istituzioni del territorio, ma anche da artisti e pensatori della cultura nazionale che hanno deciso di scommettere sulla città dorica, che ha nel proprio DNA di città di mare il rapporto con gli altri popoli. Partenza e approdo, scambio e mercato, viaggio ed esplorazione sono parole che hanno da sempre intessuto la storia di Ancona, fondata nel 387 a.C. dai greci di Siracusa e che, nel corso dei secoli, è stata sede di un grande porto romano, rivale di Venezia e Ragusa in Adriatico, Repubblica marinara, assediata, controllata da imperatori, papi, eserciti e mercanti, roccaforte militare dopo il Risorgimento, focolaio anarchico, repubblica indipendente. Ma l’incontro con l’«Altro» è stato anche, più volte, ingovernabile. È il caso dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, del disastroso terremoto del 1972 e della frana del 1982.
Il tema al centro del dossier è declinato in tre grandi sezioni.  «L’altro come incontro» racchiude progetti che mettono al centro la relazione e la scoperta dell’altro nell’esistenza individuale e collettiva: mostre, occasioni sociali, concerti, spettacoli con grande interazione con il pubblico, pensati da grandi personaggi della cultura italiana, tra i quali Marco Baliani, Manuel Agnelli e Mauro Ermanno Giovanardi«L’altro come trauma» riflette, invece, sulle cicatrici, i conflitti, le complessità, le intrusioni che, sempre, derivano dall’incontro con l’altro. Trauma è conflitto, ma anche gestione del conflitto, confronto che permette a una comunità di crescere, nella coscienza della differenza. Tra i pensatori che porteranno i loro contributi, c’è il filosofo Federico Leoni«L’altro come cura» comprende, infine, i progetti animati da un forte spirito sociale, che si impegnano per la riqualificazione di spazi e che cercano di ricucire un tessuto sociale sfibrato, animati da personalità come lo psicoanalista Massimo Recalcati. Prendersi cura – dell’altro, della comunità, della propria città, del pianeta – è ciò che determina una civiltà.
Ancona si immagina Capitale della cultura progettando non solo una città nuova, ma anche un sistema culturale inedito. Questo impianto progettuale si lega al Piano strategico pluriennale, ideato nel 2013 per aiutare la città a uscire dalla crisi e articolato attorno a tre punti focali: Città-mare, che valorizza la sua posizione nell’Adriatico e l’elemento naturale che le è proprio, Città-Mole perché ad Ancona si trova uno dei più affascinanti complessi monumentali del Paese, la Mole Vanvitelliana, e Città-Capoluogo, per rivendicare un ruolo centrale nel territorio.
La crisi del 2020 colpisce, dunque, un’Ancona in trasformazione, impegnata in un cambiamento a livello sociale, economico e urbanistico, che affida alla cultura la costruzione di significati nuovi nel tessuto sociale.
Una Capitale di cultura deve interrogarsi sui tre grandi temi emersi con la pandemia: il ruolo della città oggi, in un’epoca di radicale trasformazione delle relazioni sociali e personali, il ruolo del corpo e dell’incontro tra corpi, e il ruolo della cultura. Per rispondere a questi interrogativi, Ancona ospita già dal 2021 un processo di formazione biennale a Palazzo Camerata, nel cuore del centro storico: enti di formazione, festival, soggetti scientifici e culturali danno vita a un centro estemporaneo di formazione per giovani, con incontri, workshop, percorsi didattici e laboratoriali di filosofia, scienza, tecnologia digitale, scienze sociali, arte, per dare un senso e un’intensità al percorso di candidatura e alle iniziative in programma per il 2022.
Assieme alle persone, anche la città prosegue il suo cammino di preparazione con importanti interventi di rigenerazione urbana. Si sta, per esempio, per concludere il restauro della Mole Vanvitelliana, con l’apertura di una nuova ala di 6.000 mq, che porta il complesso monumentale a raggiungere i 22.000 mq totali.
Anche lo spazio esterno della settecentesca Mole si trasforma, per l’anno della cultura: i vecchi binari in disuso saranno coperti dal prato e da allestimenti e il mare e le barche ormeggiate nello specchio d’acqua che circonda il monumento diverranno scene per attività ed eventi e per la comunità. Si riallaccia così il legame tra Ancona e il Porto antico, che diventerà la grande arena per spettacoli all’aperto. La linea della costa torna ad essere unita, in un paesaggio che parla di arte, di archeologia, di lavoro, di scambio e confine: una realtà unica, pedonale e ciclabile, collegata attraverso mezzi pubblici sostenibili, protesa nel mare eppure allacciata senza soluzione di continuità al centro cittadino.
Accanto a questo grande centro di cultura lungo il mare, si lavora in parallelo per rivitalizzare, attraverso la cultura, le periferie: le istituzioni, i festival, le associazioni e i grandi progetti urbanistici ricostruiscono le identità e gli spazi di incontro, riconnettendo le periferie al centro città.
Il progetto di Ancona si estende, poi, oltre i confini cittadini. Sono stati, infatti, rafforzati legami virtuosi e sviluppate idee con altre città marchigiane, a sostegno della candidatura del capoluogo: Loreto con la Santa Casa; Macerata, città del celebre Sferisterio; Recanati, la patria di Leopardi; Senigallia; Camerano e anche Fano, candidata anch’essa a Capitale della cultura e pronta ora a lavorare con Ancona per il territorio marchigiano.
Per raccontare e divulgare l’ampio e articolato progetto e dare notizia in tempo reale delle iniziative è stata ideata la piattaforma www.ancona2022.com.
È uno strumento pensato per condividere con cittadini e visitatori come, concretamente, il piano strategico e culturale anima la candidatura di Ancona e ridisegna la geografia culturale della città, fino a comprendere la periferia, le altre città vicine e l’intera regione.
Fondamentale, in questo senso, è il ruolo della mappa, che mostra lo spostamento del baricentro culturale, normalmente focalizzato sui canonici luoghi della cultura, che ora si apre per includere un intero territorio e accogliere anche persone che normalmente non abitano i luoghi culturali.
La piattaforma restituirà tali contenuti attraverso una narrazione immersiva fatta di voci, suoni, immagini e pensieri che insieme racconteranno il tema della candidatura a Capitale, le varie proposte progettuali che sono nate, la ripartenza di una città e di un intero territorio.

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martedì 12 gennaio 2021

«La forma dell’oro», un anno di mostre in vetrina per Buildingbox. Si inizia con Paolo Canevari

L’oro è considerato da sempre uno dei metalli più preziosi. Emana luce e trasmette calore. Per questo motivo è stato utilizzato sin dall’antichità, e più precisamente dall’epoca degli antichi egizi, nel mondo dell’arte ora come simbolo di regalità ora come metafora di una dimensione sacra e ultraterrena, priva di tempo. Ma che tipo di fascino esercita oggi questo metallo? E a quali scopi se ne serve l’arte contemporanea? Risponde a queste domande «La forma dell'oro», il nuovo progetto espositivo di «Buildingbox», un ciclo in dodici appuntamenti a cadenza mensile, a cura di Melania Rossi, che vuole dare una panoramica sull’utilizzo del «re dei metalli» attraverso installazioni dalle modalità e dalle pratiche diverse.
Definito «carne degli dei» dagli antichi egizi e oggetto simbolo della discordia nel mito greco, l’oro diviene nell’interpretazione cristiana sia emblema della manifestazione divina sia incarnazione della vanità terrena e dei vizi umani, conservando nel corso dei secoli un alto valore espressivo tanto nella sfera del sacro quanto in quella del profano.
Nella tradizione rappresentativa, l’oro è definito da una polifonia di metafore che vanno dal divino al demoniaco, dallo spirituale al materiale, dalla perfezione alla corruzione. Lo spettro della sua potenza simbolica è tale da arrivare persino ad alludere all’assenza, alla negazione dello spazio-tempo e della gravità.
I pittori d’epoca medievale e del primo Rinascimento se ne servivano per rappresentare ciò che eccede la realtà materiale e supera l’uomo.
L’aura mistica propria di tecniche antiche quali il fondo oro, il lustro e la doratura rappresentano l’imprescindibile punto di partenza per tutti gli artisti che ancora oggi scelgono di inserire questo elemento nella loro prassi artistica.
La contemporaneità non può non guardare a una storia tanto importante e ricca di significati. Tutti lucenti nella loro doratura, le opere e i lavori site-specific degli artisti selezionati da Melania Rossi (in oro vero o falso, oppure in bronzo, ottone, plastica, ceramica, vetro, carta) richiamano inevitabilmente la tradizione storico-artistica, portando al contempo la personale ricerca di ogni autore. Ciascun artista offre, infatti, un punto di vista diverso sul metallo nobile, osservato con seduzione alchemica o volontà dissacratoria. Alcuni, considerandolo un colore, ne hanno studiato le proprietà pittoriche; altri, considerandolo un materiale plastico, ne hanno indagato le potenzialità scultoree. Altri artisti, invece, hanno operato dei ribaltamenti di senso rispetto ai significati mitici, filosofici e letterari assunti dall’oro lungo le epoche.
«La forma dell’oro» è, dunque, una mostra fatta di eccezioni: «qui, -racconta Melania Rossi- è tutto oro quel che luccica».
Le dodici installazioni selezionate saranno visibili sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro nella vetrina «Buildingbox» a Milano, in via Monte di Pietà 23, proponendo un confronto senza pause tra diversi ed eccellenti modi di intendere l’aurum, metallo nobile, eterno e incorruttibile nella sua natura più pura.
Ad aprire il progetto è Paolo Canevari (Roma, 1963) che presenta una serie di «Golden Works», opere appartenenti al ciclo «Monumenti della Memoria», iniziato dall'artista tra il 2011 e il 2012 per rispondere in maniera radicale all'inquinamento visivo quotidiano a cui è sottoposto anche il territorio dell’arte.
In questi monocromi oro, l'artista, che parla per la sua opera di minimalismo barocco, si allontana da qualsiasi autocompiacimento, affidando a un artigiano la lavorazione manuale a foglia oro, tecnica antichissima usata sia in Europa sia in Asia. 
Le silhouette di questi lavori richiamano le antiche pale d'altare in cui però non viene rappresentata nessuna storia di santi, nessuna parabola; lo sguardo non ha alcun appiglio tranne il lieve riflesso della nostra stessa immagine; sembra quasi un’eco pittorica, il ricordo del quadro.
Paolo Canevari sceglie di non partecipare alla Babele di immagini contemporanea, piuttosto cerca il contenuto dell’opera nell’assenza di immagine, sembra voler evocare lo spirito delle cose in un dorato silenzio visivo. Quello che potrebbe sembrare un paradosso rende, invece, l'opera libera da condizionamenti e messaggi precostituiti, dove la forma diventa contenuto e la materia - l'oro - dà essa stessa il senso. Privata di informazioni, la tavola a foglia oro ci obbliga ad esercitare la nostra fantasia, diventa uno spazio di libertà dove rievocare mentalmente immagini, esperienze, sogni. «La mia ambizione -afferma a tal proposito l'artista- è quella di far scomparire, come un’illusionista, il possesso fisico dell’arte, e riportare l’arte alla sua essenza spirituale, all’elevazione del pensiero come opera».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 142 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein; [fig. 2] La vetrina di BUILDINGBOX in via Monte di Pietà 23, a Milano; [fig. 3] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 140 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein

Informazioni utili 
La forma dell'oro. BUILDINGBOX, via Monte di Pietà, 23 - Milano. Le dodici mostre in calendario nel 2021 sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Primo appuntamento: Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019. Dal 12 gennaio al 10 febbraio 2021. Sito internet: www.building-gallery.com

lunedì 11 gennaio 2021

«Venezia e lo Studio Glass americano»: artisti ed esperti internazionali raccontano il movimento che ha rivoluzionato l’arte del vetro

Verso la metà del XX secolo, all’interno dei laboratori del Toledo Museum of Art, nacque un impulso crescente nei confronti della tecnica della soffiatura del vetro, spinta che predispose le basi per la nascita dell’importante movimento conosciuto con il nome di Studio Glass. A quel tempo in America la produzione vetraria era interamente industrializzata e molte abilità manuali erano andate perdute; un gruppo di artisti decise di riportare questa lavorazione all’interno degli atelier e guardò all’Europa, in particolare a Venezia, come guida. Le tecniche tradizionali muranesi finirono così per esercitare un ruolo importante sull’arte vetraria americana, anche grazie al lavoro di maestri come Dale Chihuly, Benjamin Moore, Paul Marioni, William Morris e Lino Tagliapietra, che indirizzarono la ricerca verso percorsi non tradizionali, incentivando una progressiva vivacità di linguaggi.
A questa storia guarda l’ultima mostra allestita a «Le stanze del vetro», centro di ricerca fondato nel 2012 all’interno dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. In occasione dell’esposizione, visitabile fino al prossimo marzo grazie a un virtual tour 3D (a disposizione su prenotazione anche visite guidate online gratuite), l’ente lagunare propone per la serata di lunedì 11 gennaio, alle ore 18, un convegno in diretta streaming sul suo canale You Tube.
Dopo i saluti di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini, i curatori della rassegna, Tina Oldknow e William Warmus, daranno il via al simposio introducendo la mostra «Venezia e lo Studio Glass americano» e intervistando il maestro Lino Tagliapietra, uno dei primi vetrai muranesi ad andare negli Stati Uniti, e la gallerista Katya Heller.
Seguiranno poi le conversazioni con alcuni artisti americani che hanno esposto a Le stanze del vetro: Kim Harty modererà il dialogo tra Norwood Viviano e Deborah Czeresko; William Warmus quello tra Preston Singletary e Raven Skyriver; Tina Oldknow sarà, infine, la moderatrice dell’incontro con Flora Mace, Joey Kirkpatrick, Tina Aufiero e Kait Rhoads. Concluderà il simposio l’intervento del collezionista e storico dell’arte David Landau.
L’esposizione veneziana allinea più di centocinquanta eccezionali pezzi tra cui vasi, sculture e installazioni in vetro create da sessanta artisti, americani e veneziani. Tra i pezzi più significativi proposti un posto d’onore spetta a «Laguna Murano Chandelier», la spettacolare opera in vetro realizzata a Murano nel 1996 da Dale Chihuly insieme ai maestri Pino Signoretto e Lino Tagliapietra ed esposta - per la prima volta al di fuori degli Stati Uniti - nella Sala Carnelutti della Fondazione Giorgio Cini.
Testimonianza tangibile della lunga collaborazione e contaminazione avvenuta tra artisti americani e veneziani nel vetro americano contemporaneo, il «Laguna Murano Chandelier» fu realizzato per il progetto «Chihuly Over Venice», che consisteva nell’installare una serie di sculture sia all’esterno che all’interno della città lagunare: nonostante il lampadario fosse stato creato per l’occasione, non è mai stato esposto al di fuori degli Stati Uniti.
Formato da cinque enormi componenti, di cui due appese al soffitto e tre montate su armature fisse, lo Chandelier incorpora elementi scultorei che rimandano alla laguna veneziana con simboli quali un granchio, una medusa, una stella marina, un’anguilla, un polpo, un pesce palla, degli squali, una sirena e il Dio del mare, Nettuno, oltre all’esplosione di viticci ambrati che ne compongono l’intera massa.
La mostra, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Skira, Mette sotto i riflettori i lavori di artisti pionieristici come Dale Chihuly e Benjamin Moore, che a Venezia hanno imparato le tecniche e poi hanno invitato i maestri veneziani negli Stati Uniti per insegnare. Mentre Chihuly ha realizzato alcune serie di ispirazione veneziana nel corso della sua lunga e prolifica carriera, il corpus di Moore invece si concentra in particolare sulle idee veneziane. Richard Marquis, che pure è stato a Venezia, ha, invece, sviluppato usi completamente nuovi per la tecnica del mosaico veneziano, conosciuta come murrina, per i suoi oggetti ispirati alla bandiera americana, le teiere e i vasi «Marquiscarpa».
Altri artisti, come Dante Marioni, Nancy Callan e James Mongrain hanno imparato dai pionieri del vetro dello Studio Glass, ma soprattutto sono entrati in contatto con le tecniche dei maestri veneziani all'inizio delle loro carriere. Ciascuno di loro attinge in modi molto diversi alla storia del vetro veneziano per creare nuovi interessanti vasi, oggetti e installazioni. Mentre alcuni artisti si sono concentrati solo su vasi, altri si sono dedicati alla scultura, come William Morris e Martin Blank, che hanno studiato le tecniche di scultura veneziana. Partiti dalla realizzazione di vasi, Flora Mace e Joey Kirkpatrick hanno poi ampliato la loro visione cimentandosi nella realizzazione di grandi sculture, portando le tradizionali decorazioni veneziane in ambiti nuovi.
Josiah McElheny, Katherine Gray e Norwood Viviano rappresentano una nuova generazione di artisti che lavorano in stile veneziano affrontando il vetro in modo più narrativo, usando gli oggetti per raccontare paesaggi e storie.
Questo dimostra che gli artisti di oggi – sia che lavorino esclusivamente con il vetro, sia che approccino questo materiale pur provenendo da altri settori – grazie all’accesso libero agli studi, continuano a spingere in avanti i tradizionali confini dell'arte del vetro. 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Laguna Murano Chandelier, di Dale Chihuly, ph. Enrico Fiorese; [fig. 2 e 3]  Installation view, ph. Enrico Fiorese; [fig. 4] John Kiley, Halo, 2018. H. 48,3 cm. Photo: Ben VanHouten; [fig. 5]  Stephen Rolfe Powell, Lascivious Torrid Cleavage (detail), 2003. H. 104,8 cm. Photo: Stephen Rolfe Powell; [fig. 6]  Harvey K. Littleton, Blue Projectile Impact, 1984. H. 61.6 cm. Courtesy Maurine Littleton Gallery

Per saperne di più 

Informazioni utili 
Centro studi del vetro - Istituto di storia dell’arte - Fondazione Giorgio Cini, tel. +39.041.2710306, centrostudivetro@cini.it. www.cini.it - www.lestanzedelvetro.org