ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 14 gennaio 2021

«Cinema Nervi», cinque opere di video-arte per raccontare l’architettura di Pier Luigi Nervi

Sono tante le mostre rimaste alla fase di progetto per colpa della pandemia. Tra queste c’è l’esposizione internazionale «Pierluigi Nervi. La struttura e la bellezza», che avrebbe dovuto inaugurare lo scorso novembre a Firenze, negli spazi di Manifattura Tabacchi.
In attesa di capire quali spazi culturali potrebbero riaprire il 16 gennaio, la data fissata dal Governo per la ripartenza dei musei nelle zone gialle, l’esposizione dedicata al grande ingegnere novecentesco, che ci ha lasciato architetture come lo Stadio comunale di Firenze o l’Aula Paolo VI in Vaticano, vive on-line.
A partire dal prossimo 19 gennaio prende, infatti, il via «Cinema Nervi», un progetto di video-arte realizzato con Parasite 2.0, collettivo con base a Milano, Londra e Bruxelles, che, nell’ambito del progetto «NAM - Not A Museum», rilegge l’architettura nerviana in chiave contemporanea e interdisciplinare attraverso il digitale e la contaminazione dei linguaggi espressivi.
Parasite 2.0 prende ispirazione da una delle opere più care al maestro lombardo, il cinema-teatro Augusteo di Napoli, coinvolgendo cinque diversi studi di architetti, designer e artisti internazionali per reinterpretare alcune architetture nerviane: il Palazzo del lavoro a Torino, l’Ambasciata italiana a Brasilia, la sede Unesco a Parigi, lo Stadio G. Berta (oggi Artemio Franchi) a Firenze e, ovviamente, la Manifattura Tabacchi.
Attraverso il video e i linguaggi digitali, strumenti inconsueti per la progettazione nel periodo di Pierluigi Nervi, Lucia Tahan (Berlino), Clube (San Paolo), The Pleasure Paradox (Milano, Amsterdam, Amburgo, Rotterdam), Anabel Garcia-Kurland (Londra) e Alessio Grancini (Los Angeles) ipotizzeranno nuovi possibili scenari di integrazione dell’eredità nerviana nel tessuto sociale e culturale delle città attuali.
Il progetto «Cinema Nervi» sarà fruibile on-line ogni martedì, sulla IGTV di NAM - Not a Museum e sul canale YouTube di Manifattura Tabacchi, a partire dall’opera realizzata da Lucia Tahan, che reinterpreta il Palazzo del lavoro di Torino del 1959.
L’artista ha registrato il suo video in un quartiere periferico di Madrid costruito negli anni ’60, tra architetture moderne e case popolari.
Inserendo l’effetto di realtà aumentata che riproduce la struttura modulare iconica del Palazzo del lavoro, la designer mostra il contrasto tra l’eclettica banalità dell’area e la sua geometria.
«Imponente per scala ed espressività strutturale, - racconta, a tal proposito, Lucia Tahan- l’architettura di Nervi mi ha colpito per il suo carattere deciso che lo separa dall’ambiente in cui è stato costruito. La premessa del palazzo è semplice: una ripetizione di un enorme elemento strutturale a cantilever, alto trenta metri, che crea una tettoia circondata da una delicata copertura di vetro. Con il mio lavoro volevo esprimere la natura energetica e indipendente dell’opera strutturale, dislocandola. Ho creato così un effetto di realtà aumentata che permette alle persone di usare il proprio telefono per posizionare la struttura virtuale ovunque siano. La struttura può essere nel loro giardino, nella loro città, o sulla loro scrivania. La natura del virtuale permette una presenza ubiquitaria, una risposta alla promessa modernista di metà secolo riguardo un linguaggio architettonico universale».
L’operazione include, dunque, due livelli successivi e complementari: la creazione e l’applicazione di un effetto Instagram dedicato all’opera di video-arte e l’invito al pubblico a utilizzare e a condividere il filtro in ulteriori e personali creazioni. «L’idea - ha dichiarato ancora Lucia Tahan - richiama il design del palazzo, una ripetizione modulare che trova una controparte anche nel mondo digitale, dove le infinite repliche sono generate e distrutte continuamente a una velocità impressionante».
Rispetto ai soliti effetti di Instagram, la designer ha creato un’opzione di scala, così che gli utenti possano scegliere di posizionare la struttura 1:1, 1:20, 1:50, 1:100. Infatti, se nella realtà aumentata la topologia domina sulla geometria, l’architetto ha voluto riportare le preoccupazioni architettoniche in scala e geometria nel calcolo spaziale. Per provare l’effetto, l’utente potrà cercare «Cinema Nervi» nella sezione Filtri di Instagram o scannerizzare il codice QR dal pannello informativo esposto in mostra, una volta aperta al pubblico. Se l’utente sceglierà di condividerlo taggando @luciatahan, @parasiteparasite, @nam_notamuseum e e @manifatturatabacchifi sarà parte attiva dell’opera grazie al suo contributo.
«Cinema Nervi» proseguirà il 26 gennaio con «A bruta flor do querer», un video-collage di Clube, creato in collaborazione con Martinica Space, che riprende e rimescola Brasilia e le sue contraddizioni, come l’architettura di Nervi nell’Ambasciata italiana, grazie all’uso di metaforiche grafiche sovrapposte.
Il 2 febbraio sarà la volta dello studio The Pleasure Paradox con «Digital Rationalism», opera che indaga l’influenza accelerata del fenomeno digitale sulle implicazioni socio-economiche collegate alla conservazione dei monumenti moderni del XX secolo, a partire dallo stadio Artemio Franchi (ex Berta) di Firenze. 
A seguire, il 9 febbraio, Alessio Grancini proporrà «Indexing the city», una breve sequenza di video-arte, composta da immagini fotografate in tempo reale nell’«Urban Campus» di Manifattura Tabacchi, a partire da due sequenze di esperienze virtuali. «Attraverso l’intelligenza artificiale come narratore che esamina il concetto di IoT, -si legge nella nota stampa- il lavoro riflette sulla forza e l’importanza dei dati come una nuova valuta, linguaggio ed energia che dà potere alle nostre scelte, ai movimenti e alle percezioni». 
Il progetto si chiuderà il 16 febbraio con la proposta di Anabel Garcia-Kurland, che reinterpreterà con una serie di animazioni 3D l’edificio per l’Unesco a forma di Y, precoce esempio dell’espressione estetica di Nervi.
Così la Manifattura Tabacchi tiene i riflettori accesi sulla sua proposta espositiva, in attesa di vedere plastici, copie dei disegni originali, immagini di cantiere e foto di attualità che racconteranno dodici opere iconiche nel percorso di Nervi, il primo progettista ad adottare la prefabbricazione nelle grandi strutture, un precursore del futuro.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3,4,5, 6] Frame del video di Lucia Tahan

mercoledì 13 gennaio 2021

Ancona nella shortlist delle città candidate a Capitale italiana della cultura 2022


Manca poco all’attribuzione del titolo di Capitale italiana della cultura 2022. In lizza sono rimaste dieci città: Ancona, Bari, Cerveteri (Roma), L’Aquila, Pieve di Soligo (Treviso), Procida (Napoli), Taranto, Trapani, Verbania e Volterra (Pisa).
«La cultura tra l'altro»
è il titolo del dossier di candidatura presentato da Ancona, un progetto nato dalla consapevolezza che oggi più che mai l’identità, l’inclusione, l’uguaglianza, la coesione sociale sono temi centrali nel dibattito del pensiero contemporaneo e che le varie arti sono la membrana attraverso cui i cambiamenti possono essere filtrati guadagnando così un senso per migliorare l’individuo e la collettività.
Oltre ottanta le iniziative ideate da enti, associazioni pubbliche e private, istituzioni del territorio, ma anche da artisti e pensatori della cultura nazionale che hanno deciso di scommettere sulla città dorica, che ha nel proprio DNA di città di mare il rapporto con gli altri popoli. Partenza e approdo, scambio e mercato, viaggio ed esplorazione sono parole che hanno da sempre intessuto la storia di Ancona, fondata nel 387 a.C. dai greci di Siracusa e che, nel corso dei secoli, è stata sede di un grande porto romano, rivale di Venezia e Ragusa in Adriatico, Repubblica marinara, assediata, controllata da imperatori, papi, eserciti e mercanti, roccaforte militare dopo il Risorgimento, focolaio anarchico, repubblica indipendente. Ma l’incontro con l’«Altro» è stato anche, più volte, ingovernabile. È il caso dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, del disastroso terremoto del 1972 e della frana del 1982.
Il tema al centro del dossier è declinato in tre grandi sezioni.  «L’altro come incontro» racchiude progetti che mettono al centro la relazione e la scoperta dell’altro nell’esistenza individuale e collettiva: mostre, occasioni sociali, concerti, spettacoli con grande interazione con il pubblico, pensati da grandi personaggi della cultura italiana, tra i quali Marco Baliani, Manuel Agnelli e Mauro Ermanno Giovanardi«L’altro come trauma» riflette, invece, sulle cicatrici, i conflitti, le complessità, le intrusioni che, sempre, derivano dall’incontro con l’altro. Trauma è conflitto, ma anche gestione del conflitto, confronto che permette a una comunità di crescere, nella coscienza della differenza. Tra i pensatori che porteranno i loro contributi, c’è il filosofo Federico Leoni«L’altro come cura» comprende, infine, i progetti animati da un forte spirito sociale, che si impegnano per la riqualificazione di spazi e che cercano di ricucire un tessuto sociale sfibrato, animati da personalità come lo psicoanalista Massimo Recalcati. Prendersi cura – dell’altro, della comunità, della propria città, del pianeta – è ciò che determina una civiltà.
Ancona si immagina Capitale della cultura progettando non solo una città nuova, ma anche un sistema culturale inedito. Questo impianto progettuale si lega al Piano strategico pluriennale, ideato nel 2013 per aiutare la città a uscire dalla crisi e articolato attorno a tre punti focali: Città-mare, che valorizza la sua posizione nell’Adriatico e l’elemento naturale che le è proprio, Città-Mole perché ad Ancona si trova uno dei più affascinanti complessi monumentali del Paese, la Mole Vanvitelliana, e Città-Capoluogo, per rivendicare un ruolo centrale nel territorio.
La crisi del 2020 colpisce, dunque, un’Ancona in trasformazione, impegnata in un cambiamento a livello sociale, economico e urbanistico, che affida alla cultura la costruzione di significati nuovi nel tessuto sociale.
Una Capitale di cultura deve interrogarsi sui tre grandi temi emersi con la pandemia: il ruolo della città oggi, in un’epoca di radicale trasformazione delle relazioni sociali e personali, il ruolo del corpo e dell’incontro tra corpi, e il ruolo della cultura. Per rispondere a questi interrogativi, Ancona ospita già dal 2021 un processo di formazione biennale a Palazzo Camerata, nel cuore del centro storico: enti di formazione, festival, soggetti scientifici e culturali danno vita a un centro estemporaneo di formazione per giovani, con incontri, workshop, percorsi didattici e laboratoriali di filosofia, scienza, tecnologia digitale, scienze sociali, arte, per dare un senso e un’intensità al percorso di candidatura e alle iniziative in programma per il 2022.
Assieme alle persone, anche la città prosegue il suo cammino di preparazione con importanti interventi di rigenerazione urbana. Si sta, per esempio, per concludere il restauro della Mole Vanvitelliana, con l’apertura di una nuova ala di 6.000 mq, che porta il complesso monumentale a raggiungere i 22.000 mq totali.
Anche lo spazio esterno della settecentesca Mole si trasforma, per l’anno della cultura: i vecchi binari in disuso saranno coperti dal prato e da allestimenti e il mare e le barche ormeggiate nello specchio d’acqua che circonda il monumento diverranno scene per attività ed eventi e per la comunità. Si riallaccia così il legame tra Ancona e il Porto antico, che diventerà la grande arena per spettacoli all’aperto. La linea della costa torna ad essere unita, in un paesaggio che parla di arte, di archeologia, di lavoro, di scambio e confine: una realtà unica, pedonale e ciclabile, collegata attraverso mezzi pubblici sostenibili, protesa nel mare eppure allacciata senza soluzione di continuità al centro cittadino.
Accanto a questo grande centro di cultura lungo il mare, si lavora in parallelo per rivitalizzare, attraverso la cultura, le periferie: le istituzioni, i festival, le associazioni e i grandi progetti urbanistici ricostruiscono le identità e gli spazi di incontro, riconnettendo le periferie al centro città.
Il progetto di Ancona si estende, poi, oltre i confini cittadini. Sono stati, infatti, rafforzati legami virtuosi e sviluppate idee con altre città marchigiane, a sostegno della candidatura del capoluogo: Loreto con la Santa Casa; Macerata, città del celebre Sferisterio; Recanati, la patria di Leopardi; Senigallia; Camerano e anche Fano, candidata anch’essa a Capitale della cultura e pronta ora a lavorare con Ancona per il territorio marchigiano.
Per raccontare e divulgare l’ampio e articolato progetto e dare notizia in tempo reale delle iniziative è stata ideata la piattaforma www.ancona2022.com.
È uno strumento pensato per condividere con cittadini e visitatori come, concretamente, il piano strategico e culturale anima la candidatura di Ancona e ridisegna la geografia culturale della città, fino a comprendere la periferia, le altre città vicine e l’intera regione.
Fondamentale, in questo senso, è il ruolo della mappa, che mostra lo spostamento del baricentro culturale, normalmente focalizzato sui canonici luoghi della cultura, che ora si apre per includere un intero territorio e accogliere anche persone che normalmente non abitano i luoghi culturali.
La piattaforma restituirà tali contenuti attraverso una narrazione immersiva fatta di voci, suoni, immagini e pensieri che insieme racconteranno il tema della candidatura a Capitale, le varie proposte progettuali che sono nate, la ripartenza di una città e di un intero territorio.

Per saperne di più

martedì 12 gennaio 2021

«La forma dell’oro», un anno di mostre in vetrina per Buildingbox. Si inizia con Paolo Canevari

L’oro è considerato da sempre uno dei metalli più preziosi. Emana luce e trasmette calore. Per questo motivo è stato utilizzato sin dall’antichità, e più precisamente dall’epoca degli antichi egizi, nel mondo dell’arte ora come simbolo di regalità ora come metafora di una dimensione sacra e ultraterrena, priva di tempo. Ma che tipo di fascino esercita oggi questo metallo? E a quali scopi se ne serve l’arte contemporanea? Risponde a queste domande «La forma dell'oro», il nuovo progetto espositivo di «Buildingbox», un ciclo in dodici appuntamenti a cadenza mensile, a cura di Melania Rossi, che vuole dare una panoramica sull’utilizzo del «re dei metalli» attraverso installazioni dalle modalità e dalle pratiche diverse.
Definito «carne degli dei» dagli antichi egizi e oggetto simbolo della discordia nel mito greco, l’oro diviene nell’interpretazione cristiana sia emblema della manifestazione divina sia incarnazione della vanità terrena e dei vizi umani, conservando nel corso dei secoli un alto valore espressivo tanto nella sfera del sacro quanto in quella del profano.
Nella tradizione rappresentativa, l’oro è definito da una polifonia di metafore che vanno dal divino al demoniaco, dallo spirituale al materiale, dalla perfezione alla corruzione. Lo spettro della sua potenza simbolica è tale da arrivare persino ad alludere all’assenza, alla negazione dello spazio-tempo e della gravità.
I pittori d’epoca medievale e del primo Rinascimento se ne servivano per rappresentare ciò che eccede la realtà materiale e supera l’uomo.
L’aura mistica propria di tecniche antiche quali il fondo oro, il lustro e la doratura rappresentano l’imprescindibile punto di partenza per tutti gli artisti che ancora oggi scelgono di inserire questo elemento nella loro prassi artistica.
La contemporaneità non può non guardare a una storia tanto importante e ricca di significati. Tutti lucenti nella loro doratura, le opere e i lavori site-specific degli artisti selezionati da Melania Rossi (in oro vero o falso, oppure in bronzo, ottone, plastica, ceramica, vetro, carta) richiamano inevitabilmente la tradizione storico-artistica, portando al contempo la personale ricerca di ogni autore. Ciascun artista offre, infatti, un punto di vista diverso sul metallo nobile, osservato con seduzione alchemica o volontà dissacratoria. Alcuni, considerandolo un colore, ne hanno studiato le proprietà pittoriche; altri, considerandolo un materiale plastico, ne hanno indagato le potenzialità scultoree. Altri artisti, invece, hanno operato dei ribaltamenti di senso rispetto ai significati mitici, filosofici e letterari assunti dall’oro lungo le epoche.
«La forma dell’oro» è, dunque, una mostra fatta di eccezioni: «qui, -racconta Melania Rossi- è tutto oro quel che luccica».
Le dodici installazioni selezionate saranno visibili sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro nella vetrina «Buildingbox» a Milano, in via Monte di Pietà 23, proponendo un confronto senza pause tra diversi ed eccellenti modi di intendere l’aurum, metallo nobile, eterno e incorruttibile nella sua natura più pura.
Ad aprire il progetto è Paolo Canevari (Roma, 1963) che presenta una serie di «Golden Works», opere appartenenti al ciclo «Monumenti della Memoria», iniziato dall'artista tra il 2011 e il 2012 per rispondere in maniera radicale all'inquinamento visivo quotidiano a cui è sottoposto anche il territorio dell’arte.
In questi monocromi oro, l'artista, che parla per la sua opera di minimalismo barocco, si allontana da qualsiasi autocompiacimento, affidando a un artigiano la lavorazione manuale a foglia oro, tecnica antichissima usata sia in Europa sia in Asia. 
Le silhouette di questi lavori richiamano le antiche pale d'altare in cui però non viene rappresentata nessuna storia di santi, nessuna parabola; lo sguardo non ha alcun appiglio tranne il lieve riflesso della nostra stessa immagine; sembra quasi un’eco pittorica, il ricordo del quadro.
Paolo Canevari sceglie di non partecipare alla Babele di immagini contemporanea, piuttosto cerca il contenuto dell’opera nell’assenza di immagine, sembra voler evocare lo spirito delle cose in un dorato silenzio visivo. Quello che potrebbe sembrare un paradosso rende, invece, l'opera libera da condizionamenti e messaggi precostituiti, dove la forma diventa contenuto e la materia - l'oro - dà essa stessa il senso. Privata di informazioni, la tavola a foglia oro ci obbliga ad esercitare la nostra fantasia, diventa uno spazio di libertà dove rievocare mentalmente immagini, esperienze, sogni. «La mia ambizione -afferma a tal proposito l'artista- è quella di far scomparire, come un’illusionista, il possesso fisico dell’arte, e riportare l’arte alla sua essenza spirituale, all’elevazione del pensiero come opera».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 142 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein; [fig. 2] La vetrina di BUILDINGBOX in via Monte di Pietà 23, a Milano; [fig. 3] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 140 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein

Informazioni utili 
La forma dell'oro. BUILDINGBOX, via Monte di Pietà, 23 - Milano. Le dodici mostre in calendario nel 2021 sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Primo appuntamento: Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019. Dal 12 gennaio al 10 febbraio 2021. Sito internet: www.building-gallery.com