ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 27 ottobre 2021

Arriva al cinema il documentario «Napoleone. Nel nome dell’arte»



Durante «l’angosciosa deriva di Sant’Elena», prima della morte, Napoleone Bonapoarte si dedicò con impegno sistematico a mettere ordine nei ricordi del lungo periodo storico del quale era stato protagonista assoluto. Dalle «Memorie», apprendiamo che il generale francese era convinto che i posteri lo avrebbero ammirato non solo per le battaglie, ma anche per l’apporto dato al mondo della cultura e della bellezza. Al suo nome si legano, infatti, la creazione della scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. Nasce da questo premessa il documentario «Napoleone. Nel nome dell’arte», prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d'Italia, in arrivo nelle sale italiane solo nelle giornate di lunedì 8, martedì 9 e mercoledì 10 novembre.
Su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Matteo Moneta, il film è diretto da Giovanni Piscaglia e vede nelle vesti di guida eccezionale il premio Oscar Jeremy Irons. La colonna sonora originale, in uscita il 5 novembre per Sony Classical, è del compositore e pianista Remo Anzovino.
Scrittore mancato, lettore compulsivo, ammiratore dell’arte e della sua forza di comunicazione, Napoleone fu spinto alle sue imprese dalla brama di potere e di gloria, ma anche dal bisogno di conoscenza e dall’ambizione di associare la sua immagine alle grandi civiltà del passato. Durante le campagne militari, promosse ricerche, colossali furti di opere e scavi archeologici, soprattutto in Italia e in Egitto, da cui nacquero scoperte come quella della Stele di Rosetta e la fondazione dei primi musei pubblici del mondo: il Louvre di Parigi e, sul suo esempio, la Pinacoteca di Brera di Milano.
Mente infaticabile, memoria prodigiosa, appassionato di ogni disciplina, Napoleone trasformò il suo naturale senso di superiorità in istinto paterno: i cittadini dell’Impero erano per lui figli da educare, con i dipinti, le sculture, la musica, il teatro. Nei territori conquistati portò riforme scolastiche, rivoluzioni architettoniche e urbanistiche e un nuovo modo di intendere il classicismo: lo Stile Impero, di cui parte integrante è la figura del sovrano, effigiato in busti di marmo, monete e tabacchiere, oppure solo citato attraverso la celebre N. Punto di partenza del film è l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea lo stringente legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia. Inoltre, per la prima volta da allora, è stato fatto trascrivere, orchestrare ed eseguire in Duomo il Te Deum di Francesco Pollini, che fu composto e suonato per l’incoronazione e che è stato solo recentemente ritrovato tra le carte dell’Archivio di Stato: nel film lo vediamo eseguito in prova generale nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e poi nella cattedrale di Milano dall'Orchestra Fondazione «I Pomeriggi Musicali», diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli. Per l’occasione seguiremo anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto «Restituzioni» di Intesa Sanpaolo.
Milano, scelta come prima capitale del regno d’Italia, città di forti simpatie napoleoniche, è luogo fondamentale del film. Dalla Biblioteca nazionale Braidense - con il manoscritto autografo de «Il cinque maggio» di Manzoni e i volumi della «Description de l’Egypte» - alla Pinacoteca di Brera, uno dei fulcri della narrazione. Se infatti, a partire dalla campagna d’Italia, la penisola fu oggetto di meticolose spoliazioni di opere d’arte, è vero che con Brera venne fondato il primo «museo universale» italiano, un «piccolo Louvre» dove converge il meglio della produzione italiana. Se Milano fu centro di ricezione e smistamento di opere, Roma fu certamente luogo privilegiato di estrazione, nonché portale attraverso cui riconnettersi ai miti di Alessandro Magno, Augusto e Adriano. Dal Museo Pio Clementino e dai Musei Capitolini, il film racconta l’odissea delle opere partite per Parigi e tornate a casa, in silenzio, di notte, nel 1816, grazie all’impegno di Canova. Si tratta di alcune delle opere più importanti della tradizione occidentale: l’Apollo del Belvedere, il Laocoonte, il Galata morente e anche il Bruto capitolino, divenuto a Parigi icona di libertà repubblicana e lotta tirannicida e portato in trionfo nei cortei che celebravano la morte di Robespierre. Nelle sale del Louvre possiamo approfondire i criteri scientifici ed enciclopedici con cui era organizzata l’esposizione delle opere e ammirare l’«Incoronazione di Napoleone e Giuseppina di Beauharnais il 2 dicembre 1804, in Notre-Dame», opera monumentale di Jacques-Louis David. Una parentesi toscana conduce poi lo spettatore a San Miniato, luogo d’origine dei Bonaparte, e all’Isola d’Elba, dove i libri che l’Imperatore portò con sé nell’esilio permettono di parlare del suo amore ossessivo per la lettura, della sua memoria eccezionale.
Per comprendere appieno la figura del Bonaparte, il film raccoglie svariati interventi, tra i quali quelli di James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, Jean-Luc Martinez, presidente e direttore del Museo del Louvre, di Luigi Mascilli Migliorini, direttore della rivista italiana di studi napoleonici, dell’archeologo Salvatore Settis, dello scrittore Ernesto Ferrero, di Charles Bonaparte, ultimo discendente della famiglia Bonaparte, di Christophe Beyeler, curatore del Castello di Fontainebleau, e di Marco Pupillo del Museo napoleonico di Roma.

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martedì 26 ottobre 2021

L’eredità di Milva: donate alla Galleria d’arte di Gradisca cinque opere di Luigi Spazzapan

Si arricchisce di cinque nuove opere il percorso espositivo della Galleria regionale d’arte contemporanea «Luigi Spazzapan» di Gradisca d’Isonzo, in Friuli Venezia Giulia. 
La storica dell'arte Martina Corgnati, figlia di Milva Biolcati e Maurizio Corgnati, ha appena donato al museo una piccola raccolta di oli su tela e tempere su carta e cartone appartenenti alla sua famiglia. Si tratta di lavori significativi per ricostruire la storia artistica di Luigi Spazzapan (Gradisca d'Isonzo, 18 aprile 1889 – Torino, 18 febbraio 1958), artista friulano di nascita e torinese d'adozione, dotato di un pungente istinto disegnativo e di un vivace senso del colore, la cui pittura potente e dinamica ebbe estimatori tra molti professionisti e intellettuali del tempo, a partire da Lionello Venturi ed Edoardo Persico
Le opere donate sono: «Pesci sul tavolo» (1932), «La camicia bianca» (1935 c.), «Deposizione (con angelo)» (1945), «Cosma e Damiano benedicenti» (1951) e «Santone (evangelista)» (1955-56).
«Il fondo - racconta Martina Corgnati - vuole essere omaggio permanente alle figure di mio padre, per la sua cultura, generosità e umana condivisione dei valori dell’arte, e di mia madre, per il suo grande viaggio nella musica e nella vita». 
Come spiega ancora la storia dell'arte, Maurizio Corgnati «ammirava incondizionatamente la libertà di espressione, il coraggio, l’attualità della pittura di ‘Spazza’, l’originalità e la forza del suo segno che da sensibilità quasi secessioniste attraversava con impeto l’intero secolo, passando per l’espressionismo e approdando al magma informale».
La passione per la pittura di Luigi Spallanzan venne trasferita da Maurizio Corgnati alla moglie Milva: «mia madre – racconta ancora Martina Corgnati - non ha potuto conoscere Luigi Spazzapan, visto che alla morte dell’artista, nel febbraio del 1958, lei aveva solo diciott’anni e non era ancora arrivata a Torino. La sua pittura, però, si può dire che fosse entrata in lei, tanto che, dopo la separazione e il trasferimento a Milano, i dipinti che ora approdano a Gradisca d’Isonzo hanno costituito il suo paesaggio domestico per cinquant’anni, senza essere mai una volta spostati, prestati o messi in dubbio. Il Santone blu in sala, i Pesci sul tavolo da pranzo, la Deposizione sulla testata del suo letto».
Le cinque opere sono visibili per la prima volta al pubblico, fino al prossimo 18 aprile, in un percorso al secondo piano della Galleria Spazzapan, insieme con una selezione di sue opere appartenenti alle collezioni Giletti e Citelli, in un allestimento che ripercorre l’intero iter artistico di Spazzapan: dai primi richiami all’Espressionismo che si condensano nell’incisività del segno e nella forza del colore, ai tratti più morbidi di derivazione impressionista francese, verso i quali l’artista virò dopo l’arrivo a Torino; dalle strutturazioni geometriche degli anni ’40, all’ultima fase informale, tutta puntata sulla predominanza del colore sulla linea.
Grazie alla collaborazione di Rai Teche, all'interno della mostra viene proiettato il film «Ricordo di Luigi Spazzapan», realizzato da Maurizio Corgnati nel 1956, prezioso documento audiovisivo con testimonianze storiche, tra gli altri, di Lionello Venturi e Jettà Donegà.
Ad arricchire ulteriormente il percorso espositivo è stata attivata la postazione permanente Spazzapan VR, realizzata da Ikon digital Farm. L'esperienza virtuale consente al visitatore di affrontare con cuffie e visore un viaggio sorprendente, altamente immersivo ed emozionale nel mondo dell’artista friulano, nella genesi del suo segno pittorico e della sua arte, accompagnati da pensieri e note tratte dalla sua autobiografia. Nel ripercorrere alcuni momenti salienti della sua formazione e del suo iter creativo, si scoprono le relazioni con i movimenti culturali e pittorici che dai primi del Novecento hanno animato dibattiti, mostre e incontri nelle grandi capitali europee e nel panorama italiano. Dalla Secessione viennese, al Liberty e Futurismo, le figure pittoriche si decostruiscono e confluiscono nelle esperienze cubiste, espressioniste e infine grafiche ed astratte in una continua evoluzione di forme, figure e geometrie che raccontano di un mondo in rapida evoluzione, dove la vicenda pittorica di Spazzapan si intreccia indissolubilmente con gli eventi tragici dei due conflitti mondiali.

Didascalie delle immagini
1. Luigi Spazzapan, La camicia bianca, 1935 c., tempera su carta, 48 x 61 cm; 2. Luigi Spazzapan, Cosma e Damiano benedicenti, 1951, tempera su cartone, 73 x 100 cm; 3. Luigi Spazzapan, Pesci sul tavolo, 1932, olio su tavola, 59 x 66 cm 

Informazioni utili
Fondo Milva Biolcati - Maurizio Corgnati.Galleria regionale d'arte contemporanea Luigi Spazzapan, via Marziano Ciotti, 51- 34072 Gradisca d'Isonzo (Gorizia). Orari: da mercoledì a domenica, ore 10-13 e ore 15-19. Ingresso libero. Informazioni: galleriaspazzapan@regione.fvg.it.  Sito Web: www.musei.regione.fvg.it. Dal 24 ottobre 2021 al 18 aprile 2022

lunedì 25 ottobre 2021

Al via «Amart», la mostra degli antiquari milanesi

Undici protagonisti eccellenti dell'architettura e del design internazionale «ci mettono la faccia» per raccontare l’attualità dell’antico e il futuro dell’arte antiquaria. Nicolò Castellini Baldissera, Gaia Chaillet Giusti, Aldo Cibic, Terry Dwan, Massimo Iosa Ghini, Massimiliano Locatelli, Fabio Novembre, Palomba-Serafini, Filippo Perego, Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli, Verde Visconti sono gli undici testimonial che Paolo Landi ha scelto per la campagna pubblicitaria della terza edizione di «Amart», la mostra degli antiquari milanesi in programma dal 27 al 31 ottobre (tutti i giorni, dalle ore 11 alle ore 21) al Museo della Permanente.
Maki Galimberti ha fotografato questi protagonisti del mondo della progettazione al Superstudio13, dando vita a una galleria di ritratti dai colori vivaci e dallo stile moderno e dinamico.
Ogni foto è affiancata da una riflessione sul binomio antiquariato-design. «Un oggetto antico non va visto come il retaggio di un mondo scomparso ma come punto di forza e suggestione per vivere meglio il presente», dichiarano, per esempio, Roberto Peregalli e Laura Sartori Rimini. «Cos'ha saputo selezionare la storia? Opere di qualità, che sono rimaste» è la riflessione che regala al pubblico Massimo Iosa Ghini. Mentre Gaia Chaillet Giusti dice: «L'antiquariato può essere usato anche in un giardino, illuminandolo. Come una quercia centenaria illuminata dal sole». Aldo Cibic, invece, afferma: «Mi innamoro delle cose a prescindere che siano antiche o moderne». «Il design di oggi sarà l'antiquariato di domani» è, poi, il pensiero di Terry Dwan. «Amore senza tempo» è, infine, il messaggio che Fabio Novembre regala ai visitatori della fiera milanese, una vera e propria wunderkammer con trecento anni di capolavori che celebrano l’arte pittorica e grafica in tutte le sue espressioni.
Il percorso spazia dalla «Madonna con il Bambino e San Giovannino» di Lorenzo Lippi alla «Camozza» di Marzio Tamer, passando per lo «Sposalizio della Vergine» di Giovanni Battista Crespi e bottega, la «Madonna col Bambino» di Francesco Albani, il «Vaso istoriato di fiori con pappagallo» di David De Coninck, «Battaglia tra cavallerie cristiane e turche» di Marzio Masturzo, «Ritrovamento di Mosè» di Giuseppe Antonio Pianca, «Ritratto di Antonio Canova» di Giovanni Battista Lampi junior. Ci sono, poi, in mostra «Neve a Milano» di Mosè Bianchi, «Paesaggio a Castiglioncello» di Giovanni Fattori, «All'Acquabella» di Emilio Longoni, «San Siro» di Pompeo Mariani, «L’amatore d’arte», «La tenda rossa» e «Signora elegante di spalle» di Giovanni Boldini, «Dopo il bagno» di Camillo Innocenti, «Notturno metafisico» di Mario Reviglione, l’acquaforte «Paesaggio con ciminiera» di Giorgio Morandi e il disegno «Pellicano» di Fortunato Depero.
In un continuum di scoperte e di sorprese, la proposta espositiva focalizza l’attenzione anche su sculture e oggetti inattesi come la «Natività» in cera rossa di Antonio Giorgetti, una «Figura femminile» di Joseph Gott, una terracotta quattrocentesca di Niccolò Baroncelli, il «Nettuno fanciullo» in legno, perle, e corallo del messinese Ignazio Brugnami, una rara coppa rinascimentale in diaspro di Ottavio Miseroni, l’elegante «Arianna dormiente» attribuita a Benedetto Cacciatori e un pendente decò di brillanti, corallo, zaffiri e perla naturale.
La fiera antiquaria ospita anche rarità storiche e artistiche come lo straordinario «Grande murale» (1965) in bronzo di Mario Negri, i candelieri retour d’Égypte, la crisoelefantina «Figlia del sultano Bou-Sadaa» di Ernest Barrias, uno Shiva pakistano del VII-IX secolo, un sofisticato paravento giapponese del Seicento, un Suzuribako nipponico in lacca e oro, un Kawari Kabuto con maschera e un piatto laccato e intarsiato firmato Yasumasa, anch’essi di produzione nipponica.
Un altro pezzo molto atteso dai collezionisti è, infine, lo «Stipo architettonico con arione con arpa su un Delfino» (1550-1600) del Museo Poldi Pezzoli, un mobile dotato di nove cassetti – otto minori e uno, inferiore, più ampio –, chiuso da una ribalta decorata, con decorazioni a sbalzo e ad agemina in oro e argento, già sottoposto un intervento di restauro eseguito a Tolone nel 1902.
«Allestimenti di livello, qualità dell'esposizione, eccellenza nell'offerta» rimarranno gli elementi distintivi della fiera, che quest’anno, per iniziativa dei Giovani antiquari milanesi, avrà anche il suo Fuorisalone: Mog - Milano Open Galleries, un cartellone di esposizioni, talk, incontri, degustazioni in programma dal 25 al 29 ottobre in quaranta gallerie antiquarie della città, divise idealmente in due zone contrassegnate da altrettanti colori, il magenta e l’ottanio (Brera, via Pisacane/Porta Venezia, Quadrilatero).
Il piacere di interagire con il fascino dell’antico, per tornare a vivere l’arte in presenza in una fiera e nelle tante gallerie della città che tramandano al futuro il bello del passato è, dunque, quello che offre questa nuova edizione dell’«Amart», raffinata vetrina per la bellezza, wundekammer da visitare con curiosità e desiderio.

Didascalie delle immagini
1. Francesco Albani (Bologna, 1578-1660), Madonna col Bambino, 1610 circa. Olio su tela, cm 116 x 90. Provenienza: Francia, collezione privata. Iscrizioni: “Hannibal Caracci”, in grafia antica sul retro della tela. Stato di conservazione: buono. Bibliografia: D. BENATI, in Fondantico Tefaf Maastricht 2019, catalogo della mostra, Bologna, 2019, pp. 25-29, n. 4. Opera esposta da Fondantico di Tiziana Sassoli - Bologna; 2. Natale Schiavone (Chioggia, 1777 - Venezia, 1858),Venere. Olio su tela, cm 100 x 150. Perizia del Prof. Fernando Mazzocca; 3. Brun Fine Art - Joseph Gott Londra 1786 - Roma 1860. Scultura raffigurante figura femminile, cani e cestino, marmo bianco e scolpito, h. 108 cm, l. 65 cm.Firmato sul restro J. GOTT Ft., 4. Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882), Giuseppe interpreta i sogni ai prigionieri, 1810-1815. Olio su tela, 97,5 x 136 cm. Firmato in basso a sinistra: “Hayez”

Informazioni utili
Informazioni e modalità d’accesso sui siti www.amart-milano.com o www.mogmilano.art