Nipote della pittrice Pina Calì, notevole esponente della pittura siciliana degli anni ’30, e di Silvestre Cuffaro, scultore dalla potente impronta etica, l’artista è partita giovanissima da un paesino friulano di poche centinaia di anime sulle sponde del Natisone, Pulfero, alla conquista del mondo. In un periodo in cui era raro vedere una ragazza della provincia italiana viaggiare in Europa, agli inizi degli anni Sessanta, lei si diploma all’Accademia di Belle arti di Palermo e, poi, parte per Salisburgo, dove frequenta la «Scuola del Vedere» di Oskar Kokoschka, il padre dell’Espressionismo nordico, la cui pittura racconta l’asperità del vivere. Ne diventa assistente; impara da lui a «vedere, osservare, guardare» la realtà, portandosi a casa una profezia che sarebbe diventata realtà: «Tu farai teatro».
Poi, dopo un seminario estivo a Venezia con Le Courbusier, la giovane parte, con una borsa di studio, per l’America, mossa dalla curiosità, dalla brama di studiare, di conoscere altra gente e altre realtà.
Bisogna aspettare il 1969 per il secondo incontro importante di Santuzza Calì, quello con l’amico e collega Lele Luzzati, un rapporto «così speciale e unico che – racconta la scenografa e costumista friulana - fa parte dei miracoli e dei segreti della mia vita». La loro collaborazione è considerata tra le più feconde e proficue della scena teatrale italiana; i due artisti, ugualmente raffinati e fantasiosi, si capiscono al volo: «sembrava che lavorassimo gomito a gomito controllando ogni sfumatura di colore, - racconta ancora Santuzza Calì - ma non è mai stato così. Dopo brevi accordi ci impegnavamo su uno stesso progetto, lontani, in mari diversi, lui in quello ligure, io in quello mediterraneo – in Sicilia o su un’isola greca».
Le porte del teatro sono aperte e l’arte della scenografa e costumista di Pulfero, che unisce una vasta cultura figurativa con una straordinaria abilità artigianale e una spiccata intelligenza nella collaborazione con le maestranze del palcoscenico, incrocia anche la storia dell’opera lirica, un genere musical-teatrale che lei aveva imparato da piccola grazie al nonno paterno: «mi faceva sentire le arie di Mozart, Rossini, Verdi… e mi raccontava le storie – racconta Santuzza Calì -. Così per capirle meglio facevo piccoli teatrini con dentro piccoli personaggi colorati di rosso, verde e blu. Erano di carta e li muovevo con i fili. Non mi ricordo se immaginavo o no di continuare da grande a fare questo gioco».
Le sue creazioni fatte di fantasia, artigianalità e manualità, ma anche di un attento studio dei testi e del carattere dei personaggi, salgono così su palcoscenici importanti come La Fenice di Venezia, il Massimo di Palermo, il Carlo Felice di Genova, il San Carlo di Napoli, il Regio di Torino, il Rossini Opera Festival di Pesaro, il Maggio musicale Fiorentino, il Ciclo verdiano di Parma, i teatri dell’Opera di Vienna, Strasburgo, Parigi, Ginevra, Losanna, Stoccolma, Oslo, Atene e Zurigo.
Santuzza Calì, che oggi ha novant’anni e che tre anni fa si è trasferita a Sperlinga (in provincia di Enna), dopo una vita passata a Roma, è stata instancabile e tuttora studia, disegna, inventa. Lo dimostra il catalogo ragionato della sua attività, appena pubblicato da Silvana Editoriale. E lo documenta anche l’antologica che le dedica fino alla fine dell’anno il teatro Biondo di Palermo. Curata da Giovanna A. Bufalini, Paola Tosti, Laura Zanca e Giulia Barbera, con la collaborazione della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, l’esposizione allinea acquerelli, bozzetti, figurini, costumi, oggetti di scena che raccontano in sintesi i momenti più significativi di una storia creativa durata più di cinquant’anni, dal 1969 a oggi.
«In tutta l’opera di Santuzza Calì – sottolinea una delle curatrici, Giovanna A. Bufalini – prevale il gusto del colore, che dà vita alla sua visione del mondo. Un costume non è mai solo un costume, è un’opera pittorica; un tessuto non è mai solo un tessuto, ma si stinge o si arricchisce di una velatura di azzurro, o di un effetto stencil. Ogni costume è un’opera a sé. Una piccola gobba in più, qualche centimetro in meno di un pantalone, sono rivelatori di una sottile ironia nei confronti del personaggio, mentre un costume che si trasforma in una scenografia diventa a volte un inatteso intervento registico».
«Il talento di Santuzza Calì sta tutto nell’estro e nella potenza creativa – le fa eco Maria Ida Biggi, direttrice dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia - che riesce a esprimere con il genio della combinazione dei colori, della scelta dei tessuti e delle tecniche di montaggio che servono per immaginare le caratteristiche del personaggio. Tutta la sua creatività appare attraverso una lente deformante, in cui i riferimenti filologici, spesso, si possono scoprire sotto la fantasia, piuttosto che nella ricerca di ricostruire un’epoca storica. La sua invenzione si rafforza attraverso il costante confronto con il regista e con lo scenografo, con i quali, di frequente, basta uno sguardo, una parola, una lunghezza d’onda, come lei stessa riferisce».
Completa il percorso espositivo una selezione di manufatti realizzati da Santuzza Calì con Gabriella Saladino nello Studio di via Maqueda a Palermo. Le due artiste hanno prodotto per anni un artigianato di altissima qualità: i «giocattoli» di cartapesta, le teline con «il mondo alla rovescia», le maschere, i metal-collage sembrano pensati per bambini di altri tempi, appartengono a una dimensione in cui il mondo è buono e la cattiveria diventa quasi comica. Un mondo in cui la fantasia è al potere.
Vedi anche
Didascalie delle immagini
1. Figurino per O Cesare o nessuno di Vittorio Gassmann, 1974. Archivio Santuzza Calì, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini; 2. Figurino per I tre moschettieri di Alexandre Dumas, 1970. Archivio Santuzza Calì, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini; 3. Bozzetto per Una tranquilla dimora di campagna di Stanislaw Witkiewicz, 1975. Archivio Santuzza Calì, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini; 4. Figurino per La zia di Carlo di Brandon Thomas, 1994. Archivio Santuzza Calì, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini; 5. Figurino per Le mille e una note di Gigi Palla da Antoine Galland, 2007. Archivio Santuzza Calì, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini
Informazioni utili
Santuzza Calì – Acquerelli, bozzetti, figurini, costumi. Teatro Biondo - Palermo. Apertura al pubblico: da martedì a sabato dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00, domenica dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00; lunedì chiuso. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 091.7434331 o 091.7434345. Sito web: https://www.teatrobiondo.it. Fino al 29 dicembre 2024.