Tra spiagge e danze, tra sandali e unghie posticce, tra feste e turisti con la macchina fotografica sempre in pugno, oltre sessanta fotografie e l’installazione con la fortunata serie «Common Sense», quella della notorietà, realizzata tra il 1995 e il 1999, ripercorrono, nelle sale del Museo archeologico di Bologna, la carriera del «fotografo-antropologo» di Epsom, classe 1952, che dal 1994 fa parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos, fondata nel 1947 a New York da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David ‘Chim’ Seymour e William Vandivert.
«Short & Sweet» è il titolo della mostra, curata dallo stesso fotografo inglese e già presentata al Mudec di Milano, che offre al visitatore anche un'intervista realizzata dalla storica e critica della fotografia Roberta Valtorta.
Attraverso una cronaca fotografica senza filtri e fuori dalla retorica, il percorso espositivo si apre «in bianco e nero» con la prima serie realizzata da Martin Parr, allora appena ventitreenne, insieme alla compagna (e futura moglie) Susie Mitchell. Si tratta di «The Non-Conformists», con immagini scattate tra il 1975 e il 1980 nelle cappelle metodiste e battiste dell’ex zona industriale del West Yorkshire, le cosiddette «chiese popolari» che si rivolgevano alle persone in difficoltà appartenenti ai ceti proletari per cercare di contrastare il degrado sociale di quei territori di periferia.
Seguendo l’ordine cronologico si incontra, poi, un altro progetto in bianco e nero sviluppato dal fotografo inglese tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta del Novecento: «Bad Weather», che mette il dito nella piaga dell’ossessione britannica per il tempo atmosferico e che ironizza sullo stereotipo secondo il quale bisogna «fotografare solo quando la luce è buona e c’è il sole». Con scanzonata serietà, l’artista si dota di una fotocamera subacquea e riprende acquazzoni, pioggerelline, tempeste di neve tra l’Inghilterra e l’Irlanda, focalizzando l’attenzione più sulle persone che sull’iconico e ben noto paesaggio britannico.
Si arriva così al 1982. Quell’anno nella fotografia di Martin Parr irrompe il colore, ma l’attenzione rimane concentrata sulla cosiddetta working class inglese. Lo prova il primo progetto di successo: «The Last Resort» (1982-1985), un reportage, ironico e crudele, sulle spiagge di Brighton, piccola località balneare in declino vicino a Liverpool, dove andavano in vacanza solo famiglie a basso reddito. Con quei colori vivaci e ipersaturi che sarebbero diventati la sua cifra stilistica, l’artista racconta la fine di un mondo (quello operaio) e dei suoi valori, nonché l'avvento di una nuova concezione consumistica della vita, animata da quella che chiamiamo la «cultura dello spreco».
Lo stesso argomento è al centro dell’installazione «Common Sense», un accumulo di duecentocinquanta fotografie stampate a basso costo su carta in formato A3 con una macchina Xerox, selezionate tra le trecentocinquanta esposte nella mostra omonima del 1999, allestita contemporaneamente in quarantuno sedi di diciassette Paesi, conquistando così il Guinness World Record. Martin Parr propone immagini a colori che, con cinismo e sarcasmo, ritraggono soggetti spesso legati al cattivo gusto e alla volgarità contemporanea. Dalla signora che rosola al sole con dei copri-occhi blu alle ciabattine con le margheritone, dal barboncino tosato con un ciuffetto alla moda alle unghie posticce con i brillantini, senza dimenticare il «cibo spazzatura» da asporto: quello che sfila davanti agli occhi del visitatore è un tripudio giocoso, colorato e molto dettagliato del kitsch.
Seguendo sempre il filo cronologico, si arriva alla serie «Small World» (1989-2008), una riflessione sul turismo di massa, quello che porta tutti a visitare gli stessi posti sparsi per il mondo, anche grazie allo sviluppo degli aerei di grandi dimensioni e delle compagnie aeree a basso costo, per comprare souvenir di dubbio gusto e scattare fotografie all’impazzata da far vedere, una volta tornati a casa, a parenti e amici.
Insieme al turismo c’è, poi, il tema del ballo con la serie «Everybody Dance Now» (1986-2018). Da San Paolo in Brasile alle isole scozzesi, Martin Parr ha fotografato per oltre trent’anni, tra il 1986 e il 2018, svariati tipi di ballo, lezioni di aerobica, danze del tè, feste movimentate a ritmo di musica. Il lavoro è uno studio puntuale sui corpi, sulle loro proporzioni e sulla pelle, sui movimenti, i diversi abiti, le calzature, i make-up, le espressioni dei volti di chi danza.
Lungo il percorso espositivo, ci sono, poi, le serie più recenti: «Establishment» (2010-2016), sulle élite che governano l’Inghilterra e sulle sedi del potere, e «Life’s a Beach» (2013), con scatti provenienti dalle spiagge di tutto il mondo, in un caleidoscopio di immaginari del corpo svestito e del suo mostrarsi in pubblico.
Non manca, infine, un focus sul mondo della moda con la sezione «Fashion», che raccoglie immagini prodotte tra il 1999 e il 2019 per riviste di settore e in occasione di sfilate. Anche qui lo sguardo offerto, che attenziona abiti, accessori e movenze di chi li indossa, è esagerato, frizzante e comico.
Attraverso un percorso dentro i progetti più noti, essenziale («short») e insieme allettante («sweet»), - si legge nella nota stampa - «lo stile documentario che da oltre cinquant’anni caratterizza il linguaggio del fotografo inglese Martin Parr diventa così cartina tornasole per osservare la società contemporanea e le sue pieghe più contraddittorie, quelle che appartengono al mondo occidentale, in particolare europeo, restituito da una cronaca fotografica tagliente, a volte raccontata con pungente sarcasmo, più spesso presentata con ironia e umorismo. Le immagini di Parr catturano momenti comici o inaspettati, offrendo uno sguardo critico ma anche divertente sulla vita quotidiana di tutti noi».
La sua è, dunque, una fotografia documentaria diversa rispetto a quella a cui siamo abituati, perché è crudelmente sarcastica e insieme allegra, e il motivo di questa scelta inusuale è lo stesso artista a spiegarcelo: «Ho la sensazione che a raccontare storie tristi e deprimenti nessuno ti darebbe retta. Ecco perché le mie fotografie sono allegre e colorate e, spero, accessibili, perché voglio fare partecipare lo spettatore, non voglio annoiarlo, voglio farlo entrare in ciò che faccio e così potrà avere una lettura più ampia. Però non mi aspetto che la mia fotografia cambi un bel niente, sarebbe talmente ingenuo da parte mia, una volta la gente lo diceva, adesso non più».
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Martin Parr. Short & Sweet. Veduta di allestimento. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra. Courtesy 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE; [fig. 4] Martin Parr. Foto di Carlotta Coppo. Didascalia parlante: Da più di vent'anni, ogni volta che torna da uno dei suoi numerosi viaggi, Martin Parr porta con sé un ricordo molto particolare, ovvero un ritratto che non ha realizzato lui stesso. Si tratta di ritratti provenienti da tutto il mondo, realizzati da fotografi professionisti, fotografi amatoriali o da Photobooth. Sono immagini popolari delle vacanze. Dagli scatti in studio su sfondi esotici, ritratti colorati o ritratti sotto mentite spoglie a fotografie digitali eccessivamente manipolate, questa serie di ritratti dimostra ciò che la fotografia sa fare meglio: mostrare il flusso del tempo.
Informazioni utili
Martin Parr. Short & Sweet. Musei Civici Bologna | Museo Civico Archeologico, Via dell'Archiginnasio, 2 - Bologna. Orari: - lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì: 10.00-18.00; - sabato, domenica e festivi: 10.00-19.00; - martedì chiuso; la biglietteria chiude 40 minuti prima (ultimo ingresso ore 18.10); aperture straordinarie; 1 novembre: 10.00-19.00; 25 dicembre: chiuso; 26 dicembre: 10.00-19.00; 1 gennaio: 11.00-19.00; 6 gennaio: 9.00-19.00. Biglietti: • Ingresso singolo intero € 14,00; • Ingresso singolo ridotto € 12,00 (visitatori dai 13 ai 25 anni, persone con disabilità (Legge 104), insegnanti, militari, forze dell’ordine non in servizio, possessori biglietto museo); • Ingresso singolo ridotto speciale € 10,00 Giornalisti muniti di tesserino ODG con bollino dell’anno in corso non accreditati (non si accredita sabato, domenica e festivi); • Ingresso mercoledì universitari € 5,00; tutti i mercoledì gli studenti universitari muniti di tesserino senza limiti di età dalle ore 14.30 alle 18.30 (esclusi giorni festivi); • Bambini 6-13 anni € 6,00; • Omaggio minori di 6 anni, guide turistiche italiane munite di tesserino di abilitazione (no salta coda), giornalisti con tesserino ODG previo accredito presso l’Ufficio Stampa (scrivere con almeno 24 ore di anticipo a elettra.occhini@ilsole24ore.com specificando la testata e il giorno della visita. Non si accredita sabato, domenica e festivi), 1 accompagnatore per persone con disabilità che presentino necessità e regolare documentazione; • Speciale famiglia (da 2 a 5 persone) Adulto (1 o 2 adulti) € 12,00; Primo e secondo figlio (da 6 a 13 anni) € 6,00; Omaggio terzo figlio (da 6 a 13 anni); • Biglietto open (valido fino al 31/12/2024) € 16,00 Intero (prevendita obbligatoria esclusa), € 14,00 Ridotto (prevendita obbligatoria esclusa); biglietto a data aperta, valido dal giorno successivo a quello di acquisto, consente l’accesso diretto alla cassa prenotati; • Gruppi adulti (min 15 - max 25 persone) € 12,00; ratuità 1 accompagnatore per ogni gruppo; • Scuole € 5,00 gruppi scuole di ogni ordine e grado, dal lunedì al venerdì (esclusi martedì, sabato e domenica), min 15 max 25 persone (tolleranza fino a 29); gratuità 2 accompagnatori per ogni gruppo scolastico. Prevendita: € 2,00 visitatori individuali e gruppi, € 1,00 scuole. Informazioni: +39 051 082 8398 / www.ticket24ore.it / www.museibologna.it/archeologico. Catalogo: 24 Ore Cultura. Fino al 6 gennaio 2024
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