Nel 1987 in questo edificio, che fu prima un orfanotrofio femminile e poi, dal 1951, la sede della Scuola d’arte drammatica di Paolo Grassi e Giorgio Strehler, si tenne un evento indimenticabile: Andy Warhol, l’artista icona della Pop Art, fu invitato da Alexandre Iolas, mercante e gallerista greco, a misurarsi con il tema dell’Ultima cena. Nacque così, nel Refettorio delle Stelline, sala di borromaica memoria che vanta cinquecento metri quadrati di superficie espositiva, la celebre mostra «The Last Supper», che avrebbe segnato l’esordio della gloriosa attività espositiva della Galleria del Credito Valtellinese, istituto poi fuso con il Crédit Agricole Italia.
Queste antiche mura, dall’aspetto minimale e nel contempo armonioso, fanno ora da scenario a una sessantina di opere di pittura, scultura e design firmate da alcuni degli autori più innovativi e rappresentativi del XX secolo a livello nazionale, europeo e mondiale, ma non solo, in un percorso che spazia da Arturo Martini a Andy Warhol, dando così vita a una sorta di Grand Tour attraverso le molteplici esperienze artistiche del «secolo breve».
A fare da filo rosso tra tutti i lavori esposti nel lungo e caratteristico cannocchiale ottico del Refettorio delle Stelline è la loro provenienza: la prestigiosa collezione di Crédit Agricole Italia, istituto di credito la cui valorizzazione del proprio patrimonio artistico (oltre 4.400 opere tra quadri, sculture, stampe e disegni, provenienti da nove banche regionali acquisite nel corso degli anni) si è già concretizzata, in passato, con mostre tematiche, l’apertura di una Galleria digitale e l’esposizione permanente open air di sculture nel parco del Green Life, sede direzionale del gruppo a Parma.
In quella che nel testo curatoriale viene definita una «promenade artistique», ovvero una passeggiata artistica «distesa» e «svincolata da un approccio meramente storiografico e orientata verso una narrazione emozionale», suggerita da rinvii e rimandi tra opera e opera, con una speciale attenzione all’assonanza fra forme e cromatismi, gli estremi sono simbolicamente rappresentati da due Ultime cene, quella di Andy Warhol e quella, intimista ed enigmatica, dipinta da Alessandro Pomi nel 1931.
Di Arturo Martini, l’altro dei due artisti citati nel titolo dell’esposizione milanese, sono, invece, esposte varie sculture, a partire da «La Pisana» (1928-30), un’elegante figura femminile dormiente, in bronzo patinato, che nell’allestimento milanese appare «adagiata – si legge nel testo curatoriale - su un ‘disco volante’ atterrato al centro della Galleria, capace di valorizzarne, in un virtuoso intreccio di rifrazioni luminose, le forme nascoste o abitualmente meno leggibili». Mentre sono poste su un piedistallo rotondo le eleganti sculture «Rita» e «Airone» di Francesco Messina, «fuse nella patina neroassoluta del bronzo, che – si legge sempre nel testo curatoriale - si stagliano con gestualità ampie oppure trattenute attraverso trasparenze e riflessi vitrei a proiettare ombre e inediti giochi di luce sulle superfici circostanti».
Altre opere plastiche esposte che meritano una segnalazione sono, poi, «La colonna del viaggiatore» (1959) di Arnaldo Pomodoro, il «Papa assiso sulla sedia gestatoria» (1962) di Floriano Bodini, «La moneta e la sua traccia positiva e negativa nella storia dell’uomo» (1981) di Francesco Somaini, l’elegante scultura tardo-surrealista in marmo nero del Belgio «Donna tartaruga con scarabeo» (1985-‘86) di Novello Finotti, per terminare con l’astrazione di Mario Negri e del suo congegno spaziale «Colonna del piccolo coro» (1977).
Non manca in rassegna un omaggio al mondo del design con i vetri colorati e ludici, disegnati da Ettore Sottsass Junior per Memphis nelle fornaci di Murano («Niobe», «Agelada», «Astimelusa», 1986), e con i piatti di Wifredo Lam, tributo ceramico all’Arte Nucleare, che prese vita nel forno Mazzotti di Albisola.
Predominante è, infine, in mostra la selezione di dipinti e opere su carta, che consente un viaggio per exempla tra le principali correnti novecentesche, dal Surrealismo all’Azionismo viennese, dall’Astrattismo alla Pop-art, senza dimenticare gli anni del Realismo magico e del cosiddetto «ritorno all’ordine».
Si spazia così dalla grande tela di soggetto sacro «Le nozze di Cana» (1943) di un semi-sconosciuto Augusto Colombo, che trova il proprio contraltare simbolico nella sindone di sangue e dolore umano a firma di Hermann Nitsch («Senza titolo», 1985), all’«Autoritratto in divisa» (1929) di Giuseppe Terragni, un lavoro dominato da tonalità terrose illuminate da una macchia di ceruleo, che dimostra l’abilità nella composizione e nel disegno del noto esponente dell’architettura razionalista lariana, autore dalla celebre Casa del Fascio di Como (1936).
Si va dai panorami alpestri di Edward Harrison Compton («Veduta del Gran Zebrù presso Solda», 1905) e Emilio Longoni («Cime innevate», ante 1905) alle vedute cittadine e architettoniche di Gianfilippo Usellini («Fine del Carnevale», 1969), Emilio Tadini («Città italiana 2», s.d.) e Arduino Cantafora («È delirante sogno», 1987), per giungere a un indefinito paesaggio di Ennio Morlotti («Rocce», 1981), fatto di grumi di vernice e passaggi di spatola su tela, e alle geometriche visioni di «New York» (1951) di Roberto Crippa.
Lungo le pareti del Refettorio delle Stelline sfilano, poi, dipinti di Victor Brauner, Graham Sutherland, Piero Dorazio, Renato Guttuso, Carlo Mattioli, Bruno Cassinari, Giulio Turcato, Alessandro Pomi, Gianfranco Ferroni, Gianni Dova, ma non solo, oltre a «una grande tela temporalesca» di Velasco Vitali («21 luglio», 1990).Ci sono in mostra anche delle belle carte di Lorenzo Viani, Emilio Vedova, Marino Marini e Sebastian Matta. Non manca, poi, un omaggio al padre del Surrealismo, Max Ernst, di cui sono esposte la serigrafia «Le Portrait Mère» (1968), «mater matuta il cui capo polilobato – si legge nel testo curatoriale -richiama all’occhio moderno la forma germinale di una cellula», e «Soleil» (1966), un sole dalle tonalità violacee, a dominare su un mare blu e un cielo azzurro, reso con la tecnica del frottage e pastelli.
C’è, infine, in mostra «La Céne» (1988) di Daniel Spoerri, una rilettura schiettamente popolare dell’Ultima cena, lascito di una memorabile personale presentata, anni fa, al Refettorio delle Stelline quando questo spazio era la Galleria del Credito Valtellinese. Perché, è bene ricordare, che questo percorso elegante, curioso e rapsodico, che mette insieme firme inusuali, espressione di determinati territori, con autori noti internazionalmente è figlio di acquisizioni, donazioni, depositi e lasciti di più banche locali, le cui raccolte sono confluite nella grande collezione del Crédit Agricole Italia, un forziere di tesori tutto da scoprire.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3, 4, 5, 6] Veduta della mostra «Da Arturo Martini ad Andy Warhol. Il Novecento nelle Collezioni Crédit Agricole» allestita fino al 14 dicembre 2024 alla Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline a Milano; [fig. 7] Andy Warhol, The Last Supper, 1987. Acrilico su serigrafia riportata su tela, cm 100x100
Informazioni utili
«Da Arturo Martini ad Andy Warhol. Il Novecento nelle Collezioni Crédit Agricole». Galleria Crédit Agricole\ Refettorio delle Stelline, Corso Magenta, 59 – Milano. Apertura al pubblico: venerdì e sabato, dalle ore 12.00 alle ore 20.00; ogni sabato alle ore 15.30 visita guidata, per prenotazioni https://www.adartem.it/. Ingresso libero. Informazioni: https://www.credit-agricole.it/eventi. Fino al 14 dicembre 2024
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