16 marzo 1978, poco minuti dopo le 9.00 di mattina: a Roma, all’incrocio tra via Fani e via Stresa, una Fiat 130, guidata dall’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci e con a bordo l’onorevole Aldo Moro, viene bloccata da un commando di terroristi, formato da una dozzina di persone. In soli due minuti, l’auto su cui si trova il presidente della Democrazia cristiana e l’Alfetta bianca, con le guardie del corpo, vengono crivellate da un centinaio di colpi d’arma da fuoco. I cinque uomini della scorta -Raffaele Jozzino, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e lo stesso Domenico Ricci- vengono uccisi; l’uomo politico sequestrato. Nelle stesso giorno, ottiene la fiducia il IV governo Andreotti, un monocolore democristiano, formato con il sostegno esterno, fortemente voluto dallo stesso statista pugliese, del Partito comunista italiano.
9 maggio 1978, in tarda mattinata: le Brigate rosse comunicano al professor Franco Tritto, amico della famiglia Moro, che il politico democristiano è stato assassinato. Le foto del corpo del presidente Dc, riverso nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, targata Roma N56786 e parcheggiata simbolicamente in via Caetani (a metà strada tra piazza del Gesù e le Botteghe Oscure, tra la sede della Dc e quella del Pci), fanno il giro del mondo.
Tra queste due date-simbolo della storia italiana della secondo dopoguerra, trascorrono cinquantacinque giorni. Cinquantacinque giorni, lunghissimi e carichi di ansia, nei quali lo Stato è tenuto in scacco dalle Br e nei quali il dibattito politico si trasforma in conflitto etico: cedere al ricatto dei terroristi o opporsi con forza? Difendere ad ogni costo le ragioni dello Stato o salvare la vita di un uomo innocente, la cui unica colpa è stata quella di essere un punto di riferimento imprescindibile nel panorama frammentato del sistema politico del tempo? Polis o pietas, come domanda il sofocleo «dilemma di Antigone»?
Da allora sono passati trent’anni. Cinque processi e due commissioni parlamentari d’inchiesta, un numero infinito di libri, spettacoli teatrali e fiction TV non sono bastati a dissolvere i dubbi e a fare chiarezza su quello che Leonardo Sciascia ha definito «l’affaire Moro». Un «affaire», scottante e tuttora carico di interrogativi, di cui i giornalisti Corrado Augias e Vladimiro Polchi, su invito dell’Istituto italiano di cultura in Parigi e dopo aver già lavorato a una trilogia di grande successo sulla storia dell’antica Roma (Processo a Caio Giulio Cesare, Processo a Nerone e Processo a Tiberio), hanno ricostruito la storia nel dramma-documento Aldo Moro. Una tragedia italiana, che alle 21.00 di venerdì 30 gennaio 2009 va in scena al teatro Sociale di Busto Arsizio, in esclusiva provinciale e nell’ambito di BA Teatro-Stagione cittadina 2008-2009.
Il testo scenico, per la regia di Giorgio Ferrara, uomo di teatro che vanta collaborazioni con Luchino Visconti e Luca Ronconi, si configura come una vera e propria lezione di educazione civica, un reportage che ricostruisce la storia drammatica di quei cinquantacinque giorni che separarono per sempre Aldo Moro dall’amata famiglia e dal suo lavoro politico, attraverso le missive che lo stesso statista pugliese scrisse agli amici del partito, da Francesco Cossiga a Benigno Zaccagnini, senza dimenticare le lettere che egli vergò per papa Paolo VI e i familiari. Lettere in cui si alternano momenti di speranza e altri di disperazione, tra ricordi privati e raccomandazioni di incombenze quotidiane, tra accuse di errori e ringraziamenti ai collaboratori, fino all’ultima toccante missiva alla moglie Noretta: «Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto, tanto Luca), Anna, Mario, il piccolo non nato, Agnese, Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta».
Allo strazio delle parole del presidente Dc imprigionato, lo spettacolo alterna i commenti e gli interrogativi di Leonardo Sciascia e di Pier Paolo Pasolini (poco prima di morire, l'intellettuale friulano lanciò un appello dalle colonne del Corriere della Sera del 28 agosto 1975 a processare pubblicamente la Dc), ma anche i comunicati ufficiali delle Br e i punti di vista dei politici del tempo, dai democristiani ai socialisti. Il tutto scandito da immagini tratte dai telegiornali d’epoca e da spezzoni di film realizzati su questa storia, come Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara, Piazza delle Cinque lune di Renzo Martinelli (2003) e Buongiorno notte (2003) di Marco Bellocchio.
Sulla scena il dramma umano dello statista pugliese sarà interpretato da Paolo Bonacelli, navigato attore specializzato in personaggi del teatro dell’assurdo e nelle tematiche dell’alienazione e dell’incomunicabilità care al Novecento pirandelliano. «Lui -come ha giustamente scritto Renato Palizzi su Il Sole 24 ore- non recita veramente la parte di Moro, si limita a farne risuonare le parole, la struggente aspirazione a tornare alla famiglia: ma vi infonde una tale lucidità intensa che se ne esce scossi nel profondo».
Accanto a Bonacelli, ci sarà sul palco Lorenzo Amato, voce narrante di quei cinquantacinque giorni che cambiarono per sempre la storia italiana, cronista imparziale di una vicenda che, ieri come oggi, lascia aperti troppi interrogativi.
Efficace la scena di Gianni Silvestri, formata da semplici parallelepipedi neutri, con al centro una nuda struttura metallica che richiama vagamente una gabbia. Le luci portano la firma di Mario Loprevite. Le musiche, suggestive, sono di Marcello Pani.
Dopo Busto Arsizio, lo spettacolo farà tappa a Stradella, Napoli, Roma, Cremona, Monte San Savino e Firenze.
Didascalie delle immagini
Foto di Tommaso La Pera.
[Le foto sono state messe a disposizione dall'ufficio stampa del teatro Stabile di Sardegna].
Per saperne di più
Il sito di Consulenze teatrali
Informazioni utili
Aldo Moro. Una tragedia italiana. Busto Arsizio (Varese), teatro Sociale, piazza Plebiscito 8. Data: venerdì 30 gennaio 2009, ore 21.00. Ingresso: € 16.00/12.00. Informazioni: tel. 0331 679000, fax. 0331 637289, info@teatrosociale.it. Sito web: www.teatrosociale.it.
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