Da oltre seicento anni il loro nome è legato alla storia della viticultura e alla migliore tradizione mecenatistica. È, infatti, dal 1385 che i marchesi Antinori hanno affidato all’arte il compito di raccontare la loro capacità di saper trasformare i frutti della terra in grandi vini.
Di recente, nel 2012, la nuova cantina nel Chianti classico, monumentale e seducente struttura disegnata dall’architetto Marco Casamonti, non solo è diventata sede della ricca collezione di famiglia, ma ha anche visto la nascita di un nuovo progetto artistico: «Antinori Art Project», una piattaforma di interventi in ambito contemporaneo, molti dei quali site specific, rivolti a giovani, ma già affermati protagonisti della scena artistica nazionale e internazionale.
Fino ad oggi hanno così fatto tappa nell’azienda di Bargino di San Casciano Yona Friedman, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle e Tomàs Saraceno. In questi mesi, in attesa dell’intervento di Giorgio Andreotta Calò, previsto per il prossimo autunno, Ilaria Bonacossa ha ideato una mostra temporanea su uno dei temi portanti della storia dell’arte insieme al paesaggio e al ritratto: la natura morta, un genere nel quale piante, fiori e frutti vengono riprodotti insieme a prede di caccia, in composizioni prive della presenza di esseri umani. Questi assemblaggi, spesso arricchiti da oggetti simbolici come teschi, perle, libri o strumenti per la misurazione del tempo, rappresentano un monito alla fragilità della bellezza e all’inevitabilità della morte.
«Still-Life Remix», questo il titolo della rassegna aperta fino al prossimo 4 ottobre, riunisce, nello specifico, circa quaranta lavori di ventisei artisti contemporanei, internazionali e italiani, che interrogano le possibilità espressive della natura morta. Accanto a giovani emergenti ci sono figure di spicco del mondo contemporaneo, posti in dialogo con lavori appartenenti alla collezione della famiglia Antinori come una grande natura morta fiamminga del 1600 e due tele di Filippo De Pisis, in cui il tono crepuscolare e intimista della rappresentazione degli oggetti inanimati è ottenuto da un fare pittorico lieve contraddistinto da rapidi tocchi.
La storia della natura morta ha origini antiche. A partire dalla seconda metà del XVI secolo gli artisti hanno ritratto, con mirabile maestria, il momento di massimo splendore della natura, fermandone metaforicamente la trasformazione e il deterioramento. Queste opere sono diventate così la rappresentazione fisica della fugacità della vita terrena e i simboli della temporalità, come orologi e teschi, si sono accompagnati a tavole imbandite, cibi, fiori e animali. È solo nel secolo successivo, però, che la natura morta raggiunge il suo successo e incontra il favore di mecenati e collezionisti. Nella modernità, poi, questo genere pittorico trova un importante strumento attraverso cui reinventare la tradizione e l’iconografia classica: così, dai fauve ai cubisti, passando per il surrealismo, la natura morta diventa lo strumento per tentare una rivoluzione dal punto di vista formale, come provano due maestri indiscussi del genere quali Giorgio Morandi e Filippo De Pisis.
La mostra toscana affronta questo tema, presentando un insieme di opere fotografiche, scultoree, pittoriche e video che illustrano come, ancora oggi, il nostro sguardo possa, attraverso il codice espressivo della natura morta, cogliere il passare del tempo attraverso la rappresentazione visiva di un impossibile equilibrio tra naturale e artificiale.
I lavori selezionati dimostrano che, attraverso questo genere, molti artisti contemporanei raccontano la loro percezione del mondo che ci circonda, la fragilità umana, la caducità della felicità terrena.
Le opere esposte lasciano, poi, ben trasparire come i valori della composizione e dell’equilibrio cromatico siano reinventati, completamente trasformati e tradotti nella contemporaneità, per conservare l’efficacia dell’indagine. Così, per esempio, le immagini di Wolfgang Tillmans documentano come il genere si sia trasformato catturando la quotidianità e i residui della presenza umana sullo spazio, mentre i lavori di Ori Gersht mostrano il rapporto stretto che intercorre tra violenza e bellezza attraverso l’improvvisa esplosione di nature morte che sembrano uscite dalla migliore pittura fiamminga secentesca.
Due talenti emergenti come Santo Tolone ed Elisa Strinna, in mostra con il trittico d’ispirazione caravaggesca «Variazione su canestra di frutta» (2011), si riappropriano, invece, con ironia di un’iconografia che fa eco alla tradizione classica dell’alzata poetafrutta e del centrotavola per trasformarla in altro. Divertente è anche l’opera di Aldo Mondino esposta, «Torso torsolo rosicchiato da Rodin», una scultura in marmo colorato che racconta il parallelismo tra la natura e l'immortalità dei busti antichi. Gioca sull’effetto straniamento pura il progetto site specific «Giant Fruits » di Nicolas Party, un grande dipinto murale che si ispira più alla tradizione della natura in posa che a quella del memento mori, nel quale sono raffigurate mele e pere dai colori pop e dalle forme un po’ surreali: un vero e proprio inno alla natura e a ciò che la terra ci offre. Un inno, dunque, alla grande tradizione di Antinori.
Didascalie delle immagini
[Fig.1] Nicholas Party, «Giant Fruits», progetto site-specific, 2015; [fig. 2] Aldo Mondino, «Torso Torsolo rosicchiato da Rodin», 1996; [fig. 3] Wolfgang Tillmans, «L.A. Still Life», 2001 | C-Print, cm 64 x 73 x 4,5 courtesy Studio SALES di Norberto Ruggeri, Roma; [fig. 4] Vista dell'allestimento della mostra «Still-Life Remix»,courtesy to Antinori Art Project
Informazioni utili
«Still-Life Remix. 26 artisti contemporanei reinterpretano la natura morta». Artisti in mostra: Giorgio Andreotta Calò, Arianna Carossa, Mat Collishaw, Hans Peter Feldemann, Stefania Galegati, Francesco Gennari, Ori Gersht, Piero Gilardi, Thomas Grünfeld, Gusmao & Paiva, Georgie Hopton, Elad Lassry, Esko Männikkö, Davide Monaldi, Aldo Mondino, Nicolas Party, Jack Pierson, Lorenzo Scotto di Luzio, Shimabuku, Shirana Shahbazi, Elisa Strinna, Wolfagang Tillmans, Santo Tolone, Luca Vitone, Henkel & Pitegoff. Antinori nel Chianti Classico, via Cassia per Siena, 133 - Località Bargino di San Casciano Val di Pesa (Firenze). Orari di apertura della cantina con degustazione e accesso all’area museale: dalle ore 11.00 alle ore 18.00; si consiglia la prenotazione al numero 055.2359700 o all’indirizzo e-mail visite@antinorichianticlassico.it. Sito internet: www.antinorichianticlassico.it. Fino al 4 ottobre 2015.
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