Erano gli anni Sessanta quando a Monticchiello, piccolo paese nel cuore della Val d’Orcia, a pochi chilometri da Pienza, cornice naturale dichiarata nel 2004 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, nasceva un’esperienza teatrale destinata a incontrare il favore del pubblico, ma soprattutto l’interesse di molti addetti ai lavori, da importanti protagonisti della drammaturgia italiana a sociologi e antropologi di vaglia, tra i quali si ricordano il regista Arnaldo Della Giovampaola, il professor Asor Rosa, il giornalista Mario Guidotti, che fu capo-ufficio stampa alla Camera dei deputati.
In questo borgo medioevale, che stava spopolandosi in seguito alla crisi del mondo mezzadrile-contadino, gli abitanti decisero, infatti, di organizzare uno spettacolo all’aperto, povero di mezzi e con una metodologia di costruzione drammaturgica partecipata, teso a raccontare la loro storia, la loro cultura, gli ultimi accadimenti della comunità.
Nasceva così il Teatro povero di Monticchiello, un’esperienza diventata famosa in tutta Europa e studiata anche all’università, oggi guidata da Andrea Cresti, che, anno dopo anno, si è interrogata su questioni cruciali per il paese (ma anche per tutta Italia) come la crisi economica, il consumismo, i rapporti giovani-vecchi e il ruolo delle donne nella società contemporanea.
Per questo genere scenico, nel quale gli spettacoli sono «ideati, discussi e recitati dagli abitanti-attori», Giorgio Strehler, grande estimatore dell’avventura toscana, coniò il termine «autodramma». Non a caso, durante gli appuntamenti in calendario tra luglio e agosto in piazza della Commenda, su un palco che è insieme macchina teatrale e scenografica, i borghigiani di Monticchiello si raccontano, portando a compimento il lavoro dei mesi precedenti. «Alle spalle di ogni spettacolo -raccontano gli organizzatori- vi è, infatti, un lungo percorso partecipativo: da gennaio iniziano le assemblee pubbliche, aperte a chiunque desideri collaborare oltreché ai membri della compagnia. Si comincia così a raccogliere spunti e riflessioni fino ad arrivare ai temi ritenuti urgenti per l’anno in corso. Da qui parte la discussione collettiva che porta al soggetto e, poi, al copione e alle prove».
Quest’anno, una quarantina di abitanti-attori di diverse età porteranno in scena lo spettacolo «Il paese che manca», una riflessione sull’andarsene e sul restare nel luogo natio. «Un tempo si fuggiva dal proprio paese per le difficili condizioni economiche, in cerca di riscatto. Oggi in un paese come Monticchiello si fugge perché il tessuto sociale sembra sgretolarsi, lasciando tra le sue macerie confusi incubi di dismissioni e impotenza civile che inquietano e disorientano», dichiarano gli organizzatori. Così la piccola comunità toscana si ritrova a mettere in scena una grande festa di compleanno (o forse d’addio) per l’ultimo ventenne rimasto.
Ma cosa significa davvero partire? Lasciare tutto per una nuova vita è una condanna o una possibilità? Una resa o una reazione? Oppure soltanto un gioco del destino? Queste domande tessono la trama dello spettacolo e portano a focalizzare l’attenzione su un curioso parallelismo: mentre gli abitanti più giovani di Monticchiello valutano la possibilità di andarsene dal loro borgo e dalla loro patria, assistendo allo smantellamento degli ultimi baluardi sociali -l’ufficio postale e la scuola-, «tanti arrivano, attraversano mari, talvolta uscendone feriti, offesi, costretti alla resa, talaltra, nonostante tutto, trovando una nuova energia che permetterà poi di tornare, lottare, ricostruire. Su tutti -racconta Andrea Cresti- regna il ghigno di un misterioso giocattolaio, un po’ matto un po’ santo, in cui ciascuno vede ciò che vuol vedere: paure e inquietudini, attese o speranze».
«Il paese che manca» verrà rappresentato dal 25 luglio al 15 agosto, rendendo così vivo per il quarantanovesimo anno consecutivo il Teatro povero, oggi una realtà culturale e sociale attiva 360 giorni all’anno, che affianca alle attività culturali la gestione di servizi sociali, sostegno alla comunità, attività di inclusione, integrazione e formazione: un’esperienza, questa, basata in gran parte sul volontariato, che cerca caparbiamente di opporsi alle logiche di marginalizzazione dei piccoli centri.
In occasione delle rappresentazioni si potranno, inoltre, degustare piatti tipici come la trippa e i famosi pici, la pasta fatta a mano più conosciuta della Val d’Orcia, alla «Taverna di Bronzone», storico ristorante gestito dalla cooperativa del Teatro povero, una consolidata realtà della drammaturgia italiana che nel 2011 si è aggiudicata anche due importanti premi quali l’Ubu e l’Hystrio per l’impegno civile e la forza poetica del suo lavoro.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Una scena dello spettacolo «Anni Quaranta», con il Teatro povero. Foto di Umberto Bindi; [fig. 2] Una scena dello spettacolo «Il paese dei b(a)locchi» con il Teatro povero. Foto di Umberto Bindi; [fig. 3] Una scena dello spettacolo «A(h)ia» con il Teatro povero. Foto di Umberto Bindi; [fig. 4] Una scena delle prove dello spettacolo «Il paese che manca» - auto dramma del Teatro povero di Monticchiello.
Informazioni utili
«Il paese che manca» - auto dramma del Teatro povero di Monticchiello. Piazza della Commenda – Monticchiello (Siena). Orari: tutti i giorni (tranne il 27 luglio), ore 21.30.. Ingresso: intero € 13,00, ridotto (per bambini fino a 12 anni) € 7,00. Prenotazioni on-line: http://teatropovero.it/prenotazione/. Il biglietto può essere ritirato solo il giorno dello spettacolo: - dalle 9 alle 19: presso la sede del Teatro povero, in Piazza Nuova 1; - dalle 19.30 fino alle 21.00: alla biglietteria (ingresso alla piazza). Si ricorda che dopo le ore 21.00 decade il diritto di prenotazione. Informazioni: tel. 0578.755118 o info@teatropovero.it. Sito internet: www.teatropovero.it. Dal 25 luglio al 15 agosto 2015.
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