ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 13 aprile 2019

Aosta, Jacovitti tra Cocco Bill e Pinocchio

Cocco Bill, l'arcipoliziotto Cip, Zorro Kid, Microciccio Spaccavento, il giornalista Tom Ficcanaso, senza dimenticare Tarallino, Occhio di Pollo, Jack Mandolino, Chicchirino e il mitico Pinocchio. Ci sono tutti i personaggi nati dalla mente e dal pennino di Benito Jacovitti (Termoli, 9 marzo 1923 – Roma, 3 dicembre 1997) nella bella mostra monografica allestita al Centro Saint Bénin di Aosta, per la curatela di Dino Aloi e di Silvia Jacovitti.
Oltre duecentocinquanta disegni originali tra schizzi, vignette, tavole di fumetti e illustrazioni compongono l'articolato percorso espositivo, un appassionante viaggio attraverso quasi sessant'anni di carriera di uno dei fumettisti italiani più conosciuti, un artista a cui si deve la creazione di un universo originale e irripetibile, una sorta di paese delle meraviglie in cui tutto è possibile, che ha conquistato più di una generazione di ragazzi.

La mostra, corredata da un catalogo edito dalla casa editrice «Il Pennino» di Torino, propone alcune «chicche», per la prima volta esposte in originale, accanto a tante opere conosciute che, per anni, sono apparse sulle pagine di giornali come «Il Giorno dei ragazzi», il «Corriere dei Piccoli» e «Il Giornalino». È il caso di sessanta disegni di figurine realizzate nel 1954 per l’albo «Genti d’ogni paese» de «Il Vittorioso», in cui l’estro di Benito Jacovitti spazia in giro per i cinque continenti, raffigurando a modo suo ogni popolo.
Ricche di fascino sono anche alcune tra le prime tavole realizzate negli anni Quaranta, veri esempi di calligrafismo disegnato. Tra queste spiccano per bellezza le storie di «Pippo e la guerra», «Mandrago», «L’Onorevole Tarzan», «Pippo in montagna», «Giacinto corsaro dipinto» e «Oreste il guastafeste», recentemente tornate in possesso della figlia dell'artista.
Nella sezione dedicata agli esordi si potrà ammirare una delle primissime panoramiche realizzate da Jacovitti a 17 anni, anticipatrice di quelle meravigliose e affollatissime opere che diventeranno, nel corso del tempo, una sorta di suo marchio di produzione.
Sempre in questa sezione sono esposte sei tavole, le uniche rimaste, della storia inedita «I tre re», disegnata durante la Seconda guerra mondiale.
Sarà, quindi, possibile ammirare il mitico «Diario Vitt», realizzato dal 1949 al 1980, vera icona per gli studenti di quegli anni, a cui il fumettista parlava di temi quali la lealtà, l’amicizia, la fraternità e la solidarietà.
Non mancheranno lungo il percorso espositivo alcune illustrazioni realizzate per il «Pinocchio» di Collodi, edito nel 1964, riconosciute dai critici come tra le opere più significative della lunghissima carriera di Jacovitti.
La mostra di Aosta proporrà, inoltre, un focus sul rapporto dell'artista con la televisione, per la quale egli realizzò importanti «Caroselli» e storie, andate in onda nel programma cult «Supergulp!», con centinaia di personaggi e di battute, personificazione dell’Italia di quegli anni.
Destinato a rimanere impresso nella memoria dei visitatori, soprattutto dei più piccoli, sarà,  poi, il «Patentone», gioco dell’oca sul tema automobilistico riprodotto in grande formato, proprio all’ingresso dell’esposizione, che permetterà ai ragazzi di poter giocare all’interno dello spazio del Saint Bénin con sagome segna posto e un dado in gommaspugna. È, dunque, un percorso in tutto «Il mondo di Jacovitti», per usare il titolo della mostra, quello che va in scena ad Aosta, offrendoci un viaggio - surreale, bizzarro e parodistico- all’interno della nostra storia passata, perché il fumetto -quando è buon fumetto- può anche essere una sorta di manuale di sociologia del nostro tempo.

Informazioni utili
Tutto il mondo di Jacovitti. Centro Saint Bénin, via Festaz, 27 - Aosta. Orari: martedì- domenica, ore 10 -13 e ore 14 - 18; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 5,00. Informazioni: Assessorato Istruzione e Cultura, tel. 0165.275937 |Centro Saint-Bénin, tel. 0165.272687. Sito internet: www.regione.vda.it. Fino al 28 aprile 2019.

giovedì 11 aprile 2019

«Il grande sacrifico», Puglisi e l’«Ultima Cena» di Leonardo da Vinci

La Sacrestia del Bramante a Milano, normalmente non accessibile al pubblico, apre in via straordinaria le proprie porte per una mostra personale di Lorenzo Puglisi (Biella, 1971), artista piemontese, da anni residente a Bologna, la cui ricerca artistica si è focalizzata principalmente, negli ultimi sette anni, su grandi tele che interpretano capolavori del passato.
L’esposizione, a cura di Giovanni Gazzaneo, è un omaggio a Leonardo da Vinci, nell’anno del cinquecentenario della morte, e alla sua opera più celebre: l’«Ultima Cena».
Accanto a due opere dedicate al tema della Passione di Cristo, «Crocifissione» del 2018 e «Nell’orto degli ulivi» del 2017, è esposto l’inedito dipinto a olio su tavola di pioppo «Il grande sacrifico», realizzato dall’artista biellese nel 2019.
Si tratta, con i suoi sei metri di lunghezza e due di altezza, dell’opera più grande realizzata dall’artista: nell’abisso del nero emergono, nella purezza del bianco, le teste e le mani di Cristo e degli apostoli, in una sequenza ritmica e fluttuante.
«La storia dell’arte -scrive Giovanni Gazzaneo nel catalogo pubblico per l’occasione da Manfredi edizioni-, Puglisi l’accoglie nella sua opera non attraverso la perfezione della compiutezza formale, ma offrendoci un’immagine aperta, libera di giocare nelle polarità del bianco e del nero, in un dinamismo che non conosce fine. Dove il nero non è solo orizzonte, tanto meno cornice: è sostanza stessa dell’opera. Dal buio emerge la presenza, una presenza che da quel buio è sostenuta e in quel buio prende vita: bagliori di luce, scaglie di pittura densa e fremente, come in movimento. Il nero invoca la luce e accoglie il generarsi della forma. E nella generazione della forma possiamo cogliere il senso del contemplare l’arte del passato da parte di Puglisi: l’opera non è morta, l’opera è viva, è feconda e il suo splendore attraversa i secoli e continua a illuminare gli uomini e il tempo. Uno splendore che si fa abbagliante per un’icona come l’«Ultima Cena» di Leonardo. Gli apostoli, ritratti di uomini veri colti in un turbine di emozioni e pensieri per l’annuncio inaspettato del tradimento -che si accompagna al miracolo più grande, l’offerta d’amore e di vita di Cristo nella consacrazione del pane e del vino- nella visione di Puglisi si fanno volti e mani di luce, quasi a formare una partitura ideale o forse una costellazione di stelle».
Nel discorso pittorico di Puglisi spazio, luce e figura si risolvono nell’antitesi drammatica della bicromia, con la conseguente sospensione del tempo e dello spazio, in un processo di semplificazione visiva che riduce la composizione dell’opera ai suoi elementi minimali e più profondi, in cui si concentra lo sguardo di chi contempla.
«Nell’«Ultima Cena» –spiega l’artista– Leonardo ha lavorato su quello che più gli interessava, ossia il moto interiore dell’essere umano, la relazione tra gestualità, emozione e pensiero che poi vedremo espressi anche in opere come «La Gioconda» e «La Vergine delle Rocce». È da qui che parte il mio tentativo di riguardare all’opera del Cenacolo, che credo rappresenti una summa di tutti i capolavori della storia della pittura occidentale. Nel 2016 ho presentato a Parigi il primo «Grande Sacrificio» (un metro e mezzo per cinque), cui hanno fatto seguito altri lavori di piccolo e grande formato su carta, tela, tavola e altri materiali incluso il metallo, con l’ambizione e la speranza che a ogni nuova realizzazione dello stesso soggetto il mio lavoro acquisisca maggiore intensità ed energia».
In tutte le opere di Puglisi, incentrate sul bianco e nero, emerge un forte simbolismo cromatico, che vede nel nero non l’assenza bensì la forza del colore, raggiunta attraverso continue stratificazioni, e la rappresentazione della condizione di preesistenza delle cose.
Senza buio non c’è luce, o come sostiene Mark Gisbourne «è dal vuoto più estremo o dall’oscurità che la visione può emergere»: infatti dal nero misterioso, dal buio assoluto dello sfondo che occupa tutta la tavola appaiono, abbaglianti e improvvise, figure composte da pennellate dense, bianche, con soli accenni, talvolta, di rosso e di blu.
Si tratta di tocchi di luce capaci di definire i volumi, i volti, le mani, i piedi, come presenze catturate in un’espressione o in un gesto, frutto di un lungo percorso verso l’essenzialità della rappresentazione. Ispirato dai grandi maestri come Leonardo, Caravaggio, Rembrandt e Goya, Lorenzo Puglisi illumina solo ciò che vuole evidenziare, frammenti che emergono dal buio per cercare la luce.
Scrive, a tal proposito, Alessandro Beltrami nel testo in catalogo: «Puglisi lavora per una completa rimozione del dettaglio. Da una parte con un nero che satura lo spazio, elimina qualsiasi contesto possibile e rende illecito ogni particolare. In un certo senso scarnifica il discorso di qualsiasi aggettivo, di inciso e di struttura complementare, per ridurlo alla proposizione base: soggetto-verbo. Dall’altra opera una ulteriore scarnificazione degli elementi sopravvissuti, tracciati con colpi e velature di colore bianco solo screziate di rosso o giallo: le teste e ciò che noi riconosciamo come parti anatomiche sono in realtà gesti pittorici compendiari che non “dettagliano” nulla o quasi di un volto o di un arto».

Informazioni utili 
«Il grande sacrifico». Basilica di Santa Maria delle Grazie, Sacrestia del Bramante, via Caradosso 1, Milano. Orari: da martedì a domenica, ore 15-19.30. Ingresso libero. Catalogo: Manfredi Edizioni. Informazioni: tel. 392.8139491, fondazionecrocevia@gmail.com. Sito internet www.fondazionecrocevia.it. Fino al 28 aprile 2019

martedì 9 aprile 2019

Milano Design Week 2019, milleduecento eventi per tutti i gusti

Erano i primi anni Ottanta, quelli della Milano da bere e da guardare, quando dalla volontà di aziende attive nel settore dell'arredamento e del design industriale, come Alchimia e Memphis, veniva posato il primo mattone di quello che sarebbe stato il Fuorisalone: non un salon des refusés, ma uno spazio alternativo, slegato dalle regole tipiche di un evento commerciale come era il Salone del mobile, nato nel 1961 al quartiere fieristico.
Negli anni Novanta, grazie alla felice intuizione di Gilda Bojardi, direttore della rivista «Interni», il Fuorisalone aveva il suo battesimo ufficiale con la creazione di un logo e la pubblicazione di una guida.
Da allora sono passati più di vent’anni e Milano sta vivendo una nuova edizione di quella che è diventata, anno dopo anno, una manifestazione dalle dimensioni tentacolari, una vera e propria festa, con i suoi oltre milleduecento eventi tra mostre, installazioni, party, percorsi culinari, concerti e appuntamenti culturali distribuiti in tutta la città.
La manifestazione clou del Fuorisalone, oggi chiamato anche Milano Design Week, è ancora firmata da «Interni». Quest’anno si intitola «Human Spaces» e propone in quattro sedi cittadine -l’Università degli Studi, l’Arco della pace, l’Orto botanico di Brera e la Torre Velasca- una selezione di progetti di architettura e design che mettono al centro l’uomo e le sue esigenze di vita.
Cuore pulsante della manifestazione, in programma fino a domenica 14 aprile, sono, poi, i distretti. Quelli storici sono Tortona, Brera e Lambrate; quelli più recenti Isola, Porta Venezia, Porta Romana, Sant’Ambrogio e le cosiddette 5Vie, una zona ricca di vestigia romane nei dintorni di piazza Missori.
Gli ultimi nati sono il DOS Design Open' Spaces, distretto diffuso promosso da Re.Rurban Studio ed Emilio Lonardo Design che riapre spazi recentemente riqualificati, e il Parenti District, progetto nato da un’idea di Andrée Ruth Shammah, anima del teatro Franco Parenti, che interesserà il quartiere compreso tra piazza Medaglie d’Oro e corso di Porta Vittoria.
Vedere tutti gli eventi in cartellone è praticamente impossibile. Raccontare dove andare, proponendo una selezione del meglio in programma, è altrettanto difficile. Ognuno ha i propri gusti. C’è chi ama gli allestimenti volutamente teatrali e molto chiacchierati, come la «Maestà sofferente» di Gaetano Pesce in piazza Duomo, metafora della violenza sulle donne ispirata alla storica poltrona «Up 5&6» o il vicino bosco di ulivi secolari a «La Rinascente» o, ancora, il «Pratofiorito» di Davide Fabio Colaci per Eataly Milano Smeraldo in piazza XXV aprile.
C’è chi è goloso e non vede l’ora che a CityLife, il nuovo salotto buono della città, Bosch Elettrodomestici inauguri «MuffinLove», un’installazione a forma di mega muffin che sprigionerà un profumo inebriante di dolci appena sfornati e che permetterà a tutti i visitatori di dare sfogo alla propria fantasia e creatività, realizzando la ricetta del proprio muffin perfetto su totem interattivi e con il supporto virtuale dei forni della Serie 6.
C’è, poi, chi non vuole perdersi i progetti più nuovi e sarà, per esempio, incuriosito da «Rent is More», la «casa del lifestyle in affitto» nel centralissimo corso di Porta Ticinese, in cui è possibile scoprire come il fenomeno dell’affitto abbia cambiato le abitudini e lo stile di vita delle persone, coinvolgendo anche i mobili di design per la casa, l’abbigliamento delle grandi firme e le opere d'arte.
C’è, ancora, chi, stanco dalla maratona infinita di opening e di presentazioni, cercherà uno spazio dove riposarsi e lo troverà, forse, in Zona Tortona, al NYX hotel Milan, che accoglie un’installazione di maxi-sedute, realizzate da Kubiko by Skygreen in polietilene, rivestite di erba fucsia e turchese, sulle quali arrampicarsi, magari schiacciando un sonnellino in una Lilliput formato design.
A Milano, nei giorni concitati del Salone del mobile, arriva anche chi ama la moda e non potrà non rimanere incuriosito dall’installazione dei fratelli Campana, Fernando e Humberto, per Melissa e per la presentazione della sua nuova collezione «Crochet», composta da tre inediti prodotti in plastica, dalla caratteristica trama a uncinetto, tra cui un'iconica ballerina in sette differenti colori.
L’appuntamento per gli amanti del genere è in via Palermo, nel cuore pulsante del Brera Design District, zona in cui merita una visita anche «Home Sweet Home», un environment di Alessandra Roveda per il Missoni Showroom di via Solferino, che, con i fili di lana colorati lavorati ancora una volta a uncinetto, riveste oggetti e arredi della memoria.
Non molto distante, alla Galleria Moshe Tabibnia, è possibile, invece, confrontarsi con «Mīror», un progetto del collettivo di design «The Ladies’ Room», formato da Ilaria Bianchi, Agustina Bottoni, Astrid Luglio e Sara Ricciardi.
Si tratta -racconta il gruppo- di «un’installazione di tre sculture riflettenti che nasce dall’esplorazione dell’immagine in un gioco di illusioni ottiche e di alterazione della percezione, alla ricerca di un preciso istante, quello in cui stupirsi scoprendo una forma, un dettaglio, un vuoto, un riflesso o se stessi».
L’arte tessile va in scena anche a Palazzo Reale, nella Sala degli arazzi, con la mostra «De/Coding» (fino al 12 maggio), per la curatela di Domitilla Dardi e Angela Rui, attraverso la quale si esplorano le qualità dell’alcantara come materiale per l’arte e il design. Quattro artisti contemporanei - Constance Guisset, Qu Lei Lei, Sabine Marcelis e il duo Space Popular, formato da Lara Lesmes e Fredrik Hellberg- si confrontano attraverso installazioni site specific, che richiedono l’interazione del pubblico, con il tema del mito, dalle pluriformi dimensioni di Medea all’incarnazione di Scilla, per poi sperimentare la compagnia virtuale degli Argonauti, a partire dalle «Metamorfosi» di Ovidio.
Mentre in un altro spazio istituzionale della città, il Mudec – Museo delle culture, va in scena la rassegna «Moka Alessi. Design e Re-Design», che racconta l’evoluzione delle caffettiere dell’azienda, da Richard Sapper (1979) fino all'ultima, nuovissima, di David Chipperfield (2019). In mostra ci sono anche due opere del cineasta Virgilio Villoresi: un film e un’installazione che è una sorta di «fiaba in movimento», evocativa degli esperimenti pre-cinema. Infine, il bistrot si trasforma in Mokeria, un bar dall’anima super pop e coloratissima per una pausa all’insegna dell’allegria.
In Triennale, invece, c’è da visitare, tra l’altro, il nuovo Museo del design, uno spazio che ripercorre la storia del mondo dal 1946 al 1981 attraverso gli oggetti iconici creati in quegli anni: dal telefono Grillo alla radio Brionvega, dalla poltrona «Proust» di Alessandro Mendini ai Moon Boot, dalla sedia «Superleggera» di Giò Ponti alla mitica «Valentine» di Ettore Sottsass Junior e Terry King per Olivetti.
Alla storia della progettazione guarda anche Knoll, che, nel suo showroom di piazza Bertarelli, omaggia il Bauhaus, scuola tedesca che ebbe un’influenza unica sul progetto della modernità, di cui ricorrono quest’anno i cent’anni dalla nascita.
Il progetto espositivo -curato da Oma, studio co-fondato dall’architetto olandese Rem Koolhaas, con la collaborazione di Domitilla Dardi- «si articola in quattro ambienti/cluster -racconta Ippolito Pestellini Laparelli- che agiscono come scenari di un teatro che invita lo spettatore alla partecipazione, seguendo il più noto degli insegnamenti della scuola tedesca, il celebre «Learning by Doing».
Entrando nei quattro ambienti è possibile toccare con mano oggetti e arredi che sono gli attori principali della scena, creando partiture del racconto che mutano seguendo l’esperienza di ogni partecipante».
Al centro del percorso ci saranno alcuni prodotti iconici di Marcel Breuer, Mies Van Der Rohe e Florence Knoll.
Storia e contemporaneità si incontrano anche a Palazzo Dugnani, dove per pochi giorni sarà visibile la mostra «Ipervisualità. Rendere visibile l'invisibile» (fino al 14 aprile), a cura di Philipp Bollmann, che presenta per la prima volta in Italia, e in generale fuori dalla Germania, una selezione di opere della Wemhöner Collection, una delle più importanti collezioni tedesche d’arte contemporanea. Sei videoinstallazioni di formato museale di alcuni tra i massimi protagonisti della scena artistica internazionale – Isaac Julien, Masbedo, Julian Rosefeldt e Yang Fudong – entrano in dialogo con gli spazi affascinanti e monumentali del palazzo milanesi, edificio storico normalmente chiuso al pubblico che conserva un magnifico affresco del Tiepolo oltre a opere di Ferdinando Porta e della scuola veneta del Settecento.
Il debutto del Parenti Distrect al Fuorisalone vivrà, invece, uno dei suoi eventi più interessanti con la mostra «Immersione libera» (fino al 18 maggio), a cura di Giovanni Paolin, che porterà negli spazi della Palazzina dei Bagni Misteriosi, recentemente riscoperta e resa accessibile al pubblico, i lavori site-specific di dodici giovani artisti italiani. Interazione, libertà e ricerca sono le parole chiave del progetto espositivo, voluto e sostenuto dall’imprenditrice e collezionista Marina Nissim.
Tra gli appuntamenti più attesi di questa edizione della Milano Design Week c’è, infine, la grande installazione sull’acqua di Marco Balich che rende omaggio, alla Conca dell’Incoronata, al genio di Leonardo da Vinci, raccontando, tra ragione e incanto, un piccolo frammento del Rinascimento e del futuro di Milano. Sempre nel segno del maestro toscano, di cui ricorrono quest’anno i cinquecento anni dalla morte, è la mostra all’Ippodromo di San Siro, ideata da Snaitech e curata da Cristina Morozzi, nella quale sono presentate tredici reinterpretazione in chiave pop e avveniristica della celebre statua bronzea del cavallo leonardesco.
Per tutta la settimana saranno visibili anche le mostre inaugurate in occasione della Milano Art Week, l’altra grande manifestazione che, in occasione della fiera internazionale Miart, ha colorato di arte e creatività ogni angolo di Milano e che ora lascia il testimone al mondo del design con i suoi più di mille eventi.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alessandro Mendini, Poltrona di Proust, 1978. Uno degli oggetti iconici esposti al nuovo Museo del design di Milano;  [fig. 2] La ballerina  della nuova collezione «Crochet» di Melissa, presentata in via Palermo a Palazzo Reale di Milano; [figg. 4 e 5] «Home Sweet Home», environment di Alessandra Roveda per il Missoni Showroom di via Solferino, a Milano; [fig. 6] Frame del video «A new moka is blooming» di Virgilio Villoresi per Alessi; [fig.7] Progetto dell'installazione  «Aqua» di Marco Balich per la Conca dell'Incoronata a Milano; [fig. 8] Progetto per la mostra sul Bauhaus  da Knoll, nello showroom di piazza Bertarelli, a Milano;  [figg. 9 e 10]Vista della mostra  «Ipervisualità. Rendere visibile l'invisibile» a Palazzo Dugnani di Milano 

Informazioni utili 
Orari, luoghi ed eventi del Fuorisalone 2019 sono consultabili sul sito https://fuorisalone.it/

domenica 7 aprile 2019

«La foresta dei violini» protagonista a «Human Spaces», la mostra di «Interni» per la Milano Design Week

Ci sono storie che sembrano uscite da un libro di favole. Quella del liutaio cremonese Antonio Stradivari che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, se ne va in val di Fiemme a cercare, tra mille sfumature di verde, i legni perfetti per i suoi violini, quelli dell’abete rosso, è una di queste. Quando tra il 29 e il 30 ottobre scorsi un'ondata di maltempo, con venti a duecento chilometri orari, ha sconvolto l’equilibrio secolare di quella parte delle Dolomiti, la notizia dei danni alla foresta di Paneveggio, detta anche «il bosco che suona», ha fatto il giro del mondo, perché è ancora lì, dove la natura si fa musica, che i maestri liutai di Cremona trovano la materia ideale per la costruzione della casse armoniche dei loro violini, violoncelli, clavicembali e arpe.
A questa storia ha rivolto la propria attenzione Piuarch -lo studio milanese di architettura fondato nel 1996 da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario- per la propria partecipazione alla Milano Design Week, il calendario di mostre, installazioni, party, percorsi culinari ed eventi culturali (in tutto 1256 appuntamenti), in programma da lunedì 8 a domenica 14 aprile, in occasione della 58esima edizione del Salone del mobile.
Ne è nata un’installazione evocativa, intitolata «La foresta dei violini», in mostra all’Università Statale di Milano, su concept progettuale di Nemo Monti, consulente nei processi di comunicazione per le imprese, specializzato nel racconto dell’architettura e del design, e grazie alla sponsorizzazione del progetto CityLife.
Due grandi tronchi di abete rosso emergono dal loggiato del Cortile d’onore: le radici sospese nel vuoto si affacciano a sbalzo dalla balaustra sulla corte, sorrette da un cavalletto architettonico realizzato anch’esso in abete rosso, ma lavorato.
Quelli utilizzati per questa installazione sono alberi della secolare foresta di Paneveggio, spezzati e sradicati dal vento lo scorso autunno, perdendo così il loro legame forte e intimo con la madre terra e diventando, per mano dell’uomo, frammenti di una memoria da preservare.
«Le radici esposte -racconta, a tal proposito, Giuseppe Pino Scaglione, professore di Progettazione urbana e del paesaggio all’Università di Trento (ente patrocinatore dell’evento)- gridano il dolore, il trauma, la ferita, la loro -così come la nostra- provvisorietà; mostrano come una vita lunga possa essere recisa, improvvisamente, in una notte buia e tempestosa da colpi di vento violenti e imprevedibili. Urlano, allo stesso tempo, una denuncia: il nostro pianeta è in pericolo».
Quei due abeti rossi messi davanti agli occhi dei visitatori della Milano Design Week, simbolo degli oltre dodici milioni di alberi distrutti lo scorso ottobre lungo l’arco alpino, sono, dunque, un invito a riflettere sulla natura violata e su ciò che noi possiamo fare per l’ambiente.
Questo è uno dei temi guida di «Human Spaces» (dall’8 al 19 aprile), la mostra diffusa promossa dalla rivista «Interni», dentro la quale si trova appunto «La foresta dei violini» di Piuarch, in cui una serie di installazioni sperimentali e interattive, frutto della collaborazione tra architetti di fama internazionale e aziende di riferimento, oltre che istituzioni e start-up, raccontano come il mondo della progettazione e il design possano e debbano essere a servizio dell’uomo e delle sue esigenze, perché -come diceva Oscar Niemeyer- «la vita è più importante dell’architettura».
I progetti esposti estendono il concetto di «Human Spaces» all’ambiente e alla sostenibilità, a partire da emergenze come l'inquinamento dei mari, il cambiamento climatico o l'esaurimento delle risorse, per raccontare come nell’ambito della progettazione, dalla produzione alla ricerca dei materiali, si possa ancora correre ai ripari grazie ad azioni virtuose.
Ideale punto di partenza della mostra è, nel cortile d’onore dell’Università degli Studi, il lavoro di Maria Cristina Finucci: quattro gigantesche lettere, fatte con circa due tonnellate di tappi di plastica, posizionate sul prato a comporre la lapidaria scritta «Help», che la sera si illuminerà trasformandosi -raccontano gli organizzatori- in «una ferita sanguinaria di magma incandescente», come fosse «un grido dell'umanità al fine di frenare il disastro ambientale dell'inquinamento dei mari, attualmente in corso».
Al mondo marittimo si ispira anche «From shipyard to courtyard», il lavoro ideato da Piero Lissoni per il Cortile del 700: un’imponente costruzione lunga 33 metri, dipinta di rosso, che reinterpreta, astraendolo, lo scafo di uno yacht e che richiama alla mente le strutture in legno costruite, in passato, dai maestri d’ascia, figure di spicco dei cantieri navali.
Di grande impatto scenografico è anche «Sleeping Piles», il progetto dei fratelli Fernando e Humberto Campana per il Cortile della farmacia: sette torri di cinque metri rivestite d'erba che riprendono, rovesciandole, le curve architettoniche delle arcate e dei pilastri del colonnato, invitando i visitatori a vedere quello spazio come un luogo deputato al riposo nei giorni caotici del Salone del mobile.
A dialogare con la storia del Cortile dei bagni e delle sue vasche centrali, costruite a partire dal XVIII secolo, sarà, invece, Piscine Laghetto con «Miraggi», progetto di Luigi Spedini, per il landscape design di Bearesi Giardini.
Acqua e luce sono i due elementi su cui è giocata questa installazione onirica, formata da due aree benessere organizzate intorno a due mini piscine, Playa Living e Dolcevita Divina, che la sera si tingeranno di blu grazie al light design di Davide Groppi, per omaggiare -racconta il progettista- «i corsi d’acqua e il cielo di Milano che si uniscono in un grande sogno».
Tra i tanti progetti esposti non potranno, poi, sfuggire all’attenzione dei visitatori le due monumentali giraffe dall’aria trasognata che sostengono un lampadario classico in stile Maria Teresa, progettate dal designer Marcantonio per il brand Qeeboo, o, sempre nel Cortile d’onore, l’installazione «The Perfect Time», pensata da Ico Migliore con M+S lab per Whirlpool, una grande bolla trasparente nella quale viene presentato il forno W Collection che, grazie a tecnologie di ultima generazione, è in grado di essere programmato anche da remoto, restituendo così all’uomo il valore del proprio tempo.
M + S Architects, ovvero il duo Migliore e Servetto, firma anche il progetto dell’installazione «Abitare il paese» nella hall dell’Aula Magna, ideato con l'intento di promuovere l’adozione di politiche pubbliche per le città e un programma nazionale di rigenerazione urbana. Mentre, al Loggiato Ovest, Fabio Novembre ha ideato per il brand PerDormire, della storica azienda pistoiese Materassificio Montalese, l’installazione «One upon a time», in cui un letto rosso lungo ventuno metri invita i visitatori a fermarsi per condividere spazi, momenti e pensieri, allietati dalla musica classica.
Come ogni anno la mostra di «Interni» esce anche fuori dalle mura dell’Università degli Studi per animare altri luoghi della città. Quest’anno tocca all’Arco della Pace, dove si svolgerà la settima edizione di Audi City Lab, un hub di analisi e riflessione sulla mobilità del futuro, a partire, ovviamente, da quella elettrica. La Torre Velasca, edificio simbolo di Milano, sarà, invece, trasformata in un'icona di luce da Ingo Maurer e Axel Schmid, con un progetto che guarda al cielo, prodotto da Urban Up – Unipol Projects Cities del Gruppo Unipol, proprietario dello storico edificio. «La maestosa torre brillerà in una magia blu, mistica e profonda, -raccontano gli organizzatori- mentre fasci di luce bianca proietteranno la sua geometria nell’infinità del cielo», proiettando una scritta che recita «nel blu dipinto di blu».
Infine, all’Orto botanico di Brera, lo Studio Carlo Ratti Associati racconterà con Eni l’economia circolare, attraverso l’uso di un materiale da costruzione inaspettato: i funghi, la cui radice fibrosa –il micelio–è stata impiegata per creare delle strutture monolitiche ad arco, alte circa quattro metri, che, al termine della mostra, saranno smantellate e riutilizzate in qualità di fertilizzante. Un’installazione, questa, che spiega bene il senso di «Human Spaces», raccontare come l'unico futuro possibile sia in sintonia con la natura e rispettoso dell'ambiente.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1, 2 e 3] Courtesy of Piuarch; [Figg. 6, 7 e 8] Courtesy of Migliore+Servetto Architects

Informazioni utili 
Human Spaces. Sedi: Università degli Studi di Milano (Via Festa del Perdono, 7): dall'8 al 14 aprile 2019, ore 10.00-24.00; dal 15 al 18 aprile, ore. 10.00-22.00; 19 aprile, ore 10.00-18.00; Orto Botanico di Brera – CircularEni (via Fratelli Gabba, 10; via Brera, 28): dall'8 al 14 aprile, ore 10.00-23.00; dal 15 al 18 aprile, ore 10.00-22.00; 19 aprile, ore 10.00-18.00; Arco della Pace e Caselli Daziari - Audi City Lab (piazza Sempione): 8 aprile, ore 10.00-24.00; 9 aprile, ore 10.00-16.00; 10 aprile, ore 20.00-24.00; dall'11 al 14 aprile, ore 10.00-24.00; Torre Velasca: dall'8 al 14 aprile, ore 20.00-03.00. Sito internet: internimagazine.com.

venerdì 5 aprile 2019

«Parma 360 Festival», la creatività contemporanea incontra il genio di Leonardo

È nel segno di Leonardo da Vinci, del quale ricorrono quest’anno i cinquecento anni dalla scomparsa, la quarta edizione di «Parma 360 Festival della creatività contemporanea», evento dedicato alle arti visive e ai giovani in programma dal 6 aprile al 9 maggio.
Installazioni gigantesche, pale pittoriche, sculture cinetiche, carte disegnate a mano, proiezioni multimediali, percorsi olfattivi e realtà aumentata: un ricco cartellone di eventi diffusi animerà per più di un mese vie, quartieri, scorsi storici e suggestivi della città emiliana, coinvolgendo oltre cinquanta siti tra luoghi istituzionali e privati.
«L’eredità creativa e tecnologica di Leonardo da Vinci» è il tema scelto per questa quarta edizione della manifestazione, che vede la curatela di Camilla Mineo e Chiara Canali.
Simbolo dell’unione tra le culture umanistica e scientifica, il genio del maestro vinciano verrà celebrato -raccontano gli ideatori del festival- «attraverso le ricerche di artisti che continuano a stupirci per la sperimentazione della loro tecnica espressiva, per l’indagine in settori diversi rispetto a quelli di loro stretta pertinenza, come la scienza, la tecnologia e la percezione, e per la capacità di innovare in modo semplice ma creativo».
Incoraggiare e divulgare l’arte contemporanea, ma anche promuovere gli artisti emergenti e valorizzare il patrimonio artistico del Parmense sono da sempre i fili rossi della manifestazione.
La «rigenerazione e rifunzionalizzazione» di spazi urbani che fanno parte della storia della città, dando loro un nuovo valore aggregativo e semantico, punterà quest’anno i riflettori sul Ponte Europa più conosciuto come Ponte Nord, che riapre al pubblico per l’occasione, sull’Edicola ottocentesca di piazza della Steccata, sulla Chiesa di San Quirino, sul Ponte romano, sull’Oratorio di San Tiburzio, tipico esempio di Barocco parmense, sull’Antica Farmacia di San Filippo Neri, sul Museo d’arte cinese ed etnografico e sull’Ape Parma Museo.
L’iniziativa abbraccia, dunque, attivamente tutta la città e si arricchisce grazie al circuito off «360 Viral», che spazia dal centro storico fino al quartiere Oltretorrente, chiamando all’appello oltre cinquanta spazi creativi di Parma: gallerie, studi professionali, associazioni, coworking, eno-librerie e negozi (grazie alla collaborazione di Ascom).
Il percorso espositivo dell’edizione 2019 prende simbolicamente avvio dal lungo e avveniristico corridoio in vetro e acciaio del Ponte Nord. Qui il barese Michele Giangrande» presenta la grande installazione site-specific «Gears (Ingranaggi), «dove -raccontano gli organizzatori del festival- mille cartoni da imballaggio dislocati come molteplici ruote dentate, a lanterna o gabbia, costituiscono le forme circolari di ingranaggi meccanici, di circa tre metri di diametro ciascuno, che entrano in relazione con le volumetrie del ponte ad evocare i meccanismi delle complesse macchine di Leonardo».
Sempre al Ponte Nord sono visibili le sculture volanti dell’italo-svedese Duilio Forte: «Ptero IX Ingens», una riproduzione gigante in legno di uno pterodattilo simile a quello esposto al Museo di storia naturale di Milano, e «Sleipnir XLIX», opera in legno di circa sette metri di altezza raffigurante il leggendario cavallo di Odino, simbolo per l’artista di esplorazione, scoperta e conquista.
Mentre il belga Peter de Cupere propone, sempre a Ponte Nord, il progetto «Olfactory Portraits» sull’arte olfattiva, da lui studiata in oltre vent’anni di ricerca, con una sequenza di casse di legno per il trasporto di opere d’arte, di dimensioni differenti, che racchiudono odori e fragranze.
Al secondo piano del Ponte Nord è, invece, possibile visitare la mostra del Maua, Museo di arte urbana aumentata, ideata e curata da Bepart con la casa editrice Terre di Mezzo, la scuola di fotografia Bauer e altri partner, che -raccontano gli organizzatori- «permette di ammirare tramite l’App Bepart, disponibile gratuitamente su Google Play e Apple Store, quindici degli oltre cinquanta lavori di Street Art in diverse città italiane, animati con altrettanti contenuti virtuali attraverso la realtà aumentata».
Sempre nell’ottica della realtà aumentata, i digital artists di Bepart hanno rivestito l’Edicola ottocentesca di piazza della Steccata con immagini dedicate a Leonardo da Vinci, prelevate dal Codice Trivulziano e dalla Sala delle Asse al Castello Sforzesco di Milano.
Mentre la Chiesa di San Quirino propone la mostra «E pur si muove», a cura di Afra Canali e Siegfried Kreitnr, con le opere di otto artisti cinetici provenienti dalla scena tedesca, che condividono con Leonardo l’entusiasmo nella comprensione della magica coreografia del gioco meccanico: Sebastian Hempel, Angelika Huber, Siegfried Kreitner, Pfeifer & Kreutzer, Carolin Liebl & Nikolas Schmid-Pfähler, Hans Schock, Björn Schuelke e Martin Willing.
Sulla strada che porta a San Quirino, sotto le arcate del Ponte romano, è, inoltre, possibile ammirare l’installazione inedita «La Chiusa. Omaggio a Leonardo» di Maria Cristina Carlini. L’opera, composta da quattro imponenti porte in legno di recupero e ferro, che racchiudono al loro interno un raggio di luce dorato, simbolo del riflesso del sole sull’acqua, si ispira al sistema di chiuse fluviali studiato dal maestro toscano.
Mentre all’Oratorio di San Tiburzio è allestita «Danze macabre, sposine ambiziose e angeli caduti» di Enrico Robusti.
«L’opera -racconta l’artista parmigiano- nasce da una riflessione sulla condizione umana, sullo spirito leonardesco di andare oltre i propri limiti al di là delle leggi universali ed è incentrata sul rapporto tra la sfera terrena e quella celeste».
Con il suo stile grottesco e caricaturale, i suoi volti trasfigurati e i cortocircuiti prospettici, Enrico Robusti racconta ambizione, progresso, limiti sociali, ansie, disubbidienza, individualismo, momenti di vita quotidiana portati all’esagerazione e all’esasperazione, per rappresentare la voce di una società, dell’uomo, o meglio il suo grido.
Per la prima volta dalla sua nascita «Parma 360 Festival» avrà come suo scenario anche il Museo d’arte cinese ed etnografico, considerato tra i più importanti al mondo. Qui si terrà la mostra «La stratègie du camouflage», a cura di Marta Santacatterina, con le opere contemporanee di Aqua Aura. Tra queste meritano una segnalazione le serie inedite «Sweet November» e «Carnal Still Life», «in cui -si legge nella presentazione- le elaborazioni digitali di immagini fotografiche fondono l’ambiente della natura e degli oggetti tipicamente urbani con ingrandimenti al microscopio di cellule, tessuti umani, virus e parassiti, al fine di restituire da un lato la complessità di un organismo, dall’altro quella dell’ambiente in cui l’uomo vive e la complessità della riflessione artistica contemporanea».
Guarda al passato anche il progetto espositivo che Francesco Spaggiari ha curato per l’Ape Parma Museo, il centro culturale ed espositivo ideato e realizzato da Fondazione Monteparma: «Storie degli abissi. Mari di Sicilia tra reale e virtuale». La mostra si snoda, infatti, attraverso i temi della navigazione antica, degli scambi commerciali e delle battaglie navali, con particolare riferimento alla prima guerra punica, e crea un dialogo innovativo tra archeologia, arte e tecnologia per promuovere la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio culturale subacqueo.
«L’allestimento -raccontano gli organizzatori- propone per la prima volta un’inedita combinazione tra l’esposizione fisica di reperti archeologici provenienti dai fondali siculi, l’avventura del loro ritrovamento e le soluzioni tecnologiche in grado di offrire un’esperienza immersiva».
Chicca del festival è senz’altro la riapertura, dopo oltre cinquant’anni, dell’Antica Farmacia di San Filippo Neri, grazie al contributo di Fondazione Cariparma. A dare il via al progetto sarà, dal 6 al 29 aprile, l’artista pugliese Giuseppe Ciracì con la mostra «Le carte di Windsor», che raccoglie una decina di lavori su carta, realizzati tra il 2011 e il 2017, che rielaborano ossessivamente alcuni famosi disegni di Leonardo, conservati nelle collezioni della Royal Library al Castello inglese di Windsor, raffiguranti studi di anatomia e fisiologia, caricature e ricerche su cavalli, geografia e catastrofi naturali.
Toccherà, poi, ad Alice Padovani, che, dal 4 al 26 maggio, presenterà il suo «Codice involontario». La mostra racconta l’evoluzione del percorso artistico della giovane modenese sul tema della catalogazione, intesa come recupero degli atti di memoria. Partendo dall’utilizzo del disegno come mezzo espressivo e strumento di indagine scientifica ed emotiva, la Padovani passa alla classificazione materiale più recente, con animali e insetti reali raccolti in teche entomologiche e scatole.
Chiude il percorso tra le mostre ufficiali del festival l’enorme installazione di Paolo Mezzadri per il cortile interno dell’Antica Farmacia: «Il Gioco è il Tempo», un percorso ludico e attivo dove lo spazio diventa territorio di un tempo intimo e personale che ci invita ad abbandonarci al divertimento, senza schemi e regole, per vivere gesti fanciulleschi senza paura e senza timore.
Un percorso, dunque, vario quello proposto da «Parma 360 Festival» per vivere Parma, Capitale italiana della cultura 2020, e per riscoprire il genio di Leonardo da Vinci, un artista che ancora oggi continua a sorprenderci.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Ciracì, RL 12552 r, 2014. Matita sanguigna, pennarello su acetato, nastro adesivo, stampa su carta sottoposta ad intemperie, cm 48x32,5; [fig. 2] Aqua Aura, Sweet November 3, 2017-2018. Stampa Lambda su carta metallica, cm 160x120; [fig. 3] Maria Cristina Carlini, La Chiusa. Omaggio a Leonardo, 2018. Legno di recupero, ferro, foglia oro, 4 elementi, cm 200x60x7 cad., base cm 66x66. Foto Max Mandel; [fig. 4] Michele Giangrande, Gears (Ingranaggi), 2011. Cartoni da imballaggio, dimensioni ambiente 1500 mq. Veduta parziale installazione presso Officine Farneto Temporary Museum, Roma. Foto Lorenzo Romano; [fig. 5] MAUA, Pao, 2015. Spray su muro, dimensioni ambientali; [fig. 6] Alice Padovani, Blue, 2017, serie Le carte. Assemblaggio in teca entomologica, stampa botanica ottocentesca, acrilico, spilli, una damigella, cm 30x23x6

Informazioni
www.parma360Festival.it

giovedì 4 aprile 2019

Milano Art Week, dieci appuntamenti da non perdere

Chi passa in questi giorni da Porta Venezia, una delle sei porte principali della cinta urbana di Milano, non potrà non notare che i due caselli daziari sono completamente avvolti da enormi teli di juta. Non si tratta di una copertura per il restauro del monumento, come forse verrà facile credere ai più, ma di una vera e propria opera d’arte voluta dalla Fondazione Nicola Trussardi per la Milano Art Week, il calendario di eventi, coordinato dal Comune di Milano, in occasione della ventiquattresima edizione della fiera internazionale Miart.

L’imponente installazione, intitolata «A Friend», è opera dell’artista ghanese Ibrahim Mahama (Tamale, Ghana, 1987), che si è fatto conoscere in Italia con la sua partecipazione alla cinquantaseiesima edizione della Biennale d’arte di Venezia, quella del 2015, dove, su invito del curatore Okwui Enwezor, aveva presentato «Out of Bounds», foderando con sacchi di juta il lungo corridoio che conduce i visitatori fuori dall’Arsenale.
Con quest’ultimo progetto espositivo per la Milano Art Week, a cura di Massimiliano Gioni, Ibrahim Mahama guarda ancora una volta alla lezione di Christo, l’artista bulgaro noto per gli «impaccaggi» di edifici pubblici, invitando lo spettatore a ripensare alla storia di Porta Venezia, per secoli limite tra il territorio urbano e la campagna, e alla funzione simbolica ed economica dei due caselli daziari, a lungo terreno di scambio commerciale, innescando così una riflessione sul concetto stesso di soglia, quel luogo di passaggio che definisce l’interno e l’esterno, il sé e l’altro, l’amico e il nemico.

L’opera, che sarà visibile anche nei giorni della Design Week (dall’8 al 14 aprile), è da non perdere e rimarrà sicuramente nella memoria dei milanesi e non solo. Ma il calendario degli eventi proposti per questa settimana dedicata all’arte contemporanea, che interessa sia istituzioni pubbliche sia spazi privati, offre molte altre occasioni interessanti e attente all’attualità.
Questa nuova edizione della Milano Art Week (dal 1° al 7 aprile) si propone, infatti, di indagare -si legge nella nota stampa- come tutti i linguaggi della creatività possano «contribuire al dibattito su questioni urgenti come il cambiamento climatico, lo scambio tra culture, l’espansione delle geografie dell’arte, l’impatto delle nuove tecnologie e la riscrittura della storia dell’arte alla luce del contributo della creatività delle donne».

All’universo femminile guarda, per esempio, Pirelli HangarBicocca con la personale di Sheela Gowda (Bhadravati, Karnataka, 1957), una delle maggiori esponenti dell’arte contemporanea in India.
«Remains» -questo il titolo della rassegna, la prima dell’artista in Italia- raccoglie un’ampia selezione di opere, realizzate dal 1996 a oggi, tra cui installazioni, sculture site-specific, stampe e acquerelli, oltre a due lavori pensati appositamente per l’HangarBicocca: «Tree Line» e «In Pursuit of».
Le curatrici Nuria Enguita e Lucia Aspesi restituiscono così al visitatore il volto di un’artista che sperimenta per le sue opere una grande varietà di materiali di uso comune nel suo Paese, come la gomma, il metallo dei barili per il catrame, l’incenso e i pigmenti naturali, fino ai capelli e allo sterco bovino, per raccontare soprattutto il lavoro delle persone che in India vivono ai margini della società e vengono sfruttate.

Una donna alla sua prima personale in Italia è protagonista anche alla Fondazione Carriero. Francesco Stocchi ha curato, infatti, per questa sede espositiva, ubicata all’interno di Casa Parravicini, un omaggio a Lygia Pape (Nova Friburgo, 1927 – Rio de Janeiro, 2004), una delle maggiori esponenti del Neoconcretismo in Brasile.
La mostra sottolinea l’eclettismo e la poliedricità dell’artista, che nei suoi quarantacinque anni di carriera si è confrontata con una molteplicità di linguaggi: dal disegno alla scultura, dal video al balletto, sconfinando nell’installazione e nella fotografia.
Lygia Pape ha fatto propria la lezione del modernismo europeo per presto fonderlo con le istanze della cultura del suo Paese, fino ad arrivare a una personalissima e prolifica sintesi tra le varie pratiche artistiche, dove a predominare sono il colore e la gioia.
Tra le opere esposte, realizzate in un arco di tempo che spazia dal 1952 al 2000, ci sono i «Tecelares», una serie di incisioni su legno in cui si fondono la tradizione popolare brasiliana e le ricerche costruttiviste di origine europea, e «Tteia1», la celebre installazione che racchiude tutta l’indagine dell’artista sui materiali e la tridimensionalità.

Brasiliana (ma italiana di nascita) è anche Anna Maria Maiolino (Scalea, 1942), in mostra al Pac – Padiglione d’arte contemporanea con «O amor se faz revolucionario».
La rassegna, a cura di Diego Sileo, allinea oltre quattrocento opere tra disegni, dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni, che restituiscono i contorni di un’indagine sociale e di una critica alle condizioni storico-politiche del suo Paese, iniziata a partire dagli anni Sessanta, quando era studentessa a Caracas, e ancora oggi vivace e fertile.
A fare da collante tra i vari lavori esposti è il tema dell’amore -quello per le origini, per la famiglia, per la terra d’adozione e per il lavoro-, «un amore che si fa rivoluzionario» e che con la sua energia, libera e contagiosa, conquista lo spettatore, facendolo riflettere sui rapporti umani, le difficoltà comunicative e di espressione, il labile confine tra fisicità e sfera intima e spirituale.

Dal Sudamerica arriva anche Carlos Amorales (Città del Messico, 1970), protagonista della mostra «L’ora dannata», a cura di Gabi Scardi, allestita negli spazi della Fondazione Pini, che invita il visitatore a riflette sulle dinamiche del tempo presente, dalla violenza ai tranelli della comunicazione.
L’artista messicano mette in scena il progetto «Life in the folds», già presentato con successo alla cinquantasettesima edizione della Biennale d’arte di Venezia. E presenta, inoltre, la scenografica installazione «Black Cloud», che porta all’interno dell’istituzione milanese, dallo scalone di ingresso alle sale di rappresentanza, uno sciame di quindicimila farfalle nere di carta, ritagliate in varie dimensioni. Pur nella loro eleganza e leggerezza, questi insetti creano spaesamento nello spettatore, ricordandogli per qualche verso le atmosfere asfissianti del film «Uccelli» di Hitchcock e la naturale paura della preda accerchiata da un branco famelico.

In occasione dell’Art Week guarda al contemporaneo anche il Museo Poldi Pezzoli, con la mostra-dossier «The Mountain of the Muse», nella quale la giovane inglese Anj Smith (Kent, 1978) dialoga con le collezioni permanenti della residenza milanese attraverso una piccola selezione di dipinti e incisioni, oltre alla personale reinterpretazione di tre piatti, due vasi e un trumeau, realizzati grazie all’esclusiva collaborazione con Fornasetti, storico atelier milanese di design e decorazione.

La pratica artistica al femminile sarà protagonista anche al Museo del Novecento, che presenterà due posizioni creative pionieristiche per l’Italia: l’esplorazione dei processi pittorici e dei materiali naturali di Renata Boero (Genova, 1936), attraverso una selezione di opere che spaziano dagli anni Sessanta a oggi come i «Cronoprogrammi» e i «Fiori di carta», e le sperimentazioni di Marinella Pirelli (Verona, 1925- Varese,2009), tra gli anni Sessanta e Settanta, con il cinema, la luce e lo spazio.
Fondazione Prada propone, invece, una grande installazione multimediale realizzata dagli americani Lizzie Fitch e Ryan Trecartin, entrambi classe 1981, che indaga i concetti di «fuga», frontiera e nuova «terra promessa».
«Whether line», questo il titolo dell’opera, prende forma nel podium, nel deposito e negli spazi esterni del museo, immergendo i visitatori in una sorta di paesaggio rurale nel quale ci si potrà muovere liberamente tra costruzioni che suggeriscono uno stato attivo di limbo, tra echi sonori e visivi della natura e della vita quotidiana che si uniscono a distorsioni di spazi familiari come parchi di divertimento, fattorie e fortificazioni.

Nell’anno di Leonardo, di cui ricorre nel 2019 il cinquecentesimo anniversario dalla morte, non poteva, poi, mancare una mostra sulla sua «Ultima cena», capolavoro simbolo per Milano. Alla Fondazione Stelline sei artisti contemporanei, di diversa tradizione culturale, rileggono l’affresco vinciano, in un inedito dialogo tra Occidente e Oriente. Si tratta di Wang Guangyi, Robert Longo, Nicola Samorì, Yue Minjun, Anish Kapoor e dei Masbedo, duo multimediale che, per questo omaggio, ha focalizzato la propria attenzione sulle mani di Pinin Brambilla Barcilon, la restauratrice che ha salvato l’«Ultima cena» leonardesca in oltre ventidue anni di costante e ininterrotto lavoro.

Merita, infine, una visita la mostra «Prospettiva arte contemporanea» alle Gallerie d’Italia, nella quale sono presentate per la prima volta al pubblico le opere acquisite da Fondazione Fiera Milano nell’ambito di Miart.
Una quarantina di lavori selezionati tra gli ottantadue entrati a far parte della raccolta negli ultimi sette anni tratteggiano un ritratto puntuale della varietà di linguaggi che animano l’arte contemporanea, in un percorso che spazia dalla pittura alla scultura, dal film alla fotografia, dal disegno all’installazione.
L’allestimento, a cura di Andrea Anastasio, si snoda come all’interno di una domus immaginaria, un susseguirsi di stanze e rientranze che rivelano e, al tempo stesso, proteggono le opere.
Lungo il percorso espositivo si possono, per esempio, ammirare gli intensi volti femminili dalla natura arcaica di Marisa Merz (1926), i misteriosi personaggi carnevaleschi della tedesca Ulla von Brandenburg (1974), i ritratti scultorei di grandi pensatori del Novecento che l’artista polacca Goshka Macuga (1967) ha trasformato in eccentrici vasi o, ancora, i volti di personaggi famosi parzialmente cancellati da Stefano Arienti (1961) fino a rivelare fisionomie inedite.

Il cartellone dell’Art Week è ancora molto ricco. Tante sono, infatti, le mostre e le installazioni da vedere in città, tutte ben raccontate sul sito ufficiale dell’iniziativa, in attesa del week-end, quando ci saranno due appuntamenti collettivi da non perdere: l’Art Night degli spazi no-profit (sabato 6 aprile) e l’apertura speciale delle gallerie private (domenica 7 aprile). Scarpe comode e programma alla mano -gli opuscoli cartacei sono disponibili in tutti gli spazi; la My Art Guide è scaricabile sia da Google Play che da AppStore- ognuno potrà crearsi il suo itinerario perfetto per vivere alla meglio Milano e il suo tributo all’arte del nostro tempo, avendo bene in mente il motto di questa edizione di Miart: «Abbi cara ogni cosa».

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1 e 2] «A Friend», installazione di Ibrahim Mahama ai Caselli daziari di Porta Venezia a Milano. Foto: Fondazione Nicola Trussardi, Milano; [Fig. 3] Sheela Gowda, «Stock», 2011. Collezione Masureel, Belgio. Courtesy dell’artista; [fig. 4] Sheela Gowda, «And that is no lie», 2015. Veduta dell’installazione: Pérez Art Museum Miami, 2015–16. Courtesy dell’artista e Pérez Art Museum Miami. Foto: Oriol Tarridas; [fig. 5] Lygia Pape, «Livro do Tempo», 1965. Vista della mostra «Lygia Pape Neoconcreta» alla Galeria Thomas Cohn Arte Contemporânea, Rio de Janeiro, 1988. © Progetto Lygia Pape; [fig. 6] «Lygia Pape», 2019, Vista della mostra alla Fondazione Carriero, Milano. Ph. Christian Kain. Courtesy Fondazione Carriero, Milano; [fig. 7] Anna Maria Maiolino, «O amor se faz revolucionario», Milano, Pac, 2019. Vista della mostra. Foto: Nico Covre, Vulcano; [figg. 8 e 9] Una vista dell’installazione «Black Cloud» di Carlos Amorales alla Fondazione Pini di Milano. Foto: Andrea Rossetti; [fig. 10] Masbedo, «Madame Pinin», 2016, still da video. © Masbedo; [figg.11 e 12] Prospettiva Arte Contemporanea. La Collezione di Fondazione Fiera Milano. Installation view. ©Emmestudio_Jacopo Menzani; [figg. 13 e 14] Due lavori di Anj Smith per la mostra «The Mountain of the Muse» al Museo Poldi Pezzoli. 

Informazioni utili 
 #«A Friend» - Installazione di Ibrahim Mahama. Caselli daziari di Porta Venezia, piazza Guglielmo Oberdan, 4 – Milano. Orari: 24 h su 24 h. Ingresso libero. Informazioni: Fondazione Nicola Trussardi, tel. 02.8068821, e-mail info@fondazionenicolatrussardi.com. Sito internet: www.fondazionetrussardi.com. Fino al 14 aprile 2019.
# «Remains». Personale di Sheela Gowda. Pirelli HangarBicocca, via Chiese, 2 – Milano. Orari: giovedi-domenica, ore 10.00–22.00. Ingresso: gratuito. Informazioni: tel. 02.66111573, info@hangarbicocca.org. Sito internet: www.hangarbicocca.it. Fino al 15 settembre 2019.
# Lygia Pape. Fondazione Carriero, via Cino del Duca, 4 – Milano. Orari:da martedì a domenica, dalle ore 11.00 alle ore 18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Informazioni: info@fondazionecarriero.org, tel. 02.36747039. Sito internet: www.fondazionecarriero.org. Fino al 31 luglio 2019
#«O amor se faz revolucionario». Mostra di Anna Maria Maiolino. Pac - Padiglione d’arte contemporanea, via Palestro, 14 – Milano. Orari: mercoledì, venerdì, sabato e domenica, ore 9.30—19.30; martedì e giovedì, ore 9.30—22.30 | dal 2 al 7 aprile, tutti i giorni dalle ore 9:30 alle ore 22:30. Ingresso: intero € 8,00, ridotto da € 6,50 a € 4,00, ingresso con biglietto mostra speciale a € 4,00 dalle ore 18 durante la Art Week e la domenica, dalle ore 19.00 il giovedì. Informazioni: tel. 02.88446359. Sito internet: pacmilano.it. Fino al 9 giugno 2019. Prorograta fino al 1° settembre 2019.

# «L’ora dannata» - Mostra di Carlos Amorales. Fondazione Adolfo Pini, corso Garibaldi, 2 – Milano. Orari: ore 10.00-13.00 e ore 15.00-17.00 | apertura straordinaria Milano Art week: da lunedì a venerdì, 10.00-13.00 e ore 15.00-19.00; sabato 6 e domenica 7, dalle ore 11.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.874502, eventi@fondazionepini.it. Sito internet: www.fondazionepini.net. Fino all'8 luglio 2019
«Anj Smith - The Mountain of the Muse». Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni, 12 - Milano. Orari: da mercoledì a lunedì, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; chiuso il martedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,00. Informazioni: tel. 02.794889 o 02.796334. Sito internet: www.museopoldipezzoli.it. Fino al 12 maggio 2019
# «Kromo-Kronos». Personale di Renata Boero (fino al 23 giugno 2019) e «Luce movimento». Personale di Marinella Pirelli (fino al 25 agosto 2019). Museo del Novecento - Palazzo dell'Arengario, piazza Duomo, 8 Milano. Orari: lunedì, dalle ore 14.30 alle ore 19.30; martedì-domenica, dalle ore 9.30 alle ore 19.30. Ingresso: intero € 10,00, ridotto da € 8,00 a € 5,00, solo mostra Marinella Pirelli € 5,00. Informazioni: tel. 02.88444061 o 02.88444062, c.museo900@comune.milano.it. Sito internet: https://www.museodelnovecento.org. Fino al 25 agosto 2019.
# «Whether line». Fondazione Prada, Largo Isarco, 2 - Milano. Orari: lunedì, mercoledì, giovedì, ore 10.00 – 19.00; venerdì, sabato e domenica, ore 10.00 – 21.00. Ingresso (per i soli progetti temporanei):intero € 10,00, ridotto € 8,00, ingresso gratuito per tutti sabato 6 aprile, dalle ore 19.00 alle ore 21.00; per altre tariffe si consiglia di vedere la pagina fondazioneprada.org/visit/visit-milano/. Informazioni: tel.02.56662611 o info@fondazioneprada.org. Fino al 5 agosto 2019.
# «L'ultima cena dopo Leonardo». Orari: martedì – domenica, ore 10.00-20.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 8,00, ridotto e Milano Art Week (con visite guidate nella serata di sabato 6 aprile, dalle ore 17.00 alle ore 19.00) € 6,00 |biglietti online: http://bit.ly/vivaticketprevendita. Informazioni: fondazione@stelline.it. Sito internet: www.stelline.it. Fino al 30 giugno 2019
# «Prospettiva arte contemporanea». Gallerie d’Italia, piazza della Scala, 6 - Milano. Fino al 7 maggio 2019 Orari: martedì - domenica, ore 9.30-19.30 (ultimo ingresso ore 18.30); giovedì, ore 9.30-22.30 (ultimo ingresso ore 21.30); lunedì chiuso | aperture straordinarie 21-22 aprile (Pasqua e lunedì dell’Angelo), 25 aprile, 1° maggio. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00. Informazioni: numero verde 800.167619; info@gallerieditalia.com. Sito internet: www.gallerieditalia.com. Fino al 7 maggio 2019
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