ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 6 maggio 2011

A Bergamo i segreti del rosso di Fra’ Galgario

Quale era il segreto del rosso vinoso e brillante di Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario? E’ questa la domanda alla quale si propone di rispondere la prima edizione del progetto «La Camera delle Meraviglie», promosso dalle Assicurazioni Generali di Bergamo e ideato da Barbara Mazzoleni con l’intento di offrire al pubblico un appuntamento fisso, a cadenza annuale, con aspetti del meraviglioso artistico, finora poco o per nulla indagati. La rassegna, che per questo suo debutto si intitola «Fra’ Galgario e il segreto della lacca», è allestita fino a domenica 19 maggio presso lo Spazio Viterbi della Provincia di Bergamo.
Conosciuto come uno dei più grandi e originali ritrattisti del Settecento italiano, Vittore Ghislandi (Bergamo, 1655-1743) ha sempre affascinato artisti, critici e pubblico per le tonalità rosse dei suoi quadri, uniche e inconfondibili nella storia dell’arte. Il pittore bergamasco, infatti, era famoso già nel suo tempo per quelle luminosissime lacche, «forti come sangue raggrumato», da lui personalmente prodotte e stese nei ritratti su rossi opachi come il cinabro, o anche da sole, per velare gli incarnati e far brillare i tessuti sfarzosi indossati da nobili e dame. È così che celebri artisti del suo tempo, come Sebastiano Ricci, erano disposti a fare carte false e a scomodare -come testimoniano i carteggi- le loro illustri amicizie a Bergamo, perché il pittore concedesse loro una libbra di quella lacca finissima e ineguagliabile.
La ricetta di Fra’ Galgario è rimasta fino ad oggi un mistero, ma recenti scoperte nelle fonti e i risultati di indagini scientifiche condotte sui dipinti con le più moderne tecnologie diagnostiche, hanno finalmente consentito di svelarne i segreti. La ricerca incrociata di storici dell’arte e scienziati conferma come l’esperienza del pittore nella preparazione di lacche e di pigmenti fosse in parte debitrice della grande tradizione veneziana e bergamasca dei tintori della seta, dai quali il pittore prendeva in prestito materiali e residui della colorazione delle stoffe, per poi confezionare per i suoi dipinti rossi rimasti unici e inconfondibili in tutta la storia della ritrattistica settecentesca.
La rassegna allo Spazio Viterbi di Bergamo, che fa seguito alla grande retrospettiva che la città lombarda dedicò all’artista nel 2004, permette di ammirare una selezione di queste raffinate opere, accese da lacche rosse e blu e da una strabiliante resa ottica e materica delle stoffe. Ecco così i ritratti di Elisabetta Piavani Ghidotti, del conte Giovan Battista Vailetti, di Claudia Erba Odescalchi Visconti e del conte Giovanni Secco Suardo col servo “dialogare” con preziosi tessuti coevi: damaschi, broccati in filo d’oro e d’argento e tessuti bizarre provenienti principalmente da Gandino, centro della Val Seriana, conosciuto, dal XV al XVIII secolo, per la produzione di pannilana e la raccolta di tessuti di alto pregio provenienti da tutta Europa.
L’esposizione, alla quale fanno da colonna sonora brani sacri e profani diffusi in area veneziana e bergamasca nel Settecento, ha, inoltre, consentito la riscoperta di un «Ritratto di giovane», del tutto sconosciuto in Italia e mai visto dal 1928, e di un affascinante ciclo di tre dipinti, finora poco indagati, raffiguranti l’Allegoria dei Sensi, nei quali la mano di Fra’ Galgario si intreccia a quella dei suoi allievi, con i quali aveva probabilmente condiviso quei “segreti” che noi riusciamo solo oggi, almeno in parte, a dipanare. Due ritratti femminili, di autore ignoto ma coevo a Fra’ Galgario, chiudono il percorso espositivo, documentando il magistero esercitato dal Ghislandi, anche nella resa di tessuti e merletti.
I percorsi nel colore proposti dalla mostra ci riportano, quindi, ad un’epoca precedente all’invenzione dei colori “in tubetto”, quando Fra’ Galgario, pittore-alchimista, sperimentava personalmente la preparazione dei propri colori, a partire da sostanze di origine animale, vegetale e minerale. A conclusione del percorso espositivo i visitatori potranno idealmente entrare nel “laboratorio” del pittore, per conoscere gli ingredienti dei suoi colori, tra polveri preziose di cocciniglia, carminio e lapislazzuli, ma anche un antico manichino, simile a quello che il pittore utilizzava come “modello” da abbigliare di tessuti preziosi.
Arte, moda, musica, scienza e pigmenti misteriosi si intrecciano, dunque, nella mostra di Bergamo, proponendo un’immersione nell’arte di Fra’ Galgario, un’arte capace con i suoi tratti di scandagliare e di restituire sulla tela, in modo sottile ma talvolta tagliente, vizi e virtù della società del suo tempo. Un’arte che è anche un magico gioco di alchimie, con quei rossi inediti, quelle «lacche fini, di una estrema bellezza», che incantarono anche il Longhi e Testori.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti», 1720 circa. Olio su tela, cm 226 x 137. Venezia, Gallerie dell'Accademia; [fig. 2] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti», 1725 circa. Olio su tela, cm 146 x 110. Bergamo, Accademia Carrara, Deposito Ospedali Riuniti di Bergamo; [fig. 3] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Autoritratto», 1732. Olio su tela, cm 73 x 58. Bergamo, Accademia Carrara

Vedi anche
«Vincere il tempo», una mostra sui collezionisti della Carrara di Bergamo


Informazioni utili
«Fra’ Galgario e il segreto della lacca». Palazzo della Provincia di Bergamo - Spazio Viterbi, via Torquato Tasso, 8 – Bergamo. Orari: martedì-venerdì 16.00-19.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00 e 16.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 035.358411 e info@lacameradellemeraviglie.it. Catalogo: numero speciale de «La rivista di Bergamo» (edizioni Grafica&Arte). Fino al 19 giugno 2011.

Torino, quattro nuovi percorsi tra le collezioni della Gam

Era l'autunno del 2009 quando la Gam di Torino rivoluzionava completamente la disposizione delle sue collezioni, abbandonando l’ordine cronologico a favore di un criterio tematico. «Genere, Veduta, Infanzia e Specularità» furono gli argomenti scelti per quel primo allestimento, che suscitò consensi e discussioni tra il pubblico e la critica.
Nel marzo 2011, lo spazio espositivo torinese si è modificato nuovamente, esponendo nelle sale del primo e del secondo piano più di 160 opere, alcune delle quali frutto di recenti acquisizioni. A fare da fil rouge tra questi lavori sono quattro nuovi temi, scelti da altrettanti docenti universitari: «Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio».
Vito Mancuso, professore ordinario di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, ha inteso soffermarsi -si legge nella nota stampa- «sulle difficoltà contemporanee nel riconoscere l’anima come entità persino all’interno degli organi ecclesiastici, e sulla necessità, quindi, di rielaborarne il senso sulla scorta del nuovo contesto scientifico e filosofico». Nel suo percorso al primo piano, si passa così dalla religiosità cristiana delle opere ottocentesche di Andrea Gastaldi e Innocenzo Spinazzi ai paesaggi d'anima di Antonio Fontanesi, fino alla concezione di anima come spiritualità assoluta, partecipazione al mondo, che si fa letteraria in Gino De Dominicis, rituale in Hermann Nitsch o poetica in Anselm Kiefer, di cui si presenta il capolavoro «Einschüsse», grande opera recentemente acquisita dalla Gam.
Di tutt’altro tenore il tema dell’informazione, sempre al primo piano, scelto da Mario Rasetti, professore ordinario di fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino.
«L’informazione, nel campo della fisica, è intesa -precisano gli organizzatori- come una grandezza paragonabile a massa, energia, velocità. Si riferisce alla capacità delle molecole di essere portatrici di simboli, codici e segnali, di operare cioè come un messaggio necessario alla propagazione della vita». La concezione dell’uomo e della natura è per questo motivo analizzata confrontando diverse interpretazioni: la ciclicità delle stagioni nella serie di Luigi Baldassarre Reviglio, i segni biomorfi di Carla Accardi, la visione analitica dello spazio di Dadamaino e l’elemento naturale che trova una ridefinizione nelle ricerche dell’Arte povera, con le energie cosmiche di Giovanni Anselmo, l’aspetto alchemico di Gilberto Zorio e la crescita naturale di Giuseppe Penone.
Al secondo piano del museo incontriamo la «Malinconia», tema scelto da Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano. La malinconia è intesa qui come condizione umana e mentale, come ben raccontano il tragico «Asfissia!» di Angelo Morbelli, le nature morte di Giorgio de Chirico e Filippo De Pisis, i paesaggi sospesi di Carlo Carrà.
Sempre al secondo piano della Gam è possibile confrontarsi con le scelte di Sebastiano Maffettone, professore ordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche della Luiss «Guido Carli». A fare da filo conduttore è il tema del linguaggio. Dopo un prologo che evidenzia il rapporto dell’arte con la letteratura nelle opere ottocentesche di Antonio Canova, Massimo D’Azeglio, Carlo Arienti, il percorso si sofferma sulla nascita ed evoluzione dei linguaggi artistici, dalle diverse avanguardie di Giacomo Balla e Lucio Fontana, al neorealismo pop italiano di Tano Festa e Mario Schifano in dialogo con quello internazionale di Andy Warhol e Mark Dion, per chiudersi con il ritorno alla letteratura nell’utilizzo del carattere tipografico di Nanni Balestrini.
Alcune novità differenziano questo allestimento dal precedente. In alcuni casi si è trattato di scelte curatoriali, come la decisione di identificare ogni artista con un solo percorso, ponendone in evidenza l’intera poetica invece che ogni singola opera, in altre una normale evoluzione di avvicinamento al pubblico, per cui si è deciso di fornire ad ogni visitatore una brevissima guida che spieghi le motivazioni che hanno condotto alla definizione dei percorsi.
La Gam di Torino, in questi giorni, si è, inoltre, arricchita di una nuova opera: «In limine» di Giuseppe Penone, una scultura monumentale, composta di marmo di Carrara, bronzo, tiglio ed edera, posta all'ingresso dell'edificio per iniziativa Fondazione De Fornaris in occasione dei 150 anni dell'Italia unita.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anselm Kiefer, «Einschüsse», 2010. Olio, emulsioni, acrilico e tecnica mista su tela, cm 380(h) x 380(b). Acquisto da White Cube, Londra, 2010 [fig. 2] Atanasio Soldati, «Composizione», 1940. Olio su tela, 55(h) x 55(b). Acquisto presso la IV Mostra pittori d'oggi Francia-Italia, 1955, Torino; [fig. 3] Angelo Morbelli, «Asfissia»,1884. Olio su tela, cm199 x 159.; [fig. 4] Lucio Fontana, «Attese», 1968. Smalto opaco su tela con cornice laccata, 73 x 89 x 6.5 cm. Dono del prof. Eugenio Battisti, Genova, 1966; [fig. 5] Giuseppe Penone, «In limine, matita, inchiostro, pittura acrilica, vernice dorata su carta giapponese, 33 x 48 cm. Disegni preparatori all’opera In Limine alla Gam di Torino. Foto © Archivio Penone

Informazioni utili
«Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio». Gam – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, via Magenta, 31 - Torino. Orari: martedì-domenica, 10.00-18.00, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 7,50, ridotto € 6,00. Informazioni per il pubblico: tel. 011.4429518. Sito Internet: www.gamtorino.it.

Venezia, una nuova stagione artistica per Palazzo Zenobio

Si apre nel segno dell'artista americana Marion Greenstone la nuova stagione espositiva di Palazzo Zenobio a Venezia. Fino al prossimo 18 maggio, le sale dell'imponente edificio barocco, disegnato da Antonio Gaspari (allievo e collaboratore di Baldassare Longhena), aprono, infatti, le porte alla prima mostra voluta dal nuovo direttore artistico dell'elegante spazio culturale, posto accanto alla chiesa di santa Maria dei Carmini e conosciuto ai più come sede del Collegio Armeno: l'eclettico Marco Agostinelli.
La retrospettiva, curata da Archie Rand, allinea oltre cinquanta quadri, completa «ricostituzione -affermano gli organizzatori- di un brano della storia dell’arte del secolo scorso che sembrava fosse andato irrimediabilmente perduto».
Tutti e tre i grandi periodi della produzione pittorica della newyorkese, scomparsa nel 2005, vengono, infatti, omaggiati nella rassegna veneziana: l’informale e astratto degli anni Quaranta e Cinquanta, la pop art degli anni Sessanta e la produzione di collage e dipinti di ampie dimensioni con fiori, piante, conchiglie, che, dai primi anni Settanta fino al Duemila, hanno caratterizzato i lavori dell’artista. Del primo periodo sono esposte opere realizzate sotto la guida di Vaclav Vytlacil, maestro anche di Twombly, Rauschenberg e di Louise Bourgeois. Mentre della fase decisamente pop vengono proposte venti tele di varie dimensioni, composizioni che spesso escono dal formato tipico del quadro per diventare quasi scultura. Dell’ultimo periodo sono, invece, allineate opere di intesa liricità e delicatezza, che possono ricordare in parte certi dipinti della O’Keefe.
Chiude il percorso espositivo un documentario di Marco Agostinelli, «Alla ricerca di Marion Greenstone», una specie di road movie sulle tracce delle opere dell’artista (fatto insieme alla sorella Cora), sparse tra musei, biblioteche e case private d’America.
La stagione espositiva di Palazzo Zenobio proseguirà, in giugno, con l'ospitalità dei padiglioni nazionali di Libano, Armenia e Islanda per la 54° Esposizione internazionale d'arte di Venezia, e con la rassegna «The New Forest Pavilion», l’usale padiglione che la galleria inglese Artsway, della New Forest, presenta in occasione della vernice “biennalesca”.
Per il prossimo 8 settembre, invece, si annuncia un vero e proprio open day con l’apertura in contemporanea di otto mostre, tre installazioni in giardino, la presentazione di un libro, l’assegnazione del primo «Premio Ca' Zenobio» e un concerto a fine serata.
Per i prossimi mesi i visitatori dello spazio di Fondamenta del Soccorso incontreranno, dunque, «un’offerta d’arte e cultura -affermano gli organizzatori- che spazierà dalla sperimentazione dei nuovi linguaggi contemporanei ai grandi maestri del Novecento, dalla performance alla fotografia, dalla letteratura alla musica». Un’occasione in più, questa, per visitare l’elegante edificio barocco, con la Sala da ballo affrescata magistralmente dal pittore francese Louis Dorigny (sembra con l'aiuto di un giovane Giambattista Tiepolo), i dipinti del celebre vedutista Luca Carlevarijs nella preziosa Sala degli specchi, dalla foggia tiepolesca, e l'ampio giardino all'italiana, solitamente chiuso al pubblico e di solito visibile solo nei giorni della Biennale.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Affresco di Louis Dorigny nella sala da ballo di in Palazzo Zenobio a Venezia; [fig. 2] Veduta della Sala degli specchi in Palazzo Zenobio a Venezia; [fig. 3] Marion Greenstone, «Omaggio a Magritte», collage, [s.d]; [fig. 4] Marion Greenstone, «Landscape», olio su tela, 1960.

Per saperne di più
www.collegioarmeno.com
www.mariongreenstone.com

Informazioni utili
Marion Greenstone. Retrospettiva. Palazzo Zenobio - Collegio Armeno, Fondamenta del Soccorso, Dorsoduro 2596 - Venezia. Orari: martedì-domenica 10.00-18.00; chiusura lunedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.5228770. Fino al 18 maggio 2011.