ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 23 gennaio 2021

Nasce «Art.live!». Da Claude Monet ad Artemisia Gentileschi, la visita virtuale alle mostre è in diretta su Zoom

Oltre tremila biglietti venduti in pochi giorni e spettatori collegati non solo dall'Italia, ma anche da Francia, Canada, Portogallo e Stati Uniti: è stato un successo oltre le aspettative quello del progetto pilota di Art.live!, nuovo format tutto italiano nato per visitare le mostre quando i musei sono chiusi o non ci si può spostare da una regione all’altra.
Il primo esperimento, che ha ottenuto da più parti il plauso, è stato fatto durante le vacanze natalizie con la rassegna «Monet e gli Impressionisti», allestita a Bologna, negli spazi di Palazzo Albergati.
Dietro l’innovativo progetto c’è Arhemisia, azienda leader nel settore espositivo, da sempre sinonimo di innovazione e di arte al servizio di tutti - dagli addetti ai lavori ai semplici curiosi -, con le audioguide gratuite per ogni visitatore, il linguaggio pop delle presentazioni e dei contenuti esplicativi, le coinvolgenti campagne promozionali.
Ma che pregi in più ha Art.live rispetto alle solite mostre virtuali? A differenza dei tanti contenuti disponibili gratuitamente su Internet, - assicurano da Arthemisia- «la visita guidata in diretta coinvolge il pubblico in maniera più attiva», offrendo la stessa identica emozione che si prova passeggiando realmente tra le sale di un museo. «La diretta – spiegano ancora dall’azienda presieduta da Iole Siena - rende l’esperienza «vera» e, nonostante si sia collegati con centinaia di persone contemporaneamente, è come fare una visita privata ed esclusiva», al termine della quale è anche possibile fare domande e approfondire i temi della visita.
Partecipare è semplice. Dopo la prenotazione e il pagamento di un biglietto al costo simbolico di cinque euro, ci si connette in maniera intuitiva tramite Zoom e si entra nelle sale delle mostra – da soli, in compagnia degli amici o della famiglia e da qualsiasi luogo del mondo si voglia – ‘passeggiando’ tra le opere esposte, guidati da esperti comunicatori, come in «una visita guidata ‘in carne ed ossa’».
Dopo la fase sperimentale, Art.live! ha già pronti due nuovi appuntamenti per domenica 24 e 31 gennaio, alle ore 18, sempre all’interno delle sale di Palazzo Albergati. Sergio Gaddi, noto divulgatore d’arte, condurrà ancora una volta il pubblico alla scoperta della mostra «Monet e gli Impressionisti», curata da Marianne Mathieu: un viaggio unico tra le suggestioni pittoriche di quegli artisti che, sul finire dell'Ottocento, immortalarono sulla tela la luce e l'aria. L'offerta proseguirà, poi, anche nei mesi successivi. 
L’esposizione allinea, nello specifico, cinquantasette capolavori, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, che portano la firma, tra gli altri, di Claude Monet, Eduard Manet, Pierre Auguste Renoir, Edgar Degas, Jean-Baptiste Camille Corot, Alfred Sisley, Gustave Caillebotte, Berthe Morisot, Eugéne Boudin, Camille Pissarro e Paul Signac.
Sala per sala, sarà possibile ammirare accanto a opere cardine dell’Impressionismo francese come «Portrait de Madame Ducros» (1858) di Degas, «Portrait de Julie Manet» (1894) di Renoir e «Nymphéas» (1916-1919 ca.) di Monet, lavori inediti perché mai usciti dal museo parigino. È il caso di «Portrait de Berthe Morisot étendue» (1873) di Édouard Manet, «Le Pont de l’Europe, gare Saint- Lazare» (1877) di Claude Monet e «Jeune Fille assise au chapeau blanc» (1884) di Pierre Auguste Renoir.
«Sono molto orgogliosa di questo progetto – dice Iole Siena -. Ho osservato le tante cose offerte da Internet in questo periodo, ma non mi convincevano, mancava qualcosa. La gratuità e l’accesso libero sminuiscono il valore dell’offerta, che peraltro è talvolta autoreferenziale e noiosa. Ho voluto sperimentare le visite in diretta senza aver nessun riferimento perché nessuno lo ha fatto prima di noi, e sono rimasta colpita dal seguito che abbiamo avuto. E la cosa che più mi piace di questo nuovo progetto, è che non finirà con il Covid, ma anzi si svilupperà sempre di più allargando il bacino di utenza delle mostre. La visita in diretta on-line non è un sostituto della visita ‘vera’, ma consente a tutti di vedere quelle mostre che non si potranno visitare per i motivi più diversi. Vedo del grande potenziale in questo progetto, e il mio obiettivo è di far visitare in questo modo tutte le mostre del mondo».
Nel frattempo, Arthemisia sta già pensando di proporre visite guidate in diretta per altre due sue mostre: «Manolo Valdés. Le forme del tempo», allestita al Museo di Palazzo Cipolla di Roma, e l’attesa esposizione «Le signore dell’arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600», in prossima apertura a Palazzo Reale di Milano.
La prima esposizione, per la curatela di Gabriele Simongini, allinea una sessantina di opere, alcune delle quali di grandi dimensioni, che danno conto della produzione di Valdés dai primi anni Ottanta a oggi. Nella ricerca figurativa e ludicamente visionaria dell'artista, i maestri del passato più o meno lontano - da Velázquez a Rubens e Zurbarán, da El Greco a Ribera fino a Léger, Matisse e Lichtenstein - diventano interlocutori con cui intrattenere un contatto giornaliero. L’immagine prelevata da Valdés nel passato più o meno recente si trasforma recependo i mutamenti dell’arte successiva (soprattutto attraverso l’informale e la Pop art) «fino ad approdare – spiegano da Arthemisia - in una nuova veste davanti a noi, con i buchi e le lacerazioni della materia impressi da questo lungo viaggio nel tempo».
«Le signore dell’arte» è, invece, il titolo della mostra, per la curatela di Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié, con cui Milano rende omaggio, nelle sale di Palazzo Reale, alle più grandi artiste vissute tra ‘500 e ‘600: Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Fede Galizia, Giovanna Garzoni e molte altre, anche poco note, come la nobildonna romana Claudia del Bufalo.
L'esposizione allinea, nello specifico, oltre centocinquanta opere di trentaquattro artiste, provenienti da sessantasette enti prestatori, tra cui - per rimanere nella sola Italia - le gallerie degli Uffizi, il Museo di Capodimonte, la Pinacoteca di Brera, il Castello Sforzesco, la Galleria nazionale dell’Umbria, la Galleria Borghese, i Musei reali di Torino e la Pinacoteca nazionale di Bologna.
Tra le opere esposte, ci sono la pala della «Madonna dell’Itria» di Sofonisba Anguissola, che non ha mai lasciato prima d’ora la Sicilia, la «Madonna Immacolata e san Francesco Borgia» di Rosalia Novelli, unica opera certa del catalogo dell’artista, e la tela «Matrimonio mistico di Santa Caterina» di Lucrezia Quistelli. Ma lungo il percorso espositivo si possono ammirare anche la «Consacrazione alla Vergine» di Lavinia Fontana, la «Giovane donna in vesti orientali» di Ginevra Cantofoli e l’iconica «Giuditta con la testa di Oloferne» di Fede Galizia.
Tre progetti espositivi di indubbio fascino si svelano così, grazie all’innovativo progetto di Arthemisia, anche agli occhi di chi, a causa della pandemia, non potrà spostarsi con agilità tra Bologna, Milano e Roma, rendendo un po’ più luminosi questi tempi bui per il mondo della cultura.



Didascalie delle immagini 
[Figg. 1, 2, 3  e 4] Inaugurazione della mostra «Monet e gli Impressionisti» al Palazzo Albergati di Bologna; [fig. 5] Fede Galizia, Giuditta con la testa di Oloferne, 1601. Olio su tela, 123x92 cm. Ministero per i beni e le Attività culturali e per il Turismo – Galleria Borghese; [fig. 6] Ginevra Cantofoli, Giovane donna in vesti orientali, seconda metà del XVII secolo. Olio su tela, 65x50 cm. Padova, Museo d'arte medioevale e moderna, legato del Conte Leonardo Emo Capodilista, 1864; [fig. 7] Elisabetta Sirani, Cleopatra, 1664 circa. Olio su tela, 110x91 cm. Collezione Privata
Art.live! con Monet. Acquisto su www.arthemisia.it o www.palazzoalbergati.com (acquisto possibile fino alle ore 14.00 del giorno di svolgimento della visita): Biglietto: 5€ (+ diritti d'agenzia). Modalità di partecipazione: App Zoom. Date e orari: - 24 gennaio, ore 18.00; - 31 gennaio, ore 18.00; 7 febbraio, ore 18.00; 14 febbraio, ore 18.00; 21 febbraio, ore 18.00; 28 febbraio, ore 18.00; 18 marzo, ore 19.00, con lo storico dell’arte Leonardo Catalano; 21 marzo, ore 18.00, con l’esperto d’arte Sergio Gaddi; giovedì 1° aprile, ore 19.00, con lo storico dell’arte Leonardo Catalano; sabato 3 aprile, ore 18.00, con l’esperto d’arte Sergio Gaddi; sabato 3 aprile, ore 18.00, con l’esperto d’arte Sergio Gaddi; domenica 11 aprile, ore 19.00, con lo storico dell’arte Leonardo Catalano; domenica 18 aprile, ore 19.00, con l’esperto d’arte Sergio Gaddi, domenica 25 aprile, ore 19.00, con l’esperto d’arte Sergio Gaddi. Istruzioni per partecipare:  - acquistare la visita su www.arthemisia.it o www.palazzoalbergati.com (*se si tratta di un regalo a terzi, specificare nei campi appositi i dati del partecipante all’evento: nome, cognome e email) | - a partire dalle ore 15.00 del giorno dell’evento, riceverete da Zoom la mail con il link e le credenziali di accesso per partecipare alla visita in diretta. In ogni caso, un’ora prima della partenza del tour, verrà inviata una mail di promemoria | - scaricare la app Zoom | - accedere a Zoom cliccando sul link ricevuto o inserendo le credenziali indicate |- momento Q&A alla fine della visita  (aggiornato sabato 3 aprile 2021, alle ore 11.30)

venerdì 22 gennaio 2021

Giornata della memoria 2021, su RaiUno e Rai Play il film «#AnneFrank. Vite parallele»

«…E cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se… non ci fossero altri uomini al mondo». Si chiude così il «Diario» di Anna Frank. È il 1° agosto del 1944. La giovane scrive per l’ultima volta a Kitty, la sua amica immaginaria. Le racconta le sue frustrazioni di ragazzina, il suo sentirsi «un fastello di contraddizioni», le insicurezze che la rende sorella di tanti coetanei adolescenti di tutti i tempi. Tre giorni dopo, il 4 agosto 1944, la Gestapo entra nell’appartamento segreto di Amsterdam, in cui la ragazza si nasconde con la famiglia per sfuggire alla persecuzione nazista. L’unica colpa di Anna Frank è di essere ebrea in un mondo che crede nella superiorità della razza ariana e che considera nemico ciò che è diverso. 
La giovane viene deportata nel campo di concentramento nazista di Bergen Belsen, dove muore di stenti tra il febbraio e il marzo del 1945, insieme alla sorella Margot, a causa di un’epidemia di tifo. Di lei ci rimangono poche foto e un diario, pubblicato per la prima volta nel 1947 in tremila copie, per volontà del padre Otto, con il titolo «Het Achterhuis» («Il retrocasa»).
Sono quelle pagine, la cui fama circola presto in tutta Europa (la prima edizione italiana è del 1954 e vede la prefazione di Natalia Ginzburg per Einaudi), a restituirci il volto di una ragazzina che sogna di diventare scrittrice e che conquista i lettori con il suo strenuo ottimismo e la sua toccante fede nell'umanità a dispetto dei tempi oscuri. «...È un gran miracolo - si legge, infatti, nel «Diario» - che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo che può sempre emergere...»
In occasione della Giornata della memoria 2021, la storia di Anna Frank rivive in un documentario, realizzato da 3D Produzioni e Nexo Digital, in partecipazione con Rai Cinema Channel e in collaborazione con l’Anne Frank Fonds di Basilea e con il Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. Si tratta di «#AnneFrank. Vite parallele», film scritto e diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto, con la colonna sonora di Lele Marchitelli, nel quale veste i panni di guida d’eccezione Helen Mirren, premio Oscar® come migliore attrice per «The Queen». 
Il documentario andrà in onda sabato 23 gennaio, in seconda serata e in prima visione assoluta, su RaiUno; mentre alcuni spezzoni sono già disponibili in anteprima su Rai Play
Come sarebbe stata la vita di Anna Frank se avesse potuto vivere dopo Auschwitz e Bergen Belsen? Cosa ne sarebbe stato dei suoi desideri, delle speranze di cui scriveva nei suoi diari? Cosa ci avrebbe raccontato della persecuzione, dei campi di concentramento? Come avrebbe interpretato la realtà attuale, il rinascente antisemitismo, i nuovi razzismi? Sono tante le domande che ci vengono in mente ripensando alla giovane donna che più di altre è, nell'immaginario collettivo, simbolo della Shoah, la cui storia verrà raccontata da Helen Mirren attraverso le pagine del «Diario», un testo straordinario che ha fatto conoscere a milioni di lettori in tutto il mondo la tragedia del nazismo, pur non raccontandola in maniera diretta.
A fare da sfondo al documentario è la camera del rifugio segreto di Amsterdam, in cui la ragazzina resta nascosta per oltre due anni. Quella stanza è il cuore della memoria. Per questo motivo è stata nuovamente ricostruita nei minimi dettagli dagli scenografi del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, fondato da Giorgio Strehler, permettendoci così di ritornare in quel 1942, in cui inizia la storia di Anna Frank nel rifugio olandese. Nella stanza ci sono gli oggetti della sua vita, le fotografie con cui aveva tappezzato le pareti, i quaderni su cui scriveva.
La vicenda della ragazza si intreccia con quella di altre sopravvissute all’Olocausto, bambine e adolescenti come lei, con la stessa voglia di vivere e lo stesso coraggio: Arianna Szrenyi, Sarah Lichtsztejn-Montard, Helga Weiss e le sorelle Andra e Tatiana Bucci.
L’attrice Martina Gatti, simbolo delle tante teenager che si sentono ancora vicine ad Anna, ci conduce nei luoghi che hanno fatto da scenario alle storie di queste giovani. Viaggia per l'Europa, dal campo di concentramento di Bergen-Belsen in Germania al Memoriale della Shoah di Parigi. Scatta selfie. Scrive post. Compila una sorta di diario digitale, fatto di hashtag ed sms, capace di parlare ai suoi coetanei: un modo immediato per mettere in relazione le tragedie passate con il presente, per capire quale sia oggi l’antidoto contro ogni forma di razzismo, discriminazione e antisemitismo.
È la curiosità di questa giovane donna, la sua voglia di non restare indifferente, a farci riscoprire l’assoluta contemporaneità delle parole di Anna Frank, ma anche la potenza delle voci di chi ancora può ricordare: Arianna, Sarah, Helga, Andra e Tatiana. Come la giovane tredicenne di Francoforte, queste donne hanno subito, da giovanissime, la persecuzione e la deportazione. A loro è stata negata l’infanzia. Hanno perduto nei lager madri, padri, fratelli, amici, amori. I loro racconti danno così voce al silenzio del «Diario», a quello che avrebbe ancora potuto raccontare Anna Frank se fosse sopravvissuta o se avesse avuto il diario con sé dopo l’arresto del 4 agosto 1944.
I diari si intrecciano: alle emozioni di Katerine nel suo viaggio rispondono le riflessioni forti e inaspettate di Anna che vive il mondo dal chiuso della sua stanza. Così la Storia arriva potente e attuale ai ragazzi di oggi, isolati nel lockdown, consegnando loro un messaggio di resistenza e di fiducia nell'uomo, nonostante e malgrado tutto.
In occasione della prima televisiva e della seconda serata di RaiUno è stato riaperto il Piccolo Teatro di Milano, dove è stata nuovamente ricostruita la stanza di Anna Frank, già utilizzata come set nel docu-film. 
In questo luogo della memoria, si alterneranno molte testimonianze di intellettuali italiani, messi in dialogo con le paure, le speranze e la voglia di vivere dell’autrice del «Diario». 
A tal proposito Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari, ha commentato: «questo documentario ci ha dato l’opportunità di far rivivere l’esperienza e le emozioni che questa stanza porta con sé anche alla società civile italiana, che ha risposto a gran voce. Tanti talenti del mondo dello spettacolo, della cultura, del giornalismo, dell’associazionismo, hanno aderito al nostro invito. Solo per citarne alcuni: Ferruccio De Bortoli, Maurizio Molinari, Carla Fracci, Beppe Sala, Emilio Isgrò, Massimo Recalcati, Linus, Gherardo Colombo, don Gino Rigoldi, Antonio Albanese, Giuliano Pisapia, Gad Lerner, monsignor Gianantonio Borgonovo, Claudio Longhi». Questi interventi saranno proposti come anteprima del documentario «#AnneFrank. Vite parallele», antidoto contro ogni forma di razzismo, ma anche - a sorpresa - invito alla resistenza culturale lanciato da uno dei luoghi simbolo del teatro italiano, il Piccolo di Milano, che come tutto il mondo dello spettacolo sta soffrendo per la crisi causata dal Coronavirus, per l'assenza di pubblico nella sua platea e di attori sul suo palco. (sam)

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giovedì 21 gennaio 2021

Stampata in Alto Adige l’opera «Around Guernica, 2009/2020» di Ballester in mostra al Guggenheim di Bilbao

C’è un’azienda italiana dietro all’ultimo lavoro di José Manuel Ballester. Si tratta della Durst Phototechnik S.p.A di Bressanone, realtà dell’Alto Adige leader mondiale nella produzione di sistemi di stampa inkjet per applicazioni industriali. Si avvale, infatti, della precisione e della versatilità della tecnologia Durst la riproduzione a grandezza naturale di «Guernica», il celebre dipinto a olio su tela firmato da Pablo Picasso, reinterpretato dal noto fotografo e artista spagnolo con l’opera «Around Guernica, 2009/2020», attrazione principale della mostra «2020/03/15 José Manuel Ballester», ospitata fino al prossimo 21 febbraio al Museo Guggenheim di Bilbao.
L’opera picassiana, dedicata alle vittime del bombardamento subito durante la Guerra civile spagnola, è considerata da molti critici d'arte come uno dei dipinti contro i conflitti bellici più toccanti e potenti della storia.
«Around Guernica, 2009/2020» è una versione svuotata del capolavoro di Picasso che trasmette uno sguardo aggiornato sull'evento storico e sulla tragedia umana.
Con questo lavoro, Ballester aggiunge una nuova opera d'arte al progetto «Hidden Spaces», iniziato più di dieci anni fa, quando decise di indagare gli spazi architettonici e naturali di alcune delle opere più importanti della storia come «The Meninas» o «Il giardino delle delizie», eliminandovi uomini e animali.
Il nuovo lavoro dell’artista spagnolo affronta, dunque, l'assurdità della violenza umana e delle guerre, ma in questa occasione Ballester mantiene un elemento ‘vivo’: il fiore, che era già presente nella pittura originale e che simboleggia la speranza, anche per questi tempi difficili che stiamo vivendo.
Per la realizzazione dell'opera, il Museo Guggenheim di Bilbao si è rivolto a Estudios Durero -azienda che immagina, crea e sviluppa nuove forme di produzione grafica utilizzando la tecnologia Durst-, per stampare il Picasso rielaborato su un materiale di lino unico, tessuto a mano con uno speciale rivestimento bianco, delle dimensioni totali di 3,5 x 7,8 metri.
L’artista Ballester e l’azienda iberica hanno trascorso una giornata nel Customer Experience Center della Durst di Bressanone per stampare l’ opera con una Durst Rho 512 a sei colori
Il lavoro ha presentato un’importante criticità: il materiale disponibile era sufficiente per una sola tiratura, il che significava non poter effettuare prove di stampa, né commettere errori. Una sfida, questa, che l’azienda altoatesina ha vinto. «Il supporto di lino appositamente preparato per questa stampa artistica ci è stato fornito nelle misure esatte per la realizzazione del progetto. Non potevamo sbagliare. E i risultati parlano da soli. I visitatori della mostra sono rimasti stupiti dall'eccezionale qualità di stampa, oltre che ovviamente dalla bellezza dell’opera», racconta a tal proposito Christian Harder, Head of Graphics di Durst Group. Rafael Carbonell, amministratore delegato di Durst Iberica, ha aggiunto un altro dato importante per capire il valore del lavoro fatto: «quando stampi solo nero, grigio e bianco, la qualità deve essere eccezionalmente alta per conferire all’arte il suo vero valore».
Accanto a «Around Guernica, 2009/2020», i visitatori del Museo Guggenheim di Bilbao possono ammirare una selezione di fotografie di grandi dimensioni, scattate durante i giorni più duri della pandemia, nelle settimane del lockdown della scorsa primavera, che riflettono le strade e gli spazi deserti di Bilbao come il ponte La Salve, Elcano, la metropolitana e Calle Bailén, proiettando un’immagine quasi irreale che potrebbe rappresentare la situazione di quei giorni in qualsiasi parte del mondo. 
Nelle parole di Ballester, che ha avuto un permesso speciale per realizzare il reportage, si legge la tragica irrealtà di quelle settimane: «l’assenza umana per le strade ha creato immagini insolite di strade, viali e piazze completamente vuote, ma la parte più inquietante era sapere che tutti gli abitanti erano lì, che erano a pochi metri da me, protetti entro le mura delle loro case. Nonostante fosse così vicino, il silenzio regnava sovrano». Un silenzio parlante, che è una delle cifre stilistiche più evidenti della produzione di Ballester. 

Per saperne di più
https://www.guggenheim-bilbao.eus/
https://www.durst-group.com/