ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 29 settembre 2020

«The Sky in a Room», a Milano un progetto di Ragnar Kjartansson per rielaborare la quarantena

«Quando sei qui con me / Questa stanza non ha più pareti / Ma alberi, alberi infiniti / Quando sei qui vicino a me / Questo soffitto viola / No, non esiste più / Io vedo il cielo sopra noi». Era il 1960 quando Gino Paoli scriveva «Il cielo in una stanza», una canzone che celebra il potere dell’immaginazione raccontando di come l'amore e la musica possano espandere anche lo spazio più piccolo, fino a portarci oltre i confini conosciuti, in un luogo inedito e astratto.
A questa canzone ha guardato l’artista e musicista islandese Ragnar Kjartansson (Reykjavík, 1976) con il suo progetto «The Sky in a Room», un intervento dal forte valore simbolico che la Fondazione Nicola Trussardi ha voluto donare alla città di Milano dopo il difficile periodo di quarantena che ha segnato la vita pubblica e privata di milioni di italiani, in particolare dei cittadini della Lombardia.
Scenario del progetto, in cartellone fino al prossimo 25 ottobre (ingresso libero, con prenotazione), è la chiesa di San Carlo al Lazzaretto, edificio ottogonale di costruzione rinascimentale, nel quartiere di Porta Venezia, conosciuto dai milanesi anche come san Carlino e reso celebre da Alessandro Manzoni che qui ambientò una delle scene più struggenti del suo romanzo «l promessi sposi»: l’incontro, dopo mille traversie, tra Renzo e Lucia, entrambi sopravvissuti ai giorni travagliati della peste seicentesca.
Tra queste pareti fatte costruire da san Carlo Borromeo all’architetto Pellegrino Tibaldi, faro e conforto per molti malati durante le epidemie pestilenziali del 1576 e del 1630, ogni giorno, per sei ore consecutive (dalle 14 alle 20), cantanti professionisti si alterneranno, uno alla volta e per venti minuti ciascuno, all’organo proponendo un arrangiamento della canzone di Gino Paoli e dando così vita a «una ninna nanna infinita», a una sorta di mantra o di rosario ininterrotto.
«Dopo mesi trascorsi nello spazio chiuso delle proprie abitazioni, accanto ai propri cari o, più tristemente, lontani dai familiari e dagli affetti» – raccontano dalla Fondazione Trussardi, al suo diciottesimo anno di «attività nomade» nel capoluogo lombardo, con l’intento di riscoprire luoghi dimenticati o insoliti – «la performance di Kjartansson può essere letta come un poetico memoriale contemporaneo: un inusuale monumento e un’orazione civile in ricordo dei dolorosi mesi passati a immaginare il cielo in una stanza e a sognare nuovi modi per stare insieme e per combattere la solitudine e l’isolamento».
Già conosciuto dal pubblico milanese per l’installazione «The Visitors», presentata nel 2013 all’Hangar Bicocca, l’artista islandese si serve di vari media espressivi (video, performance, musica, pittura) per creare opere venate da un senso di profonda malinconia, spesso ispirate alla tradizione del teatro e della letteratura nordica del Novecento, con riferimenti al lavoro di Tove Janson, Halldór Laxness, Edvard Munch e August Strindberg, tra gli altri.
Cresciuto all’interno di un contesto artistico e musicale colto –i genitori sono attori teatrali di successo, la madrina è una cantante folk professionista– Kjartansson si è occupato a lungo di musica suonando con i Kanada, i Kósý, e i Trabant e il mondo delle sette note è cuore pulsante anche nel suo percorso artistico, iniziato nel 2007. «In particolare, -raccontano dalla Fondazione Trussardi- la ripetizione di suoni e gesti è un elemento fondamentale nelle composizioni e coreografie dell'artista, che sono state spesso descritte come forme di meditazione e di riflessione nelle quali ritornelli, frasi e arie musicali sono trasformate in litanie toccanti e mantra ipnotici».
A proposito dell’intervento «The Sky in a Room», commissionato nel 2008 da Artes Mundi e dal National Museum of Wales di Cardiff, con il supporto del Derek Williams Trust e dell'ArtFund, l’artista afferma: «Il cielo in una stanza è l'unica canzone che conosco che rivela una delle caratteristiche fondamentali dell'arte: la sua capacità di trasformare lo spazio. In un certo senso, è un'opera concettuale. Ma è anche una celebrazione del potere dell'immaginazione – infiammata dall'amore – di trasformare il mondo attorno a noi. È una poesia che racconta di come l'amore e la musica possano espandere anche lo spazio più piccolo, fino ad abbracciare il cielo e gli alberi». Perché, come diceva Oscar Wilde, «l’amore sa leggere ciò che è scritto sulla stella più lontana».

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Ragnar Kjartansson The Sky in a Room, 2018 – 2020 Performer, organo e canzone Il Cielo in una Stanza di Gino Paoli (1960)  Originariamente commissionato da Artes Mundi e Amgueddfa Cymru – National Museum Wales e acquisitor con il supporto di Derek Williams Trust e Art Fund A Milano, presentato e prodotto dalla Fondazione Nicola Trussardi alla Chiesa di San Carlo al Lazzaretto Courtesy dell’artista, Luhring Augustine, New York e i8 Gallery, Reykjavik Photo: Marco De Scalzi; [fig. 4] Chiesa di san Carlo al Lazzaretto, Milano

Informazioni utili 
 Ragnar Kjartansson. The Sky in a Room. Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, largo fra’ Paolo Bellintani, 1 - Milano. Orari: tutti i giorni, dalle 14 alle 20. Ingresso gratuito previa prenotazione. Prenotazioni: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-the-sky-in-a-room-120366640863. Informazioni: https://www.fondazionenicolatrussardi.com/mostre/the-sky-in-a-room/. Fino al 25 ottobre 2020. 

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