ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 4 dicembre 2024

Museo Canova di Possagno, riaperta l'Ala ottocentesca della Gypsoteca

Immerso tra le dolci colline venete del Prosecco, il Museo Gypsotheca «Antonio Canova» di Possagno, paesino in provincia di Treviso, ai piedi del Monte Grappa, ritorna di nuovo fruibile al pubblico nella sua completezza. Dopo sette anni, e un significativo intervento di restauro, ha riaperto i battenti l’Ala ottocentesca, struttura realizzata su commissione del vescovo Giovanni Battista Sartori, con il progetto dell’architetto veneziano Francesco Lazzari, fra il 1831 ed il 1836 per ospitare le opere dello scultore neoclassico Antonio Canova (Possagno, 1757–Venezia, 1822) presenti nel suo Studio romano in Via delle Colonnette, donati alla morte dell’artista alla sua città natale.

L’intervento conservativo, il cui quadro economico di spesa ha previsto un importo complessivo di 950mila euro (provenienti in massima parte dal Fondo Cultura), ha interessato il consolidamento strutturale e il miglioramento sismico della seconda e della terza campata dell’Ala ottocentesca; mentre l’atrio e la prima campata erano stati riqualificati nel 2018, lo stesso anno in cui le opere erano state temporaneamente spostate dalla loro sede originaria per consentire le operazioni di conservazione.

Contemporaneamente è stato attuato un riallestimento illuminotecnico di questo spazio, teso a esaltare la bellezza dei modelli originali in gesso, studi preparatori per le pregevoli opere marmoree di Antonio Canova, oggi presenti nei più prestigiosi musei del mondo.
Il nuovo impianto a Led indirizza fasci luminosi verso la volta, creando un effetto diffuso e riflesso che valorizza le opere e garantisce un’esperienza visiva immersiva. Inoltre, sono stati integrati dispositivi regolabili da remoto, progettati per generare scenari personalizzati e adattarsi alle diverse esigenze espositive.

In questi anni è stato, inoltre, possibile completare il progetto di digitalizzazione del complesso architettonico canoviano, grazie alla combinazione e integrazione di metodi e tecnologie innovative. Questo ha permesso la riproduzione immateriale dell’intero patrimonio artistico possagnese, arricchendo così l’offerta del museo con un nuovo virtual tour a disposizione del pubblico, che integra modelli 3D e fotografie sferiche ad alta definizione per offrire un’esperienza inclusiva e immersiva.

In questi anni, il museo veneto ha, comunque, garantito la propria continuità espositiva grazie agli altri suoi elementi fondanti: la Casa natale (dove sono custodite le opere pittoriche, i disegni, e incisioni e gli effetti personali dell’artista), l’Ala Scarpa della Gypsoteca, che trae il suo nome dal progettista Carlo Scarpa, invitato tra il 1955 e il 1957 a creare un Padiglione per le opere in argilla e una selezione di gessi canoviani provenienti da Venezia come «Ercole e Lica» e «Teseo in lotta con il centauro», nonché l’Ala Gemin (costruita nel 1992 per ospitare conferenze e seminari), la biblioteca, il giardino e il parco.

Ora, con la riapertura dell’Ala ottocentesca, il pubblico potrà nuovamente ammirare alcuni capolavori in gesso, tra i quali «Napoleone come Marte pacificatore» (1806), un’imponente statua celebrativa, alta oltre tre metri, che raffigura il generale Bonaparte nelle vesti di un dio greco mentre regge, con la mano sinistra, una lancia e, con la destra, il globo terrestre sormontato dalla dea Nike, personificazione della vittoria alata.

Tra le opere che ritornano visibili c’è anche il gesso dell’«Ercole e Lica» (1795-1796), prima delle statue colossali tra quelle eseguite da Antonio Canova, oggi alla Galleria nazionale di arte moderna di Roma, commissionata nel 1795 dal principe aragonese Onorato Gaetani, che dovette poi rinunciare all’acquisto per via delle sue avverse fortune politiche, e entrata, quindi, nella collezione del finanziere Giovanni Torlonia di Roma. «L’opera – si legge nella presentazione - è fortemente espressiva: il volto disperato dell’ingenuo Lica dalla cui bocca sembra diffondersi l’urlo di dolore; la mano aggressiva di Ercole che afferra i capelli del giovane traduce la forsennata aggressività e la ferocia dell’eroe; tutti i muscoli sono definiti nella più viva tensione».

Tra gli altri capolavori del museo si segnalano: «Le Grazie» (1813), commissionato da Giuseppina Beauharnais, ora all’Ermitage di San Pietroburgo, e in replica da John Russel, VI Duca di Bedford, e diventato patrimonio condiviso del Victoria & Albert Museum di Londra e delle National Galleries of Scotland di Edimburgo; e «Amore e Psiche» (1800), tra le opere più celebri della collezione, scelta spesso come emblema dell’amore, che rappresenta la contrastata e passionevole storia tra il dio Amore e la mortale Psiche, nel momento in cui si riuniscono dopo che lei ha affrontato le difficili prove inflittegli dalla dea Venere.

Passeggiare nel museo di Possagno, e nella ritrovata e restaurata Ala ottocentesca della Gypsoteca significa, dunque, immergersi nell’essenza dell’arte di Antonio Canova e scoprirne così il suo amore per la perfezione, la sua dedizione all’armonia. Le sculture in gesso dell’artista, modelli delle opere in marmo sparse nei musei di tutto il mondo, rivelano dettagli dall’eleganza senza tempo, perfetta sintesi di bello naturale e bello ideale.

Didascalie delle immagini
Le fotografie dell'Ala ottocentesca della Gypsoteca Antonio Canova di Possagno (Treviso) sono di Lino Zanuso

Informazioni utili
Possagno (TV), Museo Gypsotheca Antonio Canova, via Antonio Canova 74 - Possagno (Treviso). Orari: martedì-venerdì, 9.30-18.00; sabato, domenica e festivi, 9.30-19.00; ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Biglietti:. intero: €13,00; ridotto: €10. Informazioni: tel.0423.544323; posta@museocanova.it. Sito internet: www.museocanova.it 

martedì 3 dicembre 2024

A Venezia un convegno internazionale su Lucio Fontana, il maestro dello Spazialismo

«[…] Per andare più in là cosa devo fare? Io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere. Tutti han creduto che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non distrutto […]». Così Lucio Fontana (Rosario - Santa Fè - Argentina, 19 febbraio 1899 - Comabbio - Varese - Italia, 7 settembre 1968), il maestro dei «Tagli» e dei «Buchi», universalmente riconosciuto come il padre dello Spazialismo, movimento del quale scrisse (insieme con Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo e Milena Milani) il Manifesto programmatico nel 1947, spiegava la sua ricerca creativa, mossa dalla volontà di andare oltre la bidimensionalità della tela e la tridimensionalità statica della scultura alla scoperta della «quarta dimensione», dell’«infinito».

Considerato uno degli artisti più influenti del Novecento, l’autore italo-argentino, con alle spalle solidi studi in scultura con Adolfo Wildt all’Accademia di Belle arti di Brera, seppe tracciare, nel secondo Dopoguerra, una via alternativa al Neorealismo figurativo di Renato Guttuso e alle provocazioni concettuali di Piero Manzoni e Alberto Burri con un’arte che era semplice gesto e pura idea.

Autore di centinaia di opere, che dal novembre 1982 vengono certificate e autenticate da una fondazione nata a Milano per iniziativa della moglie Teresita Rasini, Lucio Fontana è sempre più al centro di esposizioni e pubblicazioni. Ed è altresì una vera e propria garanzia per i collezionisti, rivelandosi un investimento non solo al riparo dalle mode del momento, ma anche sempre più quotato sul mercato internazionale (lo scorso maggio Sotheby’s ha battuto all’asta a New York un «Concetto spaziale - La fine di Dio» dalle accese tonalità gialle, proveniente dalla collezione Cindy e Howard Rachofsky, a 23 milioni di dollari).

Per approfondire la figura dell’artista, alla luce degli studi più recenti, anche quelli sull’aspetto conservativo delle sue opere, la Fondazione Lucio Fontana, di concerto con l’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini e con il sostegno di Intesa San Paolo, ha ideato e promosso un convegno internazionale di studi della durata di due giorni, a ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili, in cartellone giovedì 5 e venerdì 6 dicembre a Venezia, che vedrà la partecipazione di ventuno relatori.

«Lucio Fontana: origini e immaginario» è il titolo dell’appuntamento, che si avvale del coordinamento scientifico di Silvia Ardemagni, Luca Massimo Barbero e Maria Villa, e che gli studiosi potranno seguire anche on-line, sul canale YouTube dell’istituzione lagunare, ripercorrendo la vitale parabola creativa dell’artista italo-argentino, caratterizzata da sperimentazioni costanti, in un percorso che spazia dagli anni Venti al termine degli anni Sessanta del XX secolo.

«Il convegno riconferma l’interesse manifestato dalla Fondazione Giorgio Cini nei confronti del maestro italo-argentino, protagonista di diversi momenti di approfondimento ospitati e promossi dall’istituzione veneziana: la «Mostra di Disegni e Opere Grafiche di Lucio Fontana» già nel 1972; il convegno del 2014 «Arte figurativa e arte astratta 1954-2014» e la borsa di studio «Lucio Fontana, periodo argentino: monumenti progetti e opere» bandita nel 2022 nuovamente in stretta sinergia con la Fondazione Lucio Fontana», spiega Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’arte.

Un primo focus della due giorni sarà riservato, nella mattinata di giovedì 5 dicembre, a indagare l’immaginario che ha nutrito l’avanguardia fontaniana. Ester Coen, docente di storia dell’arte contemporanea all’Università degli studi dell’Aquila, parlerà delle radici futuriste. Nico Stringa, già docente all’Università Ca’ Foscari a Venezia, approfondirà il rapporto con Arturo Martini. Valerio Terraroli, professore ordinario all’Università degli Studi di Verona, terrà un intervento sulla scultura in ceramica. Francesco Tedeschi, dell’Università Cattolica di Milano, parlerà del dialogo instaurato con l’Astrattismo italiano ed europeo. Infine, Giovanni Bianchi, docente all’Università degli studi di Padova, terrà una relazione dal titolo «Intorno allo Spazialismo veneziano: il richiamo dell’ombra in Mario Deluigi e in Lucio Fontana».

Un secondo piano di riflessione si concentrerà, nel pomeriggio di giovedì 5 dicembre, sui luoghi fontaniani, in un percorso in bilico tra Argentina e Italia. La storica dell’arte Daniela Alejandra Sbaraglia racconterà gli esordi dell’artista nell’atelier del padre scultore e la sua formazione negli anni Venti a Rosario, mentre Lorena Mouguelar seguirà le tracce della «nuova sensibilità» che emergeva, proprio in quel periodo, nel Paese latinoamericano. Luca Bochicchio, dell’Università degli Studi di Verona, porterà, dunque, il pubblico sulle rive del mar Ligure, nella vivace fornace di Albisola Marina, nel Savonese, importante fucina creativa per gli artisti novecenteschi, dove Lucio Fontana arrivò per la prima volta nel 1935, operando inizialmente alla manifattura di Giuseppe Mazzotti, e che frequentò fino agli anni Sessanta, come dimostra il suo atelier in piazza Pozzo Garitta. Sileno Salvagnini parlerà, invece, delle partecipazioni del maestro italo-argentino alla Biennale di Venezia, a partire dagli anni Trenta e fino al 1966, l’anno della vincita del Premio per la pittura con cinque tele bianche attraversate da un unico taglio. Mentre la storica dell’arte Giorgina Bertolino racconterà il rapporto dell’artista con la Torino degli anni Sessanta.

I lavori della giornata di venerdì 6 dicembre si apriranno, invece, con un focus sugli anni Cinquanta e Sessanta e sulla fortuna internazionale del maestro italo-argentino. «Il rapporto con Charles Damiano e il suo ruolo nella promozione internazionale di Fontana tra Inghilterra e Stati Uniti» è il titolo della prima relazione, a cura di Paolo Campiglio (Università degli Studi di Pavia); mentre Silvia Bignami (Università degli Studi di Milano) parlerà della presenza dell’artista a Parigi. Stefano Turina (Università Vita – Salute San Raffaele di Milano) analizzerà, invece, la precoce fortuna in Giappone, nel periodo tra il 1953 e il 1968. Infine, Francesco Pola (Università degli Studi di Torino) racconterà i rapporti con il Gruppo Zero in Germania.

Non mancherà, nella mattinata di venerdì 6 dicembre, una conferenza sul particolare e caratterizzante rapporto di Lucio Fontana con la materia, che vedrà come relatrice la restauratrice Barbara Ferriani.

Una parte del convegno verrà, poi, dedicata ad approfondire il tema delle mostre, selezionando alcuni casi di studio tra le numerosissime che hanno fornito delle letture critiche pionieristiche. Luca Pietro Nicoletti (Università degli Studi di Udine) racconterà l’interpretazione di Enrico Crispolti che si consolida a partire dalla mostra «Omaggio a Fontana» del 1963. Francesco Guzzetti (Università degli Studi di Firenze) si concentrerà sulla personale al Walker Art Center di Minneapolis nel 1966. Chogakate Kazarian (curatrice e storica dell’arte) ripercorrerà, un decennio dopo, la preparazione della mostra «Lucio Fontana, rétrospective», tenutasi nel 2014 al Musée d’Art moderne de la Ville de Paris, illustrandone le questioni accademiche e pratiche e affronterà alcune riflessioni sull'impatto dell’esposizione. Marina Pugliese (Mudec, Milano) si soffermerà sulle ragioni della mostra «Lucio Fontana. Ambienti/Environments», allestita al Pirelli HangarBicocca nel 2017.

Infine, partendo dall’esposizione «Lucio Fontana. Scultpture», curata nel 2022 da Luca Massimo Barbero nella galleria newyorchese di Hauser & Wirth – negli stessi spazi dove l’artista ebbe, nel 1961, la sua prima personale statunitense -, Cristina Beltrami (storica dell’arte) racconterà come questa esperienza abbia offerto l’occasione di ribadire come l’artista italo-argentino sia stato in primis uno scultore.

In chiusura della sessione, e dell’intero convegno, Gianni Caravaggio rifletterà, attraverso la sua esperienza d’artista, sulla definizione dei «Concetti spaziali» di Lucio Fontana, come dispositivi che predispongono in modo evocativo a un peculiare e originario atto immaginativo e mentale.

Didascalie delle immagini
1.Lucio Fontana a Venezia, 1960-1961 ; 2. Lucio Fontana, Concetto spaziale, la luna a Venezia, 1961, acrilico su tela, buchi e vetri, 150 x 150 cm. Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie D’Italia, Milano. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 3. Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1968, idropittura su tela, tagli, 100 x 81 cm. Collezione privata. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 4. Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1954, olio e tecnica mista su tela, buchi e vetri, 65 x 80 cm. Collezione privata. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 5. Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1962-63, terracotta smaltata, lustrata e squarci, 25,5 x 23,5 cm. Collezione privata. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 6. Lucio Fontana, Concetto spaziale, Venice moon, 1961, olio su tela, tagli e incisioni, 150 x 150 cm. Fondazione Lucio Fontana, Milano. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 7. : Lucio Fontana, Concetto spaziale, Teatrino, 1964-65, idropittura su tela, buchi e legno laccato, 102 x 83 cm. Collezione privata. © Fondazione Lucio Fontana, Milano; 8. Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1959, aniline su tela, tagli e buchi, 97 x 130 cm. Fondazione Lucio Fontana, Milano. © Fondazione Lucio Fontana, Milano

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lunedì 2 dicembre 2024

«The Softest Hard»: Il 2025 di Museion Bolzano è all’insegna dell'«arte come resistenza urbana non violenta»

Si avvia verso il quarantesimo compleanno Museion, il museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano, diretto da Bart van der Heide e presieduto da Marion Piffer Damiani, che nel 2025 festeggerà l’anniversario con un progetto multidisciplinare intitolato «The softest Hard».

Mostre ed eventi collaterali indagheranno, dunque, il «radicalismo gentile» e l’«attivismo culturale», ovvero l’arte come pratica urbana e sociale in grado di promuovere la democrazia, la solidarietà, l’emancipazione e l’uguaglianza. Br> Due saranno le esposizioni in programma. Si inizierà con la collettiva «Graffiti», in agenda dalla prossima primavera (dal 29 marzo al 14 settembre 2025), che porterà per la prima volta all’interno di un museo italiano la street art, raccontando questa forma di espressione creativa attraverso una cinquantina di protagonisti internazionali.
Il percorso espositivo, a cura di Leonie Radine e Ned Vena, combinerà dipinti spray precedenti ai graffiti, degli anni Cinquanta e Sessanta, pezzi di famosi writers e una vasta gamma di opere di artiste e artisti contemporanei internazionali, che hanno incorporato i graffiti nel loro lavoro per varie ragioni e in molteplici forme.
Monica Bonvicini, Futura 2000, Keith Haring, Jenny Holzer e Lady Pink, Lee Quiñones, Carol Rama, Rammellzee, RLawrence Weiner, Dondi White, Martin Wong e LA II, Christopher Wool sono alcuni degli autori in mostra.

Nei due piani di Museion accanto a lavori ormai storicizzati saranno presentate anche opere site specific; l’apertura della mostra sarà anticipata dalla proiezione del film «News from Home» (1976) di Chantal Akerman, organizzata in collaborazione con il Filmclub Bozen Bolzano.

La seconda mostra in cartellone, in programma dall’autunno 2025 (dall’11 ottobre al 28 febbraio 2026) sarà «I Am The Last Woman Object», a cura di Leonie Radine: una retrospettiva sull'audace lavoro di Nicola L. (1932-2018), le cui sculture morbide, tele indossabili, performance pubbliche e opere cinematografiche sono intrise di attivismo femminista e antirazzista. Le sue sculture funzionali, come armadi e divani a forma di corpi o parti del corpo, sono solo gli esempi più noti della sua protesta non violenta nei luoghi di azione collettiva.
Oltre a questi progetti, la mostra rivela ulteriormente la diversità del lavoro di Nicola L., presentando dipinti indossabili – chiamati pénétrablescollage e disegni, happening urbani attivisti, fino ad ambienti e film sperimentali.

Accanto alle mostre internazionali, Museion Bolzano celebrerà e valorizzerà la propria crescente collezione attraverso il programma di Museion Academy, uno spazio virtuale e fisico dove approfondire temi e condividere saperi con un’attenzione precipua ai pensatori e alle pensatrici di domani, che si articolerà in una serie di progetti espositivi a «Museion Passage» e nel «Piccolo Museion – Cubo Garutti», nonchè nella rivista on-line «Museion Bulletin», nel format educativo Lifelong Learning e in partnership accademiche come la prima edizione del Master in Contemporary Museum Practices Foam (da marzo 2025 a febbraio 2026), un programma post-laurea in lingua inglese promosso con la Libera Università di Bolzano – Facoltà di design e arti.

Il programma di Museion Passage per il 2025 è incentrato sul ruolo dell'archivio, sia come qualcosa di già esistente e da valorizzare attraverso connessioni con altre realtà, che come qualcosa di emergente, prodotto di nuove iniziative di ricerca.
Il programma approfondisce le collaborazioni, i rapporti professionali e personali tra collezionisti e artisti, esemplificati dal caso del collezionista, editore e mecanate Francesco Conz (Cittadella, 1935 - Verona, 2010) nell'anno in cui ricorre il novantesimo anniversario dalla sua nascita.
L’esposizione, a cura di Frida Carazzato, presenterà (dall’11 aprile 2025 al 31 gennaio 2026) per la prima volta le edizioni di vari artisti e artiste legati alla poesia concreta e a Fluxus, alcune delle quali donate a Museion dallo stesso collezionista.

È, poi, in programma un progetto di ricerca speciale dedicato all'artista altoatesino Sven Sachsalber (1987-2020), nel quinto anniversario della morte, ponendo le basi per la conservazione e valorizzazione del suo lascito artistico.
A Museion Passage (dal 5 dicembre 2025 al 31 gennaio 2026), un'installazione grafica - curata da Claudia Polizzi, in collaborazione con Bau - traccerà una mappa delle opere dell’autore e della rete di contatti che hanno plasmato la sua pratica artistica.

Parallelamente a questa presentazione, verrà avviato un dibattito istituzionale per esplorare il ruolo dei musei nella conservazione, nello studio e nella valorizzazione degli archivi d'artista.
Il programma 2025 verrà ulteriormente arricchito da nuove acquisizioni e pubblicazioni, tra cui «Lucia Marcucci. Tutto qui?» , il primo studio completo sull’artista nota per il suo approccio visionario al linguaggio nell'arte, realizzato in collaborazione con Ar/Ge Kunst di Bolzano e grazie al sostegno del programma Italian Council (2024) promosso dalla Direzione generale Creatività contemporanea del Ministero della Cultura.

Museion amplia, inoltre, il suo impatto attraverso prestiti significativi, come nella collaborazione con la Biblioteca cantonale di Lugano, che ospiterà una mostra legata all'Archivio di Nuova Scrittura, realizzata in collaborazione con il Mart di Rovereto.

Infine il Museion Art Club Forum sarà uno spazio vibrante per le subculture e un palcoscenico per la musica sperimentale, la poesia, la scrittura creativa e le arti performative, con un’attenzione particolare nei confronti del pubblico più giovane. In particolare, il 13 settembre il museo trentino presenterà una speciale celebrazione in occasione del suo quarantesimo anniversario e dei venticinque anni di Transart Festival. L'evento, con porte aperte 24 ore su 24, sarà un omaggio all'iconica inaugurazione della nuova sede di Museion del 2008, creando un legame simbolico tra passato e presente. Arte e comunità locale si incontreranno nelle sale dello spazio espositivo per raccontare l’importanza dell’attivismo culturale, soprattutto in questi nostri tempi caratterizzati da onnipresenti conflitti internazionali. L’arte diventerà così, ancora una volta, uno strumento di impegno sociale.

Didascalie delle immagini 
1. Robert Lax, Red –  yellow – blue, 1990. Museion Collection. Photo: Augustin Ochsenreiter; 2. Dan Christensen 1942 - 2007, O, 1968. © Estate of Dan Christensen. Courtesy Berry Campbell, New York; 3 Rammellzee, Future Futurism, 1984. Groninger Museum, loan from private collection. Photo: Marten de Leeuw. Courtesy The Estate of Rammellzee; 4. Nicola L., Little TV Woman: ‘I Am the Last Woman Object', 1969. Courtesy XXO Collection © Nicola L. Collection and Archive. Photo: Kyle Knodell; 5. Nicola L., Frida Kahlo, 2006. Courtesy: Nicola L. Collection and Archive and Alison Jacques © Nicola L. Collection and Archive. Photo: Michael Brzezinski; 6. Sven Sachsalber, Hands, 2015-2016. Photo: Lineematiche - L. Guadagnini / T. Sorvillo

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