ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 11 dicembre 2024

Bologna, alla Galleria Davia Bargellini un’opera di Bartolomeo Passerotti dalla collezione Geo Poletti

Rimarrà in mostra per cinque anni al Museo civico d'arte industriale e Galleria Davia Bargellini di Bologna il «Ritratto di vedova» di Bartolomeo Passerotti (Bologna, 1529 - ivi, 1592), «bonisimo disegnatore e coloritore», per usare la testimonianza presente nella «Graticola» (1560 circa) di Pietro Lamo, che è stato fondamentale per la formazione della dinastia Carracci e per la nascita della grande pittura bolognese della fine del Cinquecento e dell’inizio del Seicento.
L’opera, concessa in comodato d’uso gratuito ai Musei civici d’arte antica della città felsinea, proviene dalla collezione di Ruggero Poletti, noto a tutti come Geo (Milano 1926 – Lenno, Como 2012), storico dell’arte, connoisseur, pittore e collezionista che formò la sua raccolta tra Milano, Londra e Lugano a partire dagli anni Cinquanta del Novecento.

Acquistato sul mercato antiquario il 24 marzo 1976, in un’asta nella sede londinese di Sotheby’s, e reso noto per la prima volta da Giovanna Poletti (1985), il dipinto è una significativa testimonianza della produzione tarda di Bartolomeo Passerotti, artista formatosi con Iacopo Barozzi detto il Vignola e con il coetaneo Taddeo Zuccari, che, nella sua città natale, si dedicò principalmente all’esecuzione di grandi pale d’altare in cui elementi della pittura nordica si univano a caratteri di stile tipici del Manierismo romano e delle opere modenesi del Correggio.

L’opera, databile intorno o poco dopo il 1585, raffigura senza accomodamenti un’anziana dama, che la veste nera e il velo bianco sul capo indicano in stato vedovile.
La posa con l’indice della mano inserito fra le pagine a tenere il segno nel piccolo libro di preghiera, la cui lettura è stata temporaneamente interrotta, rivela le prerogative della ritrattistica passerottiana, volta a cogliere – scrisse Carlo Cesare Malvasia nel 1678 - i personaggi «non fermi e insensati», ma «in azione e in moto», «a ciascuno […] adattando quell’azione e quel gesto che fu più particolare e frequente alla natura e al genio di quel soggetto».

Nella scheda critica dell’olio su tela, delle dimensioni di 66 x 50 centimetri, Maria Angela Ghirardi argomenta come la tipologia del soggetto rappresentato – quella dell’anziana dama devota – sia propria degli anni inoltrati dell’età tridentina. Nell’immagine si coglie, inoltre, «un nuovo accostarsi al personaggio e alla sua psicologia più «intimo» e «naturale». Illustrata senza orpelli, la vecchia si distoglie un momento dalla lettura e guarda, calma, verso lo spettatore. È forse la cordialità di una pacata vita familiare, quale trapela dall’immagine, ad aver indotto il sospetto di un’improbabile e non fondata identificazione della dama con Cornelia Ricci, seconda moglie di Passerotti».

La formula del «ritratto istoriato», ideata da Passerotti, si affermò con grande successo nell’orizzonte culturale della Bologna pontificia dopo la riforma tridentina, dove il vescovo Gabriele Paleotti stava elaborando il suo celebre trattato, edito nel 1582, in cui esplicitava la funzione pedagogica ed edificante delle immagini. L’esemplarità di vita della vedova devota pareva, quindi, ben conformarsi a questi intenti, rivelando la capacità del pittore di interpretare le esigenze dell’epoca. Tutt’altro, dunque, che finalizzato a uno scopo adulatorio, il ritratto doveva rispettare il criterio del «decoro», restituendo la fisionomia del personaggio con estrema onestà, senza alterarla o correggerla.

Apprezzato anche in altri generi artistici – fu, fra l’altro, l’iniziatore a Bologna di una nuova pittura «di genere» che, alla maniera fiamminga, tornò a guardare la vita con piglio di verità rappresentando le classi più umili nella loro quotidianità – Bartolomeo Passerotti incontra grande fortuna soprattutto come ritrattista, realizzando alcuni dei capolavori della ritrattistica cinquecentesca per l’altissima qualità esecutiva.
L’artista fu attivo per le più alte gerarchie religiose (addirittura per i papi Pio V e Gregorio XIII) e per le famiglie aristocratiche e senatorie, come era uso già nel Quattrocento. Tra queste figurano i Bargellini, per i quali il pittore realizzò una serie di ritratti rievocativi dei membri più illustri, un tempo allestiti nelle gallerie del palazzo in Strada Maggiore. Il ritratto di Filippo Gaspare Bargellini è stato riferito a Bartolomeo Passerotti da Renzo Grandi nel 1987, insieme a quelli di Ovidio e Lattanzio Bargellini; mentre i più noti ritratti di Gaspare, figlio di Filippo, e di Pietro Annibale Bargellini sono da tempo attribuiti all’artista che, secondo la testimonianza di Marcello Oretti, svolse intensa attività per questa famiglia, assieme al figlio Ventura.
«Vivificati dal gesto delle mani» (Angela Ghirardi, 1990), atteggiate secondo l’eloquenza retorica di Quintiliano, i cinque ritratti sono databili entro la prima metà degli anni Settanta del Cinquecento, ed erano probabilmente destinati a comporre una galleria di antenati e illustri esponenti del nobile casato bolognese. E proprio accanto a queste pregevoli opere di grandi dimensioni, gli eredi di Ruggero Poletti hanno espresso il desiderio che anche il «Ritratto di vedova» vada esposto, andando così ad arricchire le collezioni del Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini.

Grazie a questo ritratto, i bolognesi e i turisti avranno così l’occasione di incuriosirsi e, di conseguenza, di scoprire una collezione d’arte di rilievo all’interno della temperie culturale del secondo Novecento, nata anche dalla consuetudine quotidiana con Giovanni Testori e Roberto Longhi, che guarda principalmente alla pittura lombarda, allora trascuratissima, e agli artisti del Sei e Settecento che si mossero sulle orme del Caravaggio. Tra nature morte, dipinti mitologici, scene sacre e ritratti, la raccolta di Ruggero Poletti, costruita con occhio attento alla qualità e senza preclusioni verso gli anonimi e gli artisti considerati minori, annovera al suo interno artisti come Tanzio da Varallo, Il Cerano, Giacomo Ceruti e Fra’ Galgario, ma anche autori come Bartolomeo Passerotti, Camillo Boccaccino, Pier Francesco Mola e Paolo Pagani, oltre agli spagnoli Velázquez e Ribera.

Didascalie delle immagini
Bartolomeo Passerotti (Bologna, 1529 - ivi, 1592), Ritratto di vedova. Olio su tela, cm 66 x 50. Collezione Geo Poletti

Informazioni utili 
Museo civico d'arte industriale e Galleria Davia Bargellini - Bologna. Orario di apertura: martedì, mercoledì, giovedì 10.00 - 15.00; venerdì 14.00 - 18.00; sabato, domeni-ca, festivi 10.00 - 18.30; Chiuso lunedì non festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. +39 051 236708 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/daviabargellini

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