Basandosi su un ricco patrimonio di mitologia antica, il pittore romano, che aveva già partecipato alla prima edizione della Biennale, quella del 1985, con uno «Studio di testa», per poi diventarne un assiduo partecipante e collaboratore, decide di illustrare «Il poema della vita umana», ciclo pittorico destinato a divenire uno dei più grandi e significativi lavori di arte decorativa pubblica.
L’impresa è «titanica»: l’artista ha a disposizione solo nove mesi per concepire e portare a termine oltre 240 metri quadrati di pitture. Per questo sceglie di adottare una tecnica abbastanza rapida, che fa uso – per sua stessa ammissione - di «una miscela di cera, acquaragia e olio di papavero». La composizione è confermata dalle analisi del Laboratorio di scienze per la conservazione del Dais - Università Ca’ Foscari di Venezia, fatte in occasione del più recente restauro, avvenuto tra il 2018 e il 2019.
La complessa iconografia ideata - vista e avvallata anche da Gabriele D’Annunzio - viene raccontata per la prima volta in una lettera del Natale 1906 allo stesso Antonio Fradeletto: «Vedrai, - scrive Giulio Aristide Sartorio - ci saranno delle cose felici, il ripiglio di molti temi sì cari ai neo-platoni della nostra rinascenza. In alto (è la parte in via d’esecuzione) ci sarà la lotta della castità e la lussuria, ed i carri degli uomini casti e delle donne lussuriose sono tirati dai liocorni e dalle pantere bacchiche. Sotto le cariatidi maschili sorreggono la targa ed a destra ci sarà l’Invidia, Psiche ed Amore, ed a sinistra – Atropos (la parca che taglia il filo), Anteros e la Fortuna».
Il risultato finale è una visione drammatica e potente dell’esistenza umana, vista come lotta contro le forze ostili che sin dalla nascita ci insidiano, la cui complessa iconografia fonde mitologia mediterranea e cultura nordica. Il ciclo pittorico, privo di elementi architettonici e dal «clima teutonico», per usare un’espressione di Nico Stringa, ci sovrasta con «figure enormi, michelangiolesche, esagerate nella loro icastica espressività», che – afferma Elisabetta Barisoni - «ci catapultano immediatamente in un altro mondo, in un’epoca di classicità dove il dialogo con l’antico è felice e reale. Il colore, sapientemente dosato nei toni dei bruni e delle dorature, descrive un ambiente dove l’essere umano risulta piccolo rispetto ai simboli eterni rappresentati dalle figure».
Prima del 21 aprile 1907, giorno di inaugurazione della VII Biennale d’arte, le quattordici scene realizzate dall’artista per «Il poema della vita» vengono collocate ai Giardini e rimangono in situ anche nell’edizione successiva, fino a quando, nel 1909, il re Vittorio Emanuele III le dona a Ca’ Pesaro, sede dell’allora neonata Galleria internazionale d’arte moderna di Venezia.
Per tutta estate, in questo importante edificio barocco, progettato da Baldassare Longhena e donato nel 1902 alla città dalla duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, una mostra, a cura di Matteo Piccolo e Elisabetta Barisoni, permette non solo di rivedere l’ambizioso fregio sartoriano, allestito nel salone del secondo piano, ma anche di rivivere le emozioni sperimentate dai visitatori della Biennale del 1907.
Accanto alle quattro composizioni principali (raffiguranti la «Luce», le «Tenebre», l’«Amore» e la «Morte») e ai dieci teleri verticali (dove sono rappresentate la «Grazia» e l’«Arte» sorrette dall’energia virile), l’esposizione presenta, infatti, due opere che erano esposte, quell’anno, nel Padiglione centrale dei Giardini: «La bagnante», scultura dalla classicità ideale, realizzata dal tedesco Max Klinger nel 1897, e «Il pensatore» di Rodin, opera dalla riflessione esistenzialista, datata 1907, entrata nelle collezioni del museo civico veneziano lo stesso anno per iniziativa del sindaco Giovanni Grimani.
La mostra rievoca, inoltre, lo spirito del tempo presentando, in altre sale del secondo piano, lavori esposti nelle Biennali degli anni 1907 e 1909, contestualmente giunti nelle collezioni capesarine, partecipi del sogno simbolista, del realismo, fino alle soglie delle avanguardie storiche. Unitamente, trova ampio spazio la documentazione dell’importante restauro a cui il ciclo pittorico è stato sottoposto.
Tra pitture di paesaggio, dove la natura diventa luogo dell’anima, scene di sogno e mistero, con visioni femminili languide e misteriose, e fondi in foglia d’oro, che donano un’aurea di lusso alla pittura simbolista e secessionista dei primi decenni del Novecento, il visitatore può ammirare lavori, tra gli altri, di Henri Fantin-Latour, Ettore Burzi, Galileo Chini, Jules Van Biesbroeck, Giacomo Grosso e della scuola belga, la prima ad avere un proprio Padiglione nazionale ai Giardini nel 1907, con artisti come Georges Minne e Jean Delvin.
Opera dopo opera, la mostra veneziana conduce al 1910, un anno simbolico per Ca’ Pesaro che, grazie all’intuizione del direttore Nino Barbantini, acquisisce quella che è ancora oggi la tela più celebre della sua raccolta: «Giuditta II» di Gustav Klimt, capolavoro esposto nelle sale del primo piano, prosecuzione ideale della mostra, con il suo conturbante erotismo e con il suo contorno in oro, simbolo di trascendenza ed eternità.
Opera dopo opera, la mostra veneziana conduce al 1910, un anno simbolico per Ca’ Pesaro che, grazie all’intuizione del direttore Nino Barbantini, acquisisce quella che è ancora oggi la tela più celebre della sua raccolta: «Giuditta II» di Gustav Klimt, capolavoro esposto nelle sale del primo piano, prosecuzione ideale della mostra, con il suo conturbante erotismo e con il suo contorno in oro, simbolo di trascendenza ed eternità.
Didascalie delle immagini
1. Giulio Aristide Sartorio, Il Poema della Vita Umana / The Poem of Human Life, 1906-1907. Olio e cera su tela / oil and wax on canvas. Donazione / donated by Vittorio Emanuele III 1909. La Luce / Light, cm 515 × 642, inv. 431; 2. Giulio Aristide Sartorio, Il Poema della Vita Umana / The Poem of Human Life, 1906-1907. Olio e cera su tela / oil and wax on canvas. Donazione / donated by Vittorio Emanuele III 1909. La Morte / Death, cm 513 × 712, inv. 434; 3. Giulio Aristide Sartorio, Il Poema della Vita Umana / The Poem of Human Life, 1906-1907. Olio e cera su tela / oil and wax on canvas. Donazione / donated by Vittorio Emanuele III 1909. L’Amore / Love, cm 513 × 711, inv. 433; 4. Giulio Aristide Sartorio, Il Poema della Vita Umana / The Poem of Human Life, 1906-1907. Olio e cera su tela / oil and wax on canvas. Donazione / donated by Vittorio Emanuele III 1909. Le Tenebre / Darkness, cm 515 × 646, inv. 432; 5. Galileo Chini, Il giogo / The Yoke, 1907. Olio su tela / oil on canvas, cm 124 × 124, inv. 373. Donazione / donated by Società veneziana navigazione a vapore 1907
Informazioni utili
Giulio Aristide Sartorio. Il poema della vita umana. Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Santa Croce 2076 - Venezia. Orari: 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00), chiuso il lunedì. Ingresso: € 14,00. Sito web per informazioni. http://capesaro.visitmuve.it/en/sartorio. Fino al 28 settembre 2025