ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 12 giugno 2020

Teatri e Covid-19, il coraggio di riaprire. Da Milano a Bologna, da Novara ad Ancona, gli spettacoli di chi il 15 giugno alza il sipario

È un momento difficile per il settore dello spettacolo dal vivo. Pensare che il lockdown dovuto all’emergenza Coronavirus sia stato solo un intervallo tra il primo e il secondo tempo di una stessa pièce potrebbe essere fatale per il mondo del teatro e della musica. Lo sostengono in molti.
Sono le stesse norme presenti nel Decreto del presidente del Consiglio, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 17 maggio, a far capire che quella che dovrebbe essere la «nuova quotidianità» per chi sale sul palco o si siede in platea, almeno fino alla scoperta del vaccino, presenta non poche criticità.
Sulla carta la ripresa delle attività è prevista per lunedì 15 giugno; ma le misure di contingentamento, che di fatto diminuiscono drasticamente i posti a sedere, e altre norme contenute nel Decreto -dalla sanificazione quotidiana di tutti gli ambienti alla predisposizione di apposita segnaletica per il distanziamento fisico di almeno un metro tra le persone, senza dimenticare gli investimenti per un’adeguata areazione degli spazi e per la protezione del personale- rendono la riapertura poco sostenibile economicamente per molte realtà, soprattutto per le più piccole.

Musei versus teatri: la «Fase 2 della cultura» in una ricerca della Bocconi
A evidenziare la situazione è stato di recente l’SDA Bocconi Arts and Culture Knowledge Centre con una ricerca coordinata da Andrea Rurale, che ha messo a confronto musei e teatri. I primi, durante la quarantena, hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali nel 48,7% dei casi, gli altri per il 76,5% del campione preso in esame formato da fondazioni liriche sinfoniche, teatri di tradizione e associazioni indipendenti.
Le percentuali, molto diverse, parlano anche di una differente ripresa. «I musei avranno più facilità a riaprire -racconta Andrea Rurale, presidente anche del Fai Lombardia e del Conservatorio di Cremona-. Il distanziamento sociale è impensabile in una sala teatrale sia tra il pubblico, dove metà della platea risulterebbe vuota, sia sul palcoscenico dove si potrebbero mettere in scena solo monologhi. Inoltre nei musei le opere sono già presenti ed esposte e ci si può organizzare per limitare gli accessi e predisporre nelle sale percorsi obbligatori. I teatri, invece, devono interagire con manager e artisti oltre che con il pubblico». A supporto di questa considerazione, la ricerca presenta un dato che parla da solo: il 73,5% dei teatri ha risolto, o pensa di risolvere, contratti per causa di forza maggiore; i musei solo nel 17,9 dei casi.

Gli italiani e la cultura durante la quarantena: #iorestoacasa, ma vado a teatro in streaming
Anche il rapporto con il web è stato differente: i musei hanno creato un vero e proprio storytelling con curiosità sulle loro collezioni, lezioni di storia dell’arte e visite virtuali; i teatri hanno, nella maggior parte dei casi, pescato dai loro archivi per creare contenuti offrendo, a titolo gratuito, spettacoli delle passate stagioni. Basti pensare all’esperienza del Carlo Felice di Genova, che ogni sera sulla sua web tv ha proposto concerti e balletti, o al San Carlo di Napoli, alla Fenice di Venezia, al Piccolo di Milano e al teatro dell’Opera di Roma, che hanno aperto virtualmente, e sempre gratuitamente, i loro sipari sui social.
Molte sono, poi, le piccole compagnie che hanno usato il web per mantenere un contatto, una relazione, un filo con il pubblico offrendo intrattenimento e lettere performative a titolo gratuito, proposte in molti casi da dimenticare per il collegamento incerto o per la pochezza dei contenuti.
L’offerta gratuita di spettacoli sul web «ha sottolineato ulteriormente la precarietà di un modello di business che dipende troppo dagli introiti dei biglietti e dalle sponsorizzazioni, che - ricorda Andrea Rurale- in questa fase sono state quasi interamente riversate sul fronte sanitario». Tanto è vero che molti teatri italiani hanno chiesto al loro pubblico di rinunciare a voucher e rimborsi degli abbonamenti e dei biglietti per gli spettacoli non andati in scena, manifestando così concretamente la propria solidarietà nei confronti di un settore che più di altri sta subendo la crisi.
Lo streaming, ma a pagamento, con la creazione di una sorta di Netflix della cultura, è stata la prima proposta del ministro Dario Franceschini per una ripresa del settore. Ma l’idea non è piaciuta agli addetti ai lavori perché il teatro, quello vero, è un linguaggio di prossimità e di contatto che vive del rapporto e dell’affiatamento tra gli attori, tra i musicisti, tra chi sta sul palco e il pubblico, tra chi recita e lo spazio circostante: elementi, questi, che rendono lo stesso spettacolo differente e unico ogni sera.

15 giugno: le regole per la riapertura dei teatri
E così il 15 giugno, dopo quattro mesi di silenzio, il mondo del teatro riparte, o almeno prova a ripartire. Il sì alla nuova fase è legato a una serie di misure da rispettare «imprescindibilmente», tutte contenute nell’allegato numero 9 del Dpcm datato 17 maggio 2020: capienza di massimo mille posti all'aperto e duecento al chiuso, misurazione della temperatura corporea all'ingresso, posti a sedere preassegnati, utilizzo obbligatorio della mascherina per gli spettatori, distanziamento sociale per attori e pubblico, periodica igienizzazione degli spazi anche con gel sanificanti a disposizione degli utenti, adeguata aerazione naturale della sala e ricambio d'aria costante, limitazione dell'uso del contante, comunicazione, anche tramite video, delle misure di sicurezza da seguire all’interno del teatro.

Milano, Novara, Bologna: teatri ai nastri di partenza
Ci vuole una buona dose di coraggio a riaprire il sipario in queste condizioni e quel coraggio non manca a Emilio Russo, reduce da una lunga battaglia per la sopravvivenza della sua sala che rischiava di essere trasformata in un parcheggio.
«Ci sarà tempo per le lotte, per gli aggiustamenti, per il buon senso. Ora no! Ora è il tempo di esserci anche con 100, 10, 1 spettatore, non importa, davvero non importa», dice il direttore artistico del teatro Menotti di Milano. Da qui la decisione di riaprire subito: lunedì 15 giugno, un minuto dopo la mezzanotte, Andrea Mirò, Enrico Ballardini e Musica da ripostiglio saliranno in scena, nel rispetto delle norme sanitarie, con «Far finta di essere sani» di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, nell’adattamento e per la regia di Emilio Russo.
Lo spettacolo, in replica alle 20.30 del 15 e del 16 giugno, «affronta -raccontano dal Menotti di Milano- i temi universali del disagio sociale e generazionale, puntando l’attenzione sull’essere schizoide dell’uomo contemporaneo. Da una parte pronto agli slanci ideali, dall’altra tenuto a terra dal proprio egoismo e dai finti bisogni materiali. Temi e contenuti quanto mai attuali in questo tempo post Covid».
Riparte subito anche il teatro Faraggiana di Novara, che in questi mesi di quarantena ha abbracciato virtualmente il suo pubblico con i «Vespri danteschi», una lettura della «Divina Commedia» a cura di Lucilla Giagnoni, e «I racconti da casa»; mentre l’altro teatro della città piemontese, il Coccia, sperimenta le potenzialità dell’on-demand a pagamento sulla nuovissima piattaforma digitale OnTheatre, con «Alienati – Opera Smart Working», storia di un gruppo di persone alle quali è richiesto di rimanere chiusi in casa a causa di un’invasione aliena.
«Magnificat nostop» è la proposta che il teatro Faraggiana fa al suo pubblico per la ripartenza: sette ore di performance, fino alle undici di sera, e tre repliche consecutive -alle 16, alle 19 e alle 21.30- per festeggiare una data simbolo, carica di speranze, come quella del 15 giugno e nello stesso tempo per ringraziare il personale medico e infermieristico, al quale sarà offerto il biglietto omaggio fino al raggiungimento dei centonovanta posti disponibili in sala per ogni replica.
Sul palco ci sarà ancora una volta Lucilla Giagnoni, che farà da guida in un avvincente viaggio attraverso la storia e gli archetipi del pensiero umano –dalla BibbiaSan Francesco, dai miti classici a Dante– alla riscoperta del principio femminile come armonia e forza rigeneratrice del mondo. Lo spettacolo -che prende a prestito le parole di testi come «La bella addormentata» di Charles Perrault, la «Clitemnestra» di Eschilo, il «Cantico delle creature» e, ovviamente, il «Magnificat»- assume la forza di una preghiera, che è insieme una poesia e una speranza verso il futuro.
Un segnale di speranza arriva anche dal teatro Lo Spazio di Roma, dove Attilio Fontana e Emiliano Reggente presenteranno il loro nuovo spettacolo «Fase Show», una maratona di teatro musicale, che proporrà brani di repertorio dei due artisti, gag, canzoni e «interazioni a norma con il pubblico». Per tre giorni e in fasce orarie divise, il duo andrà in scena per nove repliche della durata di un’ora, alle 18, alle 20 e alle 21, intervallate dalla sanificazione degli ambienti nel rispetto delle misure di sicurezza, con dovuto distanziamento sociale e per un massimo di trentacinque spettatori per replica. Il risultato -assicurano gli attori- sarà «un'occasione per cercare insieme a chi vorrà esserci, gli anticorpi per il virus gemello del Covid, ovvero la distanza umana ed empatica di cui stiamo per rimanere ostaggi, per far sì che il pubblico vada via con un sorriso e un'emozione».
Sorrisi ed emozioni non mancheranno anche a Bologna, al Duse, un teatro privato con una funzione pubblica da sempre, dove il 15 giugno, alle 21, salirà sul palco Gianni Morandi con un concerto-live gratuito, riservato a un numero contingentato di spettatori -duecento contro i novecentonovantanove che di solito trovano posto nella sala di via Cartoleria e gli oltre cinquemila che hanno chiesto di presenziarvi-, ma aperto a tutta la città grazie alla diretta radiofonica e televisiva di Radio Bruno (canali 256 e 71 del digitale terrestre).

Venezia, Treviso, Padova e Ancona: il teatro e la musica vanno in piazza 
Riparte dalla musica anche il Teatro stabile del Veneto, che il 15 giugno sposta la sua attività all’aperto, in piazza, proponendo tre eventi live gratuiti (che verranno trasmessi anche in diretta streaming): «Teatro e musica» con Fabio Sartor e il primo violoncello dell’Orchestra di Padova e del Veneto nel cortile di Palazzo Moroni a Padova (ore 18.30), «La musica non si ferma» con Red Canzian (musicista dei Pooh) in piazza dei Signori a Treviso (ore 19.00) e «Sotto la maschera» dei comici Carlo & Giorgio, che per l’occasione saranno introdotti dalle voci della Big Vocal Orchestra e dei Vocal Skyline, in Campo San Polo a Venezia (ore 18.30).
Si sposta in piazza anche il teatro delle Muse di Ancona, che riparte con una performance che rappresenta perfettamente l’attuale condizione del mondo del teatro in cui artisti e pubblico devono rigorosamente mantenersi separati. Si tratta dello spettacolo «L’attore nella casa di cristallo», su testo e per la regia di Marco Baliani, nato da un’idea di Velia Papa.
Per mettere in scena il senso di spaesamento e solitudine causato negli individui dal lockdown, due attori reciteranno in altrettanti cubi di vetro dove, accennando passi di danza, declameranno alla rinfusa brandelli di testi e brani di canzoni per non perdere la memoria del loro antico mestiere.
È, dunque, ricco il cartellone del primo giorno dei teatri italiani e forse aveva ragione William Shakespeare, quando diceva che «siamo fatti della sostanza dei sogni». Quel sogno, oggi, è di ripartire. Ci sarà tempo per rispondere ai tanti quesiti che rimangono aperti in questa «Fase 2 della cultura». Fino al vaccino sarà possibile mettere in scena solo monologhi o mini-produzioni di breve durata, concerti da camera e assoli di danza? Il contingentamento del pubblico, con un massimo di duecento spettatori, farà lievitare il prezzo dei biglietti? L’offerta on-demand -di fatto più sicura per la salute, anche se meno affascinante- toglierà spettatori ai teatri?
Fra tutti questi dubbi, c’è solo una certezza e la racconta bene Emilio Russo, il direttore del Menotti di Milano: «chi fa questo lavoro sa benissimo che è destinato all’eternità finché ci sarà qualcuno che abbia voglia di raccontare una storia e qualcun altro che abbia voglia di ascoltarla».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Rendering per la disposizione del pubblico in occasione dello spettacolo «L’attore nella casa di cristallo», su testo e per la regia di Marco Baliani, in programma al teatro delle Muse di Ancona; [fig. 2 e fig 3] Gianni Morandi all'interno del teatro Duse di Bologna; [fig. 4] Locandina dello spettacolo «Far finta di essere sani» di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, nell’adattamento e per la regia di Emilio Russo, in scena al teatro Menotti di Milano;   [fig. 5] Andrea Mirò, tra i protagonisti dello spettacolo Far finta di essere sani» di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, nell’adattamento e per la regia di Emilio Russo, in scena al teatro Menotti di Milano; [fig. 6 e fig. 7] Attilio Fontana e Emiliano Reggente, in scena al teatro Lo Spazio di Roma; [fig. 8] Marco Baliani, regista dello spettacolo «L’attore nella casa di cristallo», in scena ad Ancona;  [fig. 9] Emilio Russo, direttore del teatro Menotti di Milano 

Per saperne di più
Teatro Menotti di Milano
Teatro Faraggiana di Novara
Teatro Lo Spazio di Roma
Teatro Duse di Bologna
Teatro stabile del Veneto
Marche Teatro 

giovedì 11 giugno 2020

«Action reaction», un progetto di public art per la Fase 3 di Milano

Peripezie acrobatiche, contrazioni, sbilanciamenti, torsioni, flessioni, cadute e rialzi. Corpi in tensione muscolare, aggrovigliati e contorti, impegnati in azioni che ricordano la miglior stagione della Performing Art. Sono questi i soggetti di «Action Reaction. Billboard Project», speciale progetto di arte pubblica ideato da Alessio Bolzoni (Crema, 1979) per la città di Milano. Il fotografo lombardo, da tempo residente a Londra, ha passato la quarantena all’ombra della Madonnina e, una volta uscito di casa, passeggiando per le strade restituite alla libera circolazione, ha avvertito l’esigenza di una corrispondenza con le persone, proprio nel momento delicato della ripartenza.
Sono nati così ventisei cartelloni pubblicitari di grande formato che, dall’11 al 21 giugno, saranno collocati nei luoghi più rappresentativi del tessuto cittadino, in sedici punti espositivi -da viale Forlanini a corso Lodi, da piazzale Aquileia a via Carlo Farini-, che vanno a strutturare un percorso diffuso e circolare fruibile al pubblico attraverso una mappa dedicata grazie alla quale sarà possibile intercettare le opere lungo il proprio cammino.
Quelle di Alessio Bolzoni sono immagini minimal e di grande pulizia formale, realizzate nell’asetticità di uno studio fotografico, in cui compaiono corpi che, contorcendo i propri arti in un alternarsi di forze opposte e contrarie, creano -raccontano gli organizzatori- «l’idea di un corpo immaginario che si fonde con il corpo della città e che ne afferra e ne mastica il sentimento reattivo», la voglia di azione che caratterizza questa fase di rinascita e di ripartenza dopo l’emergenza sanitaria per il Covid-19. «Per un processo empatico, quasi una magia, - scrive Teresa Macrì, la curatrice del progetto espositivo, nel suo tempo critico- la stampa fotografica vuole fondersi con la pelle della città, prolungarsi in essa e coglierne il soffio».
I corpi sui cartelloni pubblicitari, con le loro posizioni impossibili, sembrano sperimentare la nostra voglia di dimenticare questi ultimi mesi chiusi in casa. Sembrano volersi liberare «di una forza accumulata e trattenuta, per scrollarsi dallo stato di quiete e sottrarsi all’inazione – racconta ancora Teresa Macrì-. Nonostante essi non si configurino come inattivi, tantomeno assoggettati all’abbandono o al senso di caduta e di perdita ma si manifestano come corpi sensibilmente elettrici, inquieti e ansiosi. Nella loro seduzione estetica e nel loro flusso narrativo, esplicano una spinta al contrattacco e al loro farsi atto di resistenza».
Alessio Bolzoni continua così la sua ricerca sul corpo, avviata nel 2010. Dopo la riflessione sul corpo vegetale, documentata dalla serie «Abuse» del 2016, che sviluppava il concetto di uso e abuso attraverso la lente di una natura in lento consumo, costituita dai fiori della propria abitazione, il fotografo ha prodotto, nel 2018, un nuovo progetto incentrato sul corpo, «Abuse: the Uncanny», che raccoglie un’ampia selezione di scatti dedicati a una vitalità sospesa, ritratta attraverso le torsioni di individui su sfondi neutri.
«Action Reaction» nasce all’interno di questa nuovo ambito di ricerca, che Alessio Bolzoni ha voluto presentare in una dimensione pubblica, per le strade della città, vista la complessa situazione emergenziale globale di questi ultimi mesi.
Nel frattempo Milano ha iniziato a riaprire, con ingressi contingentati, i suoi luoghi della cultura, a partire dai musei civici. I primi ad accogliere i visitatori sono stati, dal 26 maggio, il Museo del Risorgimento, la Gam- Galleria d’arte moderna, il Museo di storia naturale e l’Acquario civico. Nei giorni subito successivi, dal 27 al 31 maggio, sono tornati di nuovo accessibili al pubblico anche la Casa museo Boschi di Stefano, lo Studio museo Francesco Messina, il Mudec – Museo delle culture e il Museo archeologico. Il 28 maggio è stata la volta di Palazzo Reale, che ha riaperto con nuovi orari (il giovedì dalle 11.00 alle 22.30, venerdì sabato e domenica dalle 11.0c0 alle 19.30), permettendo di ritornare a vedere le mostre chiuse a causa del lockdown: «Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience», «Georges de La Tour: l’Europa della luce» e «Roberto Cotroneo. Nel teatro dell’arte». La Triennale e Fondazione Prada sono, invece, di nuovo accessibili l'una da giovedì 4, l'altra da venerdì 5 giugno. Mentre per la Pinacoteca di Brera e il Cenacolo, con «L’ultima cena» di Leonardo da Vinci, si è dovuto attendere il 9 giugno, una data simbolica per la Milano della cultura: settant’anni fa, nello stesso giorno, la Pinacoteca veniva riaperta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Da questa settimana il pubblico è potuto così ritornare ad ammirare alcuni capolavori simbolo del patrimonio culturale italiano come il «Cristo morto» di Mantegna, la «Pietà» di Giovanni Bellini, la «Pala Montefeltro» di Piero della Francesca, «Lo sposalizio della Vergine» di Raffaello, la «Cena in Emmaus» di Caravaggio e il «Bacio» di Francesco Hayez. Un’occasione da non perdere, questa, soprattutto perché, per tutta l’estate, l’accesso sarà gratuito per tutti, previa prenotazione obbligatoria. Tante, dunque, le occasioni che la città offre ai suoi abitanti per ritornare ad approcciarsi alla cultura e all'arte, a partire dalla proposta fotografica di Alessio Bolzoni, tutta da scoprire cartina alla mano e scarpe comode ai piedi.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Alessio Bolzoni, Matthew, 2018; [fig. 2] Alessio Bolzoni, Dan, 2018; [fig. 3] Piantina del progetto «Action reaction»; [fig. 4] Pinacoteca di Brera 


mercoledì 10 giugno 2020

«Scena natura», quando il teatro ha per palcoscenico un fienile e i colli bolognesi

Sui colli di Bologna c’è un luogo che si prepara ad aprire il sipario. È Fienile Fluò, ristorante e agriturismo con bed and breakfast, immerso tra alberi secolari, campi coltivati e vigneti, a pochi passi dal centro della città. Qui, ormai da qualche anno, dal 2008 per la precisione, l'associazione culturale Crexida/Anima Fluò, nata nel 2003 da un'idea dall’attrice e regista Angelica Zanardi, organizza «Scena madre», inusuale «dialogo tra le arti e il verde».
A partire dal 1° luglio spettacoli teatrali, concerti, performance di danza, mostre e passeggiate-racconto animeranno gli ambienti aperti della struttura sui colli di Paderno: dall’anfiteatro naturale tra i calanchi ai sentieri panoramici sulle colline, dai vigneti ai giardini.
Il tutto avverrà nel rispetto della distanza sociale e delle norme di sicurezza richieste dal Governo al mondo del teatro per contrastare l’epidemia da Coronavirus; per questo motivo rimarrà chiusa la piccola e suggestiva sala teatrale interna, di circa cento metri quadrati, e con un bella gradinata con cuscini, che normalmente ospita un pubblico di circa sessanta persone.
«Cambieranno i modi, non cambierà la qualità e l’unicità dell'esperienza», assicurano da Fienile Fluò, da sempre attento anche allo scambio culturale grazie a residenze d’artista.
Da Bologna arriva, dunque, un'idea per continuare a fare teatro, almeno questa estate, nel rispetto di tutti i vincoli imposti dal decreto del 17 maggio per la ripresa degli spettacoli dal vivo: capienza di massimo mille posti all'aperto e duecento al chiuso, misurazione della temperatura corporea all'ingresso, posti a sedere preassegnati, utilizzo obbligatorio della mascherina per gli spettatori, distanziamento sociale per attori e pubblico, periodica igienizzazione degli spazi anche con gel sanificanti a disposizione degli utenti, adeguata aerazione naturale della sala e ricambio d'aria costante, limitazione dell'uso del contante.
Oggi più che mai, dunque, tornare alla natura, portare l’opera fuori dai chiusi luoghi convenzionali e trasformare l'ambiente in un palcoscenico, può essere un'opportunità per affrontare la sfida sanitaria.
Angelica Zanardi spiega che a ispirare la ricerca artistica della sua compagnia è stata una frase di Carlo Rovelli: «siamo fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si scambiano i pini delle montagne e le stelle nelle galassie». «Scena madre» diventa così – per stessa ammissione della sua ideatrice- «una nuova prospettiva sull’ambiente che ci ospita, un palcoscenico in cui la natura è ispiratrice e l’arte diventa forma del nostro sguardo e del nostro passaggio».
La scrittura creativa e la messa in scena di testi originali, orientati a tematiche contemporanee, sono parte integrante del progetto, sempre più orientato a produzioni teatrali site specific, ovvero a drammaturgie pensate ad hoc, in cui audio, video e scenografia sono studiati nel rispetto dell’ambiente naturale. Lo spettatore viene così «accompagnato -racconta ancora Angelica Zanardi- in un viaggio sensoriale che lo coinvolge in maniera partecipativa, rendendolo parte di un’opera che mescola la realtà dello scenario alla creazione simulata oggetto dell’arte teatrale».
Ad aprire il cartellone sarà «Strade sui sassi» (1° luglio, ore 21.30), performance di teatro-danza itinerante a seguito della residenza artistica a Fienile Fluò del collettivo PaZo Teatro. Sarà, quindi, la volta di «Io sono natura» (8, 15, 22, 29 luglio - 5, 12 agosto h. 21.30), monologo/performance, scritto da Allegra De Mandato, che partendo dalle rivelazioni della fisica quantistica, risveglia interrogativi e riflessioni, grazie alla forza e alla libertà del teatro, all'uso immaginifico del video, e alla potenza della musica.
Saranno, poi, di scena tre coreografi di fama internazionale come Michal Mualem, storica interprete di Sasha Waltz, Giannalberto de Filippis e Ted Stoffer a dirigere gli artisti del progetto formativo Co-Lab2020 (2 agosto, ore 19.30).
Torna, poi, per la sua settima edizione «Running Up That Hill. Esperimenti coreografici in collina» (5-6 settembre, alle ore 18), un progetto di residenze e performance di danza contemporanea per gli spazi verdi di Fienile Fluò, proposto in collaborazione con il Festival danza urbana. In programma un’ora di spettacolo con performance inedite, create site specific, a cura di grandi coreografi come Fabrizio Favale e la sua compagnia Le supplici, Nuvola Vandini, Gioia Morisco, Mualem/de Filippis Dance Projects.
Importante novità di quest’anno nell’ambito danza contemporanea saranno, infine, i Laboratori site-specific nella natura (6-10 settembre), dedicati ai partecipanti alle residenze artistiche, a cura di Mualem/de Filippis Dance Projects. Un programma, dunque, ricco quello di questa edizione di «Scena natura»: un'occasione unica per immergersi nella bellezza del teatro all'interno di uno scenario naturale di grande fascino come l'anfiteatro naturale sui colli, noto per il ritrovamento della pietra fosforica bolognese, avvenuto nel 1602 grazie alle ricerche di Vincenzo Casciarolo, calzolaio bolognese che si dilettava di alchimia.

Per saperne di più 
www.fienilefluo.it

martedì 9 giugno 2020

«Florilegium»: una cascata di fiori per la ripartenza di Parma Capitale italiana della cultura

Ritorna a «sbocciare» la programmazione culturale di Parma Capitale italiana della cultura 2020-2021. E il termine «sbocciare» non è scelto a caso. Dopo lo stop delle attività causato dall’emergenza sanitaria per il Covid-19 e la decisione del Governo, inserita nel Decreto Rilancio approvato il 13 maggio, di dare alla città emiliana l’opportunità di forgiarsi del titolo di Capitale italiana della cultura anche per il 2021, è tempo di ripartire.
A segnare il «nuovo inizio» è «l’arte dei fiori» di Rebecca Louise Law (Cambridge, 1980), artista e designer inglese, di stanza a Londra, laureata in belle arti all’Università di Newcastle nel 2004, nota in particolare per le sue installazioni floreali larger-than-life e per le sue sculture site-specific, che hanno fatto breccia anche nel settore della moda e in importanti brand come Hermes, Mulberry, Tiffany e Jo Malone.
I fiori sospesi e intrecciati a lunghi e sottili fili di rame, di cui Rebecca Louise Law studia da tempo le naturali fasi di decadimento (dall’avvizzimento all’asciugatura), sono “arrivati” a Parma per la sua prima mostra personale italiana, ospitata all’interno dell’Oratorio di San Tiburzio, chiesa sconsacrata di epoca tardo-barocca realizzata nel 1722 dall'architetto Adalberto Dalla Nave e poi completata dall'architetto Pancrazio Soncini, un secolo e mezzo più tardi.
«Florilegium» è il titolo della rassegna, curata da OTTN Projects e sostenuta da Cosmoproject, all’interno di «Pharmacopea», progetto di riscoperta dell’identità chimico-farmaceutica di Parma, che vede tra i suoi promotori il Gruppo Chiesi e Davines, impegnati nell’obiettivo di creare itinerari turistici che riqualifichino o facciano scoprire agli abitanti luoghi simbolici della città come l’Antica farmacia San Filippo Neri (della quale fa parte l’Oratorio di San Tiburzio) o l’Orto botanico.
L’esposizione, visitabile fino al prossimo 19 dicembre, è un’esperienza immersiva ed unica, nata con l’intento di far riflettere sul rapporto dell’uomo con la natura e sulla caducità di quest’ultima, soggetta a cambiare forma per il trascorrere delle stagioni. È, dunque, una riflessione sul tempo, tema che fa da filo rosso all’intera programmazione di Parma Capitale italiana della cultura 2020+2021, quella che propone la mostra di Rebecca Louise Law, artista che ha già esposto in passato all'Onassis Culture Centre di Atene, alla Chandran Gallery di San Francisco, alla Shirley Sherwood Gallery di Londra e al Toledo Museum of Art.
In città -in attesa della presentazione del nuovo programma di Parma 2020+2021, prevista per questo mese e che avrà ancora come claim «La cultura batte il tempo»- hanno da poco riaperto i battenti, adeguandosi alle norme anti-Covid, anche i cinque musei civici presenti sul territorio: la Pinacoteca Stuard, il Castello dei burattini – Museo Giordano Ferrari, il Museo dell’Opera, la Casa del suono e il Museo Casa natale Arturo Toscanini.
Tra le mostre da vedere si segnala, invece, quella che il Museo d’arte cinese dedica alle mode dal mondo (di cui abbiamo parlato negli scorsi giorni) e la riapertura di «Natura e donna», nel settecentesco Oratorio di San Quirino, che allinea una trentina di immagini di Caterina Orzi, per la curatela di Stefania Provinciali e l’allestimento di Tommaso Brighenti.
Una peonia, una calla, un papavero dialogano con immagini di donne e frammenti dei loro corpi -mani e volti- restituendoci un racconto, intimo e cromaticamente delicato della femminilità. Poi, il registro visivo cambia sino a dissacrare il soggetto pittorico forse più famoso della storia dell’arte, la «Gioconda» di Leonardo Da Vinci, punto di partenza per una rielaborazione artistica inconsueta e suggestiva -quattordici versioni decorate ciascuna con animali in via d’estinzione- che vanno a comporre un fil rouge fra arte, natura, donna e bellezza senza tempo.
Inaugurata da poco è anche «Fornesetti Theatrum Mundi», un'esposizione che nasce dal dialogo tra le architetture e le collezioni della Pilotta e la creatività senza confini di Piero Fornasetti (1913-1988), maestro del '900. Nello specifico la mostra -curata da Barnaba Fornasetti, Valeria Manzi e Simone Verde- rappresenta «un viaggio tra passato e presente, tra classico e moderno», che abbina le architetture rinascimentali del complesso monumentale parmense all'immaginario dell'artista milanese, maestro del design, ideatore negli anni Cinquanta di un atelier che ha fatto scuola nella produzione di opere, oggetti, mobili.
Tutto ruota intorno al Teatro Farnese, prendendo spunto dal sogno enciclopedico del theatrum mundi del retore neoplatonico Giulio Camillo, di riassumere al suo interno la totalità del reale.
Il percorso si articola in nuclei legati ai principali temi dell'opera di Fornasetti: «le rovine e l'uso del passato come frammento, l'architettura, la musica, il tema e le variazioni, il disegno, la grafica, il collezionismo, l'oggetto quotidiano e la dimensione illusionistica e onirica».
Nel frattempo è già partito il conto alla rovescia per l’apertura della mostra immersiva «Van Gogh Multimedia and Friends» a Palazzo della Rosa Prati, tra il Battistero e il Palazzo Arcivescovile, prevista per il prossimo 13 giugno.
«Riprodotti su supporti multimediali ad altissima qualità, installati nelle splendide sale del palazzo, -raccontano gli organizzatori- i ritratti e gli autoritratti, le nature morte e i paesaggi del pittore prendono letteralmente vita, raccontandosi attraverso dense pennellate dall’apparenza fortemente materica e fascinazioni digitali, che consentono al visitatore di vivere un’esperienza avvolgente e di sentirsi totalmente immerso in opere leggendarie».
Al momento sono, invece, ancora chiusi la Camera di San Paolo affrescata dal Correggio, la Spezieria di San Giovanni, il Battistero, il Museo diocesano, l’Ape Parma Museo,  il Museo Csac, ma la situazione è in costante divenire e Parma -come il soffitto dell’ Oratorio di San Tiburzio, grazie alla creatività di Rebecca Louise Law- torna piano piano a sbocciare, a rivestire i panni di capitale italiana della cultura.

Didascalie delle immagini 
[Figg.1, 2 e 3] Rebecca Louise Law, Florilegium, 2020. Credits OTTN Projects; [fig. 4] Rielaborazione de «Gioconda» di Leonardo Da Vinci a cura di Caterina Orzi; [fig. 5] Allestimento nel Teatro Farnese di Parma. Foto di Cosimo Filippini; [fig. 6] Allestimento nella sala del Trionfo della Pilotta. Foto di Cosimo Filippini

Per saperne di più
Mode dal mondo a Parma
I Musei civici di Parma
Complesso monumentale della Pilotta
Van Gogh Multimedia and Friends

Informazioni utili
Florilegium di Rebecca Louise Law. Antica Farmacia S. Filippo Neri | Oratorio San Tiburzio, Borgo Palmia, 6/A – Parma. Orari: da giovedi a sabato, dalle ore 10:00 alle ore 18:00; aperture straordinarie: domenica 7 giugno, dalle ore 10:00 alle ore 12:30, domenica 5 luglio, dalle ore 10:00 alle ore 12:30. Ingresso gratuito (si consiglia la prenotazione). Sito web: www.pharmacopeaparma.it. Fino al 19 dicembre 2020

lunedì 8 giugno 2020

Al via l’«Art Of Italicus 2020», un creative talent per under 35

È uno degli aperitivi italiani più famosi, in tutto il mondo, con la sua storia, la sua tradizione e il suo gusto. Stiamo parlando del Rosolio, bevanda ormai quasi dimenticata nata alla corte torinese dei Savoia dalla combinazione di camomilla romana, lavanda, genziana, rose gialle e balsamo di melissa, riportata in auge nel 2016 da Giuseppe Gallo, che l’ha arricchita delle note del bergamotto calabrese e del cedro siciliano. È nato così Italicus, un vero e proprio «sorso d’Italia», premiato, nel 2017, come Best New Spirit al prestigioso Tales of the Cocktail Spirited Awards ed elettro, nel 2019 e nel 2020, come il marchio di liquori di tendenza n.1 da Drinks International. Ora Italicus, Rosolio di Bergamotto diventa protagonista di un art contest internazionale, tutto in formato digitale, al quale possono partecipare artisti emergenti, professionisti e non, under 35: Illustratori, grafici, pittori residenti in quindici Paesi: dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Norvegia all’Australia. Italicus -che organizza il contest con Moniker, leader nella valorizzazione dell'arte urban e contemporanea- chiede di usare tutta la loro fantasia artistica e creativa per rappresentare il momento tradizionale dell’aperitivo italiano, raccontando la storia del prodotto di Giuseppe Gallo e ispirandosi alle origini intrinseche del Rosolio di Bergamotto.
Gli artisti possono inviare le loro opere entro il 13 luglio. Tutti saranno sollecitati a usare la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione.
I lavori possono essere realizzati con diverse tecniche: in stop motion, animazioni, immagini in movimento, illustrazioni digitali o dipinti.
Una volta chiusa la fase di invio degli elaborati, sarà predisposto un sistema di voto pubblico. Sarà possibile esprimere la propria preferenza accedendo alla piattaforma, tramite il sito dedicato al contest, da dove si potranno ammirare le opere artistiche.
Una giuria di esperti decreterà i tre artisti finalisti e, il 1°settembre, in concomitanza con il quarto anniversario di nascita di Italicus, saranno annunciati i tre vincitori del contest, al quale verrà assegnato un premio in denaro e la possibilità di partecipare a un evento globale dell’edizione 2021 di Art of Italicus.
Per lavorare all’immagine creativa del contest è stato chiamato Stefano Egidi, graphic designer romano, esperto di storia antica e ideatore di diversi art work per spirits brand.
 È lui che sta curando la creazione delle illustrazioni di Italicus, ispirate a poster vintage e alle tre aree tematiche dei luoghi simbolo per l’aperitivo italiano legate ad Amalfi, Roma e Torino. I suoi lavori intendono stuzzicare l’immaginazione degli artisti in gara richiamando la storia e la cultura italiana, incapsulata in Italicus.
L’iniziativa è, inoltre, collegata a Bergamore (hwww.bergamore.net), progetto a sostegno dell’agricoltura del bergamotto in Calabria.
Un’occasione, dunque, quella offerta da Italicus ai i giovani artisti under 35 di raccontare il gusto e lo stile italiano attraverso la propria creatività.

Per saperne di più
https://rosolioitalicus.com/creative-talent/

venerdì 5 giugno 2020

Alla Salamon di Torino si riparte dalla «Joie de vivre» di Henri Matisse



«Sogno un’arte equilibrata, pura, tranquilla, senza soggetto inquietante o preoccupante, che sia un lenitivo, un calmante celebrale, qualcosa di analogo a una buona poltrona che riposi dalle fatiche». 
È tutta racchiusa in questa frase la filosofia artistica di Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954), esponente di maggior spicco della corrente artistica dei Fauves («le belve», «i selvaggi», secondo la definizione -dispregiativa- del critico d'arte Louis Vauxcelles), universalmente conosciuto come maestro del colore. Ne è prova la sua tela più celebre, «La danza» del 1910, oggi ospitata all’Ermitage, dove tutto è movimento, armonia, incroci di sensazioni, gioia di vivere, trionfo di tonalità accese, che spaziano dal blu all’arancio.
In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, con una vita in parte rivoluzionata dall’emergenza sanitaria del Coronavirus, l’arte di Henri Matisse può esserci di sollievo con i suoi capolavori allegri, liberi da ogni schema, vitaminici con le loro cromie ruggenti ed eccessive. L’opera dell’artista francese «colorata come la natura, libera e leggiadra come il battito di ali di farfalla, fresca e inebriante come un tuffo al mare, fantasiosa e allegra come il gioco di un bambino -racconta Elena Salamon, a capo dell’omonima galleria torinese-, non può che aiutare ad alleviare il nostro stato d’animo».
Da questa considerazione è nata l’idea di riaprire la piccola galleria sabauda di piazzetta IV marzo, specializzata in stampe originali dell’Ottocento e del Novecento, proprio con una mostra di Henri Matisse.
Mascherina, distanziamento sociale, ingressi contingentati, gel disinfettante e guanti di protezione sulla porta d’accesso caratterizzano questa nuova fase dello spazio di Elena Salamon, ma invariata rimarrà la massima disponibilità nei confronti del pubblico, anche con visite organizzate su appuntamento. ùIn galleria saranno visibili, riunite sotto il titolo di «Joie de vivre», settantacinque litografie dei papier gouache-découpé, carte dipinte e ritagliate realizzate dall'artista francese negli ultimi anni di vita, dal 1947 al 1954. Tra di esse ci sono l’effervescente «Danseuse créole» (1950), la vivace «Nuit de Noël» (1951), la raffinata «Icare» (1947), con le sue stelle gialle a illuminare la notte blu, l’enigmatica «Tristesse du Roi» (1952) o la litografia «La danse» del 1938, che dimostra il costante fascino dell’artista per il movimento dei corpi e la possibilità espressiva della figura umana. La mostra permette, inoltre, di vedere un numero speciale della rivista «Verve», intitolata «Dernieres Oeuvres», del quale fanno parte lavori dallo stile astratto come «La parruche et la sirène» (1952) e «La gerbe» (1953).
Henri Matisse possedeva una capacità di sintesi fuori dal comune. Già dai suoi primi lavori portò agli eccessi le tonalità dei verdi, dei rossi, degli azzurri. Desiderava dipingere con l'azzurro più azzurro e con il rosso più rosso possibile per poter esprimere l'amore per la vita, quella indistruttibile «joie de vivre», caratteristica costante di tutta la sua produzione.
La sua esistenza divenne un tutt’uno con l'arte stessa, «non posso distinguere – diceva - tra il sentimento che ho della vita e il modo in cui lo traduco».
L’artista seppe cogliere ogni suggerimento sia dalle opere dei maestri suoi contemporanei sia dai linguaggi utilizzati dagli artisti orientali: nei suoi lavori ritroviamo le deformazioni prospettiche di Paul Cézanne, le pennellate di Vincent Van Gogh, le inquadrature delle stampe di maestri giapponesi dell’Ukiyo-e e le decorazioni, le silhouettes e l’iconografia dell’arte orientale.
Alle litografie dai papier gouache-découpé, presenti in galleria, Henri Matisse vi giunse quasi per caso quando, convalescente da una malattia, non potendo dipingere, iniziò a ritagliare con le forbici nella carta colorata silhouettes, che poi assemblava badando unicamente all'equilibrio delle forme e all'armonia cromatica.
«Il papier découpé mi permette di disegnare nel colore. Si tratta per me di una semplificazione, invece di disegnare il contorno e inserirvi il colore, uno che modifica l'altro, disegno direttamente nel colore», affermava.
In collaborazione con Emmanuel Tériade, raffinato editore parigino della rivista «Verve» e con il grande stampatore Fernand Mourlot, l’artista realizzò, nel 1947, la famosa serie «Jazz», visibile alla Salamon, di cui diceva: «non basta mettere i colori, per quanto belli, gli uni accanto agli altri: bisogna che questi colori reagiscano gli uni con gli altri. Jazz è improvvisazione ritmica». Ed ecco così opere dal forte sapore musicale come «Les Codomas» (1947), «Le cauchemar de l’éléphant blanc» (1947) o «Le cheval, l’écuyère et le clown» (1947).
Datano, invece, al 1950 e al 1951 i bozzetti per la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire a Vence. Matisse definì quest’opera il capolavoro della sua esistenza. A differenza dei suoi primi lavori fauves, dove il colore era urlato e provocatorio, qui le cromie sono cantate, armoniche e pure.
In queste opere ritroviamo il blu del cielo, il giallo del sole e il verde della natura, colori che hanno fatto sempre parte dell’opera dell’artista.
Le forme perdono via via la loro dimensione più propriamente figurativa, per avvicinarsi all’astrazione, sovvertendo in questo modo uno dei principi cardine della decorazione religiosa: la leggibilità e la comprensibilità immediata delle figure.
Attraverso queste immagini il pittore ritiene di immergere il fedele in un'atmosfera più intima e spirituale. All'immagine che educa il fedele, Henri Matisse preferisce, infatti, la forma cromatica che aiuta nella preghiera e nella riflessione.
Matisse, ormai ottantenne, con la serie delle «Dernières Œuvres» lasciò il suo testamento spirituale. Appartengono a questo periodo i famosissimi «Nu blue», i «Nudi blu», con silhouettes ritmate, essenziali e astratte, che mostrano un chiaro richiamo all’arte africana.
Queste opere sono un vero e proprio inno alla vita, un'esplosione di colori, forme e linee di una purezza estrema, ultima opera eccellente di un artista eclettico e instancabile. Un artista così innamorato del suo lavoro da scrivere in una lettera alla scrittrice Marcel Marquet: «Io sono troppo dentro ciò che faccio. Non ne posso uscire, per me non esiste altro».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Henri Matisse, Icare, 1947 (mm. 378x259); [fig. 2] Henri Matisse, La gerbe, 1953 (mm. 333x396); [fig. 3] Henri Matisse, La Danse, 1938 (mm. 332x392); [fig. 4] Henri Matisse, Danseuse créole, 1950 (mm. 317x192); [fig. 5] Henri Matisse, Nuit de Noël, 1951; [fig. 6] Henri Matisse, Nu bleu IX, 1952

Informazioni utili 
Joie de vivre. Henri Matisse: papier gouache-découpé 1947-1954. Galleria Elena Salamon, via Torquato Tasso, 11 (piazzetta IV Marzo) – Torino. martedì, mercoledì e venerdì, dalle ore 15.00 alle ore 19.00, giovedì e sabato, dalle ore 10:30 alle ore 19:00 (orario continuato). Ingresso gratuito. Per appuntamenti: tel. 3398447653. Informazioni: tel. 0117652619, cell. 3398447653, elena@elenasalamon.com. Sito internet: www.elenasalamon.com. Fino al 27 giugno 2020.





giovedì 4 giugno 2020

#èreale: un progetto digitale per la ripartenza dei Musei reali di Torino

È tempo di riapertura anche per i Musei reali di Torino che, come molti altri spazi culturali italiani, hanno scelto la data del settantaquattresimo compleanno della Repubblica, il 2 giugno, per accogliere nuovamente i visitatori, nel segno della sicurezza e con l’emozione di un nuovo inizio.
Tra le novità della ripartenza si segnala il restauro “a vista” dell’altare della Cappella della Sindone: dalle grandi finestre aperte nella recinzione del cantiere sarà possibile seguire passo dopo passo il lavoro dei restauratori del Consorzio San Luca, impegnati nella restituzione dell’opera progettata dall’ingegnere matematico Antonio Bertola tra il 1688 e il 1694 per accogliere il santo sudario.
La realtà diretta da Enrica Pagella punta così per la sua ripartenza su un aspetto che sembra caratterizzare la fruizione dei luoghi culturali nell’era post-Covid: il museo non è, ora, più solo scrigno di bellezze, ma anche luogo di conoscenza da vivere con calma, senza troppe persone intorno, per uscirne più ricchi emotivamente e culturalmente.
Il nuovo inizio guarda anche al mondo digitale con la presentazione del progetto #èreale (ereale.beniculturali.it), piattaforma on-line che amplia l’esperienza di visita per intraprendere un viaggio virtuale attraverso contenuti video originali, prodotti dai Musei reali e in parte realizzati con la collaborazione dello studio creativo multidisciplinare Mybosswas di Torino.
Approfondimenti tematici accompagneranno i visitatori, da casa, tra stanze finemente decorate, preziosi arazzi, antiche armature e reperti millenari, alla scoperta di tesori poco conosciuti e opere d’arte inedite, svelando i retroscena dei restauri, degli allestimenti museali e della cura del patrimonio.
Il tutto è frutto dell’esperienza vissuta nei due lunghi mesi di lockdown per l’emergenza sanitaria da Covid-19, quando tutti i musei italiani (e non solo) hanno puntato sulla loro presenza social per continuare a rimanere in contatto con il proprio pubblico.
I Musei reali di Torino presentano il loro progetto con un breve musical realizzato nel vuoto e nel silenzio delle sale. Scritto e creato dal regista e compositore Giorgio Ferrero con il direttore della fotografia e produttore Federico Biasin, autori del pluripremiato film musicale «Beautiful Things», prodotto dalla Biennale di Venezia, il video si configura come un esclusivo cortometraggio musicale e cinematografico di tre minuti, in cui danzatori, acrobati, schermitrici e cantanti liriche vivono la magia di un viaggio all’interno dei musei, un sogno che prende vita durante la quarantena. I performer non possono toccarsi, ma il dialogo dei corpi e l’empatia tra le persone distanti è in grado di convergere in un unico inno alla bellezza e al calore umano.
Navigando sulla piattaforma èreale con dispositivi mobili, computer o visori VR, il pubblico potrà fruire gratuitamente anche di visite tematiche in realtà virtuale, per conoscere e approfondire ambienti e collezioni.
Il palinsesto, che si arricchirà nel corso dei prossimi mesi di ulteriori contenuti speciali, presenta anche la playlist «Closed In. I Musei visti da dentro», progetto digitale realizzato dallo staff dei Musei reali durante il lockdown: opere e ambienti sono narrati da curatori, tecnici e operatori, in presa diretta e in modo informale, per vivere il museo attraverso gli occhi di chi ogni giorno ne custodisce il patrimonio.
Per la riapertura i Musei reali, anticipata il 27 maggio da quella della Biblioteca, hanno messo a punto un piano approfondito di percorsi, di dispositivi e di segnaletica per garantire al pubblico e ai lavoratori il massimo grado di tutela. D’accordo con il partner Coopculture, si è deciso di sfidare la crisi -che per i musei d’Italia e del mondo significa una perdita stimata dell’80% dei visitatori- sperimentando l’orario di sempre: saranno aperti da martedì a domenica dalle 9 alle 19, con biglietto gratuito fino a 18 anni e 2 euro da 18 a 25 anni.
Gli accessi saranno contingentati per evitare assembramenti e all’ingresso sarà rilevata la temperatura tramite termo-scanner.
Ci sarà l’obbligo dell’uso delle mascherine, eventualmente disponibili per l’acquisto anche alla cassa, e si favorirà la sanificazione delle mani con gel disinfettante, dislocato lungo il percorso di visita.
La prenotazione non sarà obbligatoria e il biglietto potrà essere acquistato on-line o direttamente in biglietteria, dalle 9 alle 18.
Rispettando la distanza interpersonale di almeno due metri, le sale saranno percorribili seguendo un itinerario monodirezionale di ingresso e uscita, indicato dall’apposita segnaletica e consultabile anche sull’app MRT, integrata con una nuova mappa di orientamento in italiano e in inglese.
L’applicazione, scaricabile gratuitamente su Apple Store e Google Play, è lo strumento privilegiato per approfondire il percorso museale: sfiorando il proprio smartphone si potranno ottenere tutte le informazioni necessarie come orari, tariffe, contatti e accessibilità, ma soprattutto esplorare le collezioni e ascoltare l’audioguida con trentacinque tracce in italiano, delle quali è sempre disponibile anche un’anteprima gratuita.
Il 2 giugno ha riaperto anche il Caffè Reale, nel rispetto delle norme di sicurezza e del distanziamento interpersonale, grazie alla sistemazione dei tavoli sotto l’ampio porticato della Corte d’Onore.
Dal 6 giugno, ogni sabato e domenica, riprenderanno anche le visite guidate al secondo piano del Palazzo reale, nell’appartamento dei Principi, per gruppi composti al massimo da otto persone e con la possibilità esclusiva di uscire sul terrazzo per affacciarsi sui Giardini Reali e sulla piazza Castello. 
Dalla seconda metà di giugno, nel fine settimana, la visita sarà arricchita da ulteriori percorsi speciali attraverso il Palazzo e l’Armeria reale, la Cappella della Sindone, l'Appartamento della eegina Elena al pianterreno e le Cucine reali al piano interrato, secondo calendario e modalità che saranno pubblicati sul sito dei Musei reali nelle prossime settimane.
Per tornare a passeggiare nel Giardino ducale e nel Boschetto bisognerà, invece, attendere domenica 28 giugno, al termine del cantiere di rifunzionalizzazione e restauro, che ha purtroppo subito l’interruzione di due mesi dovuta al confinamento. Tante novità attendono, dunque, i Musei reali di Torino che, in questa fase di incertezza, guardano al loro glorioso passato, anche grazie a un’accurata campagna di restauri, senza dimenticare il loro volto più moderno, quello digital, che li ha fatti conoscere a visitatori vecchi e nuovi in questi mesi di emergenza sanitaria.

Informazioni utili 
Musei reali di Torino, piazzetta Reale, 1 – Torino. Orari: dal martedì alla domenica, ore 9 – 19 (la biglietteria chiude un’ora prima). Biglietti: intero € 15,00, ridotto € 13,00 per partecipanti a visite guidate e per soci FAI, ridotto speciale € 2 (ragazzi dai 18 ai 25 anni), gratuito per i minori 18 anni, insegnanti con scolaresche, guide turistiche, personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, membri ICOM, disabili e accompagnatori, possessori dell'Abbonamento Musei, della Torino + Piemonte Card e della Royal Card. L'ingresso per i visitatori over 65 è previsto secondo le tariffe ordinarie. Informazioni e prenotazioni al numero 011.19560449. Web: museireali.beniculturali.it | ereale.beniculturali.it.

mercoledì 3 giugno 2020

Dagli Uffizi al «David» di Michelangelo: Firenze riapre i luoghi della cultura

Il gran giorno è arrivato anche per il museo simbolo di Firenze. Mercoledì 3 giugno riaprono gli Uffizi, una delle pinacoteche più importanti del mondo per la sua straordinaria collezione di pitture e di sculture, che coprono un arco temporale che spazia dal Medioevo all'età moderna, con capolavori assoluti di artisti del calibro di Giotto, Simone Martini, Piero della Francesca, Beato Angelico, Filippo Lippi, Botticelli, Mantegna, Correggio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Caravaggio.
Termo-scanner all’ingresso, obbligo di mascherine CE a copertura di naso e bocca durante tutta la permanenza all’interno del museo, uso di gel disinfettanti, distanza di sicurezza tra le persone di almeno un metro e ottanta centimetri, percorso di visita a senso unico con speciali segna-posti, accessi contingentati e chiusura di sale e corridoi che non permettono uno sbocco esterno -in base a quanto sancito dalle norme nazionali diffuse dal Mibact e dalle ordinanze della Regione Toscana (la n. 48 nello specifico)- sono le misure anti-contagio da rispettare per tornare tra le sale progettate da Giorgio Vasari.
La «Venere di Urbino» di Tiziano, l’«Annunciazione» e la «Nascita di Venere» del Botticelli, il «San Girolamo» del Verrocchio, l’«Adorazione dei Magi» di Gentile da Fabriano o il «Tondo Doni» di Michelangelo -alcune delle opere simbolo della galleria- saranno così di nuovo fruibili al pubblico, dopo essere state apprezzate on-line in questi mesi di quarantena. Si chiude, dunque, con la riapertura degli Uffizi il calendario messo a punto dal direttore Eike Schmidt per questa «Fase 2» dei musei, che ha visto dapprima, dal 21 maggio, aprire il Giardino di Boboli (dove per sicurezza rimarranno chiusi il Museo delle porcellane e la Grotta grande) e, poi, dal 28 maggio, (ma solo al mattino, dalle 8.30 alle 13.30) Palazzo Pitti.
Tra queste sale è stata da poco inaugurata la mostra «La grandezza dell’universo», a cura di Sheila Barker e dedicata a Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno, 1600 - Roma, 1670), protagonista riconosciuta nell’evoluzione dell’illustrazione scientifica dell’epoca barocca.
In composizioni armoniche e spesso di piccole dimensioni, la pittrice seicentesca combinò, infatti, oggetti esotici e di provenienze diverse come porcellane cinesi, nautili del Pacifico, zucche e fiori messicani, piante sudamericane o cani da salotto inglesi, con il fine ultimo di stupire e divertire.
Palazzo Pitti offre ai suoi visitatori, in questi primi giorni di apertura, anche la mostra «Ai piedi degli Dei»: una passeggiata tra le robuste caligae dei soldati romani, i seducenti sandali delle cortigiane greche, i raffinati calzari indossati dagli dei oppure dall’aristocrazia romana, senza dimenticare la ricca varietà di calzature per le star dei colossal dedicati all’antichità, da «Ben Hur» al «Gladiatore», e le più recenti creazioni di moda di protagonisti del fashion contemporaneo come Emilio Pucci, Salvatore Ferragamo e Yves Saint Laurent.
Hanno riaperto a Firenze, in occasione della Festa della Repubblica, anche le Gallerie dell’Accademia, il secondo museo della città più visitato dai turisti, la casa del «David» di Michelangelo, che in questo inizio della «Fase 2» ha deciso di ridurre il costo del biglietto, che passa da 12 a 8 euro, mentre restano valide le gratuità già previste per legge.
Tra le altre novità studiate dal museo fiorentino per la ripartenza ci sono un impianto di areazione da altissime prestazioni in termini di efficienza, rendimento e risparmio energetico e l'app «The Right Distance», realizzata da Opera laboratori fiorentini, che, grazie alla tecnologia bluetooth, permetterà ai visitatori di scoprire quando la distanza con gli altri turisti scende sotto la soglia di sicurezza: lo smartphone inizierà a vibrare.
In questa prima fase potranno essere all'interno del museo cinquanta visitatori al massimo, che dovranno seguire un percorso in sicurezza, a senso unico; per questo motivo è raccomandata la prenotazione. Alcune sale come quella degli strumenti musicali, le sale laterali del '200 e del '300, compreso il primo piano, rimarranno, invece, temporaneamente chiuse.
Hanno scelto di riaprire in una data simbolica come quella del 2 giugno, festa della Repubblica italiana, anche il Giardino di villa Bardini, che per tutte le sere di giugno si illuminerà con i colori della bandiera italiana, oltre alle Cappelle medicee e al Museo di Palazzo Davanzati, realtà entrambe afferenti al sistema Musei del Bargello, del quale rimangono ancora chiusi Casa Martelli e il Museo di Orsanmichele, mentre il museo nell’antico Palazzo del Podestà dovrebbe riaprire il 4 agosto.
Per la ripartenza di Palazzo Vecchio, così come degli altri due musei civici, il Bardini e quello del Novecento, bisognerà, invece, attendere il 6 giugno; in questa prima fase si entrerà, previa prenotazione, solo tre giorni a settimana (dal sabato al lunedì), e non sarà possibile visitare gli scavi archeologici del teatro romano né salire sul camminamento di ronda e sulla Torre di Arnolfo.
Mentre sono già aperti, ormai da qualche giorno, la Basilica di Santa Croce (gratis fino al 24 giugno), il Museo Ferragamo, il Duomo con i suoi monumenti (ad accezione della Cupola del Brunelleschi, chiusa fino al 19 giugno) e il Cenacolo di Sant’Apollonia.
Ha riaperto da poco, dal 1° giugno, anche Palazzo Strozzi, dove è visibile, previa prenotazione on-line e nel rispetto delle normative anti-Covid, la mostra «Tomás Saraceno. Aria», la più grande esposizione mai dedicata in Italia all’artista argentino.
La rassegna invita a cambiare punto di vista sulla realtà e a entrare in connessione con elementi non umani come polvere, ragni o piante che, diventano protagonisti delle installazioni di Saraceno, collocate per l'occasione nel cortile e nel piano nobile del palazzo fiorentino.
All’organizzazione della mostra ha partecipato anche Manifattura Tabacchi, l'ex stabilimento industriale di architettura razionalista a due passi dalle Cascine, dismesso nel 2001 e riaperto nel 2018, dopo un imponente intervento di riqualificazione. Lo spazio, di grande suggestione, ha da poco riaperto i battenti con la mostra «La meraviglia», a cura di Sergio Risaliti.
Visitabile per tutto il mese di giugno (dal lunedì al venerdì su prenotazione e il sabato e la domenica dalle 10 alle 20), l'esposizione raccoglie opere di fotografia, pittura, scultura, disegno e video realizzate da sei giovani talenti internazionali, selezionati mediante una open call e attraverso il network delle Accademie di belle arti italiane: Davide D'Amelio, Anna Dormio, Bekhbaatar Enkhtur, Esma Ilter, Giulia Poppi e Negar Sh.
Nei mesi trascorsi dal loro insediamento negli atelier della Manifattura, a settembre 2019, i ragazzi scelti hanno avuto l’opportunità di approcciarsi al rapporto tra imprenditoria e artigianato, realtà che rende il territorio toscano un patrimonio inestimabile, attraverso visite mirate a raccolte d’arte come la Collezione Gori di Fattoria Celle, ma anche a luoghi di produzione del marmo, della fusione del bronzo e della lavorazione del vetro, tra cui gli studi d'arte Cave Michelangelo, il museo Fantiscritti e la Fonderia artistica Ferdinando Marinelli. Ne sono nate opere, anche di dimensioni monumentali, che parlano del tema della «meraviglia, intesa -raccontano dalla Manifattura Tabacchi- nel senso più ampio del termine: da quello dei materiali, delle tecnologie, delle immagini a quello della produzione industriale e artigianale, artistica e poetica».
L’offerta di Firenze, in questi primi giorni di apertura dopo l’emergenza sanitaria per il Covid-19, guarda anche agli amanti delle mostre immersive: a Santo Stefano al Ponte va in scena, per tutti i fine settimana di giugno, «Inside Magritte», un itinerario tra i quadri più iconici dell’artista belga, tra uomini in bombetta che galleggiano nei cieli delle metropoli, corpi umani con la testa di pesce e l’ambigua pipa-non-pipa («Ceci n’est pas une pipe»). Il percorso esperienziale multi-sensoriale dura  trentacinque minuti e permette al pubblico di farsi incantare dall’universo surrealista e dal suo linguaggio narrativo intenso ed evocativo, nel quale si incontrano illusione e allusione.
Meno visitatori e regole ferree per contrastare il diffondersi del Coronavirus caratterizzano, dunque, questi primi giorni di riapertura anche per i musei fiorentini, che permettono ora, complice la quasi assenza del turismo straniero, ma anche italiano, di sperimentare una fruizione più lenta e più attenta, meno superficiale. Che sia finalmente finita l’epoca della «visita mordi e fuggi» e del selfie davanti ai grandi capolavori da postare sui social a caccia di like?

Didascalie delle immagini
[Fig.1] Esterno degli Uffizi di Firenze; [fig. 2] Vista dell'interno degli Uffizi di Firenze; [fig. 3] Mitoraj al Giardino di Boboli; [fig. 4] Un'opera di Giovanna Garzoni a Palazzo Pitti; [fig. 5] Il David di Michelangelo; [fig.6] Saraceno. Fotografia © Ela Bialkowska, OKNO Studio; [fig. 7] Gli artisti della mostra alla Fabbrica Tabacchi di Firenze; [fig. 8] Vista interna della mostra immersiva Inside Magritte

Per saperne di più
I musei di Firenze