«L’arte contemporanea raccontata con lo sguardo di un’artista orientale che da anni studia la cultura occidentale, esplorando le sinergie tra arte e musica»: ecco come la milanese O barra O edizioni descrive il libro Il lungo treno di John Cage, pubblicato dall'artista coreana Inkyung Hwang nella collana agli-Estremi dell’Occidente.
L'agile volume, con prefazione di Tommaso Trini e scritto di Riccardo Notte, verrà presentato alle 19.30 di domani, mercoledì 13 febbraio, alla Triennale di Milano, in occasione della mostra annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve. All'incontro, che sarà introdotto da tre performance di musica di John Cage e dalla proiezioni di video della stessa Inkyung Hwang e di Roberto Masotti, prenderanno parte, oltre all’autrice, Tommaso Trini, Andrea Cancellato, Claudio Chianura e Andrea Del Guercio. Un’ottima occasione questo appuntamento per sentire, dalle parole della stessa Inkyung Hwang, il suo racconto dell’arte contemporanea. Un racconto – si legge nella nota stampa – che, «partendo da Kandinsky e Schönberg, segue le tracce di Duchamp, Cage e degli altri artisti di Fluxus, l’intreccio delle loro storie artistiche e personali, e giunge fino a Nam June Paik, padre della video art».
La Triennale di Milano farà da scenario, questa settimana, anche alla presentazione del volume annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve, catalogo dell’omonima mostra, curata da Gianni Canova e aperta fino a domenica 30 marzo nelle sale della stessa Triennale.
Il testo, edito dalla milanese Skira, sarà presentato, alle 18.30 di giovedì 14 febbraio, da Marco Belpoliti, Gianni Canova, Stefano Chiodi e Mario Piazza; all’incontro interverranno anche Giorgio Boatti, Aldo Bonomi, Paolo Del Debbio e Sergio Scalpelli.
Il volume indaga gli anni Settanta attraverso un originale e ricchissimo lemmario comprendente ben duecentocinquantaquattro voci, dalle parole-chiave del decennio (viaggio, corpo, conflitto, corteo, performance…) alle sue figure emblematiche (Moro, Pasolini). In questo modo vengono analizzate le contaminazioni fra i vari linguaggi in relazione a quanto quegli anni hanno espresso nel cinema e nella letteratura, nel design e nella musica, nell’arte figurativa e nel fumetto, nel teatro e nella moda, nel sistema mediatico, in quello politico e in quello tecnologico, nella comunicazione e nello sport.
E’, invece, dedicato al «sommo poeta» Dante Alighieri l'appuntamento in programma alle 18 di venerdì 15 febbraio al teatro Moriconi di Jesi, nell’Anconetano, dove verrà presentata una pregevole e costosa edizione della Divina Commedia, stampata da Vydia edizioni, con illustrazione di Oscar Piattella, protagonista negli anni Cinquanta, con Giuliano Vangi e Arnaldo e Giò Pomodoro, di quella felice esperienza artistica pesarese che ha ricevuto attenzione e consenso unanime.
All’incontro prenderanno parte Valentina Conti, Vincenzo Cappelletti e lo stesso artista illustratore; mentre Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco leggeranno alcuni passi dell’opera dantesca.
La pubblicazione di Vydia, al suo debutto nel mondo dell'editoria d'arte, «non rappresenta solo un'edizione d’arte di particolare cura, -si legge nella nota stampa- ma un vero e proprio gioiello: ogni copia è unica e irripetibile, massima l’attenzione a ogni dettaglio, ogni tavola di Piattella è originale e firmata, le tecniche di rilegatura sono quelle della più autentica tradizione artigianale italiana».
Chiude la carrellata di presentazioni, in programma in questi giorni centrali di febbraio, l'incontro sul volume L'Ora. La cultura in Italia dalle pagine del quotidiano palermitano (1918-1930), scritto da Gabriella Da Marco per Silvana editoriale.
Il testo, la cui presentazione si terrà alle 17 di lunedì 18 presso la Biblioteca nazionale di Roma, presenta i risultati di una prima indagine compiuta sugli articoli culturali della testata siciliana. Fra l’abbondante materiale studiato, sono stati selezionati alcuni argomenti di interessante respiro nazionale e internazionale: gli articoli di Piero Gobetti, gli autorevoli contributi di Adolfo Venturi, la fortuna critica di Gabriele d’Annunzio, la recensione tardiva dell’opera di Italo Svevo, e, ancora, il successo di cui godette l’artista Felice Casorati sulle pagine del giornale, l’attenzione continua -pur se oscillante tra il serio e il faceto- di cui furono oggetto il movimento futurista e il suo leader Marinetti, per giungere fino alle le vibranti polemiche sorte durante la Biennale di Venezia del 1928 tra il direttore de L’Ora Nino Sofia, Ugo Ojetti e Antonio Maraini.
Il libro presenta, infine, un repertorio di immagini costituito da illustrazioni, caricature, pubblicità, fotografie che furono pubblicate dal giornale tra il 1918 e il 1930. Un apparato iconografico particolarmente significativo, che potrà fornire utili indicazioni agli studiosi e agli appassionati di arte figurativa, di storia del cinema, di storia del teatro e della scenografia.
Didascalie delle immagini
(fig. 1, fig. 2 e fig. 3) Divina Commedia di Dante Alighieri, con illustrazioni di Oscar Piattella per Vydia edizioni d’arte; (fig. 4) Copertina del volume Il lungo treno di John Cage di Inkyung Hwang; (fig. 5) particolare della locandina della mostra annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve, alla Triennale di Milano.
Informazioni utili
Inkyung Hwang, Il lungo treno di John Cage, O barra O edizioni, Milano 2007. Collana: agli-Estremi dell'Occidente. Dati tecnici: pp. 128, 12,5X20,5 cm. ISBN: 978-88-87510-28-7. Prezzo: € 12.00. Informazioni: www.obarrao.com.
Anni Settanta. Il decennio lungo del secolo breve, Skira, Milano 2007. Dati tecnici: 20,5 x 26,8 cm, 600 pp., 600 ill. colori, brossura. Prezzo: € 49,00. ISBN: 8861304741. Informazioni: Skira editore, Palazzo Casati Stampa, via Torino 61 - Milano, tel. 02.724441, fax 02. 72444211. Web site: www.skira.net.
Gabriella De Marco (a cura di), L'Ora. La cultura in Italia dalle pagine del quotidiano palermitano (1918-1930), Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano) 2007. Dati tecnici: cm 17 x 24, pp. 128, 50 ill. in b/n. ISBN/EAN: 97888-3660833-1. Prezzo: € 18.00. Informazioni: Silvana editoriale, via Margherita De Vizzi, 86 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano), tel. 02.618361, fax 02.6172464. Sito web: www.silvanaeditoriale.it.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
martedì 12 febbraio 2008
domenica 10 febbraio 2008
Giornata del ricordo, a Roma una mostra sui «martiri dimenticati» delle foibe
Una parte di storia italiana è stata per decenni coscientemente taciuta e gettata nell'oblio dalla politica nazionale, dalla storiografia e dalla scuola: è la storia delle terre di Istria, Venezia Giulia e Dalmazia nell’autunno del 1943, nella primavera del 1945 e fino a dopo la firma del Trattato di pace di Parigi, con cui si chiudeva definitivamente la seconda guerra mondiale. Una storia scomoda, questa, per l’Italia del secondo dopoguerra intenta a intessere “rapporti di buon vicinato” con la Jugoslavia del maresciallo Tito e, dunque, “obbligata”, per calcoli politici e convenienze internazionali, a dimenticare. I suoi protagonisti – più di un quarto di milione di uomini, donne e bambini che vivevano sul confine orientale italiano, da Pola a Fiume, da Gorizia a Trieste - furono costretti dal regime comunista titino a lasciare le proprie case, i propri beni, i propri affetti e le proprie attività, stravolgendo improvvisamente tutta la loro vita.
Per molto tempo lo Stato e la società civile hanno preferito ignorare la sofferenza di questi uomini e il loro desiderio di giustizia. Una giustizia che ha dimenticato anche altri italiani giuliano-dalmati: tutti coloro -decine di migliaia di persone- che furono trucidati nei gulag (campi di concentramento) jugoslavi o che trovarono la morte nell'orrore delle foibe, profonde voragini rocciose che la popolazione del Carso triestino utilizzava come discariche per carcasse di animali o oggetti rotti.
Le vittime furono militari, membri del Cnl (Comitato nazionale di Liberazione), fascisti e, principalmente, civili italiani, «infoibati» per odio etnico e ideologico, ma anche e soprattutto perché costituivano un ostacolo al programma titino di annessione di quei territori di confine che erano sotto il tricolore italiano, come i centri di Fiume e Zara.
Per molte di queste persone la fine sopraggiunse dopo atroci torture e sevizie. Chi ha vissuto quegli eventi racconta che i soldati di Tito facevano irruzione di notte nelle case di quelli che consideravano «nemici del popolo», caricando decine di persone alla volta sui camion. Le vittime predestinate venivano, quindi, legate una all'altra con corde o filo spinato e disposte sull'orlo di una foiba (dal latino «fovea», che significa «fossa»). I primi della fila venivano fucilati o colpiti alla nuca con una pistola, trascinando con sé, nelle doline carsiche, anche tutti gli altri, ancora vivi. Alcuni morivano nella caduta, altri resistevano per ore e ore, agonizzando tra migliaia di cadaveri in putrefazione o persone appena morte e sparendo per sempre dalla vita dei loro cari in una di quelle tante voragini sparse lungo il confine orientale (in Istria ne sono state registrate oltre 1.700), senza lasciare dietro di sé un corpo e una tomba su cui piangere. Ben di rado l'eliminazione fisica e l’«infoibamento» avvenivano mediante una semplice fucilazione; comunemente, prima di essere gettati nelle fosse, gli uomini e le donne catturati, strappati con la forza dalle loro case e condannati senza processo alcuno, erano accecati, evirati o stuprati.
E’ l’ultimo decennio del secolo scorso quando -dopo più di cinquant’anni di imbarazzanti silenzi e incomprensibili censure- un piccolo gruppo di storici e giornalisti, con studi, saggi e articoli, inizia a restituire nobiltà alla memoria di chi, esule o «infoibato», ha vissuto quella che Claudio Magris ha definito una «sanguinosa nota a piè pagina della storia universale». Bisogna, invece, attendere il 2004 perché lo Stato italiano sancisca con una legge, la n. 92 del 30 marzo 2004, il Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale del secondo dopoguerra.
La data scelta per le commemorazioni è quella del 10 febbraio, giorno in cui, nel 1947, veniva firmato il Trattato di pace di Parigi, nel quale l’Italia cedeva alla Jugoslavia Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa e quasi tutta la Venezia Giulia (gran parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e l'alta valle dell'Isonzo).
Tra le tante iniziative in programma per questo quarto anniversario, una delle più articolate è senz’altro la mostra Foibe. Martiri dimenticati, promossa dalla Regione Lazio, dall’Eur Spa, dall’Associazione nazionale dalmata e da E-Nvent, con l’adesione del Presidente della Repubblica e con il patrocinio delle amministrazioni comunali e provinciali di Roma.
Sede della rassegna, che si avvale di un prestigioso comitato scientifico presieduto dallo storico Luigi Papo, è la suggestiva cornice del rifugio antiaereo del palazzo degli uffici dell’Eur, «un bunker sotterraneo conservato come ai tempi della seconda guerra mondiale –spiegano gli organizzatori-, con corridoi e diversi vani, porte blindate, doppi usci di ferro con gli spioncini, cartelli originali con le indicazioni per i rifugiati o, ancora, il gruppo elettrogeno azionato a pedali con due biciclette».
In questo contesto, fortemente evocativo, il percorso espositivo ripercorre, con rigore scientifico, la storia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, avvalendosi di documenti inediti, interviste e un centinaio di fotografie.
Cuore dell'esposizione, visitabile fino a domenica 24 febbraio, è la presentazione in anteprima del restauro del documentario Foibe. Martiri dimenticati, realizzato nel 1994 per il settimanale Il borghese. Il filmato, che viene ora ripresentato dall’Associazione nazionale dalmata e dall’editore Palladino, si rivelò, alla sua uscita, un documento shock per il pubblico di quegli anni, mostrando per la prima volta la tragedia delle foibe in tutta la sua truce violenza. Oggi quella stessa testimonianza viene riportata all’attenzione del pubblico in versione restaurata, con integrazioni di materiale inedito, raccolto in questi anni di costante ricerca da parte degli studiosi.
«La rievocazione godrà anche - affermano gli organizzatori - di un forte richiamo emotivo, attraverso la presentazione di alcune opere d’arte ispirate all'eccidio delle foibe», la cui selezione è stata curata da Carla Cace. Si tratta delle sculture di Giuseppe Mannino e delle tele di Rocco Cerchiara e Andrea Cardia, tra le quali sarà esposto il trittico che ha prestato l’immagine guida della mostra romana.
Per molto tempo lo Stato e la società civile hanno preferito ignorare la sofferenza di questi uomini e il loro desiderio di giustizia. Una giustizia che ha dimenticato anche altri italiani giuliano-dalmati: tutti coloro -decine di migliaia di persone- che furono trucidati nei gulag (campi di concentramento) jugoslavi o che trovarono la morte nell'orrore delle foibe, profonde voragini rocciose che la popolazione del Carso triestino utilizzava come discariche per carcasse di animali o oggetti rotti.
Le vittime furono militari, membri del Cnl (Comitato nazionale di Liberazione), fascisti e, principalmente, civili italiani, «infoibati» per odio etnico e ideologico, ma anche e soprattutto perché costituivano un ostacolo al programma titino di annessione di quei territori di confine che erano sotto il tricolore italiano, come i centri di Fiume e Zara.
Per molte di queste persone la fine sopraggiunse dopo atroci torture e sevizie. Chi ha vissuto quegli eventi racconta che i soldati di Tito facevano irruzione di notte nelle case di quelli che consideravano «nemici del popolo», caricando decine di persone alla volta sui camion. Le vittime predestinate venivano, quindi, legate una all'altra con corde o filo spinato e disposte sull'orlo di una foiba (dal latino «fovea», che significa «fossa»). I primi della fila venivano fucilati o colpiti alla nuca con una pistola, trascinando con sé, nelle doline carsiche, anche tutti gli altri, ancora vivi. Alcuni morivano nella caduta, altri resistevano per ore e ore, agonizzando tra migliaia di cadaveri in putrefazione o persone appena morte e sparendo per sempre dalla vita dei loro cari in una di quelle tante voragini sparse lungo il confine orientale (in Istria ne sono state registrate oltre 1.700), senza lasciare dietro di sé un corpo e una tomba su cui piangere. Ben di rado l'eliminazione fisica e l’«infoibamento» avvenivano mediante una semplice fucilazione; comunemente, prima di essere gettati nelle fosse, gli uomini e le donne catturati, strappati con la forza dalle loro case e condannati senza processo alcuno, erano accecati, evirati o stuprati.
E’ l’ultimo decennio del secolo scorso quando -dopo più di cinquant’anni di imbarazzanti silenzi e incomprensibili censure- un piccolo gruppo di storici e giornalisti, con studi, saggi e articoli, inizia a restituire nobiltà alla memoria di chi, esule o «infoibato», ha vissuto quella che Claudio Magris ha definito una «sanguinosa nota a piè pagina della storia universale». Bisogna, invece, attendere il 2004 perché lo Stato italiano sancisca con una legge, la n. 92 del 30 marzo 2004, il Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale del secondo dopoguerra.
La data scelta per le commemorazioni è quella del 10 febbraio, giorno in cui, nel 1947, veniva firmato il Trattato di pace di Parigi, nel quale l’Italia cedeva alla Jugoslavia Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa e quasi tutta la Venezia Giulia (gran parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e l'alta valle dell'Isonzo).
Tra le tante iniziative in programma per questo quarto anniversario, una delle più articolate è senz’altro la mostra Foibe. Martiri dimenticati, promossa dalla Regione Lazio, dall’Eur Spa, dall’Associazione nazionale dalmata e da E-Nvent, con l’adesione del Presidente della Repubblica e con il patrocinio delle amministrazioni comunali e provinciali di Roma.
Sede della rassegna, che si avvale di un prestigioso comitato scientifico presieduto dallo storico Luigi Papo, è la suggestiva cornice del rifugio antiaereo del palazzo degli uffici dell’Eur, «un bunker sotterraneo conservato come ai tempi della seconda guerra mondiale –spiegano gli organizzatori-, con corridoi e diversi vani, porte blindate, doppi usci di ferro con gli spioncini, cartelli originali con le indicazioni per i rifugiati o, ancora, il gruppo elettrogeno azionato a pedali con due biciclette».
In questo contesto, fortemente evocativo, il percorso espositivo ripercorre, con rigore scientifico, la storia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, avvalendosi di documenti inediti, interviste e un centinaio di fotografie.
Cuore dell'esposizione, visitabile fino a domenica 24 febbraio, è la presentazione in anteprima del restauro del documentario Foibe. Martiri dimenticati, realizzato nel 1994 per il settimanale Il borghese. Il filmato, che viene ora ripresentato dall’Associazione nazionale dalmata e dall’editore Palladino, si rivelò, alla sua uscita, un documento shock per il pubblico di quegli anni, mostrando per la prima volta la tragedia delle foibe in tutta la sua truce violenza. Oggi quella stessa testimonianza viene riportata all’attenzione del pubblico in versione restaurata, con integrazioni di materiale inedito, raccolto in questi anni di costante ricerca da parte degli studiosi.
«La rievocazione godrà anche - affermano gli organizzatori - di un forte richiamo emotivo, attraverso la presentazione di alcune opere d’arte ispirate all'eccidio delle foibe», la cui selezione è stata curata da Carla Cace. Si tratta delle sculture di Giuseppe Mannino e delle tele di Rocco Cerchiara e Andrea Cardia, tra le quali sarà esposto il trittico che ha prestato l’immagine guida della mostra romana.
Didascalie delle immagini
(fig. 1) Locandina della mostra Foibe. Martiri dimenticati all’Eur di Roma (1°-24 febbraio 2008); (fig. 2) Tricolore con la stella rossa a Trieste; (fig. 3) Partigiani titini a Trieste; (fig. 4) Ritrovamenti dalle foibe; (fig. 5) Ritrovamenti delle foibe.
Informazioni utili
Foibe. Martiri dimenticati. Eur - Rifugio antiaereo del palazzo degli uffici, piazzale Adenauer 8 - Roma. Orari: dal martedì al venerdì dalle 14.00 alle 18.00; il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 06.54252213/54252133. Fino al 24 febbraio 2008.
Per saperne di più
Dossier storia: le foibe fra ricordo e ricerca
Le foibe – Pagine a cura della Lega nazionale di Trieste
Vedi anche
Da Germano Facetti a Lodovico Belgiojoso, artisti per la Giornata della Memoria
(fig. 1) Locandina della mostra Foibe. Martiri dimenticati all’Eur di Roma (1°-24 febbraio 2008); (fig. 2) Tricolore con la stella rossa a Trieste; (fig. 3) Partigiani titini a Trieste; (fig. 4) Ritrovamenti dalle foibe; (fig. 5) Ritrovamenti delle foibe.
Informazioni utili
Foibe. Martiri dimenticati. Eur - Rifugio antiaereo del palazzo degli uffici, piazzale Adenauer 8 - Roma. Orari: dal martedì al venerdì dalle 14.00 alle 18.00; il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 06.54252213/54252133. Fino al 24 febbraio 2008.
Per saperne di più
Dossier storia: le foibe fra ricordo e ricerca
Le foibe – Pagine a cura della Lega nazionale di Trieste
Vedi anche
Da Germano Facetti a Lodovico Belgiojoso, artisti per la Giornata della Memoria
sabato 9 febbraio 2008
Dalla discarica all'atelier: nasce la «Venere dell'immondizia»
«Gli scarti sono probabilmente brutte cose, ma se riesci a lavorarci un po’ sopra e renderle belle o almeno interessanti, c’è molto meno spreco». Parola di Andy Warhol (Pittsburgh, 6 agosto 1928–New York, 22 febbraio 1987), guru della Pop art americana. Una dichiarazione, la sua, che potrebbe essere facilmente associata al nome di molti altri protagonisti dell’arte del Novecento. E’, infatti, lungo l’elenco degli artisti che, dagli anni Dieci del ventesimo secolo a oggi, hanno utilizzato in chiave “nobile” gli scarti della nostra società dei consumi. Ecco così che le sale di un museo d’arte contemporanea potrebbero benissimo assomigliare a una discarica. Manifesti strappati, tubetti di colore consumati, resti di un pasto tra amici, fiori rinsecchiti, montagne di stracci o, ancora, vecchie macchine compresse, recipienti in tetrapak e bottigliette di plastica sono, infatti, solo alcuni degli oggetti che è possibile trovare tra le sale di un centro dedicato alle ultime ricerche artistiche.
Dalla Ruota di bicicletta (1913-1964) di Marcel Duchamp alla nuovissima Patchwork city (2007-2008) di Enrica Borghi -in corso di esecuzione alla Gam di Gallarate, nell’alto Milanese- sono, dunque, numerose le opere che hanno “salvato” pattume e rifiuti da inceneritori e discariche (Lea Vergine ne ha raccontato l'avventura nel libro Trash. Quando i rifiuti diventano arte, edito da Skira nel 2006). Come non ricordare, per esempio, il Merzbau di Kurt Schwitters e i sacchi di Alberto Burri, le compressioni di César e le Poubelles di Arman, i collage di Mimmo Rotella e le Dame e i Generali di Enrico Baj?
A questa schiera di lavori va aggiunta la nuovissima Venere dell’immondizia, progetto-scultura ideato dalla coppia di artisti Alessandro Monticelli e Claudio Pagone, che prenderà forma questa sera, sabato 9 febbraio, nell’entroterra abruzzese e, più precisamente, nelle sale dello studio Target di Sulmona, in provincia dell’Aquila.
L’opera in questione trae ispirazione dalla Venere degli stracci (1967) di Michelangelo Pistoletto, oggi conservata alla Fondazione Pistoletto di Biella, in cui una montagna di vecchie stoffe viene contrapposta alla candida copia di una statua classica posta di spalle, dando vita a un forte stridore cromatico e formale.
Gli stracci, nella versione del duo abruzzese, verranno sostituiti con la spazzatura, ottenendo un terzo elemento: quello olfattivo. La Venere dell’immondizia sarà, quindi, «una scultura da vedere, toccare e…annusare» o, per i più fortunati, da non annusare, grazie alle mascherine anti-odore autografate da Monticelli & Pagone, che verranno donate ai primi cento ospiti del vernissage allo studio Target di Sulmona.
Collezionisti e galleristi hanno già adocchiato questa originale scultura, lasciando presagire una grande fortuna a livello artistico. Bologna, Roma e Viterbo sono solo alcune delle città da cui è giunta richiesta di esporre la Venere dell'immondizia; nessuna proposta, invece, da Napoli, che non vuole veder “ritornare al mittente” la sua spazzatura.
L’operazione artistica di Monticelli & Pagone è, infatti, nata dopo la diffusione, da parte di quotidiani e televisioni nazionali, della notizia relativa all’inserimento on-line, sul sito di e-Bay, dell’annuncio di vendita di tonnellate di munnezza napoletana doc.
Quasi per gioco il duo abruzzese ha contattato il venditore e ha acquistato, al costo di 300 euro, 300 chilogrammi di rifiuti provenienti dalla città campana, con i quali ha realizzato una coloratissima montagna alta 2,4 metri e larga 3, contrapponendola alla copia di una statua classica posta di spalle.
«La nostra vuole essere una provocazione scherzosa, una presa in giro della situazione esplosiva che si è creata a Napoli in questi giorni –dichiarano gli artisti-. Ma è anche una considerazione amara sul fatto che, dagli anni Sessanta, quando Pistoletto ha creato la sua Venere, è passato del tempo, ma in fondo tutto è rimasto uguale». Così, quarant’anni dopo, ecco una nuova dea in versione trash. Che anziché nascere dalla spuma del mare, come vuole la mitologia, viene fuori da una montagna di fustini di detersivo vuoti, sacchetti di carta o di plastica, stoffe usurate, vecchi water e bucce di banana.
Didascalie delle immagini
(fig. 1) Alessandro Monticelli e Claudio Pagone; (fig. 2) Alessandro Monticelli e Claudio Pagone, Venere dell’immondizia, 2008; (fig. 3) Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967.
Informazioni utili
La Venere dell’immondizia. Studio Target, Via Giuseppe Antonio Angeloni 18 – Sulmona (L’Aquila). Orari: sabato 9 febbraio 2008, dalle ore 19. Ingresso libero. Informazioni: tel. 339.8762763/333.5259973 o pagmon@tiscali.it. Sito Web: http://www.mep-art.it/.
Dalla Ruota di bicicletta (1913-1964) di Marcel Duchamp alla nuovissima Patchwork city (2007-2008) di Enrica Borghi -in corso di esecuzione alla Gam di Gallarate, nell’alto Milanese- sono, dunque, numerose le opere che hanno “salvato” pattume e rifiuti da inceneritori e discariche (Lea Vergine ne ha raccontato l'avventura nel libro Trash. Quando i rifiuti diventano arte, edito da Skira nel 2006). Come non ricordare, per esempio, il Merzbau di Kurt Schwitters e i sacchi di Alberto Burri, le compressioni di César e le Poubelles di Arman, i collage di Mimmo Rotella e le Dame e i Generali di Enrico Baj?
A questa schiera di lavori va aggiunta la nuovissima Venere dell’immondizia, progetto-scultura ideato dalla coppia di artisti Alessandro Monticelli e Claudio Pagone, che prenderà forma questa sera, sabato 9 febbraio, nell’entroterra abruzzese e, più precisamente, nelle sale dello studio Target di Sulmona, in provincia dell’Aquila.
L’opera in questione trae ispirazione dalla Venere degli stracci (1967) di Michelangelo Pistoletto, oggi conservata alla Fondazione Pistoletto di Biella, in cui una montagna di vecchie stoffe viene contrapposta alla candida copia di una statua classica posta di spalle, dando vita a un forte stridore cromatico e formale.
Gli stracci, nella versione del duo abruzzese, verranno sostituiti con la spazzatura, ottenendo un terzo elemento: quello olfattivo. La Venere dell’immondizia sarà, quindi, «una scultura da vedere, toccare e…annusare» o, per i più fortunati, da non annusare, grazie alle mascherine anti-odore autografate da Monticelli & Pagone, che verranno donate ai primi cento ospiti del vernissage allo studio Target di Sulmona.
Collezionisti e galleristi hanno già adocchiato questa originale scultura, lasciando presagire una grande fortuna a livello artistico. Bologna, Roma e Viterbo sono solo alcune delle città da cui è giunta richiesta di esporre la Venere dell'immondizia; nessuna proposta, invece, da Napoli, che non vuole veder “ritornare al mittente” la sua spazzatura.
L’operazione artistica di Monticelli & Pagone è, infatti, nata dopo la diffusione, da parte di quotidiani e televisioni nazionali, della notizia relativa all’inserimento on-line, sul sito di e-Bay, dell’annuncio di vendita di tonnellate di munnezza napoletana doc.
Quasi per gioco il duo abruzzese ha contattato il venditore e ha acquistato, al costo di 300 euro, 300 chilogrammi di rifiuti provenienti dalla città campana, con i quali ha realizzato una coloratissima montagna alta 2,4 metri e larga 3, contrapponendola alla copia di una statua classica posta di spalle.
«La nostra vuole essere una provocazione scherzosa, una presa in giro della situazione esplosiva che si è creata a Napoli in questi giorni –dichiarano gli artisti-. Ma è anche una considerazione amara sul fatto che, dagli anni Sessanta, quando Pistoletto ha creato la sua Venere, è passato del tempo, ma in fondo tutto è rimasto uguale». Così, quarant’anni dopo, ecco una nuova dea in versione trash. Che anziché nascere dalla spuma del mare, come vuole la mitologia, viene fuori da una montagna di fustini di detersivo vuoti, sacchetti di carta o di plastica, stoffe usurate, vecchi water e bucce di banana.
Didascalie delle immagini
(fig. 1) Alessandro Monticelli e Claudio Pagone; (fig. 2) Alessandro Monticelli e Claudio Pagone, Venere dell’immondizia, 2008; (fig. 3) Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1967.
Informazioni utili
La Venere dell’immondizia. Studio Target, Via Giuseppe Antonio Angeloni 18 – Sulmona (L’Aquila). Orari: sabato 9 febbraio 2008, dalle ore 19. Ingresso libero. Informazioni: tel. 339.8762763/333.5259973 o pagmon@tiscali.it. Sito Web: http://www.mep-art.it/.
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