Sarà Nili Goren (Gerusalemme, 1965), per anni docente alla Bezalel Academy of arts and design di Gerusalemme e attualmente curatrice al Tel Aviv Museum of Art, ad aprire la seconda edizione della rassegna «I lunedì dell’arte», promossa dalla Fondazione De Fornaris alla Gam – Galleria d’arte moderna di Torino.
Da lunedì 5 maggio il prestigioso museo piemontese -che vanta una collezione di oltre quarantamila opere di autori come Fontanesi, Fattori, Pellizza da Volpedo, Medardo Rosso, Morandi, Casorati, Martini e De Pisis – aprirà, infatti, le porte a tre incontri con altrettanti esperti di fotografia. L’iniziativa –ideata da Antonella Russo, allieva di Beaumont Newhall e autrice di un volume stimolante per gli studi del settore come «Storia culturale della fotografia italiana» (Einaudi, Torino 2011)- nasce con l’intento di aggiornare il pubblico su programmi espositivi e attività di importanti musei o festival internazionali e sulle diverse strategie di circolazione istituzionale dell’immagine fotografica contemporanea in capitali europee ed extra–europee, nell’epoca della tecnologia avanzata, di internet e dei social media.
A presentare la rassegna, intitolata «Fotografia. Visione e missione II», sarà la stessa Antonella Russo, che vanta in curriculum attività didattica al Moma e al Metropolitan di New York e che ha curato mostre come «Mario Giacomelli» (1992) al Castello di Rivoli e «Viewpoints Italy in Black and White» (2005) alla Estorick Collection di Londra, con la collaborazione di Riccardo Passoni, vicedirettore del museo torinese.
Lunedì 5 maggio, alle 21, Nili Goren intratterrà i presenti con una conferenza dal titolo «Contemporary Israeli Photography: from landscape to land-escape», nella quale verrà tracciata una ricognizione sulla fotografia israeliana odierna e sarà proposta una riflessione sul ruolo d’indagine e diffusione che il Tel Aviv Museum of Art svolge nel rappresentare le tendenze della fotografia nazionale moderna e contemporanea, nel contesto della storia del mezzo fotografico.
Il secondo incontro, in agenda per lunedì 19 maggio, vedrà al tavolo dei relatori Paul di Felice (Differdange, Lussemburgo, 1953), professore di Storia dell’arte all’Università del Lussemburgo, co-direttore dell’European Month of Photography, co-editore di Café Créme édition e socio fondatore della rivista on-line «lacritique.org», che parlerà di «Trenta anni di fotografia contemporanea internazionale in Lussemburgo».
A chiudere gli appuntamenti sarà Walter Moser (Wels, 1979), capo curatore di fotografia dell’Albertina Museum di Vienna, che lunedì 26 maggio terrà una conferenza dal titolo «To see more more closely: insights into the photographic collection at the Albertina», un’articolata meditazione sulla collezione di fotografia del museo viennese, uno dei più prestigiosi del continente.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Shai Kremer, Abandoned Syrian base, View of a minefield, Golan Heights, 2007; [fig. 2] Adi Nes, Untitled (Hagar),2005
Informazioni utili
«I lunedì dell’arte - Fotografia. Visione e missione II ». Gam – Sala conferenze, corso Galileo Ferraris 30 – Torino. Conferenze: lunedì 5 maggio, ore 21 - Nili Goren; lunedì 19 maggio, ore 18 - Paul di Felice; lunedì 26 maggio, ore 21 - Walter Moser. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Informazioni: tel. 011.542491 o fdf@fondazionedefornaris.org. Sito internet: www.fondazionedefornaris.org. Da lunedì 5 a lunedì 26 maggio 2014.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
lunedì 5 maggio 2014
venerdì 18 aprile 2014
Da Picasso a Fontana, in un museo l’arte amata da Paolo VI
«Noi abbiamo bisogno di voi»: con queste parole papa Paolo VI si rivolgeva il 7 maggio 1964 a una delegazione di artisti riuniti nella Cappella Sistina per la solennità dell’Ascensione, consegnando loro il capitolo VII della costituzione sulla sacra liturgia «Sacrosanctum Concilium» (4 dicembre 1963), nel quale venivano tracciate le coordinate per ripensare il rapporto tra arte e vita della Chiesa.
In questo modo il pontefice intendeva ristabilire un rapporto con gli artisti, «creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità», rinnovando un’amicizia che, per secoli, era stata «veicolo, tramite, interprete, ponte» tra il mondo religioso e la società e che, agli inizi del Novecento, si era «guastata» da entrambe le parti, sia col ricorrere a un’arte staccata dalla vita, sia con il pretendere l’assuefazione a cliché e modelli che Paolo VI aveva definito «di pochi pregi e di poca spesa».
«Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci!» era l’accorato appello che papa Giovanni Battista Montini rivolgeva ai pittori e agli scultori riuniti nella Cappella Sistina, la cui opera poteva essere «segno e simbolo della realtà soprannaturale».
Iniziava con questa omelia, dagli accenti commossi e dal grande pathos, un rinnovato dialogo tra Chiesa e arte. Un dialogo che il pontefice avrebbe sollecitato in molte altre occasioni, a partire dalla «Gaudium et spes» (1965) fino all’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei Musei vaticani (1973), come ricorda il libro «Paolo VI. Su l’arte e agli artisti. Discorsi, messaggi e scritti (1963-1978)» delle edizioni Studium.
Il prezioso rapporto tra Giovanni Battista Montini e i pittori e gli scultori contemporanei diede origine, negli anni dell’episcopato e del pontificato, a una ricca collezione privata formata da oltre settemila opere tra dipinti, incisioni, stampe, sculture e medaglie, della cui conservazione e esposizione si occupa, dal 1987, l’associazione «Arte e Spiritualità» di Brescia.
Henri Matisse, Marc Chagall, Pablo Picasso, Salvador Dalí, René Magritte, Gino Severini, Mario Sironi, Giorgio Morandi, Felice Casorati, Georges Rouault ed Emilio Vedova sono solo alcuni degli artisti presenti nella raccolta, di proprietà dell’Opera per l’educazione cristiana, alla quale è giunta attraverso vari lasciti disposti prevalentemente da monsignor Pasquale Macchi, segretario del pontefice, e della quale sono stati pubblicati nel 1995 e nel 2006 due cataloghi generali a cura di Cecilia De Carli. Dal 2011 la collezione si è, inoltre, arricchita di circa duecento lavori conferiti in comodato dalla Cei e realizzati da artisti contemporanei per illustrare i volumi del nuovo lezionario da messa.
Aperta al pubblico dal 1988 nella cittadina di Concesio, nel Bresciano, e ospitata dal 2009 in una nuova realtà espositiva, ubicata nelle vicinanze della casa natale di papa Montini, la raccolta è visibile dallo scorso febbraio con un regolare orario di visita, dal martedì al sabato, dopo che per lungo tempo era stato possibile garantirne l’accesso esclusivamente a gruppi su prenotazione. Si tratta di una prima tappa di un piano di rilancio triennale che prevede incontri, conferenze, visite guidate, laboratori per bambini, collaborazioni e scambi con i musei più prestigiosi del mondo, e che, recentemente, ha visto la struttura diventare punto Fai (Fondo per l’ambiente italiano).
Articolato su due piani, per un totale di quasi mille metri quadrati di superficie espositiva, il museo allinea circa duecentosettantacinque opere, che testimoniano «il grande impegno profuso da Paolo VI –scrive Paolo Bolpagni, nella guida breve alla collezione- per la promozione dell’arte contemporanea nelle sue più varie manifestazioni, nella ricerca di un dialogo – talvolta anche tormentato, difficile, contrastato – e di una reciproca comprensione». La raccolta non sposa, dunque, uno stile e non indica nemmeno una via allo sviluppo di una pittura e di una scultura «sacra», ma mostra tutte quelle forme di espressione artistica intrise di domande profonde, escatologiche e di ricerca di senso che hanno caratterizzato il Novecento. Ecco così esposte opere dalla componente aniconica che rimandano a una prospettiva altra, quella del divino e dell’ultraterreno, come la tela «T 1966 – E 9» (1966) di Hans Hartung, e lavori legati alla dimensione liturgica come le due tempere su carta del giapponese Kengiro Azuma per il progetto della «Santa Croce» nel convento dei frati cappuccini di Sion (in Svizzera), o ancora la piccola «Croce» (1942) in terracotta dipinta di Mirko Basaldella e la «Crocifissione» (1955-1960) in ceramica di Lucio Fontana per il concorso della Quinta Porta del Duomo di Milano, nella quale «il Cristo -scrive Paolo Bolpagni- sembra contemporaneamente patiens e triumphans, inchiodato alla Croce ma già proiettato verso la Resurrezione».
Uno spazio importante del museo è dedicato alla grafica, per la quale è stato studiato un piccolo «Gabinetto delle stampe», un ambiente intimo e raccolto nel quale trovano posto, tra l’altro, alcune opere di soggetto biblico di Marc Chagall, un’acquaforte della serie «Miserere» di Georges Rouault e nove litografie di Henri Matisse, riferite al suo intervento decorativo nella Cappella del Rosario delle suore domenicane di Vence, in Provenza. Un museo, dunque, interessante quello di Concesio per scoprire come papa Paolo VI fosse riuscito a riannodare i fili tra il mondo dell’arte e la Chiesa, a farsi rispondere affermativamente a quella domanda, franca e sentita, che rivolse ai presenti nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964: «Rifacciamo la pace? Quest’oggi? Qui? Vogliamo ritornare amici? Il Papa ridiventa ancora l’amico degli artisti?».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ernst Günter Hansing, «Paolo VI raccolto in preghiera», 1969, tempera su carta, inv. 2314; [fig. 2] Entrata della Collezione Paolo VI di Concesio (Brescia); [figg. 3 e 4] Vista interna della Collezione Paolo VI di Concesio (Brescia); [fig. 5] Lucio Fontana, «Crocifissione», 1955-1960, ceramica colorata e riflessata, inv. S81
Informazioni utili
Collezione Paolo VI, via Marconi,15 - Concesio (Brescia). Orari: martedì-venerdì, ore 9-00-12.00 e ore 15.00-17.00; sabato, ore 14.00-19.00. Ingresso: € 5,00. Visita guidata: € 30,00 + il biglietto di ingresso. Agevolazioni soci Fai: sconto del 50% sul biglietto d’ingresso al museo, e riduzione del 20% sull’acquisto dei libri in vendita nel bookshop. Informazioni: tel. 030.2180817 o info@artespiritualita.org. Sito internet: www.collezionepaolovi.it.
In questo modo il pontefice intendeva ristabilire un rapporto con gli artisti, «creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità», rinnovando un’amicizia che, per secoli, era stata «veicolo, tramite, interprete, ponte» tra il mondo religioso e la società e che, agli inizi del Novecento, si era «guastata» da entrambe le parti, sia col ricorrere a un’arte staccata dalla vita, sia con il pretendere l’assuefazione a cliché e modelli che Paolo VI aveva definito «di pochi pregi e di poca spesa».
«Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci!» era l’accorato appello che papa Giovanni Battista Montini rivolgeva ai pittori e agli scultori riuniti nella Cappella Sistina, la cui opera poteva essere «segno e simbolo della realtà soprannaturale».
Iniziava con questa omelia, dagli accenti commossi e dal grande pathos, un rinnovato dialogo tra Chiesa e arte. Un dialogo che il pontefice avrebbe sollecitato in molte altre occasioni, a partire dalla «Gaudium et spes» (1965) fino all’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei Musei vaticani (1973), come ricorda il libro «Paolo VI. Su l’arte e agli artisti. Discorsi, messaggi e scritti (1963-1978)» delle edizioni Studium.
Il prezioso rapporto tra Giovanni Battista Montini e i pittori e gli scultori contemporanei diede origine, negli anni dell’episcopato e del pontificato, a una ricca collezione privata formata da oltre settemila opere tra dipinti, incisioni, stampe, sculture e medaglie, della cui conservazione e esposizione si occupa, dal 1987, l’associazione «Arte e Spiritualità» di Brescia.
Henri Matisse, Marc Chagall, Pablo Picasso, Salvador Dalí, René Magritte, Gino Severini, Mario Sironi, Giorgio Morandi, Felice Casorati, Georges Rouault ed Emilio Vedova sono solo alcuni degli artisti presenti nella raccolta, di proprietà dell’Opera per l’educazione cristiana, alla quale è giunta attraverso vari lasciti disposti prevalentemente da monsignor Pasquale Macchi, segretario del pontefice, e della quale sono stati pubblicati nel 1995 e nel 2006 due cataloghi generali a cura di Cecilia De Carli. Dal 2011 la collezione si è, inoltre, arricchita di circa duecento lavori conferiti in comodato dalla Cei e realizzati da artisti contemporanei per illustrare i volumi del nuovo lezionario da messa.


Uno spazio importante del museo è dedicato alla grafica, per la quale è stato studiato un piccolo «Gabinetto delle stampe», un ambiente intimo e raccolto nel quale trovano posto, tra l’altro, alcune opere di soggetto biblico di Marc Chagall, un’acquaforte della serie «Miserere» di Georges Rouault e nove litografie di Henri Matisse, riferite al suo intervento decorativo nella Cappella del Rosario delle suore domenicane di Vence, in Provenza. Un museo, dunque, interessante quello di Concesio per scoprire come papa Paolo VI fosse riuscito a riannodare i fili tra il mondo dell’arte e la Chiesa, a farsi rispondere affermativamente a quella domanda, franca e sentita, che rivolse ai presenti nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964: «Rifacciamo la pace? Quest’oggi? Qui? Vogliamo ritornare amici? Il Papa ridiventa ancora l’amico degli artisti?».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ernst Günter Hansing, «Paolo VI raccolto in preghiera», 1969, tempera su carta, inv. 2314; [fig. 2] Entrata della Collezione Paolo VI di Concesio (Brescia); [figg. 3 e 4] Vista interna della Collezione Paolo VI di Concesio (Brescia); [fig. 5] Lucio Fontana, «Crocifissione», 1955-1960, ceramica colorata e riflessata, inv. S81
Informazioni utili
Collezione Paolo VI, via Marconi,15 - Concesio (Brescia). Orari: martedì-venerdì, ore 9-00-12.00 e ore 15.00-17.00; sabato, ore 14.00-19.00. Ingresso: € 5,00. Visita guidata: € 30,00 + il biglietto di ingresso. Agevolazioni soci Fai: sconto del 50% sul biglietto d’ingresso al museo, e riduzione del 20% sull’acquisto dei libri in vendita nel bookshop. Informazioni: tel. 030.2180817 o info@artespiritualita.org. Sito internet: www.collezionepaolovi.it.
giovedì 17 aprile 2014
La grande bellezza di Roma nelle incisioni di Luigi Rossini
È una mostra preziosa, forse di nicchia, quella che il m.a.x. di Chiasso -museo svizzero nato nel 2005 con l’intento di divulgare la conoscenza dell’arte grafica, del design, della fotografia e dell’architettura- dedica a Luigi Rossini (Ravenna, 1790-Roma, 1857), incisore di talento, cugino del più famoso Gioachino, che per la critica è stato l’ultimo grande illustratore delle meraviglie di Roma dopo Giuseppe Vasi e Giovan Battista Piranesi e prima dell’avvento della fotografia, che sostituì l’acquaforte tra i souvenir della Città eterna preferiti dai viaggiatori del Grand tour.
La rassegna, curata da Nicoletta Ossanna Cavadini e Maria Antonella Fusco, espone per la prima volta al pubblico opere provenienti da collezioni private e della famiglia come suggestivi disegni acquerellati, schizzi, lettere e appunti di viaggio, oltre a preziosi rami e a rare incisioni provenienti dall’Istituto nazionale per la grafica di Roma, una delle tre principali raccolte pubbliche di matrici al mondo, dove la rassegna sull’artista ravennate verrà proposta il prossimo autunno.
Attraverso le oltre centocinquanta opere in mostra, riunite sotto il titolo «Luigi Rossini (1790-1857), incisore. Il viaggio segreto», sarà possibile ripercorrere il percorso artistico e biografico del maestro romagnolo, caro amico dello scultore Adamo Tadolini e collaboratore di Bartolomeo Pinelli, che nella sua vita beneficiò anche della stima e della protezione di Antonio Canova e Vincenzo Camuccini.
La preziosità dell’esposizione svizzera, corredata da un catalogo bilingue (in italiano e in inglese) pubblicato da Silvana editoriale, consiste nella possibilità di veder raffrontati l’acquarello preparatorio, la matrice e, infine, la stampa di molti lavori di Luigi Rossini, così da poter studiare tutti le sue volute variazioni e i suoi leggeri spostamenti di punti di vista.
Attraverso opere di elegante fattura come «Il monte Quirinale preso in cima al Palazzo Caligola» (1827) o «Puteale di Pompei» (1830 ca.), la mostra al m.a.x. di Chiasso documenta le varie fasi del lavoro dell’artista che, partito dalla «visionarietà» tipica di Giovan Battista Piranesi, approda a una cultura dell’antico aperta alle prime espressioni del Romanticismo e del Pittoresco. Lungo il percorso ci sono anche una sezione libraria contenente i preziosi in folio e la collezione di gemme antiche e impronte in ceralacca, ma ciò che cattura lo sguardo del visitatore sono soprattutto le fantasie architettoniche acquerellate e le splendide incisioni (in alcuni casi addirittura editio princeps), realizzate dagli anni Venti agli anni Cinquanta dell’Ottocento.
Nato a Ravenna nel 1790 da «famiglia oscura ma onestissima» originaria di Lugo di Romagna, Luigi Rossini studia all’Accademia di Bologna ed ha come maestri Leandro Marconi nell'ornato e il celebre Giovanni Antonio Antolini nell'architettura. Nel 1813 viene insignito del «Premio del regno Italico», poi ottiene l'alunnato all'Accademia italiana di palazzo Venezia a Roma. Data al 1817 una prima serie di cinquanta «prospettive di Roma incise a contorno, e colorate», stampata con il nome di Giovanni Rossini. Segue la pubblicazione, tra il 1823 e il 1829, della serie «Le antichità romane», ben centouno vedute dell'Urbe che inaugurano la ricca produzione grafica dell’artista dedicata alla Città eterna e riunita nelle raccolte «Le antichità dei contorni di Roma» (1826-'29), «I sette colli» (1829), «Le porte antiche e moderne» (1829) e «I monumenti più interessanti» (1830). Si tratta di lavori che portano serenità economica a Luigi Rossini, dopo gli anni giovanili di ristrettezze, tanto è vero che lo stesso artista in una lettera del 1830 a Carlo Emanuele Muzzarelli, pubblicata a Torino nel 1853 da Diamillo Müller nelle «Biografie autografe e inedite di illustri italiani di questo secolo», si definisce «ben agiato e contento».
Seguono le lastre «Archi trionfali, onorarii e funebri» (1836), «Viaggio pittoresco da Roma a Napoli» (1839), «Scenografia degl'interni delle più belle chiese e basiliche antiche» (1839-'43), «Scenografia di Roma moderna» (1850) e «I principali fori di Roma antica» (1850): un ricco gruppo di opere che racconta la Città eterna come meta turistica e che, finalmente, con questa mostra in Svizzera, nel vicino Canton Ticino, ottiene la giusta consacrazione.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Rossini, Disegno preparatorio - Parte del foro romano e monte Capitolino col tempio di Giove, 1827-1829, acquarello; [fig. 2] Luigi Rossini, Il Monte Capitolino e parte del Foro Romano coll’incendio nel Tempio di Giove Capitolino e col saccheggio dato da Genserico a Roma, 1827, matita e inchiostro color seppia acquerellato su carta vergata con cornice riquadrata, 60,5 x 83 cm, Collezione privata; [fig. 3] Luigi Rossini, Schizzo di Piazza Navona o Circo Agonale col Mercato, 1839, penna e acquerello color seppia su carta vergata, 45 x 64,5 cm, Courtesy Gian Enzo Sperone Switzerland; [fig. 4] Luigi Rossini, Puteale in Pompei, senza data (ca. 1830), matita e inchiostro color seppia acquerellato su carta vergata, 46 x 57,5 cm, Collezione privata
Informazioni utili
«Luigi Rossini (1790-1857), incisore. Il viaggio segreto». m.a.x. museo, via Dante Alighieri, 4 - Chiasso (Svizzera). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-12.00 e ore 15.00-18.00; lunedì chiuso. Intero: ChF 10; ridotto ChF 7. Informazioni: tel. +41.91.6825656 o info@maxmuseo.ch. Sito internet: www.maxmuseo.ch. Fino al 4 maggio 2014.
La rassegna, curata da Nicoletta Ossanna Cavadini e Maria Antonella Fusco, espone per la prima volta al pubblico opere provenienti da collezioni private e della famiglia come suggestivi disegni acquerellati, schizzi, lettere e appunti di viaggio, oltre a preziosi rami e a rare incisioni provenienti dall’Istituto nazionale per la grafica di Roma, una delle tre principali raccolte pubbliche di matrici al mondo, dove la rassegna sull’artista ravennate verrà proposta il prossimo autunno.
Attraverso le oltre centocinquanta opere in mostra, riunite sotto il titolo «Luigi Rossini (1790-1857), incisore. Il viaggio segreto», sarà possibile ripercorrere il percorso artistico e biografico del maestro romagnolo, caro amico dello scultore Adamo Tadolini e collaboratore di Bartolomeo Pinelli, che nella sua vita beneficiò anche della stima e della protezione di Antonio Canova e Vincenzo Camuccini.
La preziosità dell’esposizione svizzera, corredata da un catalogo bilingue (in italiano e in inglese) pubblicato da Silvana editoriale, consiste nella possibilità di veder raffrontati l’acquarello preparatorio, la matrice e, infine, la stampa di molti lavori di Luigi Rossini, così da poter studiare tutti le sue volute variazioni e i suoi leggeri spostamenti di punti di vista.
Nato a Ravenna nel 1790 da «famiglia oscura ma onestissima» originaria di Lugo di Romagna, Luigi Rossini studia all’Accademia di Bologna ed ha come maestri Leandro Marconi nell'ornato e il celebre Giovanni Antonio Antolini nell'architettura. Nel 1813 viene insignito del «Premio del regno Italico», poi ottiene l'alunnato all'Accademia italiana di palazzo Venezia a Roma. Data al 1817 una prima serie di cinquanta «prospettive di Roma incise a contorno, e colorate», stampata con il nome di Giovanni Rossini. Segue la pubblicazione, tra il 1823 e il 1829, della serie «Le antichità romane», ben centouno vedute dell'Urbe che inaugurano la ricca produzione grafica dell’artista dedicata alla Città eterna e riunita nelle raccolte «Le antichità dei contorni di Roma» (1826-'29), «I sette colli» (1829), «Le porte antiche e moderne» (1829) e «I monumenti più interessanti» (1830). Si tratta di lavori che portano serenità economica a Luigi Rossini, dopo gli anni giovanili di ristrettezze, tanto è vero che lo stesso artista in una lettera del 1830 a Carlo Emanuele Muzzarelli, pubblicata a Torino nel 1853 da Diamillo Müller nelle «Biografie autografe e inedite di illustri italiani di questo secolo», si definisce «ben agiato e contento».
Seguono le lastre «Archi trionfali, onorarii e funebri» (1836), «Viaggio pittoresco da Roma a Napoli» (1839), «Scenografia degl'interni delle più belle chiese e basiliche antiche» (1839-'43), «Scenografia di Roma moderna» (1850) e «I principali fori di Roma antica» (1850): un ricco gruppo di opere che racconta la Città eterna come meta turistica e che, finalmente, con questa mostra in Svizzera, nel vicino Canton Ticino, ottiene la giusta consacrazione.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Rossini, Disegno preparatorio - Parte del foro romano e monte Capitolino col tempio di Giove, 1827-1829, acquarello; [fig. 2] Luigi Rossini, Il Monte Capitolino e parte del Foro Romano coll’incendio nel Tempio di Giove Capitolino e col saccheggio dato da Genserico a Roma, 1827, matita e inchiostro color seppia acquerellato su carta vergata con cornice riquadrata, 60,5 x 83 cm, Collezione privata; [fig. 3] Luigi Rossini, Schizzo di Piazza Navona o Circo Agonale col Mercato, 1839, penna e acquerello color seppia su carta vergata, 45 x 64,5 cm, Courtesy Gian Enzo Sperone Switzerland; [fig. 4] Luigi Rossini, Puteale in Pompei, senza data (ca. 1830), matita e inchiostro color seppia acquerellato su carta vergata, 46 x 57,5 cm, Collezione privata
Informazioni utili
«Luigi Rossini (1790-1857), incisore. Il viaggio segreto». m.a.x. museo, via Dante Alighieri, 4 - Chiasso (Svizzera). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-12.00 e ore 15.00-18.00; lunedì chiuso. Intero: ChF 10; ridotto ChF 7. Informazioni: tel. +41.91.6825656 o info@maxmuseo.ch. Sito internet: www.maxmuseo.ch. Fino al 4 maggio 2014.
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