ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 15 aprile 2015

Brera, un restauro al gusto di miele per l'Atrio dei gesuiti

Sarà un restauro «dolce» quello dell'atrio dei Gesuiti all’interno del Palazzo di Brera. Toccherà, infatti, alla Rigoni, prestigiosa azienda familiare che sull’Altipiano di Asiago produce mieli e marmellate, riportare alla sua antica bellezza l’area di ingresso di uno dei simboli di Milano nel mondo.
L’intervento di recupero, su progetto degli architetti Alessandra Quarto e Angelo Rosi, sarà realizzato entro il prossimo settembre da Fondaco, società veneziana specializzata nella gestione di interventi di restauro di beni pubblici, che ha già curato una cinquantina di cantieri in dieci anni di attività.
L’atrio, che oggi versa in pessime condizioni di conservazione, è un’elegante aula a due navate separate da coppie di colonne binate in granito rosa di Baveno, coperta da volte a calotta con cornici grigie, che in passato aveva una funzione importante all’interno del complesso di Brera.
In passato, questo spazio fungeva, infatti, da area di accesso al complesso formato dal convento e dal collegio affidato ai gesuiti da San Carlo Borromeo, trasformato nel 1773, per volere di Maria Teresa Imperatrice d’Austria, in un vero e proprio polo culturale, in cui ancora oggi trovano sede l’Accademia, la Biblioteca braidense, l’Orto botanico e la celebre pinacoteca con i suoi tesori d’arte.
Qui si trovano, inoltre, importanti testimonianze storico-architettoniche come i monumenti in memoria di Ruggero Giuseppe Boscovich (fondatore dell’Osservatorio astronomico di Brera), di Giovanni Perego (restauratore e scenografo per il teatro alla Scala), di Giuseppe Sommaruga (architetto, autore del Palazzo Castiglioni a Milano,simbolo del liberty italiano), oltre al bassorilievo dell’incoronazione di Napoleone (realizzato da Gaetano Monti per l’Arco della pace di Milano) e al portale del Santo Sepolcro con il busto seicentesco in memoria di San Carlo Borromeo.
Quando a rovinare al suolo sono state porzioni più o meno estese degli intonaci originali, per sostituirli sono stati utilizzati nuovi intonaci in malta cementizia, che hanno impedito o limitato la fisiologica traspirazione dei muri. Gli elementi in pietra, marmo o granito hanno così, molto pesantemente, risentito di umidità e scarsa cura, con situazioni di sfarinamento o di sfaldamento. Non è andata meglio alle strutture lignee, ai ferri, ai bassorilievi, alle lapidi commemorative. Non solo l’architettura quindi, ma anche il prezioso complesso di memorie milanesi custodito nell’atrio appariva in pericolo. Di qui l’appello della Soprintendenza di Milano e dell’associazione Amici di Brera per trovare chi potesse farsi carico di un intervento la cui urgenza era davanti agli occhi di tutti. La risposta di Fondaco e di Rigoni è stata entusiasta. Ma non è tutto.
In occasione del restauro e dell’imminente Esposizione universale, l’azienda vicentina promuove una serie di iniziative intorno al cibo. La prima di queste, intitolata «Dal quadro al piatto», verrà realizzata in collaborazione con la pinacoteca e il Cnr – Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e si sostanzierà in una serie di tavole rotonde, in programma dal 21 maggio al 15 ottobre, nel corso delle quali si potrà disquisire di arte ed enogastronomia, a partire da quadri come «La fruttivendola» di Vincenzo Campi, la «Cena in Emmaus» del Caravaggio o il «San Gerolamo» di Cima da Conegliano.
Per contribuire alla valorizzazione delle varie realtà che operano a Brera si sta, inoltre, avviando una collaborazione con la Biblioteca nazionale per la ricerca nei famosi archivi di documenti storici riguardanti il settore d'interesse della Rigoni: le confetture, il miele e le mele. L'auspicio è che si possa trovare qualche ricetta del passato da elaborare e magari proporre al mercato.

Informazioni utili 
Fondaco S.r.l. - Palazzo Gradenigo, Santa Croce 764 - 30135 Venezia, tel. 041.5242851, fax 041.7792403. Sito internet: www.fondacovenezia.org. 

martedì 14 aprile 2015

Google Art Project, il Mao di Torino è anche in 3D

È il Mao di Torino il primo museo italiano ad aver aderito al progetto pilota del Google Cultural Institute, la celebre piattaforma digitale per la promozione e la tutela della cultura on-line, che da qualche giorno ha integrato il suo Art Project con una nuova funzione 3D.
Frutto di mesi di lavoro da parte degli ingegneri del colosso di Mountain View, il nuovo nato in caso Google permette di rendere ancora più coinvolgente la fruizione dell’arte in Rete. Gli utenti potranno, infatti, ammirare oltre duecento oggetti provenienti da tutto il mondo nella loro versione tridimensionale: dall’estesa collezione di teschi animali della California Academy of Sciences alle celebri maschere millenarie custodite nel Israel Museum a Gerusalemme e considerate le prime forme di ritratto realizzate dall’uomo.
Per attivare la visione tridimensionale è sufficiente selezionare le immagini che riportano la scritta «oggetto 3D» e utilizzare il mouse del computer per far ruotare i manufatti a 360° e ammirarne i dettagli più nascosti.
Non solo, dunque, visite virtuali ai musei per il “nuovo” Art Project, un vero e proprio catalogo di disegni, sculture, dipinti, fotografie e opere religiose presentato minuziosamente con informazioni dettagliate, una guida audio e la possibilità di zoomare la propria ricerca, ma anche visioni tridimensionali di manufatti preziosi.
Il tutto è stato reso possibile grazie al lavoro degli ingegneri del Google Cultural Institute che hanno lavorato a stretto contatto con i sei musei partner del progetto pilota e che hanno realizzato un’apposita apparecchiatura scanner in grado di elaborare oggetti delle dimensioni massime di 40cm.
In Italia il primo museo ad aver aderito è il Mao, il Museo d’arte orientale di Torino. Al momento venti opere delle sue raccolte sono visibili in 3D, con un alto livello di dettaglio e angolazione. I lavori presentati spaziano dalla collezione cinese con vasellame in terracotta bianca della cultura Dawenkou risalente al. 2900-2400 a.C. e statuine della dinastia degli Han datate III secolo d.C., ai bronzi provenienti della regione himalayana del XVII-XVII secolo d.C. Il numero degli oggetti visibili on-line in versione tridimensionale è, però, destinato a crescere in pochi giorni; a breve si potranno, infatti, apprezzare anche alcune opere d’arte islamica, di stili e materiali diversi, conservate al Mao.
Dopo il lancio della piattaforma che consentiva ai musei partner di realizzare gratuitamente una propria applicazione mobile, il Google Cultural Institute continua, dunque, il suo prezioso lavoro per promuovere l’arte, la storia e la cultura anche on-line, per consentire a studiosi o semplici appassionati di ammirare tutti i particolari di un’opera d’arte anche da casa o dalla panchina di un parco.

Per saperne di più
Dal Mart di Rovereto alla Fondazione Torino Musei, nuove gallery sulla piattaforma Google Art Project
Fondazione Torino Musei, tutta l'arte della Gam e di Palazzo Madama a portata di app 

Informazioni utili 
Google - Alessio Cimmino, tel. 02.36618598 o alessioc@google.com



lunedì 13 aprile 2015

Giuseppe Maggiolini, un designer ante litteram al Salone del mobile di Milano

Ha scritto pagine significative per le arti decorative italiane e può a ragione essere definito il primo designer ante litteram della storia del mobile per aver progettato e realizzato, in oltre cinquant’anni di attività, pezzi d’arredo -ricercatissimi fin dai suoi tempi- che furono appannaggio della corte asburgica alla fine del Settecento, di quella napoleonica all’inizio dell’Ottocento, nonché della più colta e ambiziosa società milanese dell’età dei Lumi. Stiamo parlando di Giuseppe Maggiolini (Parabiago 1738-1814), ebanista e intarsiatore d’eccezione a cui Milano rende omaggio, nei giorni della Design week, con una mostra che allinea una quindicina di opere provenienti da collezioni pubbliche e private, molte delle quali esposte per la prima volta, oltre a un corpus di progetti e disegni che rappresentano al meglio il suo straordinario percorso creativo tra metà Settecento e gli inizi dell’Ottocento.
La novità e la genialità dell’artista consistono nell’essere riuscito a coniugare un mestiere antichissimo come l’intarsio ligneo -di cui fu un autentico virtuoso- con criteri e schemi produttivi straordinariamente innovativi e ancora oggi attuali. Di fatto l’ebanista lombardo fu un precursore del moderno design industriale, perché con estrema lucidità intuì che la sua abilità artigianale aveva bisogno di invenzioni formali, di progetti, e che doveva ottenere questo materiale dai migliori artisti del suo tempo.
Nacque così, più di duecento anni fa, il Mobile Maggiolini: un brand da mostrare come segno di status sociale, economico e culturale, che anticipò di due secoli il piacere del possesso di un must del design industriale moderno e contemporaneo.
L’attività dell’ebanista lombardo è documentata non solo dalle sue opere, ma anche dallo sterminato Fondo Maggiolini dei disegni di Bottega, conservato al Castello Sforzesco di Milano: un unicum in tutta la storia del mobile europeo, che raccoglie oltre duemila disegni tra cui fogli di artisti del calibro di Andrea Appiani, Giocondo Albertolli, Agostino Gerli, Giuseppe Levati e Agostino Comerio, come hanno raccontato Giuseppe Beretti e Alvar González-Palacios nel volume «Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni», pubblicato nel 2014.
La ricchezza delle opere di Giuseppe Maggiolini, troppo spesso relegata nella categoria del mobile antico, è ancora attualissima. Non a caso in asta alcuni dei suoi capolavori hanno ampiamente superato come valore il milione di euro.
In occasione del Fuorisalone 2015, la Galleria San Fedele a Milano omaggia l’ebanista con una mostra a cura di Giuseppe Beretti, prodotta da Di Mano in Mano e organizzata dalla galleria CorsiArte, nella quale sono esposte una quindicina di opere che coprono tutto l’arco cronologico della sua produzione, dagli esordi rococò sino alle opere di epoca napoleonico. I lavori scelti dal curatore, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Inlimine edizioni, sono di assoluta rilevanza e comprendono rari capolavori per lo più inediti: una commode rococò che Maggiolini eseguì a vent’anni, le due commodes del 1777 per il banchiere Antonio Greppi su cartoni di Andrea Appiani –per la prima volta riunite in un’esposizione–, le due monumentali e famose commodes disegnate da Giocondo Albertolli nel 1789, e ancora una coppia di commodes del 1804, che uniscono lo stile dell’artista al gusto napoleonico del tempo.
Per l’occasione verrà esposto anche il tavolo scrittoio conservato per più di vent'anni nell'appartamento privato del sindaco a Palazzo Marino, per la prima volta accessibile al pubblico, dopo un importante intervento di restauro.
La mostra di Milano ha, dunque, tutti gli ingredienti per restare un punto fermo negli studi su Maggiolini e il suo laboratorio.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Maggiolini, Commode, 1800 ca. Collezione privata; [fig. 2] Giuseppe Maggiolini, su disegni di Giocondo Albertolli e Andrea Appiani, Commode (di una coppia), 1789. Collezione privata; [fig. 3] Giuseppe Levati. Tripode per la corte di San Pietroburgo (1783 ca.). Raccolte artistiche del Comune di Milano, Gabinetto dei disegni, Fondo Maggiolini

Informazioni utili
Maggiolini al Fuorisalone. Galleria San Fedele, via Ulrico Hoepli 3a-b (fermata MM 1-3 Duomo)  - Milano. Orari: 14 aprile, dalle ore 17.00 (inaugurazione), 15-18 aprile, ore 10.00-19.00; 19 aprile, ore 11.00-18.00. Ingresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: Fedora Sinnone, tel. 02.36531594 o info@corsiarte.it. Sito internet: www.maggiolinifuorisalone.it. Dal 15 al 19 aprile 2015.