È il 1535 quando Michelangelo Buonarotti riceve da papa Clemente VII il compito di affrescare la parete dietro l’altare della Cappella Sistina, nei Palazzi Vaticani di Roma. Sei anni dopo, nel 1541, durante il papato di Paolo III Farnese, la grandiosa composizione è completa. Nasce così Il «Giudizio Universale», una delle opere più famose della storia dell’arte, vanto della cultura italiana nel mondo. A questo capolavoro guarda l’ambizioso progetto ideato da Artainment Worldwide Shows, società appartenente alla Worldwide Shows Corporation, che si propone di raccontare in modo nuovo il nostro straordinario patrimonio artistico, rivolgendosi al grande pubblico e in particolare alle giovani generazioni.
Utilizzando un linguaggio inedito, e nel pieno rispetto storiografico ed artistico, Artainment Worldwide Shows inizia la sua attività con lo spettacolo «Giudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel», che il 15 marzo 2018 debutterà all'Auditorium Conciliazione di Roma.
Ideato da Marco Balich, che ha diretto numerose cerimonie olimpiche, e realizzato con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, lo show è il primo esempio di un format innovativo che unisce il racconto filologico della genesi di un capolavoro con gli strumenti tecnologici più sofisticati dell’intrattenimento dal vivo. Concepito per la lunga tenitura, «Giudizio Universale» mira a essere un appuntamento importante per gli amanti dell’arte e un must-see per i milioni di visitatori italiani e internazionali che ogni anno scelgono Roma come meta del loro viaggio nel Paese della bellezza.
Per questo progetto Marco Balich si è avvalso della collaborazione di artisti di alto livello come Sting, musicista di fama mondiale, che ha composto il tema musicale originale. Altro importante contributo è la supervisione teatrale di Gabriele Vacis, figura di riferimento nelle diverse forme artistiche del panorama culturale italiano, come il teatro, l’opera e l’intreccio dei linguaggi con i nuovi media.
Protagonista assoluta è la Cappella Sistina, uno dei luoghi più incredibili della storia dell’arte mondiale è al centro di uno spettacolo che nasce dalla contaminazione di tante e diverse forme artistiche: da un lato l’azione fisica della performance teatrale incontra la magia immateriale degli effetti speciali, dall’altro la tecnologia più avanzata si mette al servizio di un racconto per parole e immagini mai visto prima. L’immersività di proiezioni a 270° porta lo spettatore al centro stesso dell’evento.
Lo spettacolo durerà sessanta minuti. Gli spettatori assisteranno al racconto della nascita del capolavoro michelangiolesco, dalla commissione da parte di Giulio II degli affreschi della volta fino alla realizzazione del «Giudizio Universale», attraverso una rievocazione della Cappella Sistina anche come luogo dell’elezione pontificia. Attraverso il racconto del Buonarroti animeremo gli affreschi che compongono la Cappella Sistina fino al meraviglioso «Giudizio Universale» che prenderà vita in tutto lo spazio attorno al pubblico. Lo spettacolo andrà in scena due volte al giorno, con la possibilità di seguirlo anche in inglese (e più avanti anche in altre lingue), per almeno un anno.
Informazioni utili
I biglietti sono già acquistabili dal sito giudiziouniversale.com e attraverso il circuito Vivaticket. Per ulteriori informazioni: tel. 06 6875393 o info@giudiziouniversale.com.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
venerdì 17 novembre 2017
mercoledì 15 novembre 2017
Bologna, un focus sull'incisione nel nuovo percorso espositivo del Museo Morandi
Il Museo Giorgio Morandi di Bologna ha da qualche settimana un nuovo percorso espositivo. Il rinnovato assetto è stato possibile grazie al rientro di trentaquattro opere concesse in prestito in occasione delle due importanti mostre sull’artista bolognese, recentemente tenutesi al Museo Pushkin di Mosca e all'Artipelag di Stoccolma.
Il ritorno di questi prestiti ha dato la possibilità allo staff curatoriale di rendere visibili contemporaneamente nel nuovo allestimento, come non succedeva da lungo tempo, alcuni tra i principali capolavori di proprietà del museo, affiancati da una selezione significativa di opere scelte tra le oltre quaranta generosamente concesse in comodato da collezionisti privati. Il percorso presenta così un totale di novantotto lavori tra dipinti, acquerelli, incisioni e disegni.
Di assoluta novità nel nuovo allestimento sono alcune opere pervenute recentemente in comodato che vengono presentate per la prima volta al pubblico nella cornice del Museo Morandi. Si tratta di un disegno e tre acqueforti appartenenti alla collezione Merlini: «Paesaggio» del 1962 (T.P. 1962/101), «Natura morta di vasi, bottiglie ecc. su un tavolo» del 1929 ca (V.inc. 67), «Vari oggetti su un tavolo» del 1931 (V.inc. 87) e «Natura morta a grandi segni» del 1931 (V.inc. 83).
Lungo il percorso espositivo meritano, inoltre, una segnalazione le due acqueforti della collezione Zani -«Fiore in un vasetto di bianco» del 1928 (V.inc. 51) e «Zinnie in un vaso a strisce» del 1929 (V. inc. 65)– a cui si aggiunge l'acquaforte «Grande natura morta con la lampada a petrolio» del 1930 (V.inc. 75) di proprietà di collezionisti privati, come il dipinto «Conchiglie» del 1943 (P. 2000 1943/4), già in comodato da gennaio 2017.
Il percorso espositivo, attraverso una nuova sala tematica denominata «Morandi e l'arte dell'incisione», offre inoltre la possibilità di approfondire le risultanze di una tecnica che trova nell'artista uno straordinario interprete. L’incisione è, infatti, un capitolo fondamentale dell’intera vicenda artistica di Giorgio Morandi, che vi si dedica inizialmente da autodidatta, tra il 1907 e il 1912, trascorrendo molto tempo nello studio delle riproduzioni delle opere grafiche degli antichi maestri incisori. L'artista aveva guardato a lungo e minuziosamente alle più difficili e oscure prove di Rembrandt, del quale possedeva quattro incisioni originali e le riproduzioni dell’intero corpus incisorio raccolto in volumi in folio.
Tra il 1912 e il 1956 Morandi realizza principalmente acqueforti (fanno eccezione una ceramolle, due puntesecche e una xilografia) utilizzando lastre di rame o di zinco che successivamente consegna a Carlo Alberto Petrucci, egli stesso incisore di talento e capace direttore della Calcografia nazionale di Roma (istituto che oggi possiede la quasi totalità delle matrici morandiane). È a Petrucci, infatti, che Morandi affida il privilegio della tiratura delle sue lastre, tiratura che egli volle sempre in numeri molto ridotti e che sorvegliò in ogni passaggio. Il rigore della pratica incisoria sarà alla base del suo insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove, nel 1930, ottiene «per chiara fama» la cattedra di Incisione, incarico che mantiene fino al 1956. Del resto, come egli stesso dichiarò nel 1961 a Edith Schloss, artista tedesca di nascita che lavorò a lungo negli Stati Uniti e in seguito in Italia: «L’incisione all’acquaforte in fin dei conti è una tecnica, qualcosa di tangibile che può essere insegnato. L’Arte non si può insegnare».
La sala dedicata all'arte incisoria si completa con il torchio a stella originale su cui Morandi eseguì le prime prove di stampa delle sue acqueforti.
La presentazione del nuovo assetto espositivo è stata anche l’occasione per parlare dei futuri progetti internazionali che vedranno coinvolto il Museo Morandi, il primo in ordine di tempo sarà la mostra che il Museo Belvédère di Leeuwarden (Paesi Bassi) dedicherà al maestro bolognese nel 2018, anno in cui la provincia della Frisia sarà Capitale europea della cultura. Il concept della rassegna, in programma dal 23 febbraio al 10 giugno 2018, è stato sviluppato a partire da un'idea di Ada Duker, artista olandese protagonista nel 2015 di una mostra negli spazi di Casa Morandi, in cui si evidenziavano le analogie formali tra la struttura compositiva delle nature morte di Giorgio Morandi e le architetture dei portici bolognesi.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giorgio Morandi, Natura morta (Conchiglie), 1943. Olio su tela. Collezione privata. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017; [fig. 2] Giorgio Morandi, Natura morta a grandi segni, 1931. Acquaforte su zinco. Collezione Merlini. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017; [fig. 3] Giorgio Morandi, Vari oggetti su un tavolo, 1931. Acquaforte su rame. Collezione Merlini. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017
Informazioni utili
Museo Morandi, via Don Minzoni, 14 - 40121 Bologna. Orari: martedì, mercoledì, domenica, ore 10.00–18.00; giovedì, venerdì, sabato, ore 10.00–19.00; lunedì chiuso. Biglietti: intero € 6,00; ridotto € 4,00; gratuito possessori Card Musei Metropolitani Bologna e prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6496611. Sito internet: www.mambo-bologna.org/museomorandi/.
Il ritorno di questi prestiti ha dato la possibilità allo staff curatoriale di rendere visibili contemporaneamente nel nuovo allestimento, come non succedeva da lungo tempo, alcuni tra i principali capolavori di proprietà del museo, affiancati da una selezione significativa di opere scelte tra le oltre quaranta generosamente concesse in comodato da collezionisti privati. Il percorso presenta così un totale di novantotto lavori tra dipinti, acquerelli, incisioni e disegni.
Di assoluta novità nel nuovo allestimento sono alcune opere pervenute recentemente in comodato che vengono presentate per la prima volta al pubblico nella cornice del Museo Morandi. Si tratta di un disegno e tre acqueforti appartenenti alla collezione Merlini: «Paesaggio» del 1962 (T.P. 1962/101), «Natura morta di vasi, bottiglie ecc. su un tavolo» del 1929 ca (V.inc. 67), «Vari oggetti su un tavolo» del 1931 (V.inc. 87) e «Natura morta a grandi segni» del 1931 (V.inc. 83).
Lungo il percorso espositivo meritano, inoltre, una segnalazione le due acqueforti della collezione Zani -«Fiore in un vasetto di bianco» del 1928 (V.inc. 51) e «Zinnie in un vaso a strisce» del 1929 (V. inc. 65)– a cui si aggiunge l'acquaforte «Grande natura morta con la lampada a petrolio» del 1930 (V.inc. 75) di proprietà di collezionisti privati, come il dipinto «Conchiglie» del 1943 (P. 2000 1943/4), già in comodato da gennaio 2017.
Il percorso espositivo, attraverso una nuova sala tematica denominata «Morandi e l'arte dell'incisione», offre inoltre la possibilità di approfondire le risultanze di una tecnica che trova nell'artista uno straordinario interprete. L’incisione è, infatti, un capitolo fondamentale dell’intera vicenda artistica di Giorgio Morandi, che vi si dedica inizialmente da autodidatta, tra il 1907 e il 1912, trascorrendo molto tempo nello studio delle riproduzioni delle opere grafiche degli antichi maestri incisori. L'artista aveva guardato a lungo e minuziosamente alle più difficili e oscure prove di Rembrandt, del quale possedeva quattro incisioni originali e le riproduzioni dell’intero corpus incisorio raccolto in volumi in folio.
Tra il 1912 e il 1956 Morandi realizza principalmente acqueforti (fanno eccezione una ceramolle, due puntesecche e una xilografia) utilizzando lastre di rame o di zinco che successivamente consegna a Carlo Alberto Petrucci, egli stesso incisore di talento e capace direttore della Calcografia nazionale di Roma (istituto che oggi possiede la quasi totalità delle matrici morandiane). È a Petrucci, infatti, che Morandi affida il privilegio della tiratura delle sue lastre, tiratura che egli volle sempre in numeri molto ridotti e che sorvegliò in ogni passaggio. Il rigore della pratica incisoria sarà alla base del suo insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove, nel 1930, ottiene «per chiara fama» la cattedra di Incisione, incarico che mantiene fino al 1956. Del resto, come egli stesso dichiarò nel 1961 a Edith Schloss, artista tedesca di nascita che lavorò a lungo negli Stati Uniti e in seguito in Italia: «L’incisione all’acquaforte in fin dei conti è una tecnica, qualcosa di tangibile che può essere insegnato. L’Arte non si può insegnare».
La sala dedicata all'arte incisoria si completa con il torchio a stella originale su cui Morandi eseguì le prime prove di stampa delle sue acqueforti.
La presentazione del nuovo assetto espositivo è stata anche l’occasione per parlare dei futuri progetti internazionali che vedranno coinvolto il Museo Morandi, il primo in ordine di tempo sarà la mostra che il Museo Belvédère di Leeuwarden (Paesi Bassi) dedicherà al maestro bolognese nel 2018, anno in cui la provincia della Frisia sarà Capitale europea della cultura. Il concept della rassegna, in programma dal 23 febbraio al 10 giugno 2018, è stato sviluppato a partire da un'idea di Ada Duker, artista olandese protagonista nel 2015 di una mostra negli spazi di Casa Morandi, in cui si evidenziavano le analogie formali tra la struttura compositiva delle nature morte di Giorgio Morandi e le architetture dei portici bolognesi.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giorgio Morandi, Natura morta (Conchiglie), 1943. Olio su tela. Collezione privata. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017; [fig. 2] Giorgio Morandi, Natura morta a grandi segni, 1931. Acquaforte su zinco. Collezione Merlini. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017; [fig. 3] Giorgio Morandi, Vari oggetti su un tavolo, 1931. Acquaforte su rame. Collezione Merlini. Provenienza: deposito in comodato gratuito da gennaio 2017
Informazioni utili
Museo Morandi, via Don Minzoni, 14 - 40121 Bologna. Orari: martedì, mercoledì, domenica, ore 10.00–18.00; giovedì, venerdì, sabato, ore 10.00–19.00; lunedì chiuso. Biglietti: intero € 6,00; ridotto € 4,00; gratuito possessori Card Musei Metropolitani Bologna e prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6496611. Sito internet: www.mambo-bologna.org/museomorandi/.
lunedì 13 novembre 2017
A Bologna il tessuto e la tappezzeria hanno un loro museo
Ha da poco aperto i battenti, negli spazi di Villa Spada, il museo del tessuto e della tappezzeria «Vittorio Zironi», quattordicesima sede dell’Istituzione Bologna Musei nata grazie all'acquisizione, nel febbraio 2016, da parte dell’Amministrazione comunale dell’intero patrimonio appartenuto a Vittorio Zironi, collezionista di un’ampia gamma di reperti sulla produzione tessile europea dal IV secolo al Novecento.
Il lascito, ad opera dei parenti, ha portato a una prima revisione della struttura museale, la cui tutela e valorizzazione sono state affidate ai Musei civici di arte antica.
L’intervento conservativo, che per il momento ha interessato solo l’assetto espositivo di alcune sale, proseguirà nei prossimi mesi con interventi migliorativi che riguarderanno la dotazione di una nuova segnaletica e la realizzazione di apparati didattici.
Fondato nel 1946 su iniziativa di Vittorio Zironi, il Museo del tessuto e della tappezzeria si configura come un unicum di eccezionale rilievo nel panorama delle collezioni italiane ed estere dedicate all'arte tessile per il ricchissimo patrimonio di oltre seimila oggetti, di natura e varietà differenti, raccolto in oltre quarant'anni di acquisizioni e donazioni. Del tutto peculiare è poi l'attenzione con cui i manufatti tessili sono posti in relazione agli strumenti di lavoro e ad aspetti poco noti del processo produttivo tessile, che connota questa istituzione come una importante base di studio per conoscere i segreti e le tecniche di un lavoro artigiano dalle origini molto antiche.
La visione che fin dall'inizio guidò Zironi nella scelta dei reperti e delle modalità per la loro esposizione è improntata, infatti, a uno stretto rapporto con la cultura artistico-industriale, nell'intento di illustrare l'ampia varietà di funzioni specialistiche che hanno accompagnato l'evoluzione del mestiere del tappezziere. Dalla costruzione e restauro di mobili imbottiti all'applicazione di drappeggi e tendaggi in ambienti differenti, le abilità di questa figura si sono affinate con sempre maggiore padronanza di manualità, senso estetico e capacità di operare le scelte più appropriate nella selezione di colori, tessuti e imbottiture, fondata su una accurata conoscenza degli stili della decorazione di interni.
La rivisitazione dell'assetto museografico rispetta l'originario criterio basato sulla classificazione per tipologie di oggetti di carattere omogeneo. Attraverso nuove soluzioni di allestimento con vetrine, viene introdotto un accento più evidente su poli tematici che sottolineano sia la rilevanza sotto il profilo storico e artistico sia la capacità documentaria dei reperti. Da segnalare, inoltre, l'arricchimento delle sale con dipinti del XVIII secolo, in prevalenza ritratti, provenienti dalle collezioni dei Musei civici d'arte antica, che restituisce l'effetto dell'ambientazione originale di una dimora nobiliare coeva.
Il percorso di visita si articola oggi in venti sale disposte su tre piani ed espone una significativa ma parziale porzione dell'intero patrimonio –duemilacinquecento pezzi- che comprende collezioni di tessuti italiani (tra cui damaschi, lampassi, broccati, velluti, tele bandiera, broccatelli, taffetas e liseré), tessuti orientali (turchi egiziani, copti, caucasici, persiani e indiani), merletti e ricami, paramenti sacri, abiti e costumi, bandiere e stendardi, pelli, stampi, cuoi, passamanerie, telai, accessori e attrezzi per tappezzieri.
Il piano terra gravita sull'elegante loggia dove sono esposte bandiere e stendardi di area bolognese, a conferma di un profondo legame con il territorio fortemente voluto dal fondatore. Tra i manufatti esposti nella prima sala spicca un raro frammento serico eseguito con la tecnica del lampasso, databile al XIV secolo, che testimonia l'eccellente livello raggiunto dalle manifatture lucchesi per qualità di tessitura e ricchezza del modulo decorativo. Il motivo iconografico riprende la scena sacra dell'«Annunciazione» nell'esecuzione realizzata dal Ghirlandaio e rientra in una tradizione di produzione seriale destinata all'applicazione su paramenti ecclesiastici.
Le manifatture italiane di epoca rinascimentale sono riunite nella seconda sala, dove sono esposti pregiati velluti di Genova e Zoagli, capitali europee della lavorazione di velluti lisci cesellati con decorazioni arabescate, animate da alberi, uccelli e altre forme zoomorfe. Tra i pezzi di maggiore pregio allestiti in questa sezione si distinguono inoltre tre tessuti decorati con disegni di Mariano Fortuny y Madrazo, figura di eclettico genio che all'inizio del XX secolo fondò a Venezia un'officina per la stampa su seta di motivi originali divenuta celebre in tutto il mondo.
La diffusione dei lampassi come simbolo di ricchezza presso le corti, i nobili e i ricchi borghesi in Europa è testimoniata da un reperto di rilevante importanza storica: un cappello appartenente al corredo matrimoniale di Francesco I de' Medici, Granduca di Toscana.
La terza sala documenta l'evoluzione della lavorazione artigianale di altre tipologie tessili leggere, come i broccati, verso un gusto rococò influenzato dall'affermazione nel XVIII secolo di un esotismo di gusto orientale e, nel secolo successivo, verso un revival di eleganze neogotiche care al Romanticismo.
Tra il piano e il piano terra è situata l'affascinante ghiacciaia settecentesca, un ambiente absidato di forma circolare con copertura a volta, progettato come conserva di neve per il mantenimento delle derrate alimentari di cui spesso venivano dotate le ville nobiliari dell'epoca.
L'ingresso al primo piano introduce alla Galleria delle arti riccamente ornata dalle statue delle «Tre Arti scolpite» da Giacomo De Maria e dai ritratti a cameo dei marchesi Giacomo Zambeccari e Ginevra Gozzadini. In questa sala trova collocazione il nucleo più antico della collezione costituito da sessantaquattro frammenti di tessuti copti, risalenti ad un periodo tra il IV e il XII secolo provenienti da corredi funebri ornati da motivi decorativi con figure animali, vegetali e umane.
Procedendo nell'adiacente salone da pranzo, o sala delle Colonne, si incontra una sezione dedicata ai disegni di Guido Fiorini, il cui archivio professionale è stato donato al museo nel 1990. Pittore e grafico formatosi nell'ambiente di Alfonso Rubbiani, Fiorini è stato una figura chiave del Liberty bolognese e delle vicende della Aemilia Ars, fondata a Bologna nel 1898 con l'intento di rinnovare il campo delle arti applicate. Altri ricami e merletti di produzione italiana che illustrano un artigianato capace di riadattare antiche tecniche di lavorazione agli inizi del XX secolo sono quelli realizzati dalla Scuola Ricami Ranieri di Sorbello, operante in provincia di Perugia all'inizio del Novecento, specializzata nella realizzazione del Punto Umbro ispirato ad un antico punto arabo.
Ulteriori nuclei di rilievo sono, poi, costituiti da abiti e vesti liturgiche come dalmatiche e piviali del XVIII e XIX secolo, tra i quali l'esemplare di piviale indossato da Papa Giovanni XXIII quando era nunzio apostolico a Parigi.
Nella sala undici si trova traccia di un'altra pregiata parte della cultura artistica e artigianale cittadina con i damaschi bolognesi, ottenuti dalla lavorazione di decorazioni opache su fondo lucido. Qui è, inoltre, esposto un magnifico telaio verticale francese del XVII secolo, poi modificato con sistema meccanico basato su schede perforate per la lavorazione con tecnica Jacquard, straordinario testimone dell'evoluzione tecnologica nell'epoca della rivoluzione industriale.
Completa il primo piano una sala dedicata alle sete, tra cui alcuni importanti pezzi di sete policrome persiane finemente ricamate in oro.
Fra il primo e secondo piano si trova l'ampia sala della Meridiana magnificamente decorata, destinata ad ospitare convegni e conferenze, dalle cui vetrate si accede al giardino all'italiana progettato da Giovanni Battista Martinetti sfruttando la naturale pendenza del terreno che circonda la villa.
Salendo al secondo piano, un piccolo atrio decorato con pitture di prospettiva immette nella quattordicesima sala, detta sala Boschereccia o Giardino d'Inverno, animata da vedute di paesaggio con scene venatorie che circondano le vetrine dove sono conservati pizzi, ricami e abiti.
Attraversando la sala successiva dedicata alla tessitura italiana, con abiti e cappelli realizzati da note modisterie e sartorie non solo bolognesi tra XIX e XX secolo, si accede alla corposa collezione di tessuti orientali, tra cui quelli giapponesi, persiani, caucasici, egiziani e turchi, che costituisce senza dubbio uno dei nuclei più notevoli dell'intera collezione. Così come si distinguono per l'eccezionale qualità esecutiva e la ricchezza di decorazioni gli elegantissimi caftani ottomani del XVIII-XIX secolo allestiti nella sala diciassette.
Il percorso espositivo si conclude con una raccolta di abiti di rappresentanza provenienti dall'archivio del Comune di Bologna, e le ultime due sale che raccolgono altri telai, tra cui un rarissimo esemplare del 1380 per la lavorazione di passamanerie (galloni e cordoni), attrezzi di vari generi ed epoche, passamanerie e cuoi.
Si tratta di reperti frutto dell'attenzione primaria che Vittorio Zironi ebbe verso la documentazione di tutti gli aspetti connessi alla tecnologia tessile e del rapporto appassionato che egli intrattenne costantemente con la categoria professionale dei tappezzieri, nella consapevolezza che la storia di questa arte è anche la storia di mode e stili di vita dei popoli. Uno sguardo, quello del collezionista, che il museo intende continuare a mantenere vivo nella sua attività futura, come fucina di proposte per lo studio e l'analisi dell'artigianato, in generale, e della tessitura e della tappezzeria, in particolare.
Informazioni utili
Museo del tessuto e della tappezzeria «Vittorio Zironi», via di Casaglia, 3 - 40135 Bologna. Orari: giovedì, ore 9.00-14.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.30; chiuso Natale, Capodanno, 1° maggio e festivi infrasettimanali. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00, gratuito con la Card Musei metropoli-tani Bologna e la prima domenica di ogni mese. Informazioni: tel. 051.2194528 / 2193916 (bigliette-ria Museo civico medievale), museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica.
Il lascito, ad opera dei parenti, ha portato a una prima revisione della struttura museale, la cui tutela e valorizzazione sono state affidate ai Musei civici di arte antica.
L’intervento conservativo, che per il momento ha interessato solo l’assetto espositivo di alcune sale, proseguirà nei prossimi mesi con interventi migliorativi che riguarderanno la dotazione di una nuova segnaletica e la realizzazione di apparati didattici.
Fondato nel 1946 su iniziativa di Vittorio Zironi, il Museo del tessuto e della tappezzeria si configura come un unicum di eccezionale rilievo nel panorama delle collezioni italiane ed estere dedicate all'arte tessile per il ricchissimo patrimonio di oltre seimila oggetti, di natura e varietà differenti, raccolto in oltre quarant'anni di acquisizioni e donazioni. Del tutto peculiare è poi l'attenzione con cui i manufatti tessili sono posti in relazione agli strumenti di lavoro e ad aspetti poco noti del processo produttivo tessile, che connota questa istituzione come una importante base di studio per conoscere i segreti e le tecniche di un lavoro artigiano dalle origini molto antiche.
La visione che fin dall'inizio guidò Zironi nella scelta dei reperti e delle modalità per la loro esposizione è improntata, infatti, a uno stretto rapporto con la cultura artistico-industriale, nell'intento di illustrare l'ampia varietà di funzioni specialistiche che hanno accompagnato l'evoluzione del mestiere del tappezziere. Dalla costruzione e restauro di mobili imbottiti all'applicazione di drappeggi e tendaggi in ambienti differenti, le abilità di questa figura si sono affinate con sempre maggiore padronanza di manualità, senso estetico e capacità di operare le scelte più appropriate nella selezione di colori, tessuti e imbottiture, fondata su una accurata conoscenza degli stili della decorazione di interni.
La rivisitazione dell'assetto museografico rispetta l'originario criterio basato sulla classificazione per tipologie di oggetti di carattere omogeneo. Attraverso nuove soluzioni di allestimento con vetrine, viene introdotto un accento più evidente su poli tematici che sottolineano sia la rilevanza sotto il profilo storico e artistico sia la capacità documentaria dei reperti. Da segnalare, inoltre, l'arricchimento delle sale con dipinti del XVIII secolo, in prevalenza ritratti, provenienti dalle collezioni dei Musei civici d'arte antica, che restituisce l'effetto dell'ambientazione originale di una dimora nobiliare coeva.
Il percorso di visita si articola oggi in venti sale disposte su tre piani ed espone una significativa ma parziale porzione dell'intero patrimonio –duemilacinquecento pezzi- che comprende collezioni di tessuti italiani (tra cui damaschi, lampassi, broccati, velluti, tele bandiera, broccatelli, taffetas e liseré), tessuti orientali (turchi egiziani, copti, caucasici, persiani e indiani), merletti e ricami, paramenti sacri, abiti e costumi, bandiere e stendardi, pelli, stampi, cuoi, passamanerie, telai, accessori e attrezzi per tappezzieri.
Il piano terra gravita sull'elegante loggia dove sono esposte bandiere e stendardi di area bolognese, a conferma di un profondo legame con il territorio fortemente voluto dal fondatore. Tra i manufatti esposti nella prima sala spicca un raro frammento serico eseguito con la tecnica del lampasso, databile al XIV secolo, che testimonia l'eccellente livello raggiunto dalle manifatture lucchesi per qualità di tessitura e ricchezza del modulo decorativo. Il motivo iconografico riprende la scena sacra dell'«Annunciazione» nell'esecuzione realizzata dal Ghirlandaio e rientra in una tradizione di produzione seriale destinata all'applicazione su paramenti ecclesiastici.
Le manifatture italiane di epoca rinascimentale sono riunite nella seconda sala, dove sono esposti pregiati velluti di Genova e Zoagli, capitali europee della lavorazione di velluti lisci cesellati con decorazioni arabescate, animate da alberi, uccelli e altre forme zoomorfe. Tra i pezzi di maggiore pregio allestiti in questa sezione si distinguono inoltre tre tessuti decorati con disegni di Mariano Fortuny y Madrazo, figura di eclettico genio che all'inizio del XX secolo fondò a Venezia un'officina per la stampa su seta di motivi originali divenuta celebre in tutto il mondo.
La diffusione dei lampassi come simbolo di ricchezza presso le corti, i nobili e i ricchi borghesi in Europa è testimoniata da un reperto di rilevante importanza storica: un cappello appartenente al corredo matrimoniale di Francesco I de' Medici, Granduca di Toscana.
La terza sala documenta l'evoluzione della lavorazione artigianale di altre tipologie tessili leggere, come i broccati, verso un gusto rococò influenzato dall'affermazione nel XVIII secolo di un esotismo di gusto orientale e, nel secolo successivo, verso un revival di eleganze neogotiche care al Romanticismo.
Tra il piano e il piano terra è situata l'affascinante ghiacciaia settecentesca, un ambiente absidato di forma circolare con copertura a volta, progettato come conserva di neve per il mantenimento delle derrate alimentari di cui spesso venivano dotate le ville nobiliari dell'epoca.
L'ingresso al primo piano introduce alla Galleria delle arti riccamente ornata dalle statue delle «Tre Arti scolpite» da Giacomo De Maria e dai ritratti a cameo dei marchesi Giacomo Zambeccari e Ginevra Gozzadini. In questa sala trova collocazione il nucleo più antico della collezione costituito da sessantaquattro frammenti di tessuti copti, risalenti ad un periodo tra il IV e il XII secolo provenienti da corredi funebri ornati da motivi decorativi con figure animali, vegetali e umane.
Procedendo nell'adiacente salone da pranzo, o sala delle Colonne, si incontra una sezione dedicata ai disegni di Guido Fiorini, il cui archivio professionale è stato donato al museo nel 1990. Pittore e grafico formatosi nell'ambiente di Alfonso Rubbiani, Fiorini è stato una figura chiave del Liberty bolognese e delle vicende della Aemilia Ars, fondata a Bologna nel 1898 con l'intento di rinnovare il campo delle arti applicate. Altri ricami e merletti di produzione italiana che illustrano un artigianato capace di riadattare antiche tecniche di lavorazione agli inizi del XX secolo sono quelli realizzati dalla Scuola Ricami Ranieri di Sorbello, operante in provincia di Perugia all'inizio del Novecento, specializzata nella realizzazione del Punto Umbro ispirato ad un antico punto arabo.
Ulteriori nuclei di rilievo sono, poi, costituiti da abiti e vesti liturgiche come dalmatiche e piviali del XVIII e XIX secolo, tra i quali l'esemplare di piviale indossato da Papa Giovanni XXIII quando era nunzio apostolico a Parigi.
Nella sala undici si trova traccia di un'altra pregiata parte della cultura artistica e artigianale cittadina con i damaschi bolognesi, ottenuti dalla lavorazione di decorazioni opache su fondo lucido. Qui è, inoltre, esposto un magnifico telaio verticale francese del XVII secolo, poi modificato con sistema meccanico basato su schede perforate per la lavorazione con tecnica Jacquard, straordinario testimone dell'evoluzione tecnologica nell'epoca della rivoluzione industriale.
Completa il primo piano una sala dedicata alle sete, tra cui alcuni importanti pezzi di sete policrome persiane finemente ricamate in oro.
Fra il primo e secondo piano si trova l'ampia sala della Meridiana magnificamente decorata, destinata ad ospitare convegni e conferenze, dalle cui vetrate si accede al giardino all'italiana progettato da Giovanni Battista Martinetti sfruttando la naturale pendenza del terreno che circonda la villa.
Salendo al secondo piano, un piccolo atrio decorato con pitture di prospettiva immette nella quattordicesima sala, detta sala Boschereccia o Giardino d'Inverno, animata da vedute di paesaggio con scene venatorie che circondano le vetrine dove sono conservati pizzi, ricami e abiti.
Attraversando la sala successiva dedicata alla tessitura italiana, con abiti e cappelli realizzati da note modisterie e sartorie non solo bolognesi tra XIX e XX secolo, si accede alla corposa collezione di tessuti orientali, tra cui quelli giapponesi, persiani, caucasici, egiziani e turchi, che costituisce senza dubbio uno dei nuclei più notevoli dell'intera collezione. Così come si distinguono per l'eccezionale qualità esecutiva e la ricchezza di decorazioni gli elegantissimi caftani ottomani del XVIII-XIX secolo allestiti nella sala diciassette.
Il percorso espositivo si conclude con una raccolta di abiti di rappresentanza provenienti dall'archivio del Comune di Bologna, e le ultime due sale che raccolgono altri telai, tra cui un rarissimo esemplare del 1380 per la lavorazione di passamanerie (galloni e cordoni), attrezzi di vari generi ed epoche, passamanerie e cuoi.
Si tratta di reperti frutto dell'attenzione primaria che Vittorio Zironi ebbe verso la documentazione di tutti gli aspetti connessi alla tecnologia tessile e del rapporto appassionato che egli intrattenne costantemente con la categoria professionale dei tappezzieri, nella consapevolezza che la storia di questa arte è anche la storia di mode e stili di vita dei popoli. Uno sguardo, quello del collezionista, che il museo intende continuare a mantenere vivo nella sua attività futura, come fucina di proposte per lo studio e l'analisi dell'artigianato, in generale, e della tessitura e della tappezzeria, in particolare.
Informazioni utili
Museo del tessuto e della tappezzeria «Vittorio Zironi», via di Casaglia, 3 - 40135 Bologna. Orari: giovedì, ore 9.00-14.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.30; chiuso Natale, Capodanno, 1° maggio e festivi infrasettimanali. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00, gratuito con la Card Musei metropoli-tani Bologna e la prima domenica di ogni mese. Informazioni: tel. 051.2194528 / 2193916 (bigliette-ria Museo civico medievale), museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica.
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