ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 7 luglio 2020

«Illuminare lo spazio», Daniel Buren per Bergamo

Ha una forte valenza simbolica la mostra di Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 25 marzo 1938) in programma dal prossimo 9 luglio a Bergamo, la città italiana più colpita dalla recente pandemia di Coronavirus.
«Illuminare lo spazio», questo il titolo dell'esposizione, rappresenta, infatti, un vero e proprio simbolo di rinascita con i suoi «lavori in situ o situati» dedicati al tema della luce, da sempre sinonimo di vita e speranza.
Esponente di spicco dell’Institutional Critique –la tendenza all’interrogazione critica delle istituzioni artistiche emersa intorno alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso– Daniel Buren ha utilizzato per la prima volta nel 1965, come supporto per la propria pittura ridotta al grado zero, una tenda da sole, il cui motivo a bande verticali bianche e colorate di 8.7 cm è divenuto, da quel momento in avanti, un dispositivo visivo utilizzato dall’artista in tutti i propri lavori, dalle mostre alle commissioni pubbliche.
Dall’incontro tra questi fondamentali orientamenti della ricerca di Buren e l’interesse più recente per la luce, e in particolare per le qualità e il potenziale estetico e costruttivo della fibra ottica, nasce l’esposizione per Palazzo della Ragione, che vede la curatela di Lorenzo Giusti.
Qui, nella Sala delle Capriate, i tessuti luminosi dell’artista francese –presentati per la prima volta in un museo italiano– ridefiniranno gli ambienti storicamente destinati all’amministrazione e all’esercizio della giustizia cittadina, gettando «nuova luce» sulle antiche forme del palazzo e sugli affreschi in esso conservati, staccati dalle facciate delle case e dalle chiese dell’antico borgo urbano e qui collocati negli anni Ottanta del Novecento.
Dall’incontro tra un gruppo di interventi «in situ», immaginati appositamente per lo spazio della sala, e una serie di lavori «situati», adattati cioè agli spazi del grande salone ma idealmente trasferibili in altri contesti, nasce il progetto per la città Bergamo, che per la prima volta apre le porte al pensiero e alla creatività del celebre artista francese affidandogli la rilettura di uno dei suoi luoghi storici più rappresentativi.
Quello di Buren è un lavoro «per» e «nello» spazio, un unicum scultoreo con un forte connotato plastico, indipendente e anti-decorativo, e, allo stesso tempo, con una predisposizione all’interpretazione e alla valorizzazione degli elementi artistici e architettonici preesistenti.
I teli in fibra luminosa sono l’esito ultimo della ricerca dell'artista francese, la parte recente e aggiornata di un percorso creativo originale e celebrato. Essi non rappresentano soltanto l’evoluzione tecnologica di concetti e principi compositivi consolidati, ma costituiscono, a tutti gli effetti, una nuova condizione costruttiva, un nuovo modo di esistere nello spazio, in ragione delle loro peculiari qualità intrinseche, del loro essere portatori interni di sostanza raggiante e, allo stesso tempo, fonte di luce per gli ambienti.
Dopo essere state presentate all’interno di alcune importanti gallerie e musei, le fibre ottiche di Buren si trovano in questa occasione a vivere per la prima volta una nuova dimensione spaziale e un inedito dialogo con un contesto storico di grande valore, ovvero con uno dei primi palazzi comunali italiani, autentico testimone di un lontano tempo passato con i suoi capitelli del colonnato, gli affreschi interni e lo «gnomone», un orologio solare che proietta la propria ombra sulla meridiana incisa nel marmo della pavimentazione e che con precisione ne annuncia il mezzogiorno locale e la data.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Photo-souvenir: The Colors Above Our Heads Are Under Our Feet, travail permanent in situ, The Baker Museum, Naples (Florida), 2018. Dettaglio. © Daniel Buren by SIAE 2020; [fig. 2] Vedute d’installazione. Photo-souvenir: Daniel Buren, Fibres optiques tissées. Gwangju Design Biennale, Gwangju, Corea del Sud, luglio-ottobre 2019. Dettaglio. © Daniel Buren by SIAE 2020; [fig. 3] Photo-souvenir: Quand le Textile s’éclaire: Fibres optiques tissées, travaux situés 2013-2014, Kunstsammlungen, Chemnitz, 2018. © Daniel Buren by SIAE 2020; [fig. 4] Photo-souvenir: D’une Arche aux autres, travail permanent in situ, Parc de la Ligue Arabe, Casablanca, 2015/2018. Dettaglio. © Daniel Buren by SIAE 2020

Informazioni utili 
Daniel Buren per Bergamo - Illuminare lo spazio, lavori in situ e situati. Palazzo della Ragione - Sala delle Capriate, piazza Vecchia 8/ A - Bergamo. Orari: martedì-venerdì, ore 16:00-20:00; sabato e domenica, ore 10:00-22:00; lunedì chiuso. Ingresso gratuito.Informazioni: GAMeC – Galleria d’arte moderna e contemporanea, tel. 035.270272. Sito internet: gamec.it. Dal 9 luglio al 1° novembre 2020. 

lunedì 6 luglio 2020

Dodici artisti per il Nuovo forno del pane. Bologna va alla scoperta dei suoi giovani talenti

Hanno risposto in duecentodiciannove al bando lanciato dal Mambo di Bologna per il Nuovo forno del pane, il progetto con cui il museo mette a disposizione della comunità creativa del territorio i propri spazi, per sostenere la ripartenza di un settore fortemente colpito dall’emergenza Covid-19 come quello dell'arte.
Le candidature pervenute sono state selezionate da una commissione giudicatrice presieduta da Lorenzo Balbi, responsabile dell'Area arte moderna e contemporanea dell'Istituzione Bologna Musei, che ha scelto dodici artisti.
Si tratta di Ruth Beraha (1986, Milano), Paolo Bufalini (1994, Roma), Letizia Calori (1986, Bologna), Giuseppe De Mattia (1980, Bari), Allison Grimaldi Donahue (1984, Middletown, USA), Bekhbaatar Enkhtur (1994, UlaanBaatar, Mongolia), Eleonora Luccarini (1993, Bologna), Rachele Maistrello (1986, Vittorio Veneto), Francis Offman (1987, Butare, Rwanda), Mattia Pajè (1991, Melzo), Vincenzo Simone (1980, Seraing, Belgio) e Filippo Tappi (1985, Cesena).
I requisiti richiesti per l’ammissione della domanda prevedevano il domicilio nella Città metropolitana di Bologna senza vincoli di cittadinanza o residenza, una recente e documentata attività nell’ambito delle arti visive contemporanee, il conseguimento della maggiore età alla data di pubblicazione dell’avviso pubblico di selezione e il mancato possesso, in questo momento, di uno studio in cui lavorare e produrre le proprie opere.
Gli artisti selezionati hanno convinto la giuria in particolar modo per la loro necessità a disporre di un luogo di lavoro in cui sviluppare progettualità specifiche, per la loro spiccata attitudine al lavoro di gruppo in uno stile partecipativo-collaborativo e per il contributo esclusivo che ognuno di loro saprà dare, con le proprie ricerche, interessi o competenze alla creazione di questa nuova comunità creativa.
Fino al 31 dicembre 2020, le artiste e gli artisti selezionati potranno utilizzare gli spazi a loro dedicati nella Sala delle ciminiere per avviare o realizzare opere e progetti artistici in una cornice istituzionale.
Grazie alla loro energia ideativa si riaccenderanno così idealmente i due grandi camini che, con il loro inconfondibile profilo, contraddistinguono l’edificio dove ha sede il museo, noto come ex forno del pane, originariamente costruito con funzione di panificio comunale.
Le artiste e gli artisti avranno a propria esclusiva disposizione un’area di lavoro singolarmente assegnata. È, inoltre, previsto l’accesso a ulteriori spazi e laboratori di utilizzo collettivo appositamente creati all’interno del Mambo, per favorire un clima partecipativo in cui possano proliferare collaborazioni e scambi utili ad attivare processi di auto-formazione e ampliamento delle competenze tecniche e teoriche, e nei quali sarà possibile avvalersi della consulenza e del supporto di professionalità interne allo staff del museo.
Grazie al supporto del main partner Unicredit, a ciascun artista selezionato sarà erogato direttamente un incentivo di duemila euro lordi a disposizione per un concreto avvio dell'attività di produzione.
Parallelamente, verrà avviato entro breve anche il public program
che metterà in contatto l’attività degli artisti con la realtà cittadina attraverso momenti di studio visit, dialoghi, open studio, restituzioni pubbliche delle opere prodotte e dei progetti portati a termine, incontri, lezioni e presentazioni, secondo le modalità che saranno consentite durante la fase post-emergenziale.
Ma non è tutto. Grazie al favore positivo con cui il progetto Nuovo forno del pane è stato accolto da istituzioni e operatori del sistema culturale cittadino, si apre un’ulteriore nuova possibilità di inserimento per giovani artisti con l’iniziativa denominata 13° Spazio.
A partire da una riflessione circa le possibilità rappresentate dagli strumenti digitali e dai linguaggi artistici multimediali e il ruolo che questi avranno nella stretta attualità e nel prossimo futuro, il Mambo, in collaborazione con l’Accademia di belle arti di Bologna e con il sostegno della Fondazione Zucchelli, si propone di includere un tredicesimo percorso di ricerca, produzione e presentazione di contenuti appositamente concepiti per il digitale e il virtuale, in grado di mettere in relazione on-line e off-line con una forte vocazione all’interazione con lo spettatore.
Entro la metà di luglio, sui siti web del Comune di Bologna e del Mambo sarà pubblicato un avviso pubblico rivolto a studenti iscritti, all’atto della domanda, ai corsi biennali di secondo livello specialistici all'Accademia di belle arti di Bologna o diplomati successivamente al 1° gennaio 2019, che siano maggiorenni alla data di pubblicazione dell'avviso stesso.
Il selezionato riceverà un contributo di due-mila euro da Fondazione Zucchelli per sviluppare il suo progetto.
La curatela di questo spazio sarà affidata a Federica Patti, docente, critica d’arte e curatrice indipendente di base a Bologna, la cui ricerca si concentra sulle arti multimediali, su progetti interattivi e partecipativi, sulle pratiche liminali e sulla valorizzazione di giovani artisti emergenti.
Con Nuovo forno del pane il Comune di Bologna e il Mambo si mobilitano, dunque, a favore di una delle categorie più colpite dall'emergenza pandemica, quella di artisti, fotografi, designer, registi e creativi in genere, che nel museo hanno sempre visto un punto di riferimento con il quale confrontarsi nell'ambito delle loro pratiche. Ma offre anche nuovi stimoli al pubblico, offrendo uno strumento per conoscere cosa avviene tra i giovani creativi che abitano e vivono nella città di Bologna.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Allison Grimaldi Donahue, Varietà di edizioni stampate e libri autoprodotti: Funhouse Mag, The American Reader, Yo-New York, Body to Mineral Publication Studio Vancouver, On Endings Delere Press, Group Huddle Reader, due libretti per performance; [fig. 2] Bekhbaatar Enkhtur, «Volpe», 2020. Cera, rami d’albero. Dimensioni determinate dall’ambiente. Veduta di allestimento della mostra «La meraviglia», a cura di Sergio Risaliti, presso Manifattura Tabacchi, Firenze; [fig. 3] Francis Offman, «Senza titolo/Untitled», 2018. Acrilico, inchiostro, collage su carta 100% cotone, cm 56 x 76. Foto Carlo Favero. Courtesy l’artista e P420, Bologna; [fig. 4] Giuseppe De Mattia, «Esposizione di frutta e verdura», 2019. Installazione composta da frutta e verdura vera e in ceramica, ferro, legno e carta velina. Dimensioni variabili. Courtesy Materia Gallery Roma. Foto Roberto Apa; [fig. 5] Mattia Pajè, Ciao, 2019. Argilla rossa San Sepolcro, ferro, 108x172x50 cm. Veduta presso Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma. Foto Francesco Basileo

Informazioni utili 
Mambo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna | Instagram: @mambobologna | Twitter: @MAMboBologna | YouTube: MAMbo chan-nel | sito internet www.mambo-bologna.org

venerdì 3 luglio 2020

«Opera tua» di Coop, il «San Francesco» di Filippo da Verona è restaurato

Era il 2017 quando Coop Alleanza 3.0 lanciava «Opera tua», il progetto che sposa il sostegno alla cultura, attraverso la valorizzazione e il recupero di capolavori locali, con l’eccellenza dei prodotti enogastronomici della linea «Fior fiore Coop», nell’ambito dell’iniziativa solidale «1 per tutti 4 per te».
Dal Friuli Venezia alla Sicilia, dalla Lombardia alla Puglia, negli ultimi tre anni sono state restaurate oltre venti opere, tra quelle selezionate da Fondaco Italia, in collaborazione con l’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco, e con il patrocinio del Touring club italiano, ente non profit che, da oltre cent’anni, si occupa di turismo, cultura e ambiente.
Tra queste c’è il dipinto ad olio su tavola «San Francesco riceve le stimmate» di Filippo da Verona, da poco restituito ai Musei civici d'arte antica dell'Istituzione Bologna Musei e, da mercoledì 24 giugno, esposto permanentemente nella Sala 6, con la lettura critica di Silvia Battistini.
L’opera, realizzata probabilmente tra il 1515 e il 1520, è stata attribuita al pittore veneto nel 1990 da Danilo Benati. grazie agli studi sull'artista che si sono succeduti a partire dagli anni Ottanta del XX secolo.
Le notizie in nostro possesso su Filippo da Verona sono molto poche; la maggior parte di queste si desumono dalle firme apposte alle sue opere o da contratti siglati per l'esecuzione di lavori.
Si apprende così che l’artista si spostò frequentemente, per eseguire le commissioni che riceveva, lavorando in numerosissime città dell'Italia settentrionale e adriatica, tra Veneto, Lombardia, Liguria, Emilia, Marche e Lazio.
Noto soprattutto per la realizzazione di opere di soggetto religioso, destinate a luoghi di culto o alla devozione privata, il pittore veneto si distinse per il suo talento e la capacità di aggiornare la sua pittura, formatasi nell'ambiente veneto del tardo Rinascimento.
Gli anni dieci del Cinquecento, quelli ai quali risale l’opera bolognese, furono fondamentali nel suo percorso: Filippo da Verona aggiornò, infatti, il suo stile, mostrando di conoscere bene Raffaello, Dosso Dossi, Lorenzo Lotto, il Romanino e Amico Aspertini (al quale, a lungo, venne anche attribuita la tavola su San Francesco), ma anche Albrecht Dürer e soprattutto Albrecht Altdorfer.
Il dipinto bolognese, che è stato scelto dai soci di Coop Alleanza 3.00 in un voto on-line sull’Emilia Romagna tenutosi dall’1° al 31 maggio 2019, è esposto nelle collezioni comunali dal primo allestimento del 1936 a opera di Guido Zucchini, ma era stato precedentemente individuato da Francesco Malaguzzi Valeri tra i beni tenuti in magazzino e prelevata per essere esposta a partire dal 1924 alla Regia Pinacoteca di Bologna, come opera ferrarese.
Purtroppo non si conoscono le circostanze dell’accesso nel patrimonio pubblico, lasciando aperta sia la possibilità che il lavoro si trovasse in un luogo di culto soppresso sia che fosse parte di una delle eredità pervenute al Comune tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni venti del Novecento, periodo al quale risalgono le donazioni Palagi, Pepoli e Rusconi.
Il restauro, iniziato a fine ottobre 2019, è stato realizzato per la parte riguardante la parchettatura da Daniele Biondino e dalla ditta Pantone Restauri di Roma per la parte pittorica.
L’intervento ha previsto il rilievo fotografico, anche a luce infrarossa, per la localizzazione delle zone maggiormente degradate della tavola, e numerose indagini diagnostiche, che hanno fornito informazioni fondamentali per il corretto svolgimento del restauro. Si è proceduto, quindi, al consolidamento del supporto ligneo, colmando le lacune che si erano create con il tempo nelle assi che compongono la tavola. Per fare ciò è stato necessario rimuovere le traverse apposte sul retro, che sono state rimontate una volta terminate le operazioni di risanamento. Si è, poi, proceduto con la pulitura della superficie pittorica, rimuovendo le ridipinture non coeve all’opera. Infine, sono state fatte le stuccature in corrispondenza delle fessure tra le tavole e i ritocchi pittorici, per permettere una corretta visione dell’immagine.
La pulitura della superficie pittorica e le indagini diagnostiche hanno permesso di approfondire la lettura del quadro, sia da un punto di vista stilistico che iconografico.
Come sempre accade nelle opere di Filippo da Verona, numerose figure popolano il paesaggio in cui si svolge l’evento principale, rappresentando altri momenti della storia o fornendo informazioni aggiuntive per comprenderne il contesto.
Assieme a San Francesco rapito dalla visione del Cristo (qui rappresentato non crocifisso ma Bambino), si possono riconoscere alla sua destra frate Leone e, nella parte alta del dipinto in mezzo al bosco, Santa Lucia che tiene in mano il vassoio con i suoi occhi, rivolta verso un santo vescovo, verosimilmente San Bassiano (o Bassano), riconoscibile per la fibula che trattiene il piviale, all’interno della quale vi è custodito il sangue di Cristo.
Un’altra figura, appena intuibile prima del restauro, si trova nell’angolo inferiore sinistro della tavola. Con l’avanzamento del restauro è stato recuperato il volto velato e il soggolo di una clarissa, probabilmente la committente dell’opera, che assiste orante alla scena miracolosa. Le dimensioni ridotte dell'opera sono coerenti con un’opera di devozione destinata alla cappella di un monastero. Sicuramente un cambio di destinazione indusse la nuova proprietà a modificare l’immagine della donatrice, per sostituirla con un nuovo devoto. Il lavoro fu fatto in un momento successivo, circa un secolo dopo la pittura di Filippo da Verona. Questo non deve stupire. Di fatto non erano inconsueti al tempo cambi di proprietà di oggetti di pregio con relative modifiche per adeguarli ai gusti del nuovo proprietario.
È comunque difficile formulare un’ipotesi sul luogo per cui Filippo da Verona realizzò questo dipinto: la presenza di Santa Lucia suggerisce di dover cercare la committenza in uno dei non numerosi monasteri di clarisse dedicati alla martire di Siracusa. È interessante che uno di questi –di antica tradizione– si trovasse a Rieti, città in cui nel 1522 Filippo da Verona era documentato come residente, ma dove non si conoscono sue opere. La presenza di San Bassano, però, orienterebbe piuttosto per un luogo del nord Italia, dove il culto del santo è vivo tra Lombardia (soprattutto nelle province di Lodi e Cremona) e Veneto (Bassano del Grappa).
L’altissima qualità stilistica del dipinto, la raffinata stesura pittorica, ottenuta con minuziose pennellate giocate su un’incredibile varietà cromatica di verdi, di gialli e di ocre, e la sottile capacità di descrivere lo stupore rapito sul volto del santo girato di trequarti e inondato dalla luce sovrannaturale, rendono evidente come Filippo da Verona dovesse essere un artista molto ricercato, soprattutto negli ambienti francescani, ai quali spesso possono essere ricondotte le sue opere.
Nel frattempo ha già preso il via la nuova edizione di «Opera tua», che toccherà tutte le regioni in cui è presente Coop Alleanza 3.00: ogni mese, due gioielli artistici della stessa zona vengono proposti a soci e clienti che, con il loro voto, determinano a quale opera destinare i fondi per il recupero.
Per votare l’opera da restaurare basta collegarsi al sito www.coopalleanza3-0.it e navigare nella sezione dedicata al progetto accessibile anche dalla short url all.coop/operatua.
L’andamento dei voti sarà visibile sul portale e l’opera vincitrice verrà resa nota alla fine di ogni tappa.
On-line sarà possibile seguire anche il restauro dei lavori scelti, con informazioni sui tempi e l’avanzamento.
Un bel modo, questo, per sostenere l’arte italiana e per conoscere anche la multiforme produzione artistica del nostro territorio nei secoli: dal dipinto di personaggi illustri all’arte religiosa, senza dimenticare le rappresentazioni statuarie.

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Filippo da Verona (doc. 1505 c. - 1522), San Francesco riceve le stigmate. Olio su tavola, cm 130 x 94,8. Bologna, Collezioni comunali d’arte. Courtesy Pantone Restauri, Roma. Immagine successiva all'intervento di restauro conservativo; [figg.2-6] Ritorno del San Francesco riceve le stigmate di Filippo da Verona a Bologna. Foto: Roberto Serra

Informazioni utili 
Collezioni comunali d’arte - Palazzo d’Accursio, piazza Maggiore, 6 – Bologna. Informazioni: tel. 051.2193998. Sito web:_www.museibologna.it/arteantica