ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 15 aprile 2024

Milano Design Week #1, gli appuntamenti da non perdere in Triennale e all’Adi Design Museum

«Le altre città hanno delle colline come Roma, Firenze e Torino; altre hanno il mare come Genova e Napoli che ha anche il Vesuvio. Dio ha aiutato molto la bellezza di queste città, ma per Milano, Dio non ha fatto niente, quindi sta a noi fare in modo che Milano sia una bella città. È una questione di creazione». Vengono in mente queste parole dell’architetto Gio’ Ponti pensando all’aprile ricco di creatività, e dunque di bellezza, che sta vivendo il capoluogo lombardo. Spenti i riflettori sulla fiera d’arte moderna e contemporanea miart e su Mia Photo Fair, prestigiosa vetrina per la fotografia d’autore, la città si prepara a diventare protagonista della scena internazionale con il design e i complementi d’arredo grazie alla sessantaduesima edizione del Salone del mobile che, da martedì 16 a domenica 21 aprile, porterà negli spazi di Milano Rho Fiera più di 1.900 espositori, tra cui 600 giovani talenti e 22 scuole di design.

In contemporanea con la kermesse mercantile, istituzioni culturali, fondazioni private, progettisti, designer, gallerie, aziende storiche, showroom, brand emergenti, scuole, università e anche palazzi storici come Villa Mozart a Palazzo Morando (dove sarà allestita una personale del fotografo Carlo Valsecchi), presentano mostre, momenti di condivisione e di confronto delle idee, installazioni, conversazioni per dare forma al nostro presente e provare a immaginare il futuro che verrà, almeno dal punto di vista della sostenibilità ambientale nel processo creativo e progettuale. «Materia natura» è, infatti, il titolo dell’edizione 2024 del Fuorisalone, che, insieme con il palinsesto comunale della Milano Design Week, prevede oltre mille eventi disseminati in tutta la città, dalle zone storicamente protagoniste della settimana del design - Brera, 5Vie, Durini, Isola, Statale e Tortona – alle new entries di Porta Venezia e del distretto di via Paolo Sarpi, fino ai quartieri di Porta Romana, Stazione centrale, San Vittore, Quadrilatero della moda, Bocconi e Castello sforzesco.

Alessandro Mendini, Philippe Starck e Inga Sempé in Triennale
Il percorso alla scoperta del meglio di questa vivace settimana milanese può partire proprio dai dintorni del grosso complesso fortificato fatto erigere nel XV secolo da Francesco Sforza e più precisamente da quella che per la città è la casa del design e dell’architettura: la Triennale. In questi spazi è previsto, in collaborazione con Fondation Cartier pour l’art contemporain, un duplice omaggio ad Alessandro Mendini, architetto, designer, artista e teorico che ha segnato le rivoluzioni del pensiero e del costume del Novecento e del nuovo millennio e che ha colorato il mondo del design con il suo approccio postmodernista e a tratti ironico, lasciandoci pezzi iconici come la poltrona di Proust, la Petite Cathédrale, il cavatappi Alessandro M di Alessi o la lampada Slide. Nello spazio Cubo va in scena la retrospettiva «Io sono un drago», a cura di Fulvio Irace e con il progetto di allestimento di Pierre Charpin, che rimarrà poi aperta fino al 13 ottobre; mentre nell’Impuvium per due mesi, a partire dal 16 aprile, sarà possibile vedere l’installazione site specific «What?», ideata da Philippe Starck, un viaggio impressionistico guidato da suoni e immagini in costante trasformazione.

In Triennale è aperta anche la mostra «Inga Sempé. La casa imperfetta», curata da Marco Sammicheli e con il progetto di allestimento di Studio A/C di Alessia Pessano e Chiara Novello, che mette in scena progetti, oggetti e disegni in uno scenario domestico, una vera e propria abitazione che ha l’obiettivo di trasmettere al visitatore la complessità e l’approfondimento del lavoro della designer francese. Il visitatore può interagire con ambienti come camera da letto, cucina, corridoio, disimpegno, spazio esterno, e svolgere gesti quotidiani, come leggere un libro, sedersi sul divano, accendere e spegnere le luci. L’esposizione, visitabile nei giorni del Salone del mobile e poi fino al 23 settembre, presenta anche alcuni oggetti disegnati da Vico Magistretti e Massimo Morozzi, e opere di artisti internazionali, tra cui Gilbert & George, Domenico Gnoli, Mette Ivers e Saul Steinberg.

In occasione della Milano Design Week la Triennale - oltre a queste mostre e a un cartellone di public program e party come «The Night of the Dragon» (16 aprile, ore 19.00- 23.00), che prende spunto dal disco «Architettura sussurrante» (1983) di Alessandro Mendini - propone un omaggio a Cini Boeri, una retrospettiva sui venticinque anni del Salone Satellite, un focus sul design ungherese, una mostra sui bastoni da passeggio, una rassegna sull’azienda americana di mobili Emeco, e, ultima ma non ultima, l’esposizione «Generating Visions. Alcantara in the Arts», per la curatela di Damiano Gullì, con opere tessili di Yuri Ancarani, Alberto Biasi, Zhang Chun Hong, Qin Feng, Soundwalk Collective, Nanda Vigo e Lorenzo Vitturi. Im questi spazi sono, inoltre, visitabili due mostre che hanno aperto i battenti nelle scorse settimane: «Dan Graham. The Passing time City» (fino al 12 maggio), con i padiglioni di grandi dimensioni «London Rococo» (2012) e «Sagitarian Girl» (2008), e «Ettore Sottsass. Design Metaphors» (fino al 15 settembre), con una serie di fotografie, raggruppate sotto il nome di «Metafore», scattate dal designer tra il 1972 e il 1978.

Suggestioni orientali all’Adi Design Museum e in zona Sarpi

Ci si può, quindi, spostare in un altro tempio cittadino votato allo studio e alla divulgazione della cultura del progetto: l’Adi Design Museum, in piazza Compasso d’Oro, che, anche grazie alla nascita del nuovo distretto urbano di zona Paolo Sarpi, la vivace e colorata Chinatown meneghina, propone un viaggio attraverso l’Oriente, partendo dal Giappone, passando per la Corea e arrivando alla Cina.

Il progetto principale è «Origin of Simplicity. 20 Visions of Japanese Design», a cura di Rossella Menegazzo e con l’allestimento di Kenya Hara, che allinea (fino al 9 giugno) centocinquanta opere, molte delle quali mai presentate in Italia, che hanno segnato la storia della progettazione e dell’artigianalità nipponica a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Il percorso della mostra, concepito come una foresta dove passeggiare, offre così uno sguardo trasversale tra design e artigianato per comprendere le origini del concetto di semplicità, ora declinabile come vuoto (ku), spazio o silenzio (ma), talvolta leggibile come povertà (wabi) e consunzione legata all’uso nel tempo (sabi), altre come asimmetria, non definitezza e imperfezione, in correlazione con i diversi pensieri filosofici appartenenti alla cultura del Sol Levante: dal buddhismo zen al pensiero animista shintoista, quasi opposti alla razionalità occidentale.

Sempre all’Adi Design Museum è esposta, nel giardino antistante, la microarchitettura «Mobile Home Helios», ultima innovazione nel campo delle soluzioni abitative mobili per il turismo open air, frutto della collaborazione tra Crippaconcept e Matteo Thun & Benedetto Fasciana. Mentre all’interno è possibile vedere «Feeling Good – Caimi design per il futuro», una mostra a cura di Aldo Colonetti e Valentina Fisichella, con il progetto di allestimento di Matteo Vercelloni, che ripercorre i settantacinque anni di attività di un’icona del made in Italy, la Caimi, che ha dato vita a oggetti semplici e di uso quotidiano come la schiscetta, ovvero il contenitore ermetico che permetteva agli operai di portare con sé con sicurezza il pasto nel percorso casa-lavoro, ma che si è interessata anche alle esigenze della vita in casa e in ufficio attraverso lo studio di pannelli fotoassorbenti.

Rimanendo in zona Sarpi, distretto che ha una propria simbolica porta d’accesso nell’installazione site specific realizzata dal creativo Tommaso Lanciani e dallo street artist Pao con stilemi orientali e italiani e con disegni di bambini del quartiere, meritano una tappa il Centro culturale cinese, che propone delle attività laboratoriali sul tema del riuso dei capi di vestiario e dei progetti per i più piccoli, e la Fabbrica del Vapore, che mette in scena un caleidoscopio di eventi nei suoi circa 5mila metri quadrati di superficie espositiva. 
Si spazia da «Changes, Know now China», con venti progetti che esplorano i cambiamenti in atto nel lifestyle cinese, a una mostra sullo zen design nelle calligrafie classiche orientali, che propone anche momenti di meditazione e cerimonie tradizionali, come quella del the, in compagnia di un monaco buddhista. Si va dall’omaggio di Matteo Mezzadri ad Artemisia Gentileschi al focus «Abitare è essere ovunque a casa propria» su Ugo La Pietra e i suoi progetti per il territorio urbano di Milano, passando per l’installazione «Post Global Village. Oggetti migratori» sul fenomeno delle migrazioni climatiche, la mostra «Futuro Anteriore. Casva Cabinet Of Design Thinking», la rassegna al femminile «UpTo fino a che punto ci si può spingere» e tanti altri progetti che guardano ai cambiamenti in atto e che propongono alternative alla guerra, all’intolleranza e all’ingiustizia. 
Questi spazi si aprono anche alla musica con un festival con alcuni dei nomi più interessanti della scena elettronica come Sama Abdulhadi, Francesco Del Garda, Lele Sacchi, Alex Neri, Rollover, Le Cannibale, Fabio Monesi, solo per citare alcuni dei protagonisti che si alterneranno alla consolle, in una scenografia che strizza l’occhio al futuro.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Alessandro Mendini in Triennale. Foto: Delfino Sisto Legnani - DSL Studio. © Triennale Milano;     [fig. 4] Courtesy Inga Sempé; [fig. 5] Coutery Hay; [figg. 6, 7 e 8] Veduta della mostra «Origin of Simplicity. 20 Visions of Japanese Design». Foto di Denise Manzi 

Informazioni utili

venerdì 12 aprile 2024

«Miart, «no time no space»: al via la ventottesima edizione di miart

178 gallerie
provenienti da 28 Paesi, oltre 1000 opere di maestri moderni e artisti contemporanei affermati ed emergenti, 10 riconoscimenti tra premi, fondi acquisizioni e nuove committenze e altrettanti direttori di museo provenienti da tutto il mondo tra i propri giurati: sono questi i numeri della 28ª edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea, in programma fino al 14 aprile all’Allianz MiCo di Milano, dove negli stessi giorni si tiene anche il Mia Photo Festival.
«No time no space» è la frase, tratta da una canzone di Franco Battiato, musicista, artista ed esploratore «di mondi lontanissimi e di civiltà sepolte», scelta come filo conduttore di questa edizione della kermesse mercantile, che vede alla guida, per il quarto anno consecutivo, Nicola Ricciardi.

Attraverso due sezioni inedite, pensate come portali dimensionali o ideali macchine del tempo, la fiera allarga ulteriormente i propri confini geografici e temporali. «Portal», a cura di Abaseh Mirvali, propone, per esempio, otto piccole mostre con lavori, tra gli altri, di Franco Mazzucchelli (ChertLüdde, Berlino), Francesco Gennari (Ciaccia Levi, Parigi - Milano /ZERO…, Milano), Anna Boghiguian (Galleria Franco Noero, Torino), Troy Makaza e Gresham Tapiwa Nyaude (First Floor Gallery, Harare - Victoria Falls). «Timescape», progetto espositivo anch’esso presentato all’interno di «Established» (il segmento della fiera che vede dialogare alcune tra le più importanti realtà operanti a livello internazionale nei settori dell’arte moderna, contemporanea e del design), offre, invece, un viaggio all’interno del Novecento grazie a micro-esposizioni come quella della Galleria Gomiero (Montegrotto Terme), che racconta il ritratto nell'ambito della scultura con opere di Medardo Rosso e Giacomo Manzù, o quella curata da Bottegantica (Milano), con opere di Giacomo Balla e Umberto Boccioni, nonché con un focus sul Futurismo e sull’Aeropittura.
Fa, poi, il suo ritorno in fiera «Emergent», la sezione curata da Attilia Fattori Franchini e riservata alle gallerie specializzate nella promozione dei giovani artisti, che quest'anno accoglie 23 realtà provenienti da tutto il mondo, dalle ormai consolidate Bel Ami (Los Angeles), Sébastien Bertrand (Ginevra) e Sans titre (Parigi) alle new entries Arcadia Missa (Londra), Lovay Fine Arts (Ginevra) e Sweetwater (Berlino).

All’interno delle diverse sezioni sono presenti, come consuetudine, opere di ogni genere, dai dipinti ai disegni, dalle sculture alle installazioni, ma non solo. Molti sono i lavori di carattere museale. Ne danno l’esempio «Caribbean Tea Time», uno spettacolare paravento di David Hockney, proposto da Galerie Lelong & Co. (Parigi - New York), le opere «Combustione B.A.» (1960) e «Combustione plastica» (1957) di Alberto Burri, esposte da Tornabuoni Arte (Firenze - Milano - Forte dei Marmi - Roma - Parigi - Crans Montana), e l’installazione di Vivian Suter per kaufmann repetto (Milano - New York), frutto della decennale ricerca dell'artista sulle vicissitudini della foresta pluviale del Guatemala.

Numerose sono anche le opere commissionate appositamente per questa edizione di miart come la poetica e monumentale altalena di Francesco Arena per Galleria Raffaella Cortese (Milano - Albisola) o la performance «Thyself Agency» di Luca de Leva, che trasforma lo stand di Pinksummer (Genova) in «un’agenzia di viaggio per spedizioni verso l’ignoto», proponendo metodi di ricerca personale volti a scardinare automatismi comportamentali.
Non mancano, poi, le mostre personali come quelle di Tomasz Kowalski da Dawid Radziszewski (Varsavia), di Lucy Stein da Galerie Gregor Staiger (Zurigo - Milano), di Pietro Consagra da Mucciaccia Gallery (Roma - Londra - Cortina d’Ampezzo - Singapore) o di Giosetta Fioroni da Marcorossi (Milano - Verona - Torino - Pietrasanta - Roma).

Proseguendo nel percorso, l’arte moderna, storica spina dorsale della fiera milanese, è ben rappresentata dal progetto «Artisti italiani nella collezione Peggy Guggenheim», proposto da ML fine art (Milano), con opere di Giorgio de Chirico, Marina Apollonio e Piero Dorazio, o dalla mostra di Gió Marconi (Milano), con lavori di Enrico Baj, Lucio del Pezzo e Mario Schifano.

L’imminente inaugurazione della 60. Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia ha, infine, portato numerose gallerie a dare risalto in fiera agli artisti selezionati dal curatore Adriano Pedrosa per «Stranieri Ovunque». Ecco così che Louis Fratino espone alla Galerie Neu (Berlino), mentre Greta Schödl, Bertina Lopes e Xiyadie da Richard Saltoun Gallery (Londra – Roma). La Galleria dello Scudo (Verona) propone, invece, un focus sullo Spazialismo veneziano con opere degli anni Cinquanta di artisti quali Emilio Vedova, Tancredi Parmeggiani, Renato Birolli e Edmondo Bacci, mentre ED Gallery (Piacenza) presenta una selezione di opere che vennero realizzate dai maestri vetrai di Murano per la Biennale di Venezia del 1914.

Sempre in fiera il main sponsor Intesa San Paolo offre al pubblico la mostra «Io sono una forza del passato», a cura di Luca Beatrice, per una riflessione sulla pittura contemporanea come dialogo tra nuovi orientamenti – che vedono sempre più l’adozione dell’artificiale e del digitale e la rinuncia del ‘fatto a mano’ – e il recupero delle forme classiche del passato.

Mentre all’esterno dell’Allianz MiCo, grazie alla rinnovata partnership con il brand di moda Msgm, è visibile un'opera site specific di Jenna Bliss (1984, Yonkers, New York) con una serie di schermi dove scorreranno le sue opere video: «evocazioni - si legge nella nota stampa - di un passato recente ormai dimenticato, memorie personali e collettive, incontri e osservazioni della vita quotidiana e del legame con le convenzioni sociali e i contesti storici che mettono in discussione ipotesi comuni ed espandono narrazioni consolidate».

Come ogni anno la kermesse mercantile esce fuori dai padiglioni fieristici grazie alla Milano Art Week, manifestazione diffusa coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e private della città dedicate all’arte moderna e contemporanea, con un programma di mostre e attività, per un totale di quasi duecento eventi, molti dei quali proseguiranno anche nei giorni dell’imminente Milano Design Week

Pino Pascali da Fondazione Prada, Alessandro Mendini e Cino Boeri in Triennale, Nari Ward e Chiara Camoni da Pirelli Hangar Bicocca, Adrian Piper al Pac, Dolce & Gabbana a Palazzo Reale, i Masbedo e FormaFantasma da Fondazione Ica sono solo alcune delle proposte da non perdere. La Fondazione Nicola Trussardi torna, invece, a invadere la città con «Italia70 – I nuovi mostri», un’esplosione di immagini realizzate da 70 artisti, tra grandi maestri e talenti emergenti, per una vera e propria caccia al tesoro che coinvolge tutti i quartieri, dal Cimitero monumentale al centro storico, da City Life a Porta Romana.

Una segnalazione merita, infine, «Abbandonare il locale», la prima mostra monografica in Italia dedicata a David Horvitz, che porta in un ufficio dismesso di Bim (mbizioso progetto di rigenerazione urbana nel quartiere Bicocca che sta trasformando un iconico edificio progettato da Vittorio Gregotti in una work destination all'avanguardia), 20 opere dell’artista americano, che ripercorrono quasi altrettanti anni di carriera, selezionate da Nicola Ricciardi. La mostra – si legge nella nota stampa - «nasce dalla volontà di dare una forma tangibile all’espressione «no time no space», alternando lavori storici con nuove produzioni e oggetti trovati che provano a complicare l’idea standardizzata di tempo e a sovvertire la logica dei confini a cui siamo abituati».
 
Con l’edizione 2024, miart conferma, dunque, il suo ruolo centrale tra gli appuntamenti del mercato dell’arte rendendo ancora più estesi e permeabili i propri confini tematici, spaziali e temporali e ponendosi come piattaforma di osservazione della società e dei suoi cambiamenti. 

Didascalie delle immagini 
Miart 2024. Foto di Nicola Gnesi studio 

Informazioni utili 
miart 2024 - Allianz MiCo, Padiglione 3, viale Scarampo – Milano. Orari: 12 e 13 aprile: dalle 11.30 alle 20.00 | 14 aprile: dalle 11.00 alle 19.00. Biglietto: intero: 18€, ridotto (minori dai 4 ai 17 anni e studenti): 14€. Sito internet: https://www.miart.it. Fino al 14 aprile 2024

giovedì 11 aprile 2024

Canaletto, un «ospite illustre» al Palazzo Ducale di Venezia

«Venezia è la perla d’Italia. Quando si volge lo sguardo a questi palazzi marmorei, a questi ponti, a queste chiese, a questo merletto stupendo di colonne, balconi e finestre, si comprende perché veniamo tutti qui». Così il francese Hippolyte Tayne dava voce ai tanti stranieri che vedevano nella Serenissima una tappa obbligata del loro Grand Tour, il viaggio tra i Paesi dell’Europa che, a partire dal Seicento e fino ai primi decenni dell’Ottocento, fu considerato parte essenziale nel percorso educativo dei giovani rampolli dell'aristocrazia inglese, francese e tedesca.

In quegli stessi anni nacque l’industria del ricordo. Le élite europee non rinunciavano, infatti, a portarsi a casa un «souvenir d’Italie». Per soddisfare la domanda di questo esigente stuolo di turisti-compratori, a caccia di una statuetta in biscuit o di un piccolo acquerello, di un cammeo o di un oggetto in vetro, artisti e artigiani diedero vita a una lucrosa attività, realizzando copie di capolavori d’arte antica o creando nuove opere, in alcuni casi commissionate dagli stessi viaggiatori. Il risultato di questa pratica fu l’impetuoso sviluppo di alcuni generi artistici, in particolare i ritratti e le vedute, vere e proprie cartoline di viaggio che servivano a ricordare i luoghi e i paesaggi rimasti nel cuore. Pompeo Batoni, Canaletto, Zuccarelli, Gaspar Van Wittel, Joseph Wright of Derby, Luca Carlevarijs e Giovan Battista Piranesi sono solo alcuni degli artisti coinvolti in questa attività nelle varie città italiane: Roma, Firenze, Napoli, Milano, il Golfo dei poeti, la Costiera amalfitana e, ovviamente, Venezia.

Nella Serenissima, tra i soggetti più amati e più richiesti dagli aristocratici del Grand Tour, c’era la veduta del Bacino di San Marco con Palazzo Ducale, massima espressione della bellezza luminosa e acquatica della città, diventata immagine e «oggetto del desiderio» in tutta Europa proprio grazie alla diffusione del vedutismo. Antonio Canal, meglio noto come Canaletto (Venezia, 1697-1768), era un maestro indiscusso di questo genere, con le sue vedute così accurate e minuziose da sembrare una fotografia. E il cuore pulsante della Serenissima, un vero e proprio museo a cielo aperto, ma anche un palcoscenico per eventi storici come l’incontro tra l'imperatore Barbarossa e papa Alessandro (1177) o le grandi feste per il Carnevale, era uno degli scorci più pittoreschi della sua produzione.

Tra le opere più iconiche del pittore veneziano, non si può, dunque, non annoverare «Il molo verso Riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco» (1735-1740): un dipinto, acquistato come souvenir di lusso da Thomas Osborne (1713-1789), quarto duca di Leeds, in cui «la coerenza prospettica dell’impianto spaziale, la resa precisa delle architetture e la qualità della luce cristallina, che evoca in lontananza il pulviscolo atmosferico, riassumono al meglio la sua straordinaria produzione». Ogni elemento della narrazione concorre, infatti, «alla resa dello spazio, alla vastità della visione, alla celebrazione di Venezia come città che sorge dalle acque, suscitando stupore e meraviglia».


L’opera è il terzo degli «Ospiti a Palazzo», la rassegna che porta nelle sale del Palazzo Ducale di Venezia grandi esempi di opere pittoriche, volte a esaltare il ruolo della città lagunare e dei suoi protagonisti nella storia e nella cultura europea e che, al contempo, rafforza il dialogo tra istituzioni museali. Inaugurato nel 2022, con la presentazione del capolavoro «Maria Maddalena in estasi» di Artemisia Gentileschi, e proseguito lo scorso anno, con «L’ultimo Senato della Repubblica di Venezia» di Vittorio Emanuele Bressanin, il progetto espositivo stringe in questa edizione, in cartellone fino al 21 luglio nella rinnovata Quadreria, e più precisamente nella Sala del Magistrato alle Leggi, un sodalizio con il Castello sforzesco di Milano. È, infatti, in queste sale che è usualmente esposto il dipinto «Il molo verso Riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco», conservato, a partire dal 1995 (l’anno dell’acquisto a Finarte da parte dell’istituzione meneghina), insieme con un altro lavoro del Canaletto, «Il molo verso la Zecca con la Colonna di San Teodoro», anch’esso proveniente dalla collezione dei duchi di Leeds, dove era entrato nel Settecento probabilmente attraverso la mediazione del banchiere, mercante e collezionista inglese Joseph Smith, dal 1744 console britannico a Venezia, protettore e agente ufficiale dello stesso artista, che nel suo palazzo ai Santi Apostoli esponeva, a scopo promozionale, dodici vedute canalettiane del Canal Grande.

La mostra non si configura solo come un «ritorno a casa» del telero, ma offre anche l’occasione per un confronto con un interlocutore coevo, tra i massimi esponenti della pittura veneziana del Settecento: Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 – Madrid 1770) con la sua opera «Nettuno offre a Venezia i doni del mare» (1757-1758), appositamente realizzata per Palazzo Ducale, rappresentando il mito di Venezia, regina del mare, che la classe dirigente voleva perpetuare. 

«I due artisti, pressoché coetanei, non potrebbero essere più differenti nella loro poetica – si legge nei pannelli descrittivi in mostra -. Se Canaletto si specializza nell’arte della veduta, nella resa precisa, lenticolare, della realtà circostante, eleggendo la città di Venezia a sua musa ispiratrice, Giambattista Tiepolo origina visioni d’incanto con scene popolate da divinità classiche, personaggi mitologici e allegorie. Affascinati inizialmente dall’aspro contrasto di luce e ombra, nel crescere degli anni la tensione chiaroscurale si apre, in entrambi, a una luminosità tersa, a uno stile più controllato e nitido». Canaletto non restituisce però alla nostra vista solo le architetture della città, ma ci porta all’interno della vita quotidiana dei suoi abitanti, figure che rendono ancora più reale e animata la scena raffigurata, un mercato. Come scriveva Pietro Zampetti, nel 1967, il pittore ci racconta così «la realtà schietta e sincera, il senso delle cose scrutate nella loro essenza più vera e profonda».

Informazioni utili
Ospiti a Palazzo: Canaletto. Palazzo Ducale, Quadreria, piazza San Marco - Venezia. Orario: tutti i giorni, ore 9.00 – 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00) | Domenica 28 aprile il Museo aprirà al pubblico alle ore 14:00 | Aperture speciali: dal 1° maggio al 30 settembre 2024, ogni venerdì e sabato apertura fino alle ore 23.00 (ultimo ingresso ore 22.00). Ingresso: i costi dei biglietti sono consultabili al link https://palazzoducale.visitmuve.it/it/pianifica-la-tua-visita/biglietti/. Informazioni: tel. +39.041.2715911 o https://palazzoducale.visitmuve.it/it/contattaci/. Fino al 21 luglio 2024