Racconta la preziosità artistica di un angolo di Marche la mostra «Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli», per la curatela di Alessandro Marchi e Giulia Spina, allestita fino al 7ottobre nella chiesa di San Filippo. L’esposizione -che fa parte del progetto di valorizzazione del patrimonio culturale regionale «Mostrare le Marche», nato con l’intento di valorizzare i territori che hanno subito danni in seguito al sisma- si propone di raccontare un tratto di storia di Fermo perduta nell’oblio.
La città marchigiana, orgogliosa nei tempi antichi della sua posizione preminente in territorio Piceno, capoluogo di una circoscrizione ecclesiastica vastissima, ebbe nel Quattrocento un rilievo assai originale nelle vicende dell'arte marchigiana, non ancora riproposto alla ribalta che gli compete.
Dopo che nel 1433 Francesco Sforza conquista le terre della Marca, la città diventa anche la capitale di un nuovo stato. Sull'acropoli fermana si erge la rocca del Girfalco, in cui si insedia la corte sforzesca. Nel 1442 viene chiesto ai priori di Norcia di inviare una compagnia di pittori; a questi artisti viene commissionata la decorazione dipinta di una camera che doveva accogliere Francesco Sforza con la futura moglie Bianca Maria Visconti.
L'impresa pittorica risolta in affresco, o meglio secondo le tecniche della pittura murale a destinazione profana come usava a quei tempi, doveva esser condotta da Nicola di Ulisse da Siena (doc. a Norcia dal 1442 – m. tra il 1476 e il 1477), un protagonista assai attivo sul crinale appenninico fa Umbria e Marche, solo di recente riscoperto dalla critica.
Di questa impresa non rimane più nulla, perché i fermani, malgovernati dal tiranno romagnolo, dopo la capitolazione marchigiana degli Sforza (che da qui puntarono al dominio di Milano e di Pesaro) e con il benestare di papa Eugenio IV, distrussero completamente la rocca, cancellando per sempre il simbolo della tirannia.
Gli artisti che realizzarono i dipinti murali del Girfalco -Nicola di Ulisse, Bartolomeo di Tommaso da Foligno, Andrea Delitio da Lecce de' Marsi (Abruzzo), Giambono Di Corrado da Ragusa e Luca de Alemania- ritornano ora a Fermo, ovviamente con altre opere, sopravvissute al naufragio del tempo, per evocare in analogia le suggestioni e i fasti quattrocenteschi.
Nella mostra è possibile ammirare anche opere di artisti locali quali Marino Angeli, Pierpalma da Fermo e Paolo da Visso, che si sono formati ed hanno sviluppato i caratteri originali dello stile appenninico dei pittori del Girfalco. A questi lavori sono affiancate opere di altri pittori, documentati a Fermo negli anni centrali del Quattrocento, accanto a sculture, oreficerie, tessuti, ceramiche e miniature che ancora documentano nella città e nel vasto territorio che la circonda, e che nei secoli da essa è stato dominato, l'imponente fioritura del Quattrocento artistico marchigiano.
La mostra si conclude con opere di Carlo e Vittore Crivelli che, nel 1468, provenendo da Venezia e dopo un soggiorno in Dalmazia, fecero di Fermo il centro della loro splendida pittura. I due fratelli portarono a Fermo l’incisività della pittura squarcionesca di matrice veneta e la forza espressiva di una cultura che voleva parlare direttamente all’osservatore, puntando sull’ostensione dell’immagine attraverso la ricchezza delle superfici pittoriche.
Lungo il percorso è possibile così vedere capolavori di Nicola di Ulisse come il «Polittico di Sant’Eutizio», arrivato da Spoleto e appena stato restaurato dopo il terremoto del 2016, e il «Cristo Risorto», opera attualmente visibile solo nella mostra fermana poiché il Museo di Castellina da cui proviene è oggi impraticabile. Si segnala, poi, la presenza lungo il percorso espositivo della tavola «San Francesco che riceve le stimmate» di Falerone, di una cartapesta proveniente dalla bottega di Antonio Rossellino, dei frammenti della Pala di Ripatransone di Fra’ Mattia della Robbia e del «Polittico di Massa Fermana» di Carlo Crivelli, che è la prima opera marchigiana dell’artista veneziano.
Una sezione della mostra è, infine, dedicata agli oggetti di arte quattrocentesca esposti, come oreficerie, tessuti, boccali e piatti dell’Officina ‘Sforzesca’ di Pesaro della seconda metà del Quattrocento fra cui un preziosissimo «Boccale con volto di donna a rilievo», un «Boccale con decoro alla foglia gotica detta ‘cartoccio’», e un terzo «Boccale con stemma dipinto».
Informazioni utili
Il Quattrocento a Fermo. Chiesa di San Filippo, Corso Cavour, 53 – Fermo. Orari: giugno - da martedì a domenica, ore 10.30-13 e ore 14.30-19; luglio-agosto-settembre - da lunedì a domenica, ore 10.30-13 e ore 14.30-19, giovedì, ore 10.30-13 e ore 14.30-24. Ingresso: Biglietto unico per il circuito museale e monumentale (valido 1 anno) - intero € 8,00, ridotto € 6,00 (14-25 anni, gruppi > 15, soci Fai, Touring Club, Italia Nostra); omaggio per minori di 13 anni, disabili, soci ICOM, giornalisti con tesserino; ridotto con coupon sconto progetto «Mostrare le Marche» 6,00 €. Informazioni e prenotazioni visite guidate e servizi didattici: tel. 0734.217140 e fermo@sistemamuseo.it. Sito internet: www.sistemamuseo.it. Fino al 7 ottobre 2018
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
venerdì 29 giugno 2018
mercoledì 27 giugno 2018
A Massa Marittima undici capolavori di Ambrogio Lorenzetti
«A Massa [dipinse] una grande tauola et una capella». Con questa lapidaria, ma non troppo precisa indicazione, contenuta nei «Commentarii», l’architetto, scultore e scrittore Lorenzo Ghiberti (Pelago, 1378 – Firenze, 1º dicembre 1455), che probabilmente era ben informato sui fatti relativi al «famosissimo et singularissimo maestro» senese, indicava per primo l’attività di Ambrogio Lorenzetti (Siena, 1290 circa – Siena, 1348) nella città maremmana.
L’artista e storiografo fiorentino si riferiva alla grande tavola con la «Maestà», che «con la sua profonda dottrina, la sua bellezza figurativa, la sua calda e attraente gamma cromatica -per usare le parole di Alessandro Bagnoli, uno dei più attenti studiosi dell’opera di Lorenzetti- abbagliava dall’altare della piccola chiesa di San Pietro all’Orto, dove gli eremitani agostiniani di Massa Marittima avevano iniziato a svolgere la loro vita comunitaria e liturgica».
Questo importante dipinto, realizzato intorno al 1335, è al centro della mostra «Ambrogio Lorenzetti in Maremma. I capolavori dei territori di Grosseto e Siena», che allinea, fino al prossimo 16 settembre, nelle sale del Complesso museale di San Pietro all'Orto, undici tele dell’artista senese, alle quali sono affiancati video e pannelli illustrativi.
Il percorso espositivo si propone così non solo di essere facilmente fruibile da un pubblico di non esperti, ma anche di offrire una visione di insieme delle varie stagioni conosciute dal pittore nel corso della propria carriera, anche al fine di meglio contestualizzare la stessa «Maestà» nell’ambito di quella che in passato era considerata la Maremma senese.
Di questo straordinario dipinto a tempera e oro su tavola -si legge nella brochure che accompagna la mostra- «si erano perse le tracce da diversi secoli, quando gli studi eruditi dell’Ottocento proposero d’identi¬ficarla con l’opera allora conservata nella Cappella dei Priori del Palazzo comunale della città, che oggi ospita l’ufficio del sindaco. La tavola era stata ritrovata nel 1867 nella soffitta del Convento di Sant’Agostino divisa in cinque parti utilizzate in un deposito di carbone. La felice intuizione che in quelle tavole annerite si celasse l’opera perduta di Lorenzetti, confermata solo all’inizio del Novecento dopo una trentina di anni di studio, rappresentava la prova tangibile, dopo secoli d’incertezze, del fatto che uno dei più grandi pittori del Trecento italiano avesse davvero lavorato a Massa Marittima, sulla scia di altri maestri senesi del calibro di Duccio e Goro di Gregorio».
Ambrogio Lorenzetti elaborò per questo lavoro un’iconografia complessa, caratterizzata da un sovraffollamento di personaggi: le tre virtù teologali sono raffigurate sedute sui gradini che conducono al trono della Madonna con gli angeli musicanti, santi e profeti.
Si rivela così in questo straordinario dipinto tutta la maestria dell’artista, innovatore dei dipinti d'altare, di storie sacre e che ha allargato lo sguardo della pittura alla narrazione del paesaggio e della pittura d'ambiente.
Il percorso espositivo propone altre dieci opere a partire dagli anni 1320/25 con la ¬ figura del «Re Salomone», frammento che faceva in origine parte di una delle cornici di raccordo tra le scene che Ambrogio, assieme al fratello Pietro, eseguì per la Sala Capitolare del convento senese di San Francesco, ¬ fino al 1340 con il «Polittico di San Pietro in Castelvecchio» e il «Polittico della Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo» dipinto per la Chiesa di Roccalbegna.
Tra queste due date si collocano le altre opere in mostra: la «Croce dipinta» della Pieve di Montenero d’Orcia, la vetrata raffigurante il «San Michele Arcangelo vittorioso sul demonio», le sinopie dell’«Annunciazione» della cappella di San Galgano a Montesiepi, i «Quattro Santi» del Museo dell’Opera della Metropolitana di Siena, le scene affrescate lungo il lato orientale del Chiostro di San Francesco, sempre a Siena, e l’«Allegoria della Redenzione» della Pinacoteca di Siena. Il percorso della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, o i Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese.
Il percorso espositivo della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, oggi Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti a affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese.
Tra questi si segnala una grande «Annunciazione», posta al lato sinistro della porta laterale.
Nonostante la perdita di metà della superficie affrescata e la consunzione della pellicola pittorica, è ancora possibile apprezzare la stupenda invenzione compositiva e l’accuratezza dell’esecuzione.
Ambrogio Lorenzetti ha costruito una complessa architettura: lo spazio è scandito in profondità e si dispiega dall’area di primo piano, alle due volte in alto, sopra le quali si vedono due bifore di modernissima architettura gotica, al vano voltato dov’è la Vergine, nel fondo del quale si apre una porta che immette in una più lontana stanza.
«L’espediente di immaginare la porta socchiusa e delineata con scorcio prospettico ben misurato torna a riprova della responsabilità di Ambrogio Lorenzetti, che fu l’unico pittore del Trecento senese a concepire e realizzare con impressionate acutezza simili soluzioni. La stessa capacità di rappresentare le cose in uno spazio profondo e tangibile -spiega Alessandro Bagnoli-, si percepisce nella figura della Vergine, nelle sue mani e nel libro socchiuso, dove fra i due blocchetti delle pagine spicca isolata quella sulla quale era fissata la lettura. L’attenta cura nell’esecuzione si percepisce ancora nella fine elaborazione del nimbo della Vergine, che è riempito dall’impressione di stampini puntiformi, a scacchiera e a rosetta».
Per tutti questi elementi si può affermare che l’«Annunciata» della cattedrale di Massa Marittima si riveli come un’ulteriore prova magistrale della fase matura di Ambrogio Lorenzetti, «pratico coloritore a fresco», che – ebbe a scrivere Giorgio Vasari, un altro importante biografo dell’artista- «nel maneggiar la tempera i colori gl’adoperò con destrezza e facilità grande».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino e i santi Pietro e Paolo, circa 1340, tempera e oro su tavola, Roccalbegna, chiesa dei Santi Pietro e Paolo; foto di Andrea e Fabio Lensini, Siena © Diocesi di Pitigliano – Sovana - Orbetello; [fig. 2] Ambrogio Lorenzetti, Re Salomone, circa 1320-1325, affresco distaccato e applicato su supporto di vetroresina, Siena, Museo Diocesano; foto di Marcello Formichi © Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d'Elsa – Montalcino; [fig. 3] Ambrogio Lorenzetti, Croce dipinta, circa 1320- 1325, tempera e oro su tavola, Montenero d’Orcia (Castel del Piano), pieve di Santa Lucia; foto di Andrea e Fabio Lensini, Siena © Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d'Elsa – Montalcino; [fig. 4] Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino in trono con Virtù teologali, angeli musicanti, santi e profeti, 1335- 1336, oro, argento, lapislazzuli e tempera su tavole di legno di pioppo, Massa Marittima, Museo di Arte Sacra Provenienza: Massa Marittima, chiesa di San Pietro all’Orto Iscrizioni: FIDES, SPES, CARITAS (sui gradini del trono della Vergine) FOTO 19 foto di Marcello Formichi
Informazioni utili
«Ambrogio Lorenzetti in Maremma. Capolavori dei territori di Grosseto e Siena». Complesso museale di San Pietro all'Orto, corso Diaz, 36 - Massa Marittima (Grosseto). Orari: fino al 30 giugno - da martedì a domenica, ore 10.00 – 13.00 e ore 16.00- 19.00, dal 1° luglio al 16 settembre - tutti i giorni, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00. Ingresso: intero 7 euro, ridotto 5 euro. Informazioni: Ufficio turistico Comune di Massa Marittima/ Musei di Massa Marittima, Musei di Maremma, tel. 0566901954, www.turismomassamarittima.it/news o www.museidimaremma.it. Fino al 16 settembre 2018.
L’artista e storiografo fiorentino si riferiva alla grande tavola con la «Maestà», che «con la sua profonda dottrina, la sua bellezza figurativa, la sua calda e attraente gamma cromatica -per usare le parole di Alessandro Bagnoli, uno dei più attenti studiosi dell’opera di Lorenzetti- abbagliava dall’altare della piccola chiesa di San Pietro all’Orto, dove gli eremitani agostiniani di Massa Marittima avevano iniziato a svolgere la loro vita comunitaria e liturgica».
Questo importante dipinto, realizzato intorno al 1335, è al centro della mostra «Ambrogio Lorenzetti in Maremma. I capolavori dei territori di Grosseto e Siena», che allinea, fino al prossimo 16 settembre, nelle sale del Complesso museale di San Pietro all'Orto, undici tele dell’artista senese, alle quali sono affiancati video e pannelli illustrativi.
Il percorso espositivo si propone così non solo di essere facilmente fruibile da un pubblico di non esperti, ma anche di offrire una visione di insieme delle varie stagioni conosciute dal pittore nel corso della propria carriera, anche al fine di meglio contestualizzare la stessa «Maestà» nell’ambito di quella che in passato era considerata la Maremma senese.
Di questo straordinario dipinto a tempera e oro su tavola -si legge nella brochure che accompagna la mostra- «si erano perse le tracce da diversi secoli, quando gli studi eruditi dell’Ottocento proposero d’identi¬ficarla con l’opera allora conservata nella Cappella dei Priori del Palazzo comunale della città, che oggi ospita l’ufficio del sindaco. La tavola era stata ritrovata nel 1867 nella soffitta del Convento di Sant’Agostino divisa in cinque parti utilizzate in un deposito di carbone. La felice intuizione che in quelle tavole annerite si celasse l’opera perduta di Lorenzetti, confermata solo all’inizio del Novecento dopo una trentina di anni di studio, rappresentava la prova tangibile, dopo secoli d’incertezze, del fatto che uno dei più grandi pittori del Trecento italiano avesse davvero lavorato a Massa Marittima, sulla scia di altri maestri senesi del calibro di Duccio e Goro di Gregorio».
Ambrogio Lorenzetti elaborò per questo lavoro un’iconografia complessa, caratterizzata da un sovraffollamento di personaggi: le tre virtù teologali sono raffigurate sedute sui gradini che conducono al trono della Madonna con gli angeli musicanti, santi e profeti.
Si rivela così in questo straordinario dipinto tutta la maestria dell’artista, innovatore dei dipinti d'altare, di storie sacre e che ha allargato lo sguardo della pittura alla narrazione del paesaggio e della pittura d'ambiente.
Il percorso espositivo propone altre dieci opere a partire dagli anni 1320/25 con la ¬ figura del «Re Salomone», frammento che faceva in origine parte di una delle cornici di raccordo tra le scene che Ambrogio, assieme al fratello Pietro, eseguì per la Sala Capitolare del convento senese di San Francesco, ¬ fino al 1340 con il «Polittico di San Pietro in Castelvecchio» e il «Polittico della Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo» dipinto per la Chiesa di Roccalbegna.
Tra queste due date si collocano le altre opere in mostra: la «Croce dipinta» della Pieve di Montenero d’Orcia, la vetrata raffigurante il «San Michele Arcangelo vittorioso sul demonio», le sinopie dell’«Annunciazione» della cappella di San Galgano a Montesiepi, i «Quattro Santi» del Museo dell’Opera della Metropolitana di Siena, le scene affrescate lungo il lato orientale del Chiostro di San Francesco, sempre a Siena, e l’«Allegoria della Redenzione» della Pinacoteca di Siena. Il percorso della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, o i Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese.
Il percorso espositivo della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, oggi Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti a affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese.
Tra questi si segnala una grande «Annunciazione», posta al lato sinistro della porta laterale.
Nonostante la perdita di metà della superficie affrescata e la consunzione della pellicola pittorica, è ancora possibile apprezzare la stupenda invenzione compositiva e l’accuratezza dell’esecuzione.
Ambrogio Lorenzetti ha costruito una complessa architettura: lo spazio è scandito in profondità e si dispiega dall’area di primo piano, alle due volte in alto, sopra le quali si vedono due bifore di modernissima architettura gotica, al vano voltato dov’è la Vergine, nel fondo del quale si apre una porta che immette in una più lontana stanza.
«L’espediente di immaginare la porta socchiusa e delineata con scorcio prospettico ben misurato torna a riprova della responsabilità di Ambrogio Lorenzetti, che fu l’unico pittore del Trecento senese a concepire e realizzare con impressionate acutezza simili soluzioni. La stessa capacità di rappresentare le cose in uno spazio profondo e tangibile -spiega Alessandro Bagnoli-, si percepisce nella figura della Vergine, nelle sue mani e nel libro socchiuso, dove fra i due blocchetti delle pagine spicca isolata quella sulla quale era fissata la lettura. L’attenta cura nell’esecuzione si percepisce ancora nella fine elaborazione del nimbo della Vergine, che è riempito dall’impressione di stampini puntiformi, a scacchiera e a rosetta».
Per tutti questi elementi si può affermare che l’«Annunciata» della cattedrale di Massa Marittima si riveli come un’ulteriore prova magistrale della fase matura di Ambrogio Lorenzetti, «pratico coloritore a fresco», che – ebbe a scrivere Giorgio Vasari, un altro importante biografo dell’artista- «nel maneggiar la tempera i colori gl’adoperò con destrezza e facilità grande».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino e i santi Pietro e Paolo, circa 1340, tempera e oro su tavola, Roccalbegna, chiesa dei Santi Pietro e Paolo; foto di Andrea e Fabio Lensini, Siena © Diocesi di Pitigliano – Sovana - Orbetello; [fig. 2] Ambrogio Lorenzetti, Re Salomone, circa 1320-1325, affresco distaccato e applicato su supporto di vetroresina, Siena, Museo Diocesano; foto di Marcello Formichi © Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d'Elsa – Montalcino; [fig. 3] Ambrogio Lorenzetti, Croce dipinta, circa 1320- 1325, tempera e oro su tavola, Montenero d’Orcia (Castel del Piano), pieve di Santa Lucia; foto di Andrea e Fabio Lensini, Siena © Arcidiocesi di Siena – Colle di Val d'Elsa – Montalcino; [fig. 4] Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino in trono con Virtù teologali, angeli musicanti, santi e profeti, 1335- 1336, oro, argento, lapislazzuli e tempera su tavole di legno di pioppo, Massa Marittima, Museo di Arte Sacra Provenienza: Massa Marittima, chiesa di San Pietro all’Orto Iscrizioni: FIDES, SPES, CARITAS (sui gradini del trono della Vergine) FOTO 19 foto di Marcello Formichi
Informazioni utili
«Ambrogio Lorenzetti in Maremma. Capolavori dei territori di Grosseto e Siena». Complesso museale di San Pietro all'Orto, corso Diaz, 36 - Massa Marittima (Grosseto). Orari: fino al 30 giugno - da martedì a domenica, ore 10.00 – 13.00 e ore 16.00- 19.00, dal 1° luglio al 16 settembre - tutti i giorni, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00. Ingresso: intero 7 euro, ridotto 5 euro. Informazioni: Ufficio turistico Comune di Massa Marittima/ Musei di Massa Marittima, Musei di Maremma, tel. 0566901954, www.turismomassamarittima.it/news o www.museidimaremma.it. Fino al 16 settembre 2018.
lunedì 25 giugno 2018
Pisa rende omaggio alla storia della sua ceramica
Quattro sedi espositive e oltre cinquecento pezzi per un omaggio alla ceramica pisana, che prevede anche percorsi guidati in città e sul territorio alla scoperta di inediti palazzi, chiese decorate da bacini ceramici, esempi di archeologia industriale e ceramisti ancora in attività: si presenta così la mostra «Pisa città della ceramica. Mille anni di economia e di arte, dalle importazioni mediterranee alle creazioni contemporanee», che rilegge un intero territorio, avanguardia nella tecnica destinata a cambiare le abitudini dell’Ottocento, cominciando dalla tavola per passare al resto.
Il cuore della rassegna è al Centro espositivo San Michele degli Scalzi (in viale delle Piagge), adiacente ai resti dell’ultimo baluardo della produzione in città, la fabbrica della Richard Ginori. L’allestimento si snoda nei locali disposti intorno all’antico chiostro, con vista sul campanile decorato dai bacini ceramici, ripercorrendo la storia di una produzione manifatturiera e artistica che ha caratterizzato Pisa e il suo territorio a livello nazionale e internazionale dal primo medioevo sino al XX secolo. Tra postazioni tattili, video e gigantografie d’impatto, è possibile approfondire le tecniche utilizzate prima dell’anno Mille, l’espansione del settore lungo il fiume Arno prima e sulle rotte del Mediterraneo poi, fino all’età industriale.
L’arte pisana della ceramica, nata già in età antica, affonda, infatti, le radici del suo sviluppo nelle importazioni via mare da aree islamiche e bizantine. In principio furono le Maioliche, manufatti realizzati prevalentemente per uso alimentare, con coperture vetrificate colorate, chiamate così per la provenienza dall’Isola di Maiorca. Acquisite le tecniche, all’inizio del Duecento i ceramisti pisani, primi in Toscana e tra i primi in Italia, avviano un’eccellente produzione di ceramica decorata. Ben presto gli allievi pisani superano i maestri spagnoli cominciando ad esportare in tutto il bacino del Mediterraneo. Rinnovatasi nel corso dei secoli, la produzione ceramica pisana si espande fino all’Ottocento, conquistando l’Europa e le Americhe.
Di epoca più recente la nascita di piccole fabbriche, in grado di rispondere al fabbisogno locale, ma anche di proseguire nelle esportazioni di manufatti di valore artistico: un panorama in cui s’impone tra primo e secondo dopoguerra il grande sviluppo industriale della Richard-Ginori.
Al nucleo principale di San Michele degli Scalzi faranno eco il Museo nazionale di San Matteo (in piazza San Matteo in Soarta, 1), con la sala espositiva dei bacini ceramici riallestita per l’occasione, e Palazzo Blu (sul lungarno Gambacorti, 9) con un percorso dedicato alle più antiche ceramiche medievali provenienti da scavi recenti praticati in zona. Il Novecento è, invece, protagonista nella sede della Camera di Commercio di Pisa (in piazza Vittorio Emanuele II, 5), che ospiterà una sezione espositiva dedicata alle produzioni tardo ottocentesche e novecentesche, compresi una serie di oggetti di uso quotidiano, come pipe, lampade e strumenti di vario genere, oltre ad una serie di incontri con i ceramisti contemporanei attivi in area pisana e mediterranea.
Per tutta la durata della mostra è, inoltre, possibile fruire di una serie di percorsi della ceramica in città e negli immediati dintorni, alla scoperta di chiese decorate da bacini ceramici, case-torri in cui è impiegato il cotto decorato, edifici del primo Novecento impreziositi da elementi ceramici e centri produttivi del territorio limitrofo.
La tradizione ceramista pisana, infatti, in età moderna si espande anche al territorio, conoscendo particolare fortuna tra ‘600 e ‘800 con l’apertura di numerose botteghe in alcuni dei centri del basso Valdarno. La capillarità delle produzioni ceramiche locali permette di creare un percorso ideale lungo le sponde dell’Arno («Un fiume di ceramiche»), che a partire da Vicopisano (con le produzioni di San Giovanni alla Vena), si snoda attraverso le realtà artigianali che caratterizzano le tradizioni di Calcinaia, Pontedera, Montopoli in Valdarno, S. Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, per arrivare fino a S. Miniato e Fucecchio, tutti luoghi che ospiteranno allestimenti ed eventi paralleli alla mostra principale.
Informazioni utili
«Pisa città della ceramica. Mille anni di economia e di arte, dalle importazioni mediterranee alle creazioni contemporanee». Orari: SMS - da maggio a luglio e da settembre a novembre, martedì e giovedì dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle 17:00; il mercoledì e il venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00; il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle ore 18:00 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura). Nel mese di agosto aperto sabato e domenica dalle 18:00 alle 22:00 |Camera di Commercio: da martedì a sabato, con orari in via di definizione. | Museo Nazionale di San Matteo: feriali: 8:30 - 19:30; festivi: 8:30 - 13:30 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura) Chiusura: ogni lunedì. Per informazioni specifiche Tel. 050 541865, pm-os.museosanmatteo@beniculturali.it | Palazzo Blu: Le collezioni della Fondazione Pisa sono fruibili dal martedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 19:00 e il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 20:00 (ultimo ingresso un'ora prima della chiusura). Chiuso nel mese di agosto. Per informazioni specifiche tel. +39 050 220.46.50; info@palazzoblu.it | Tutte le sedi espositive sono chiude il lunedì. Biglietti: accesso gratuito al centro SMS e alla sede espositiva presso la Camera di Commercio, e biglietto ridotto al Museo Nazionale di San Matteo e a Palazzo Blu – esposizione permanente. Informazioni e programma completo: www.pisacittaceramica.it. E-mail: info@pisacittaceramica.it; jenny.delchiocca@cfs.unipi.it. Prenotazioni: pisacittaceramica@gmail.com. Fino al 5 novembre 2018.
Il cuore della rassegna è al Centro espositivo San Michele degli Scalzi (in viale delle Piagge), adiacente ai resti dell’ultimo baluardo della produzione in città, la fabbrica della Richard Ginori. L’allestimento si snoda nei locali disposti intorno all’antico chiostro, con vista sul campanile decorato dai bacini ceramici, ripercorrendo la storia di una produzione manifatturiera e artistica che ha caratterizzato Pisa e il suo territorio a livello nazionale e internazionale dal primo medioevo sino al XX secolo. Tra postazioni tattili, video e gigantografie d’impatto, è possibile approfondire le tecniche utilizzate prima dell’anno Mille, l’espansione del settore lungo il fiume Arno prima e sulle rotte del Mediterraneo poi, fino all’età industriale.
L’arte pisana della ceramica, nata già in età antica, affonda, infatti, le radici del suo sviluppo nelle importazioni via mare da aree islamiche e bizantine. In principio furono le Maioliche, manufatti realizzati prevalentemente per uso alimentare, con coperture vetrificate colorate, chiamate così per la provenienza dall’Isola di Maiorca. Acquisite le tecniche, all’inizio del Duecento i ceramisti pisani, primi in Toscana e tra i primi in Italia, avviano un’eccellente produzione di ceramica decorata. Ben presto gli allievi pisani superano i maestri spagnoli cominciando ad esportare in tutto il bacino del Mediterraneo. Rinnovatasi nel corso dei secoli, la produzione ceramica pisana si espande fino all’Ottocento, conquistando l’Europa e le Americhe.
Di epoca più recente la nascita di piccole fabbriche, in grado di rispondere al fabbisogno locale, ma anche di proseguire nelle esportazioni di manufatti di valore artistico: un panorama in cui s’impone tra primo e secondo dopoguerra il grande sviluppo industriale della Richard-Ginori.
Al nucleo principale di San Michele degli Scalzi faranno eco il Museo nazionale di San Matteo (in piazza San Matteo in Soarta, 1), con la sala espositiva dei bacini ceramici riallestita per l’occasione, e Palazzo Blu (sul lungarno Gambacorti, 9) con un percorso dedicato alle più antiche ceramiche medievali provenienti da scavi recenti praticati in zona. Il Novecento è, invece, protagonista nella sede della Camera di Commercio di Pisa (in piazza Vittorio Emanuele II, 5), che ospiterà una sezione espositiva dedicata alle produzioni tardo ottocentesche e novecentesche, compresi una serie di oggetti di uso quotidiano, come pipe, lampade e strumenti di vario genere, oltre ad una serie di incontri con i ceramisti contemporanei attivi in area pisana e mediterranea.
Per tutta la durata della mostra è, inoltre, possibile fruire di una serie di percorsi della ceramica in città e negli immediati dintorni, alla scoperta di chiese decorate da bacini ceramici, case-torri in cui è impiegato il cotto decorato, edifici del primo Novecento impreziositi da elementi ceramici e centri produttivi del territorio limitrofo.
La tradizione ceramista pisana, infatti, in età moderna si espande anche al territorio, conoscendo particolare fortuna tra ‘600 e ‘800 con l’apertura di numerose botteghe in alcuni dei centri del basso Valdarno. La capillarità delle produzioni ceramiche locali permette di creare un percorso ideale lungo le sponde dell’Arno («Un fiume di ceramiche»), che a partire da Vicopisano (con le produzioni di San Giovanni alla Vena), si snoda attraverso le realtà artigianali che caratterizzano le tradizioni di Calcinaia, Pontedera, Montopoli in Valdarno, S. Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, per arrivare fino a S. Miniato e Fucecchio, tutti luoghi che ospiteranno allestimenti ed eventi paralleli alla mostra principale.
Informazioni utili
«Pisa città della ceramica. Mille anni di economia e di arte, dalle importazioni mediterranee alle creazioni contemporanee». Orari: SMS - da maggio a luglio e da settembre a novembre, martedì e giovedì dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle 17:00; il mercoledì e il venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00; il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle ore 18:00 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura). Nel mese di agosto aperto sabato e domenica dalle 18:00 alle 22:00 |Camera di Commercio: da martedì a sabato, con orari in via di definizione. | Museo Nazionale di San Matteo: feriali: 8:30 - 19:30; festivi: 8:30 - 13:30 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura) Chiusura: ogni lunedì. Per informazioni specifiche Tel. 050 541865, pm-os.museosanmatteo@beniculturali.it | Palazzo Blu: Le collezioni della Fondazione Pisa sono fruibili dal martedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 19:00 e il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 20:00 (ultimo ingresso un'ora prima della chiusura). Chiuso nel mese di agosto. Per informazioni specifiche tel. +39 050 220.46.50; info@palazzoblu.it | Tutte le sedi espositive sono chiude il lunedì. Biglietti: accesso gratuito al centro SMS e alla sede espositiva presso la Camera di Commercio, e biglietto ridotto al Museo Nazionale di San Matteo e a Palazzo Blu – esposizione permanente. Informazioni e programma completo: www.pisacittaceramica.it. E-mail: info@pisacittaceramica.it; jenny.delchiocca@cfs.unipi.it. Prenotazioni: pisacittaceramica@gmail.com. Fino al 5 novembre 2018.
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