ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 5 giugno 2025

In Liguria la terza edizione del Festival della maiolica

Incastonata tra l’azzurro del mar Ligure e il verde delle colline circostanti, Savona è una città dove ogni pietra sussurra vicende di personaggi che hanno fatto la storia d’Italia: da papa Sisto IV a papa Giulio II, da Giuseppe Mazzini a Sandro Pertini. Ma è anche, insieme con la vicina Albisola, la patria di una tradizione millenaria dal sapore artigianale che, dal XII secolo, trasforma l’argilla, una «taerra bunn-a» (ovvero una «terra buona»), in opere d’arte di impareggiabile bellezza, quella della ceramica.
Nell’intricato labirinto di «caruggi» che caratterizza l’assetto urbano della cittadina, alla metà del XVII secolo, vede la luce, per iniziativa del pittore genovese Giovanni Antonio Guidobono e della sua famiglia, lo stile «Antico Savona», caratterizzato da decorazioni blu cobalto su sfondo bianco con scene tratte da testi sacri, miti e letteratura, quasi sempre ambientate in spazi naturali, che si intrecciano con motivi ornamentali di ispirazione orientale.
Il XX secolo porta una ventata d’aria fresca con il coinvolgimento di artisti del calibro di Lucio Fontana, Piero Manzoni, Asger Jorn e Wifredo Lam, che collaborano con le manifatture locali, sperimentando il materiale ceramico e creando opere che conquistano il mondo.

Forte di questa storia, la Fondazione Museo della ceramica di Savona onlus promuove la terza edizione del Festival della maiolica, un ricco calendario di «eventi vista mare» in programma dal 6 all’8 giugno nei quattro comuni della «Baia della ceramica»: Savona, Albissola Marina, Albisola Superiore e Celle Ligure.
Installazioni, performance, spettacoli teatrali, laboratori, convegni e cene in bianco e blu ( venerdì 6 giugno, dalle 19.30, in piazza Sisto IV, a Savona; accesso libero, su prenotazione) caratterizzano la ricca offerta culturale che, al programma ufficiale, affianca un cartellone Off a cura di gallerie private, di stabilimenti balneari e di quel vivace ecosistema di fornaci, botteghe, industrie che ancora oggi trasforma la «terra buona» in design e arte.

Da Carlos Carlè a Pia Valentinis, le mostre del festival
Molte sono, poi, le mostre in programma che inaugureranno nei giorni del festival per rimanere, poi, aperte tutta estate e offrire così ai turisti un’ottima alternativa alle giornate in spiaggia. È il caso di «Carlos Carlé e il grande gres. Dodici artieri ad alta temperatura», esposizione, a cura di Enzo Biffi Gentili, che rimarrà aperta fino al prossimo 7 settembre al MuDA – Museo diffuso di Albisola Marina.
A dieci anni dalla scomparsa dell’artista, argentino di nascita e italiano di adozione, che è stato uno dei membri più attivi e stimati dell’Accademia internazionale della ceramica di Ginevra e che dal 1966 è stabilmente attivo nelle botteghe ceramiche dal Savonese, una quarantina di opere si confrontano con le potenzialità creative del gres, impasto di argilla e altre componenti minerali cotto a elevate temperature. Accanto ai lavori di Carlos Carlé (Oncativo, Argentina, 1928 – Savona, 2015) sono esposte le creazioni di altri dodici artisti nati tra gli anni Venti e gli anni Ottanta del ’900 in importanti luoghi della ceramica, in un viaggio che dalla Liguria fa tappa a Faenza, Castellamonte e Nove, ma non solo. Si tratta di Carlo Zauli (1926-2002), Nanni Valentini (1932-1985), Franco Bucci (1933-2002), Emidio Galassi (1944), Sandro Lorenzini (1948), Adriano Leverone (1953-2022), Danilo Trogu (1956), Roberto Castellano (1969), Simone Negri (1970), Marta Palmieri (1973), Olivia Cognet (1983) e Francesco Ardini (1986).

Altra mostra da non perdere nei giorni del festival savonese è «I desideri degli animali», inaugurata a inizio maggio in occasione di «Zerodiciannove – Festival delle storie» e allestita fino al 31 agosto al Museo della ceramica di Savona.
Al centro del progetto espositivo ci sono dodici piastrelle in ceramica, ideate e decorate da Pia Valentinis – tra le autrici più raffinate del panorama italiano, già Premio Andersen –, per illustrare l’albo edito quest’anno da Aboca Edizioni con poesie di Chiara Carminati. Le opere, che lasciano per la prima volta la Sardegna, patria adottiva dell’artista di origine friulana, sono state realizzate a Cagliari nel Laboratorio Raku di Maria Cristina Di Martino e Salvatore Farci.
I soggetti sono piccoli animali intenti a inseguire un proprio desiderio impossibile, ritratti su biscotto ceramico, ingobbiato di bianco e dipinto con ossido di cobalto sotto cristallina.
Questa piccola fauna sognante, dal timbro acquarellato e dal gusto intimo e riservato, è composta da un granchio che cerca un regalo per la sua amata, un riccio che vorrebbe un morbido boccolo al posto dei suoi aculei, una medusa a cui piacerebbe abbronzarsi se non rischiasse di sciogliersi, e, ancora, un gatto, una gallina, una salamandra, un gabbiano, uno scoiattolo, una scimmia, una civetta, una formica e una stella marina. In mostra è esposta anche una serie di nove piccole formelle che compongono un cielo in cui si affaccia una stella: simbolo antico del desiderio e incipit del libro di Aboca edizioni.

Al Museo della ceramica di Savona è allestita anche, sempre fino al 31 agosto, la mostra «Creature. Dalla carta alla creta», curata da Alessio Cotena e Marco Isaia, con lavori in ceramica delle illustratrici Letizia Iannaccone, Giulia Pastorino (premio Andersen 2025) e Anais Tonelli.

Nelle stesse sale sarà possibile vedere anche la mostra «Un piatto per la comunità», progetto promosso dalla Caritas Savona sul valore sociale della ceramica, articolatosi, nei mesi scorsi, in laboratori aperti al pubblico per sperimentare il legame tra argilla, cibo e relazioni. Le opere saranno allestite sul grande tavolo realizzato nel 2023 dagli artisti dello studio londinese Rochester Square e saranno utilizzate in occasione di eventi conviviali sul territorio.

Alla Pinacoteca civica di Savona i riflettori saranno, invece, puntati sulla mostra «Nuove rotte per la ceramica», che celebra il legame con i dieci centri della rete dell'Aicc - Associazione italiana città della ceramica, nata nel 1999 e costituita oggi da 57 municipalità, che hanno lavorato a sostegno della candidatura di Savona a Capitale italiana della cultura 2027. Dieci opere rappresentative delle specificità tecniche, formali e stilistiche di ogni territorio racconteranno le tradizioni di Castellamonte (TO), Cerreto Sannita (BN), Faenza (RA), Laveno Mombello (VA), Montelupo Fiorentino (FI), Pesaro (PU), Nove (VI), Santo Stefano di Camastra (ME), Urbania (PU) e Mondovì (CN).

Un gemellaggio artistico con un altro polo ceramico italiano sarà la mostra «KERAMOSicilia», promossa e ospitata dalla Camera di Commercio Riviere di Liguria Imperia La Spezia Savona, con opere provenienti da venti laboratori artigianali situati in sei comuni del sud est dell’isola mediterranea: Caltagirone, Burgio, Collesano, Monreale, Sciacca e Santo Stefano di Camastra.

Teatro e approfondimenti culturali alla scoperta della «taerra bunn-a» ligure
Ampio spazio sarà dedicato, poi, all’intrattenimento, soprattutto grazie al primo Festival TeatroCeramica, in scena il 6 e il 7 giugno ad Albisola Superiore, sul palco fronte mare allestito lungo la passeggiata Eugenio Montale.
Ispirandosi a esperienze come il Teatrodanza di Pina Bausch e il Teatrocanzone di Giorgio Gaber, la rassegna, a cura di Officina900 e con la direzione artistica di Gabriele Resmini, proporrà un’originale combinazione di parola e materia. Quattro gli spettacoli in cartellone, due per serata, che avranno per protagonisti i ceramisti Giorgio di Palma e Dario Miale (del collettivo d'arte SANO/SANO), David Riganelli, Maurizio De Rosa e, in apertura di kermesse, gli artisti Angelo Zilio e Fiorenza Pancino con il loro «Looking for a way to tell: I love you», riflessione sul mito di Babele e sulla potenza del gesto artistico come atto d’amore.
L’iniziativa prevede anche interventi site-specific, all’interno della sezione TeatroCeramica Exhibit, come l’azione pubblica con Maurizio De Rosa, una vera e propria «caccia alla bellezza» seguendo le tracce in ceramica disseminate per il territorio.

Sempre ad Albisola Superiore, Ernesto Canepa e Paolo Pastorino arricchiranno la Passeggiata Montale con l’installazione permanente «Oasi blu», un progetto di riqualificazione urbana artistica con opere in ceramica ispirate al mondo marino. Mentre a Celle Ligure, grazie al lavoro dei ceramisti Marcello Mannuzza, Beatrice Minuto e Caterina Ricci, si assisterà alla costruzione, sul molo, di un forno monumentale: qui, sabato 7 giugno, andrà in scena «Fahrenheit», un’esperienza immersiva tra musica, natura e ceramica, a cura dell’associazione Fiammiferi. 
 Non mancheranno gli approfondimenti culturali, come il convegno «Ceramica e IGP: tutela, territorio e identità» (sabato 7 giugno, ore 10) e la lectio magistralis «Arturo Martini/Lucio Fontana: una lontananza vicinissima» del professor Nico Stringa nel cortile di Pozzo Garitta, ad Albissola Marina, dove si affacciava lo studio ligure di Lucio Fontana (domenica 8 giugno, ore 17:30).
Un cartellone, dunque, articolato quello della terza edizione del Festival della maiolica, che valorizza uno dei principali distretti della ceramica in Italia, «una terra buona» ricca di depositi di argilla rossa e cave di terra bianca, popolata da boschi che forniscono legname per i forni e prossima al mare, da sempre culla di commercio e di trasporti.

Didascalie delle immagini
1. Festival della maiolica nella Baia della ceramica. Immagine di repertorio; 2. Carlos Carlé, Sfera, 2005, gres, diametro 16 cm. Foto Matteo Zarbo; 3. Una illustrazione di Pia Valentinis per il libro «I desideri degli animali»; 4.Giulia Pastorino_Ph Courtesy Museo della ceramica di Savona; 5. Anais Tonelli_Ph Courtesy Museo della ceramica di Savona; 6. Letizia Iannaccone_Ph Courtesy Museo della ceramica di Savona 7. Festival della maiolica nella Baia della ceramica. Immagine di repertorio. Il forno monumentale; 8.Carlos Carlé, Semisfera, 1982, gres, 43,5x44x17,5 cm. Foto Pino Dell’Aquila. Collezione privata, Torino

Per saperne di più
Maggiori informazioni, orari, dettagli: www.festivaldellamaiolica.it. Attività su prenotazione: www.ticketlandia.com/m/museodellaceramica/preno/formazione

mercoledì 4 giugno 2025

«Casanova, Venezia e l’Europa»: trecento anni tra seduzione e mito in scena alla Fondazione Cini

Si apre con il simposio internazionale «Casanova in time 1725 – 2025» l’intenso programma di appuntamenti ideato dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia in occasione dei trecento anni dalla nascita di Giacomo Casanova (2 aprile 1725- 4 giugno 1798), una delle figure più affascinanti, controverse e misteriose del Settecento, emblematica di un mondo che stava ormai scomparendo, l’Antico Regime e la Repubblica veneziana, ma anche delle inquietudini e delle trasformazioni che animavano la società moderna.

Da mercoledì 4 a sabato 7 giugno una quarantina di studiosi provenienti da università e centri di ricerca di tutta Europa si riuniranno sull’isola di San Giorgio Maggiore, in Sala Barbantini, e negli spazi dell’Aula Magna di Ca’ Dolfin per ripercorrere la storia e l’opera di un uomo dalla vita avventurosa, che fu scrittore, diplomatico, agente segreto, viaggiatore instancabile e giocatore d’azzardo, il cui nome rimane irrimediabilmente legato alla sua fama di seduttore e libertino.

Dagli intrighi nelle ambasciate di Spagna fino alle turbolente missioni in Polonia, dalle amicizie con Manon Balletti o Max Lamberg all’eredità culturale raccolta da intellettuali quali Giovanni Comisso e Federico Fellini, il simposio, promosso in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari, si concentrerà principalmente sullo spirito europeo di Giacomo Casanova.

In questi stessi giorni, nei quali ricorre anche l'anniversario della morte di Giacomo Casanova, avvenuta il 4 giugno 1798, nello sperduto castello di Dux (oggi Duchcov, in Repubblica Ceca), sarà possibile partecipare anche a due inediti appuntamenti musicali. Giovedì 5 giugno, alle 19, all’auditorium «Lo Squero» andrà in scena il concerto-racconto «Vivaldi e Casanova. Incontri fantastici e singolari coincidenze», che ricostruisce un possibile incontro tra «il prete rosso» e il celebre avventuriero, appena sedicenne alla morte del compositore, ma già imperniato di quel mondo fatto di calli, canali, teatro ed eleganza.
«Nessuna fonte – spiega Francesco Fanna, direttore dell’Istituto italiano Antonio Vivaldi - riporta che si siano conosciuti, ma alcune coincidenze suggestive ci hanno portato a immaginare una storia che poggia su fatti, personaggi e luoghi che potrebbero aver avvicinato i due, per tracciare il profilo di un incontro immaginato tra reale e fantastico».

Mentre venerdì 6 giugno, ore 18, al Padiglione delle Capriate, sull’isola di San Giorgio Maggiore, il musicologo e violinista Javier Lupiáñez proporrà al pubblico un viaggio musicale da Venezia a Dresda, alla scoperta del linguaggio espressivo di Antonio Vivaldi e della sua eredità attraverso alcuni dei suoi allievi più illustri, come il violinista tedesco Johann Georg Pisendel e le celebri soliste dell’Ospedale della Pietà, Anna Maria e Chiara.

Il programma che la Fondazione Giorgio Cini dedica a Giacomo Casanova proseguirà per tutto il 2025 con giornate di studi, convegni, workshop, concerti per culminare con la grande mostra che coinvolgerà, da ottobre 2025 a febbraio 2026, la Galleria di Palazzo Cini a San Vio e le due sale, Carnelutti e Piccolo Teatro, sull’Isola di San Giorgio Maggiore.

Al centro dell’esposizione, che si avvale del coordinamento scientifico di Luca Massimo Barbero, ci saranno la straordinaria silloge di caricature presenti nell’Album di Anton Maria Zanetti il Vecchio e una selezione di dipinti, disegni, incisioni, oggetti, libri e ulteriori testimonianze provenienti dalle raccolte della Fondazione Cini unitamente a preziosi prestiti di musei e collezioni italiani ed esteri.

In mostra ci saranno anche i materiali del Fondo Nino Rota conservati dall’Istituto di musica, che si riferiscono al celebre film «Il Casanova di Federico Fellini» (1976): quaderni con appunti musicali, spartiti manoscritti, fotografie. Dal Fondo Malipiero, invece, saranno disponibili altri documenti, che testimoniano la particolare attenzione del compositore per il Settecento veneziano, cui ha dedicato un importante corpus di opere, oltre che un testo («Giacomo Casanova e la musica», in «Il filo d’Arianna. Saggi e fantasie», Einaudi 1966), di cui si conservano appunti e trascrizioni.

Chi fosse a Venezia in questi giorni può immergersi nelle atmosfere dell’epoca casanoviana, riscoprendo la proverbiale eleganza dell'intellettuale lagunare e  lo stile di un'epoca fatta di conversazione, salotti e mondanità, anche grazie alla mostra «Il seduttore», allestita fino al 27 luglio al Museo di Palazzo Mocenigo - Centro studi di storia del tessuto e del costume

Con prestigiosi esemplari provenienti dalle ricche collezioni dei Musei civici veneziani accanto a prestiti dal Museo Stibbert di Firenze, l’esposizione, a cura di Roberta Orsi Landini e Chiara Squarcina, mette in luce come l’abbigliamento maschile abbia subito una progressiva trasformazione: da espressione di potere e forza a simbolo di raffinatezza, cultura e sensibilità. La moda del tempo, che si codifica principalmente nel completo di tre pezzi - marsina, gilè e calzoni - si affina e si semplifica, abbandonando le ridondanze dei secoli precedenti e anticipando l’eleganza discreta che ancora oggi caratterizza il vestire maschile.

Venezia, come altre capitali della moda, gioca un ruolo chiave nella produzione di tessuti raffinati, con sete dai disegni innovativi e colori audaci che definiscono l’eleganza maschile del tempo. L’abbondanza di ricami in oro e argento e l’uso di pietre preziose rendono ancora più raffinati questi abiti, simbolo di un’epoca spesso bollata come civettuola e frivola. L'importanza che, in quel frangente, aveva l'apparenza viene ben delineata dallo stesso Giacomo Casanova nella sua «Histoire de ma vie» («Storia della mia vita», conosciuta anche come le «Memorie»), : «L’indomani di buon’ora il duca mi mandò a dire dal suo paggio che, se volevo andare con lui a baciare la mano al re, dovevo mettermi in abito di gala. Indossai una veste di velluto raso di color rosa, ricamato a lustrini d’oro, e baciai la mano del re, tutta coperta di geloni. Ebbi l'onore di pranzare alla destra della duchessa, che, dopo aver esaminato il mio vestito, si credette in dovere di dirmi che non aveva mai visto una maggiore sciccheria. È in questo modo, signora - le dissi - che io cerco di sottrarre la mia persona ad un esame troppo rigoroso».

Didascalie delle immagini
1. Francesco Guardi, Veduta di San Giorgio Maggiore. Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei disegni e delle Stampe; 2. Anton Maria Zanetti, Il trillo di Anton Maria Bernacchi. Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei disegni e delle Stampe; 3. Gerda Wegener, Casanova a Venezia, incisione acquerellata, 1927; 4 e 5. Palazzo Mocenigo, Venezia. Il seduttore. Il rinnovamento dell’immagine maschile al tempo di Casanova, exhibition view. Courtesy: Fondazione Musei civici Venezia 

Per saperne di più
https://www.cini.it/
https://mocenigo.visitmuve.it/

mercoledì 11 dicembre 2024

Bologna, alla Galleria Davia Bargellini un’opera di Bartolomeo Passerotti dalla collezione Geo Poletti

Rimarrà in mostra per cinque anni al Museo civico d'arte industriale e Galleria Davia Bargellini di Bologna il «Ritratto di vedova» di Bartolomeo Passerotti (Bologna, 1529 - ivi, 1592), «bonisimo disegnatore e coloritore», per usare la testimonianza presente nella «Graticola» (1560 circa) di Pietro Lamo, che è stato fondamentale per la formazione della dinastia Carracci e per la nascita della grande pittura bolognese della fine del Cinquecento e dell’inizio del Seicento.
L’opera, concessa in comodato d’uso gratuito ai Musei civici d’arte antica della città felsinea, proviene dalla collezione di Ruggero Poletti, noto a tutti come Geo (Milano 1926 – Lenno, Como 2012), storico dell’arte, connoisseur, pittore e collezionista che formò la sua raccolta tra Milano, Londra e Lugano a partire dagli anni Cinquanta del Novecento.

Acquistato sul mercato antiquario il 24 marzo 1976, in un’asta nella sede londinese di Sotheby’s, e reso noto per la prima volta da Giovanna Poletti (1985), il dipinto è una significativa testimonianza della produzione tarda di Bartolomeo Passerotti, artista formatosi con Iacopo Barozzi detto il Vignola e con il coetaneo Taddeo Zuccari, che, nella sua città natale, si dedicò principalmente all’esecuzione di grandi pale d’altare in cui elementi della pittura nordica si univano a caratteri di stile tipici del Manierismo romano e delle opere modenesi del Correggio.

L’opera, databile intorno o poco dopo il 1585, raffigura senza accomodamenti un’anziana dama, che la veste nera e il velo bianco sul capo indicano in stato vedovile.
La posa con l’indice della mano inserito fra le pagine a tenere il segno nel piccolo libro di preghiera, la cui lettura è stata temporaneamente interrotta, rivela le prerogative della ritrattistica passerottiana, volta a cogliere – scrisse Carlo Cesare Malvasia nel 1678 - i personaggi «non fermi e insensati», ma «in azione e in moto», «a ciascuno […] adattando quell’azione e quel gesto che fu più particolare e frequente alla natura e al genio di quel soggetto».

Nella scheda critica dell’olio su tela, delle dimensioni di 66 x 50 centimetri, Maria Angela Ghirardi argomenta come la tipologia del soggetto rappresentato – quella dell’anziana dama devota – sia propria degli anni inoltrati dell’età tridentina. Nell’immagine si coglie, inoltre, «un nuovo accostarsi al personaggio e alla sua psicologia più «intimo» e «naturale». Illustrata senza orpelli, la vecchia si distoglie un momento dalla lettura e guarda, calma, verso lo spettatore. È forse la cordialità di una pacata vita familiare, quale trapela dall’immagine, ad aver indotto il sospetto di un’improbabile e non fondata identificazione della dama con Cornelia Ricci, seconda moglie di Passerotti».

La formula del «ritratto istoriato», ideata da Passerotti, si affermò con grande successo nell’orizzonte culturale della Bologna pontificia dopo la riforma tridentina, dove il vescovo Gabriele Paleotti stava elaborando il suo celebre trattato, edito nel 1582, in cui esplicitava la funzione pedagogica ed edificante delle immagini. L’esemplarità di vita della vedova devota pareva, quindi, ben conformarsi a questi intenti, rivelando la capacità del pittore di interpretare le esigenze dell’epoca. Tutt’altro, dunque, che finalizzato a uno scopo adulatorio, il ritratto doveva rispettare il criterio del «decoro», restituendo la fisionomia del personaggio con estrema onestà, senza alterarla o correggerla.

Apprezzato anche in altri generi artistici – fu, fra l’altro, l’iniziatore a Bologna di una nuova pittura «di genere» che, alla maniera fiamminga, tornò a guardare la vita con piglio di verità rappresentando le classi più umili nella loro quotidianità – Bartolomeo Passerotti incontra grande fortuna soprattutto come ritrattista, realizzando alcuni dei capolavori della ritrattistica cinquecentesca per l’altissima qualità esecutiva.
L’artista fu attivo per le più alte gerarchie religiose (addirittura per i papi Pio V e Gregorio XIII) e per le famiglie aristocratiche e senatorie, come era uso già nel Quattrocento. Tra queste figurano i Bargellini, per i quali il pittore realizzò una serie di ritratti rievocativi dei membri più illustri, un tempo allestiti nelle gallerie del palazzo in Strada Maggiore. Il ritratto di Filippo Gaspare Bargellini è stato riferito a Bartolomeo Passerotti da Renzo Grandi nel 1987, insieme a quelli di Ovidio e Lattanzio Bargellini; mentre i più noti ritratti di Gaspare, figlio di Filippo, e di Pietro Annibale Bargellini sono da tempo attribuiti all’artista che, secondo la testimonianza di Marcello Oretti, svolse intensa attività per questa famiglia, assieme al figlio Ventura.
«Vivificati dal gesto delle mani» (Angela Ghirardi, 1990), atteggiate secondo l’eloquenza retorica di Quintiliano, i cinque ritratti sono databili entro la prima metà degli anni Settanta del Cinquecento, ed erano probabilmente destinati a comporre una galleria di antenati e illustri esponenti del nobile casato bolognese. E proprio accanto a queste pregevoli opere di grandi dimensioni, gli eredi di Ruggero Poletti hanno espresso il desiderio che anche il «Ritratto di vedova» vada esposto, andando così ad arricchire le collezioni del Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini.

Grazie a questo ritratto, i bolognesi e i turisti avranno così l’occasione di incuriosirsi e, di conseguenza, di scoprire una collezione d’arte di rilievo all’interno della temperie culturale del secondo Novecento, nata anche dalla consuetudine quotidiana con Giovanni Testori e Roberto Longhi, che guarda principalmente alla pittura lombarda, allora trascuratissima, e agli artisti del Sei e Settecento che si mossero sulle orme del Caravaggio. Tra nature morte, dipinti mitologici, scene sacre e ritratti, la raccolta di Ruggero Poletti, costruita con occhio attento alla qualità e senza preclusioni verso gli anonimi e gli artisti considerati minori, annovera al suo interno artisti come Tanzio da Varallo, Il Cerano, Giacomo Ceruti e Fra’ Galgario, ma anche autori come Bartolomeo Passerotti, Camillo Boccaccino, Pier Francesco Mola e Paolo Pagani, oltre agli spagnoli Velázquez e Ribera.

Didascalie delle immagini
Bartolomeo Passerotti (Bologna, 1529 - ivi, 1592), Ritratto di vedova. Olio su tela, cm 66 x 50. Collezione Geo Poletti

Informazioni utili 
Museo civico d'arte industriale e Galleria Davia Bargellini - Bologna. Orario di apertura: martedì, mercoledì, giovedì 10.00 - 15.00; venerdì 14.00 - 18.00; sabato, domeni-ca, festivi 10.00 - 18.30; Chiuso lunedì non festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. +39 051 236708 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/daviabargellini