ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 21 novembre 2024

«Roma Arte in Nuvola», la fiera d’arte che guarda al Meridione

Un inedito vis-à-vis tra le sperimentazioni poveriste di Pino Pascali e i guizzi di luce e le energiche sciabolate dell’impressionista Giuseppe De Nittis. Un percorso tra immagini e sculture alla scoperta dello studio di Pietro Consagra, scrigno di un’arte dalle forme astratte e bidimensionali, «silenziose presenze spirituali» di un’intera vita. Un viaggio nella fotografia contemporanea tra realtà e finzione con cinquanta artisti che, dagli anni Sessanta ad oggi, hanno raccontato «Il gioco dell’identità». E, ancora, una rassegna sui paesaggi lirici di Piero Guccione, un focus sulle installazioni ironiche e visionarie del duo vedovamazzei, un omaggio all’eleganza neoclassica di Antonio Canova e una mostra sull’arte più recente del Portogallo, con opere conservate nella prestigiosa Cace – Coleção de arte contemporânea do Estado Português. C’è questo e molto altro nella quarta edizione di «Roma Arte in Nuvola», la fiera mercato d’arte moderna e contemporanea ideata nel 2019 da Alessandro Nicosia, che vede alla direzione artistica Adriana Polveroni.
Da venerdì 22 a domenica 24 novembre (con opening e anteprima stampa giovedì 21) l’Eur, nei 14mila metri quadrati del centro congressi «La Nuvola», contenitore «luminoso e sontuosamente versatile» progettato poco meno di una decina d’anni fa dall’architetto Massimiliano Fuksas, si fa cornice di un viaggio nelle molteplici anime della creatività moderna e contemporanea: dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video, dall’installazione alla performance.

I riflettori sono puntati sull’offerta espositiva di centoquaranta gallerie, molte delle quali provenienti dal centro e dal sud Italia, ovvero da città quali Napoli, Pescara, Sorrento, Scicli, Avellino, Nuoro, Modica e San Pantaleo. Sono loro il cuore pulsante della fiera, articolata su due piani – il general floor con l’arte moderna e il piano forum con quella contemporanea -, a cui fanno da ricco contorno numerosi eventi collaterali, nati dalla collaborazione con prestigiose istituzioni, a partire dal Ministero della Cultura.

Main sponsor è la Banca Ifis di Mestre, fondata nel 1983 dal principe Sebastien Egon Fürstenberg, figlio di Clara Agnelli, che porterà in fiera dodici busti inediti di Antonio Canova, recentemente ritrovati e restaurati grazie al supporto del neonato progetto «Ifis art», lanciato nella primavera del 2024 con la riqualificazione di «Migrant Child», l’opera realizzata dall’artista Banksy a Venezia.

Dopo Israele, Ucraina e Australia, il Paese ospite di quest’anno è il Portogallo con la mostra «Uma Volta ao Sol» («Un giro attorno al sole»), a cura di Sandra Vieira Jürgens, curatrice e critica nell’esplorazione delle nuove avanguardie artistiche. Le opere esposte, accomunate da un richiamo all’ironia, invitano a sperimentare la dimensione ludica dell’arte e del gioco collettivo, in un percorso che affianca vari materiali e generi espressivi, dall’irriverente scultura in plastica e nastro adesivo di Fernão Cruz (Lisbona, 1995) all’elegante olio su tela di Adriana Proganó (Lucerna, 1992), dall'objet trouvé di Ana Santos (Espinho, 1982) al colorato tappeto in lana di Carlos Noronha Feio (Lisbona, 1981), senza dimenticare l’hula hoop ricoperto da una foglia d’oro di Bárbara Bulhão (Évora, 1992), da cui è tratto il titolo della rassegna.

Un’arte giocosa è anche quella proposta dal duo vedovamazzei, formato da Stella Scala e Simeone Crispino, che presenterà in fiera un’esposizione di opere inedite, quali «Hell» (2024), «Enjoy flowers» (2024) e «Senza Titolo» (2024).
Porta la loro firma anche il lavoro proposto ne «La Nuvola» dal Maxxi di Roma: «Climbing» (2000), prodotto in occasione della prima edizione del Premio per la giovane arte italiana (2000), il cui tema era «Migrazioni e multiculturalità», che giustappone, in chiave ironica, un lampadario in ferro, una scala da alpinismo, un sacco a pelo di volpe argentina firmato Prada e un comodino di cartone.
Arriva dal Maxxi di Roma anche «Casa senza titolo» (1999) di Sislej Xhafa, presentata per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1999, durante i bombardamenti del Kosovo per mano della Nato, e oggi collocata nel piano forum del centro congressi romano. L'opera pone l’attenzione sulla rappresentazione dell’identità nazionale (in questo caso quella dell'artista, albanese), allestendo una dimora, di cui si comprende immediatamente la precarietà e provvisorietà, visto che le pareti sono costruite con materiali di scarto.

Proseguendo alla scoperta degli eventi collaterali, tra i progetti espositivi più curiosi c’è senz’altro la mostra «Lo studio di Pietro Consagra come performance di una vita», a cura di Gabriella Di Milia, che ricostruisce idealmente l’atelier dell'artista, in via Cassia 1162 a Roma, attraverso una serie di fotografie, scattate da Claudio Abate e Ugo Mulas, messe in dialogo con una selezione di sculture come i «Matacubi» dalle forme inanellate, il paracarro «Welcome to Rome» (1964) e il marmo «Ligiona n. 3» (1975), dove il colore sostituisce il contrasto accademico di luce e ombra.

L’offerta culturale di «Roma Arte in Nuvola» propone anche la mostra «La città sognata – Opere 1959-1972», dedicata a Piero Guccione, uno dei più importanti pittori italiani figurativi del XX secolo, del quale nel 2025 ricorrono i novant’anni dalla nascita.
L’esposizione ripercorre il periodo romano dell’artista siciliano, i suoi anni accanto al maestro Renato Guttuso, attraverso una selezione di diciotto opere a olio su tela, dalla bellezza meditativa, in un percorso che spazia dai lavori giovanili «La luna a piazza del Popolo» (1959) e «Deterrent» (1961) sino alle tele «Sulla curva di Viale Tiziano» (1970) e «Primavera a Via Flaminia» (1972).

Una sezione dell’allestimento è dedicata alle testimonianze di ammirazione espresse da poeti e scrittori che furono legati a Piero Guccione sia da una personale amicizia che da una profonda conoscenza della sua pittura poetica, da Alberto Moravia a Pietro Citati, da Dino Buzzati a Leonardo Sciascia, da Gesualdo Bufalino a Susan Sontag, da Giovanni Testori a Enzo Siciliano, da Giorgio Soavi a Dante Isella.

Altro highlight della fiera, che mette in dialogo artisti e linguaggi differenti, è il confronto inedito proposto tra Giuseppe De Nittis e Pino Pascali, due figli della Puglia, entrambi innovatori dell’arte del loro tempo pur avendo vissuto esistenze molto brevi. Il primo, morto a trentotto anni, rivoluzionò la pittura con nuove inquadrature e una luce ispirata agli impressionisti, raccontando la «modernité élégante» parigina; il secondo, scomparso appena trentatreenne, introdusse nel suo processo creativo forme e materiali inediti, creando opere iconiche.

Non mancherà, poi, la grande fotografia contemporanea con la mostra «Il gioco delle identità», a cura di Arianna Catania, che presenta i lavori di una cinquantina di artisti come Nan Goldin, Luigi Ontani, Shirin Neshat, Letizia Battaglia, Vanessa Beecroft, Lisetta Carmi e Francesco Jodice, in un percorso tra ritratti, autoritratti, scomposizioni di corpi e indagini antropologiche che rileggono il nostro tempo.
Un focus sulla fotografia verrà presentato anche della Direzione generale Creatività contemporanea del Ministero della Cultura, con i lavori di Franco Vimercati, Piergiorgio Branzi («Reportage del Sud Italia», dal 1953 al 1962) e Valentina Medda («The Last Lamentation», 2024).
Gli amanti del disegno potranno, invece, ammirare una selezione di lavori di Giorgio Morandi, Fausto Pirandello, Filippo de Pisis, Franco Gentilini, Emilio Isgrò, Alberto Burri e Jannis Kounellis, proposti dall’Istituto centrale per la grafica.

Parteciperà alla fiera anche Direzione generale Archivi del Ministero della Cultura con un’isola informativa, dove esporrà la riproduzione di documenti storici quali gli atti del processo relativi al disastro del Vajont e le lettere dalla prigionia di Aldo Moro, nonché opere in originale, dal bozzetto per il mosaico del Ristorante uffici all’Eur di Angelo Canevari allo studio per il Padiglione italiano alla «Esposizione internazionale di arti decorative e industriali di Parigi» (1925).

Infine, accanto ai talk, ci sarà spazio anche per il progetto speciale dedicato alle performance, curato da Daniela Cotimbo e Adriana Polveroni. Sono quattro gli appuntamenti che animeranno il programma con azioni dirompenti che indagano temi legati alle relazioni sociali, ai femminismi, all’ecologia, alla memoria urbana e al recupero delle subculture. Tra i protagonisti ci sono Francesco Fonassi con «Dream Klub Remix», Iginio De Luca con «Tevere Expo, scarti sonori», il duo artistico Lu.Pa con «D'altro canto cade» e Francesca Cornacchini con «Blue Horizon».

L’intero programma di «Roma Arte in Nuvola» si configura, dunque, come un dialogo vivace e articolato tra arte moderna e contemporanea, in grado di catturare l’interesse non solo degli addetti ai lavori, ma anche di un pubblico giovane al quale viene offerto un nuovo modo di intendere il processo creativo, dove l’Impressionismo interagisce con l’Arte povera, l’Astrattismo dialoga con il graffitismo e la digital art.

Didascalie delle immagini
1. Andy Rementer, Midday Stretch, oil on linen, 30,5 x 40,6 cm. Galleria Muciaccia Project; 2. Piero Guccione, Sul far della luna, 1968-69. Olio su tela, 48x46cm; 3. Vedovamazzei, Climbing, 2000 - Photo © Giuseppe Schiavinotti, MAXXI; 4. Sislej Xhafa, Casa senza titolo, 1999 - Photo © Giorgio Benni,MAXXI; 5. Franco Vimercati, Bottiglie di acqua minerale, 1975. Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea. DGCC; 6. Mostra Il gioco delle identità © Paolo Ventura, Ex-Voto#06, 2017; 7. Giovanni Bongiovanni, Quel che ognuno scopre, olio su tela, 150x100cm, 2024. Galleria Unosunove

Informazioni utili
 Roma Arte in Nuvola. La Nuvola, Viale Asia 40/44 – Roma (Eur). Orari: dalle ore 10:30 alle ore 20:30. Biglietti: e 15,00 intero, € 10,00 ridotto (under 26, over 65). Informazioni: tel. 06.85353031, info@artenuvola.eu. Sito web: romaarteinnuvola.eu. Dal 22 novembre al 24 novembre 2024 (apertura al pubblico)       

mercoledì 20 novembre 2024

Milano, la casa-museo Bagatti Valsecchi festeggia trent’anni di apertura al pubblico

Era la fine dell'Ottocento e nel cuore di Milano, tra via del Gesù e via Santo Spirito, vivevano due fratelli, i baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, che, pur diversi per carattere, avevano un sogno in comune, peraltro in linea con il programma culturale varato dalla monarchia sabauda all’indomani dell’Unità d’Italia.
Volevano ristrutturare la residenza di famiglia secondo il gusto tipico che caratterizzava le abitazioni lombarde del Rinascimento, periodo storico al quale allora si guardava per la costruzione di una nuova arte nazionale, componente indispensabile per la formazione di una comune identità culturale.

Mentre l’edificio veniva sottoposto a un considerevole intervento di restauro, ritenuto avveniristico per quei tempi visto che furono creati anche gli impianti per la luce elettrica, il riscaldamento e l’acqua corrente, tre comfort assolutamente innovativi per le case dell’epoca, i due fratelli iniziarono a collezionare dipinti risalenti al Quattrocento e al Cinquecento, tra i quali la «Santa Giustina» di Giovanni Bellini e la «Madonna in trono con santi» del Giampietrino, ma anche manufatti di arte applicata come arredi lignei, oggetti in vetro e ceramica, avori, arazzi, tappeti, armi, gioielli, strumenti scientifici e musicali.

In circa vent’anni di lavoro appassionato venne allestita una casa unica nel suo genere, dove la raffinatezza, grazie a un armonioso progetto di ottocentesca «gesamtkunstwerk», ovvero di «opera d’arte totale» che vedeva una stretta coerenza tra «contenuto» e «contenitore», era l’indiscussa padrona di casa.

«Amicis pateo aeternumque patebo», ovvero «Sono aperta agli amici e sempre lo sarò», è l’iscrizione che campeggia ancora oggi all’ingresso, sulla serliana nell’anticamera della sala dell’affresco. Questa frase racchiude l’essenza della dimora ideata dai baroni Bagatti Valsecchi, che doveva essere un luogo schiuso all’ospitalità e alla convivialità. Come dimostra il «Libro degli ospiti», questo proposito venne rispettato. Dal 20 ottobre 1886 al 29 maggio 1975, ovvero fino all’ultimo giorno in cui la casa fu abitata dagli eredi dei due collezionisti, furono oltre 10mila le persone che attraversarono le porte dell’edificio nel quartiere Montenapoleone: intellettuali, scrittori, aristocrazia italiana ed europea, jet set internazionale, mondo del collezionismo e degli studiosi d’arte, senza dimenticare le infermiere volontarie della Prima guerra mondiale e le maestre con le loro scolaresche. Poi, Pasino Bagatti Valsecchi, figlio di Giuseppe ed erede delle collezioni d’arte di famiglia, decise - in pieno accordo con i propri figli Pier Fausto, Cristina, Anna Maria e Fausta - di donare le collezioni d’arte rinascimentale e i manufatti raccolti dal padre e dallo zio a una fondazione appositamente costituita. Parallelamente, il palazzo fu alienato alla Regione Lombardia, con la clausola che gli allestimenti storici del piano nobile fossero conservati nella loro integrità così da preservare l'indissolubile legame tra «contenuto» e «contenitore», che è tratto distintivo della vicenda collezionista dei Bagatti Valsecchi.

Il 22 novembre 1994 la casa-museo milanese, considerata una delle più importanti e meglio conservate di tutta Europa, apriva per la prima volta le porte al pubblico e oggi - anche grazie a un restauro delle facciate, dei pavimenti e degli apparati decorativi, terminato nel maggio 2008 - rappresenta non solo uno dei luoghi più affascinanti del cosiddetto «Quadrilatero della moda», ma anche una delle prime grandi espressioni del design in terra lombarda.

Da allora sono passati trent’anni e il Bagatti Valsecchi festeggia l’anniversario con una settimana di appuntamenti riuniti sotto il titolo «Museo oltre i confini», una rassegna nata con l’intento di coinvolgere nuovo pubblico, in linea con i contenuti valoriali e sociali che hanno animato il progetto dei fondatori, ma anche quello dei loro eredi, in particolare di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, nipote di Giuseppe, recentemente scomparso, che è stato a capo della fondazione per ventisei anni. Oggi alla presidenza dell’istituzione milanese c’è la figlia Camilla Bagatti Valsecchi, attenta alla conservazione e alla valorizzazione di quella che per lei è una storia di famiglia; mentre la direzione è nelle mani di Antonio D’Amico, che negli ultimi tre anni ha ideato più di un’iniziativa per avvicinarsi a nuovi target di visitatori, da «Stasera al museo» alle degustazioni di «In Arte Veritas».

Nel corso del tempo, a sostegno delle attività sono anche nate l’associazione «Amici del Museo Bagatti Valsecchi» e il gruppo giovani under 35 «Speechati»; l’ente si avvale, poi, di un solido gruppo di volontarie e volontari, attivo dal 1996, grazie al quale i visitatori vengono accolti giornalmente nelle sale museali e aiutati a orientarsi nel percorso di visita.

In linea con la mission di coinvolgere nuovo pubblico, l’ultimo progetto nato in via Santo Spirito, «Museo oltre i confini», sta portando il Bagatti Valsecchi nelle scuole e nelle biblioteche di quartiere, inedite cornici di una serie di attività didattiche e di conferenze rivolte ai più giovani, ma anche al pubblico adulto come gli appuntamenti ad Affori, con il direttore Antonio D’Amico, e a Calvairate, con la communication manager Valeria Ricci, in programma rispettivamente nelle giornate di mercoledì 20 e venerdì 22 novembre. Sono, inoltre, in agenda visite guidate gratuite con ingresso ridotto (su prenotazione; dal 20 al 22 novembre, alle ore 14 e alle ore 16; il 23 e il 24 novembre, alle ore 11 e alle ore 14), una conferenza dedicata a Pier Fausto Bagatti Valsecchi (il 23 novembre, alle ore 16, su prenotazione), e una celebrazione ufficiale (il 21 novembre, alle ore 18:30, su invito), alla presenza delle autorità. Non manca, poi, in questo fitto programma, in agenda fino al 24 novembre, un appuntamento del cartellone culturale «Stasera al Museo. Vivere nel tempo»: quattordici incontri di musica, teatro e danza che, da marzo a dicembre, stanno vedendo la presenza di ospiti d’eccezione quali Paola Turci, Giovanni Caccamo, Ippolita Baldini e Tindaro Granata. Per l’occasione, Giuseppe Anastasi, storico autore di grandi interpreti della canzone italiana come Arisa, sarà protagonista di un concerto per voce e pianoforte dal titolo «Vivere nel tempo» (il 20 novembre, alle ore 18:30; ingresso € 12,00).

Il Museo Bagatti Valsecchi festeggia, quindi, la sua storia di casa aperta agli amici, pronta ad accogliere tutti coloro che vorranno fare un incontro con la bellezza, la musica e la cultura, con lo stesso spirito di armonia tra le arti che era nel DNA del Rinascimento, che ha animato il sogno realizzato dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi e che continua a vivere, giorno dopo giorno, grazie a chi si impegna a tramandare questo patrimonio alle generazioni future.

Didascalie delle immagini 
1. Museo Bagatti Valsecchi di Milano, Sala Bevilacqua; 2. Inaugurazione del Museo nel 1994 con Federico Zeri; 3. Inaugurazione del Museo nel 1994 taglio del nastro alla presenza di Pier Fausto Bagatti Valsecchi; 4. Prima visitatrice del 1994; 5. Elton John in visita al museo

Informazioni utili
Tutte le informazioni delle celebrazioni saranno disponibili su https://www.museobagattivalsecchi.org. Dal 20 al 24 novembre 2024 l'ingresso al museo è fissato al prezzo ridotto di  € 9.

martedì 19 novembre 2024

Al Palazzo ducale di Sassuolo Gianni Berengo Gardin e le «linee veloci» della Marazzi

È il 1977 quando Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 10 ottobre 1930) varca le soglie dell’azienda Marazzi, fondata a Sassuolo nel 1935 e diventata in breve tempo leader nel settore della ceramica, nonché simbolo del miglior made in Italy nel campo dell’arredamento e del design. Tre anni prima, nel 1974, la ditta emiliana, che oggi è presente in più di centoquaranta Paesi e allora aveva filiali in Francia e Spagna, aveva fatto un’invenzione destinata a modificare per sempre il processo di produzione delle piastrelle: la monocottura rapida.

Da sempre attenta non solo alle infinite possibilità della materia, ma anche al dialogo con gli artisti, la Marazzi aveva deciso di dedicare a quel rivoluzionario brevetto tecnologico un portfolio e la scelta era caduta sul fotografo ligure di nascita e veneziano di formazione, indiscusso maestro del bianco e nero, che ha raccontato l’evoluzione del paesaggio e della società italiana dal Dopoguerra ai giorni nostri, con una particolare attenzione alle tematiche del sociale (con le serie «Morire di classe» del 1968, sugli ospedali psichiatrici, e «Disperata allegria» del 1994, sulla vita delle comunità Rom), ma anche del lavoro (con i reportage per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e Olivetti), senza dimenticare il più recente progetto «Grandi navi a Venezia» (2012-2014), sulla dannosità degli «inchini» della imbarcazioni da crociera di fronte alla Serenissima.

Entrando nella fabbrica emiliana, che oggi fa parte di Mohawk Industries, Inc., il più grande produttore mondiale nel settore del flooring, quotato alla Borsa di New York, Gianni Berengo Gardin - raccontano dall’Ufficio comunicazione della Marazzi - «si trova immerso in un ambiente pulito, efficiente, dal sapore internazionale, di cui lo affascina soprattutto la velocità produttiva e quel nastro trasportatore dove colori, forme, disegni sembrano mescolarsi in un vortice: il soggetto del progetto diventa, dunque, quasi subito per lui il ritmo colorato della produzione, molto diverso da altri contesti industriali in cui aveva operato».

Il fotografo sceglie, per una volta, di abbandonare il rigore del bianco e nero soggiogato da quel turbine futurista, dove i decori e le cromie della monocottura rapida si rincorrono nella velocità della loro realizzazione.
«Mi fu chiaro subito – racconta a tal proposito Gianni Berengo Gardin - come la sfida professionale fosse quella di riuscire a cogliere il flusso veloce dei colori, la scia dinamica delle forme. Il colore, che ho usato sempre poco, si imponeva, quindi, come scelta. Provai, inoltre, a lavorare in modo diverso da quel che normalmente facevo. Qui cambiavo spesso la distanza, avvicinandomi molto ai soggetti, per riuscire a cogliere i dettagli, i frammenti di quel che vedevo e realizzare così foto diverse dalle altre: sognanti, colorate, quasi astratte. Sono grato alla Marazzi per avermi lasciato libero di realizzare delle fotografie come queste, astratte, che anticipano in qualche modo un approccio concettuale inusuale a quell’epoca nella foto industriale in cui, in genere, veniva richiesto una documentazione più oggettiva, documentaria, del prodotto. Una festa per gli occhi e, per me, un lavoro molto originale».

Cinquant’anni dopo l’ideazione del brevetto della monocottura rapida, la Marazzi svela una selezione di quarantadue scatti inediti realizzati da Gianni Berengo Gardin per le «linee veloci» della Marazzi con una mostra, curata da Alessandra Mauro, che ha trovato la sua cornice ideale nelle prestigiose Sale della musica, degli incanti e dei sogni del Palazzo ducale di Sassuolo, parte del patrimonio delle Gallerie estensi.

In queste immagini, visibili fino al 31 dicembre e raccolte in un volume edito da Contrasto, non spicca solo l’uso del colore, ma anche la differenza rispetto alla tradizionale fotografia di documentazione: quel «carosello incalzante» della produzione ceramica della Marazzi dà vita, come ha spiegato anche il suo autore, a una visione quasi astratta del lavoro, «fatto – racconta la curatrice - di elementi isolati, di forme dinamiche, di strisce di colore che girano e si perdono, di mani sapienti che si muovono sui nastri». L’immagine commerciale diventa così arte e svela la bellezza nascosta anche nel più tecnico degli ingranaggi produttivi, trasformando il lavoro in fabbrica in poesia.
 
C’è in questa serie, raccolta in mostra con il titolo «Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci», non solo la fabbrica degli anni Settanta, ma anche il racconto di un modo di lavorare della Marazzi, che ha continuato a coltivare nel tempo attitudine alla sperimentazione, affiancando alla ricerca di nuovi prodotti e processi, la promozione di letture differenti, personali, d’autore, della ceramica e del lavoro. La sua storia si è così intrecciata con quella di grandi maestri dell’obiettivo come Luigi Ghirri, Charles Traub o Cuchi White e di designer quali Gio Ponti, Nino Caruso o Paco Rabanne. Tutti sono stati liberi di esprimersi con il loro inconfondibile stile. E oggi l’azienda emiliana vanta un archivio che è un patrimonio inestimabile, accumulato in ormai novant’anni anni di storia, fonte inesauribile di ispirazione per chi si occupa di design e di comunicazione aziendale e prezioso oggetto di ricerca per chi studia arte e fotografia.

Didascalie delle immagini
Gianni Berengo Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci © Gianni Berengo Gardin e Marazzi Group

Informazioni utili
Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci. Palazzo ducale di Sassuolo – Gallerie estensi, piazzale della Rosa 10 – Sassuolo, Modena. Orari: dal martedì alla domenica, ore 10.00 – 18.00; ultimo ingresso ore 17.00; lunedì chiuso. Sito web: www.gallerie-estensi.beniculturali.it | www.marazzi.it. Fino al 31 dicembre 2024