ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 15 aprile 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dall'11 al 17 aprile 2022

«Présence», a Venezia l'anteprima mondiale della video-installazione di Wim Wenders sul lavoro di Claudine Drai
Si terrà a Venezia, nei giorni del pre-opening della Biennale d’arte, la prima mondiale di «Présence», nuova installazione video firmata da uno dei più grandi maestri del cinema contemporaneo, Wim Wenders (Düsseldorf, 1945),il cui lavoro è stato premiato, negli anni, da una serie di importanti riconoscimenti internazionali come il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia per «Der Stand der Dinge» («Lo stato delle cose»), la Palma d'oro al Festival di Cannes per «Paris, Texas» e l'Orso d'argento al Festival di Berlino per «The Million dollar hotel». A presentare l’evento, in programma nel pomeriggio di venerdì 22 e sabato 23 aprile al Cinema multisala «Rossini», sarà la Pinault Collection, con cui il regista tedesco aveva collaborato nel 2020 partecipando alla curatela di un importante progetto espositivo dedicato a Henri Cartier-Bresson.
L’opera, presentata in due session distinte di 38 minuti ciascuna (entrambe in programma alle ore 17), esplora l’universo espressivo di Claudine Drai (Parigi, 1951), la cui produzione più recente è contestualmente visibile a Venezia, negli spazi di Palazzo Franchetti, dal 21 aprile al 15 maggio.
La leggerezza e la fragilità che caratterizzano la produzione dell’artista francese, quasi del tutto condotta su carta bianca, e la dimensione spirituale che avvolge la sua pratica hanno affascinato e quasi commosso Wim Wenders.
Il regista tedesco ha dato così vita, con la complicità di Claudine Drai, a un racconto visivo che è allo stesso modo un’opera senza precedenti. Girata in 3D tra il 2020 e il 2021, «Présence» restituisce, infatti, una narrazione estremamente evocativa della pratica dell’artista, senza seguire un flusso narrativo lineare.
Il film non è soltanto la visualizzazione di come lo sguardo di un artista si posa sul lavoro di un altro, ma una creazione comune che rifugge qualunque classificazione e si distanzia da qualsiasi regola preesistente. Un controcanto ideale per comprendere l’esposizione parallelamente in corso a Palazzo Franchetti, in grado di offrire al pubblico molteplici strumenti per apprezzare il lavoro di Claudine Drai che, negli anni, ha inventato mondi e spazi in cui la sensazione della materia - carta, bronzo, profumo, parole e luci - risveglia tutti i nostri sensi.
L'ingresso alle proiezioni, alla presenza dei due artisti, è gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili. Per maggiori informazioni: www.palazzograssi.it.

In mostra a Siena i «Capricci» di Tano Pisano
«Goya diceva che il sonno della ragione genera mostri. Io mi sono ispirato ai ‘capricci’ di Goya, perché secondo me oggi la ragione è morta e quindi c’è bisogno dell’astrazione, della poesia per tornare a vivere, per non creare mostri, che ce ne sono anche troppi in questi giorni». È racchiusa in questa frase l’idea di «Capricci», la nuova impresa di Tano Pisano - artista di origini siciliane, ma ormai toscano d’adozione – che fino al 5 giugno espone negli spazi dei Magazzini del Sale al Palazzo pubblico di Siena.
La rassegna, che segna il ritorno dell’artista nella città del Palio dopo la mostra «Il gioco del cavallo», temutasi nell’autunno del 2020, allinea centocinquanta opere realizzate per l’occasione, suddivise tra pitture a olio su tela e su carta, acquarelli, carboncini, incisioni, e poi sculture, ceramiche, vasi, meccani e mobiles (sculture in legno che si muovono).
L’esposizione, che sarà visitabile anche nei giorni di Pasqua e Pasquetta, riprende e completa il fil rouge artistico dedicato al cavallo, animale simbolo della celebre disfida senese, omaggiando anche dieci delle diciassette contrade senesi: il Drago, la Giraffa, il Leocorno, la Lupa, l’Oca, la Pantera, la Selva, la Tartuca, la Torre e il Valdimontone. Le altre dieci - l’Aquila, il Bruco, la Civetta, il Nicchio, la Chiocciola, l’Onda e l’Istrice – erano state, invece, al centro della mostra «Il gioco del cavallo». Tano Pisano spiega che, questa volta, l’omaggio sarà differente: «Nella mostra di due anni fa, c’era sempre il cavallo come soggetto principale e poi il simbolo della contrada accanto. Stavolta, invece, l’Oca, la Lupa e le altre che mancavano all’appello le ho dipinte a modo mio, sempre con una pittura figurativa, popolare».
Questa seconda esperienza senese è arricchita dai cosiddetti «Capricci» - ovvero creazioni fantastiche che hanno sempre accompagnato e scandito la lunga carriera dell’artista. Si tratta di draghi, di creature ai confini della realtà e della fantasia, ma anche di invenzioni pure o di satira artistica, tutti stilemi tipici di Tano Pisano, proposti per la prima volta al pubblico italiano.
Per maggiori informazioni: www.tanopisano.com.

Nelle fotografie: 1. Cavallo, acquerello su carta, 102x153cm 2020; 2. Uomo mela, Acquerello su carta, 18x26cm, 2014

«kakemono», in mostra a Torino cinque secoli di pittura
«Cosa dipinta»: è questo il significato, in lingua italiana, di kakemono ((掛物), termine giapponese che indica un rotolo prezioso di tessuto o di carta, dipinto o calligrafato, pensato per essere appeso durante occasioni speciali o utilizzato come decorazione in accordo alle stagioni dell’anno. A questi manufatti di indescrivibile bellezza è dedicata una mostra allestita fino al 25 aprile al Mao – Museo d’arte orientale di Torino, per la curatela di Matthi Forrer, professore di Cultura materiale del Giappone pre-moderno all’Università di Leida, che focalizza l’attenzione sulla collezione del piemontese Claudio Perino. Centoventicinque kakemono, suddivisi in cinque sezioni tematiche (fiori e uccelli, animali, figure, paesaggi, piante e fiori), ma anche ventagli dipinti e lacche decorate compongono il percorso dell’esposizione, la prima in Italia focalizzata su questa forma d’arte, realizzata in collaborazione con il Musec-Museo delle Culture di Lugano.
«Kakemono. Cinque secoli di pittura giapponese. La collezione Perino»
, questo il titolo della mostra torinese, conduce il visitatore attraverso «un mondo ricchissimo, in cui – spiegano gli organizzatori - rappresentazioni minuziose e naturalistiche, punteggiate di dettagli sottili, si affiancano a immagini estremamente essenziali e rarefatte, dove la forma perde i suoi contorni, si disgrega progressivamente per diventare segno evocatore di potenti suggestioni, in un estremo esercizio di sintesi e raffinatezza, quasi un astrattismo ante litteram». In Oriente i pittori dipingevano, infatti, in maniera «impressionistica», «espressionistica» e «astratta» secoli prima che analoghe forme espressive cominciassero ad apparire in Occidente.
I kakemono rappresentano il corrispettivo del «quadro» occidentale, ma, a differenza delle nostre tele o tavole, caratterizzate da una struttura rigida, i rotoli dipinti presentano una struttura relativamente morbida e sono pensati per una fruizione limitata nel tempo. Esposti nel tokonoma (alcova) delle case giapponesi o lasciati per qualche ora soltanto ad oscillare nella brezza di un giardino, queste opere d'arte partecipano del tempo e del movimento, alludono all’impermanenza e alla mutazione quali elementi ineludibili (e positivi) dell’esistenza.
Fra i kakemono esposti al Mao figurano alcune opere dei maggiori artisti giapponesi, tra cui Yamamoto Baiitsu, Tani Buncho, Kishi Ganku e Ogata Korin.
Per informazioni: www.maotorino.it.

Didascalie delle immagini: 1. Kaburagi Kiyokata (1878-1972), Una geisha con parasole, 1920-39. Dipinto a inchiostro e colori su seta, 45,7 x 50,9 cm; 2. Mori Kansai (1814-1894), Iris oscillano al vento, Dipinto a inchiostro e colori su carta, 29,5 x 39,9 cm; 3.  Tani Bunchō (Edo, 1763-1841), Autoritratto dell’artista, 1832. Dipinto a inchiostro su carta, 27 x 49,2 cm

Una speciale etichetta di Amarone per la mostra multimediale «Il mio Inferno. Dante profeta di speranza»

Una mostra multimediale su Dante Alighieri e i suoi gironi danteschi, la creatività di Gabriele Dell’Otto, fumettista che ha lavorato anche per la Marvel, e un vino certificato Docg: a suggellare questo incontro d’arte e di sensi, presentato alla fiera Vinitaly, è stata l’azienda Se-condo Marco, nata a Fumane (Verona) nel 2008 per volontà di Marco Speri.
A fregiarsi dell’etichetta illustrata, che sarà utilizzata per un numero limitato di bottiglie, è un Amarone del 2013, un vino, di colore rosso rubino con riflessi granati, che porta al naso sen-tori di amarena, prugna e spezie. «Al palato – assicurano della cantina veronese - è complesso, avvolgente e asciutto; armonico ed elegante».
L’etichetta raffigura Dante, sperduto in una «selva oscura» («Inferno», Canto I), che cerca di uscirne risalendo le pendici di un colle, mentre gli si fanno incontro tre belve che lo ricacciano in-dietro. A questo punto il «Sommo poeta» incontra Virgilio che, dopo essersi presentato e aver ascoltato la sua richiesta, gli propone di uscire dalla selva per un’altra via, attraversando tutto l’aldilà.
La mostra per cui è stata realizzata l’etichetta da collezione è «Il mio Inferno. Dante profeta di speranza», allestita fino al 29 maggio a Verona, negli spazi scenografici del Bastione delle Maddalene, per iniziativa dell’associazione Rivela e della casa editrice Centocanti, con il Comune e la Diocesi di Verona.
Tunnel e cunicoli accolgono le trentacinque tappe della rassegna, che raccontano il le-game tra Dante Alighieri e Verona, una delle città che accolse lo scrittore durante il suo esilio (prima dal 1303 al 1304, poi dal 1313 al 1318), il vagare del poeta per la «selva oscura», gli incon-tri con la guida Virgilio, con Lucifero e con i dannati Paolo e Francesca, Cerbero e Farinata Degli Uberti.
Immagini, video, suoni, riflessioni del saggista e pedagogista Franco Nembrini e illustra-zioni di Gabriele Dell’Otto conducono i visitatori, soprattutto i più giovani, alla scoperta del «Sommo poeta» e alle sue domande esistenziali, alla ricerca di un senso pieno per la vita.
Il percorso della mostra, che ha per guida d’eccezione il robot umanoide Nao, parte, infat-ti, da un’intuizione: il significato profondo della prima cantica della «Divina Commedia» è conte-nuto nella «Vita Nova», l’opera scritta da Dante circa dieci anni prima, nella quale l’incontro con Beatrice è visto come promessa di felicità. La morte della donna provoca nel cuore del poeta un profondo dolore e la percezione della contraddizione dell’esperienza umana: l’uomo vive per l’infinito, ma si scontra con la finitezza di tutti i suoi tentativi e di tutte le sue scelte. Da questa ri-flessione nasce la «Divina Commedia», che – spiegano gli organizzatori - «non rappresenta una raffinata fuga nell’aldilà, ma un faticoso cammino per guardare al mondo terreno dall’aldilà, per cogliere la pienezza della felicità, del bene, della verità». Il «Sommo poeta» diventa così «profeta di speranza»: «interlocutore credibile e contemporaneo, capace con le sue parole e i suoi esempi concreti di porre chi osserva di fronte al desiderio di felicità, per affrontare con speranza e coraggio il proprio inferno».
Per maggiori informazioni: www.danteprofetadisperanza.it.

«La prima Cosa bella», a Bologna un evento artistico per la Giornata mondiale della Terra
«The rooom»
, spazio culturale bolognese che ha sede a Palazzo Aldrovandi Montanari, festeggia la Giornata mondiale della terra. Il 22 aprile, dalle 18 alle 22, Gianluca Chiodi (Edolo – Brescia, 1966), fotografo e artista che vive sul lago di Como in una cornice naturale che gli ha permesso di affinare la propria sensibilità verso le problematiche legate all’ecosostenibilità e alla salvaguardia ambientale, presenta «La prima Cosa bella».
La mostra è un’anticipazione del più ampio progetto espositivo «Hearth», articolato in cinque «stazioni visive», il frutto della lunga ricerca dell’artista sul rapporto che lega l’uomo al pianeta e che vuole porsi come momento di riflessione e presa di coscienza delle responsabilità di ogni essere umano nei confronti dell’ambiente in cui vive e delle future generazioni.
L’evento bolognese presenta due stazioni del progetto: «Orbite» e «Nel nome della madre». La prima sezione espositiva è costituita da una serie di fotografie che mostrano l’essere umano nella sua essenziale nudità, mentre ruota attorno alla Terra, perno essenziale della sua vita. «Nel nome della madre» espone, invece, un emozionante video at-traverso il quale l’artista, in un dialogo personale con il pianeta Terra e la sua coscienza riflette sulle responsabilità che sente in prima persona in quanto «essere umano».
La mostra sarà integrata, in occasione di «ArteFiera», con le altre tre stazioni del progetto, «I am», «Risvegli, 100% Biodegra-dabile» e «Fragile», che saranno visibili dall’11 maggio al 30 giugno.
L’esposizione, patrocinata da Plastic Free Odv Onlus, si inserisce all’interno del percorso culturale e artistico attraverso cui «the rooom» crea collaborazioni con i migliori talenti creativi, nell’intento comune di valorizzare e promuovere quei principi di sostenibilità e inclusione che prendono vita nella creazione di progetti di comunicazione.
La partecipazione è a numero limitato e solo su prenotazione. Per le prenota-zioni è necessario scrivere a press@therooom.it. Per maggiori informazioni: www.therooom.it.

«La guida bugiarda», una curiosa visita guidata al Museo Popoli e culture di Milano
Vero o falso? Sarà questa la domanda alla quale dovranno rispondere gli utenti della particolare visita guidata che il Museo Popoli e Culture, allestito all’interno del Centro Pime di Milano (via Monte Rosa, 81), ha ideato per la giornata di sabato 23 aprile, dalle ore 15 alle ore 16:30.
«La guida bugiarda», questo il titolo dell’iniziativa, invita i visitatori a indovinare l’autenticità delle informazioni ricevute, mettendo alla prova le proprie conoscenze geografiche e antropologiche, alla scoperta di culture e tradizioni legate agli oggetti della collezione esposti in museo.
Dalla danza della Tucandeira, il rito di passaggio dei Saterè Mawè dell’Amazzonia brasiliana, alla storia di Laozi, autore del Tao Te Ching, il testo fondamentale del taoismo, a guida museale fornirà ai visitatori informazioni miste a bugie, che verranno successivamente disvelate ripercorrendo le tappe della visita guidata nelle sale del museo, attraverso uno stimolante scambio e confronto di gruppo che permetterà di conoscere tante storie legate a usi e tradizioni di Africa, Asia, Oceania e America.
Per partecipare occorre iscriversi al link: urly.it/3n0_0.
Per informazioni: tel. 02.43822379 o museo@pimemilano.com. La pagina web di riferimento è https://centropime.org/eventi/la-guida-bugiarda-copy/.

«Carne blu», debutta al Piccolo di Milano la «fiaba nera» di Federica Rosellini
È la primavera del 2020. Chiusa in casa, come tutti noi, per il lockdown, Federica Rosellini, una delle più talentuose e promettenti interpreti della scena contemporanea, disegna e scrive, scrive e disegna. Nasce così «Carne blu», un romanzo pubblicato nel 2021 da Giulio Perrone editore, che la stessa attrice trasforma, poi, in uno spettacolo teatrale, il cui debutto si è tenuto mercoledì 13 aprile, in prima nazionale, al Teatro Studio Melato di Milano.
Per la regia della stessa Federica Rossellini, alla sua prima creazione per la scena, «Carne blu» si avvale di un’architettura scenica di grande suggestione, creata da Paola Villani e abitata dalle realizzazioni scultoree di Daniele Franzella. Visual designer è Massimo Racozzi. I costumi sono firmati da Simona D’Amico; le luci da Luigi Biondi. Mentre il suono, ogni sera dal vivo, è a cura di Gup Alcaro.
Prodotto dal Piccolo Teatro di Milano e co-diretto da Fiona Sansone, esperta di didattica e di teatro dell’infanzia, lo «spettacolo per voce sola», nel quale riecheggia la letteratura di Ludovico Ariosto e Virginia Woolf, racconta la storia di un viaggio, quello di Orlando, un bambino nato sulla Luna. «A differenza degli altri bambini, - si legge nella presentazione - Orlando non ha un cuore di carne protetto dalla cassa toracica, ma una piccola tasca di stoffa ricolma d’acqua, sulla sinistra del petto, dove nuota un pesciolino tutto d’oro, di nome Sunny. Quando Orlando lascia il proprio cuore libero di nuotare, la metamorfosi inizia e il corpo cambia, attraversando specie e generi diversi: è maschio e femmina, è uccello e insetto. Nato sulla Luna, in una dimensione altra, fuori dal tempo ordinario, Orlando è un personaggio metamorfico, fatto di potenziali moltitudini, libere dalle classificazioni, capace di portare sul palcoscenico le questioni dell’identità e del doppio».
Lo spettacolo, una vera e propria «fiaba nera» dalle tinte gotiche, rimarrà in cartellone a Milano fino a fine mese e sarà corredato da un incontro con l’autrice in programma venerdì 22, alle ore 17, al Chiostro di via Rovello.
Per maggiori informazioni: www.piccoloteatro.org.

Foto di Masiar Pasquali

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