Conosciuto come uno dei più grandi e originali ritrattisti del Settecento italiano, Vittore Ghislandi (Bergamo, 1655-1743) ha sempre affascinato artisti, critici e pubblico per le tonalità rosse dei suoi quadri, uniche e inconfondibili nella storia dell’arte. Il pittore bergamasco, infatti, era famoso già nel suo tempo per quelle luminosissime lacche, «forti come sangue raggrumato», da lui personalmente prodotte e stese nei ritratti su rossi opachi come il cinabro, o anche da sole, per velare gli incarnati e far brillare i tessuti sfarzosi indossati da nobili e dame. È così che celebri artisti del suo tempo, come Sebastiano Ricci, erano disposti a fare carte false e a scomodare -come testimoniano i carteggi- le loro illustri amicizie a Bergamo, perché il pittore concedesse loro una libbra di quella lacca finissima e ineguagliabile.
La ricetta di Fra’ Galgario è rimasta fino ad oggi un mistero, ma recenti scoperte nelle fonti e i risultati di indagini scientifiche condotte sui dipinti con le più moderne tecnologie diagnostiche, hanno finalmente consentito di svelarne i segreti. La ricerca incrociata di storici dell’arte e scienziati conferma come l’esperienza del pittore nella preparazione di lacche e di pigmenti fosse in parte debitrice della grande tradizione veneziana e bergamasca dei tintori della seta, dai quali il pittore prendeva in prestito materiali e residui della colorazione delle stoffe, per poi confezionare per i suoi dipinti rossi rimasti unici e inconfondibili in tutta la storia della ritrattistica settecentesca.
La rassegna allo Spazio Viterbi di Bergamo, che fa seguito alla grande retrospettiva che la città lombarda dedicò all’artista nel 2004, permette di ammirare una selezione di queste raffinate opere, accese da lacche rosse e blu e da una strabiliante resa ottica e materica delle stoffe. Ecco così i ritratti di Elisabetta Piavani Ghidotti, del conte Giovan Battista Vailetti, di Claudia Erba Odescalchi Visconti e del conte Giovanni Secco Suardo col servo “dialogare” con preziosi tessuti coevi: damaschi, broccati in filo d’oro e d’argento e tessuti bizarre provenienti principalmente da Gandino, centro della Val Seriana, conosciuto, dal XV al XVIII secolo, per la produzione di pannilana e la raccolta di tessuti di alto pregio provenienti da tutta Europa.
L’esposizione, alla quale fanno da colonna sonora brani sacri e profani diffusi in area veneziana e bergamasca nel Settecento, ha, inoltre, consentito la riscoperta di un «Ritratto di giovane», del tutto sconosciuto in Italia e mai visto dal 1928, e di un affascinante ciclo di tre dipinti, finora poco indagati, raffiguranti l’Allegoria dei Sensi, nei quali la mano di Fra’ Galgario si intreccia a quella dei suoi allievi, con i quali aveva probabilmente condiviso quei “segreti” che noi riusciamo solo oggi, almeno in parte, a dipanare. Due ritratti femminili, di autore ignoto ma coevo a Fra’ Galgario, chiudono il percorso espositivo, documentando il magistero esercitato dal Ghislandi, anche nella resa di tessuti e merletti.
I percorsi nel colore proposti dalla mostra ci riportano, quindi, ad un’epoca precedente all’invenzione dei colori “in tubetto”, quando Fra’ Galgario, pittore-alchimista, sperimentava personalmente la preparazione dei propri colori, a partire da sostanze di origine animale, vegetale e minerale. A conclusione del percorso espositivo i visitatori potranno idealmente entrare nel “laboratorio” del pittore, per conoscere gli ingredienti dei suoi colori, tra polveri preziose di cocciniglia, carminio e lapislazzuli, ma anche un antico manichino, simile a quello che il pittore utilizzava come “modello” da abbigliare di tessuti preziosi.
Arte, moda, musica, scienza e pigmenti misteriosi si intrecciano, dunque, nella mostra di Bergamo, proponendo un’immersione nell’arte di Fra’ Galgario, un’arte capace con i suoi tratti di scandagliare e di restituire sulla tela, in modo sottile ma talvolta tagliente, vizi e virtù della società del suo tempo. Un’arte che è anche un magico gioco di alchimie, con quei rossi inediti, quelle «lacche fini, di una estrema bellezza», che incantarono anche il Longhi e Testori.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti», 1720 circa. Olio su tela, cm 226 x 137. Venezia, Gallerie dell'Accademia; [fig. 2] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti», 1725 circa. Olio su tela, cm 146 x 110. Bergamo, Accademia Carrara, Deposito Ospedali Riuniti di Bergamo; [fig. 3] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Autoritratto», 1732. Olio su tela, cm 73 x 58. Bergamo, Accademia Carrara
Vedi anche
«Vincere il tempo», una mostra sui collezionisti della Carrara di Bergamo
Informazioni utili
«Fra’ Galgario e il segreto della lacca». Palazzo della Provincia di Bergamo - Spazio Viterbi, via Torquato Tasso, 8 – Bergamo. Orari: martedì-venerdì 16.00-19.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00 e 16.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 035.358411 e info@lacameradellemeraviglie.it. Catalogo: numero speciale de «La rivista di Bergamo» (edizioni Grafica&Arte). Fino al 19 giugno 2011.