ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 14 ottobre 2016

Gipsoteca Giudici, un nuovo museo a Lugano

Lugano si arricchisce di un nuovo museo. Sabato 22 ottobre (con inaugurazione alle ore 17) apre nella cittadina svizzera la Gipsoteca Gianluigi Giudici, costituita con lo scopo di assicurare in particolare la conservazione, la promozione e la diffusione delle opere dello scultore comasco, che ha molto operato nel Canton Ticino.
La nuova istituzione, ubicata nel condominio Central Park, si propone di attuare iniziative di carattere culturale, divulgativo ed educativo affinché l’arte in tutte le sue forme, come strumento di formazione ed espressione del pensiero e di comunicazione dei più profondi sentimenti umani, possa conquistare un maggior numero di fruitori e diventi punto di incontro tra culture diverse mediante il suo linguaggio universale.
Il percorso espositivo propone una selezione di sessanta opere (prevalentemente in gesso, ma anche in bronzo e su rame) esemplificative dell’itinerario creativo di Gianluigi Giudici, distribuite sui due piani della struttura museale, in una successione che prende il via dal piano superiore dove sono documentate le tematiche proprie del suo impegno artistico partendo da una riflessione sulla ricerca da lui condotta ed esemplificando di seguito la produzione riguardante la figura, l’astrazione e il sacro.
Al piano inferiore sono individuate alcune isole, aggruppamenti di opere, che meglio inquadrano aspetti del suo lavoro e che si concentrano sui ritratti, sull’evoluzione degli organismi biomorfi e sulla realizzazione di opere di grandi dimensioni a destinazione sia pubblica che privata. Questo viaggio si conclude con un ulteriore passaggio nell’ambito della scultura religiosa che, mediante rilievi a sbalzo su rame e rilievi in gesso, introduce allo spazio dedicato all’ampio intervento compiuto tra 1966 e 1992 per la chiesa del Buon Pastore a Vienna, l’opera più significativa della sua produzione sacra. In questo edificio sacro si trovano una Madonna con Bambino, un rilievo con la Risurrezione, una monumentale Via Crucis e il grande bronzo La pesca (1992), posto sopra il portale di ingresso.
Per una conoscenza ulteriore della sua opera, la Gipsoteca dispone di un deposito che accoglie, visibili anche al pubblico, numerosissimi altri gessi di particolare importanza e uno spazio in cui è ricostruito l’atelier di Gianluigi Giudici e dove sono presentati anche disegni preparatori e gessi per i bronzetti della sua produzione.
Uno spazio specifico è predisposto per accogliere mostre di altri artisti, la cui presenza potrà, in alcune occasioni, anche contaminare -in intriganti accostamenti di confronto (o di scontro)- le sale del museo.

Informazioni utili 
Fondazione Giudici. Condominio Central Park-primo piano, Riva Antonio Caccia 1a -  6900 Lugano (Svizzera). Orari di apertura (fino al 23 dicembre 2016): mercoledì, dalle ore 9.30 alle 13.30, giovedì, venerdì e sabato, dalle ore 14.30 alle ore 18.30. Informazioni: tel +41(0)91.9804141, gipsotecaggiudici@gmail.com. Sito internet:  www. fondazionegiudici.com

giovedì 13 ottobre 2016

Venezia, Palazzo Ducale il restauro del secondo portale della Scala d’oro

Confezione dopo confezione hanno sostenuto il peso economico del restauro di un importante pezzo della storia di Palazzo Ducale, cuore pulsante della vita artistica veneziana: il portale sommitale della Scala d’oro. E ora -dopo la conclusione del primo intervento, avvenuta in estate- i coniugi Paolo e Marina Tamai si sono attivati per ridare nuova vita anche al portale “gemello”, collocato nell’Atrio Quadrato, che introduce alle sale pubbliche di Palazzo Ducale. Prosegue così la collaborazione tra l’azienda «Gli orti di Venezia», marchio attivo nella commercializzazione di insalate fresche, e la fondazione che gestisce i musei civici lagunari. I coniugi Tamai hanno, infatti, deciso di supportare il restauro del portale destinando a esso dieci centesimi per ogni confezione di insalata venduta con il marchio della loro azienda.
L'intervento di restauro, approvato dalla Soprintendenza Belle arti e Paesaggio per Venezia e Laguna, è già iniziato e consiste principalmente nella pulitura selettiva delle superfici ricche di dettagli tridimensionali, un’operazione minuziosa e lenta condotta mediante impacchi chimici e con l’ausilio di soli strumenti manuali. Alla pulitura si accompagneranno le consuete operazioni di verifica e revisione delle stuccature in malta deteriorate e taluni incollaggi di porzioni di rilievo in via di distacco.
I due portali che si affacciano sull’atrio quadrato di Palazzo Ducale si inseriscono cronologicamente in quella lunga serie di lavori di ristrutturazione iniziata nel 1483 nell’ala orientale dell’edificio e proseguita nel resto dell’edificio fino agli anni Sessanta del XVI secolo.
Il progetto fu affidato, dopo aver interpellato anche il Sanmicheli e il Palladio, a Jacopo Sansovino che ne realizzò la parte iniziale sotto i dogi Lorenzo e Girolamo Priuli, al governo tra il 1556 e il 1567. L’ultimazione dei lavori fu, invece, seguita dallo Scarpagnino, a partire dal 1559 e poi sotto il dogato di Venier.
La Scala d’onore, nata dall’esigenza di separare gli ambienti dedicati all’abitazione privata del doge dal Palazzo di Giustizia, si articola su cinque rampe e fu denominata d’oro per le fastose decorazioni della volta a botte eseguite in stucco e foglia d’oro a partire dal 1557 da Alessandro Vittoria e affrescate nei riquadri da Giambattista Franco.
La scala, nata dall’esigenza di separare gli ambienti dedicati alla privata abitazione del doge dal Palazzo di Giustizia, si articola su cinque rampe, l’ultima delle quali si affaccia sull’atrio quadrato, sorta di vestibolo delle sale in cui si riunivano i più importanti organi di governo. La scala conduce all’Atrio quadrato, ambiente caratterizzato dal soffitto intagliato e dorato che incastona dipinti del Tintoretto mentre l’apparato architettonico è scandito da pilastri lapidei, compositi e scanalati.
I portali a chiusura della scala sono coronati da due arconi sommitali, decorati a riquadri con bassorilievi finemente scolpiti che raffigurano scene fortemente simboliche che rimandano ad avvenimenti storici, commemorativi e ai temi cari ai veneziani quali potenza, forza militare, saggezza e giustizia. In particolare sugli stipiti è rappresentato il leone nella versione raccolta “in moléca” in posizione frontale e accovacciato, in questo caso con il libro chiuso a simboleggiare la sovranità delegata e quindi delle pubbliche magistrature. 

Per saperne di più 
Eataly e «Gli orti di Venezia» insieme per il restauro di Palazzo ducale 

Informazioni utili 
www.gliortidivenezia.it

mercoledì 12 ottobre 2016

Francesco Vezzoli e Twiggy: una nuova opera nella mostra «L’anello di Cupra»

L’omaggio al mondo femminile che Marcello Smarrelli ha ideato per Fermo e per il suo Palazzo dei Priori non smette di stupire. Sono, infatti, oltre novemilacinquecento le persone che, in due mesi, sono accorse nella cittadina marchigiana per vedere le opere di Jacobello del Fiore, Peter Paul Rubens, Francesco Hayez, Vincent Van Gogh, Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Mario Giacomelli, Osvaldo Licini, Vanessa Beecroft e molti altri riunite per la mostra «L’anello di Cupra». E il numero dei visitatori sembra destinato a crescere anche perché la rassegna si è da poco arricchita di una nuova opera: «Hommage to Francesco Scavullo: Twiggy» di Francesco Vezzoli.
Si tratta della celebrazione iconografica di una delle prime e più famose supermodelle di tutti i tempi, Twiggy, simbolo di un'epoca rivoluzionaria in termini di stile. Ragazza timida e impacciata, Lesley Hornby, questo il nome di questa star della moda all’anagrafe, è diventata una professionista che ha saputo rinnovarsi, come dimostra la sua carriera di attrice e cantante. La sua corporatura magra e priva di curve e il suo aspetto efebico, la fecero diventare testimonial della minigonna di Mary Quant e il volto della Swinging London.
Nel suo lavoro Francesco Vezzoli analizza i rapporti, talora perversi, tra il mondo della comunicazione e quello del potere, affrontando temi spinosi quali il divismo, la religione, il sesso e la politica. La sua scommessa è stata quella di contaminare l'alto e l'aulico con gli elementi più commerciali e triviali. La sua opera esposta a Fermo si inserisce perfettamente nel contesto della mostra, dedicata alle icone della femminilità dalla preistoria al contemporaneo, ai vari modelli dell’essere donna, dalla dea progenitrice alla regina, dalla prostituta alla santa.
Considerando estremamente fluido il confine tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è, Francesco Vezzoli si è spinto al di là del postmoderno, ha preso cultura alta e cultura bassa gettandole in un frullatore. Ciò che ne è venuto fuori è il risultato del suo inconfondibile e inimitabile marchio, che qualcuno giudica eccessivo e ridondante, mentre gli ammiratori sono veri e propri fan che stravedono per lui e lo adorano come l'unica rockstar dell'arte italiana.
Se dovessimo rintracciare un solo elemento a far da collante al suo eclettismo formale, Vezzoli potrebbe risultare come l'artista delle lacrime, tale e tanta la sua passione per il melodramma. Si è divertito, con un certo sadismo, a far piangere le sue dive avvolte dal misticismo proprio delle icone gay. Ne ha ricamato i volti con perizia artigianale, con la maniacalità di chi ha visto nel taglio e cucito un riscatto per quelle pratiche basse, di femminea quotidianità, il riscatto nei confronti di un'arte machista e troppo sicura di sé, oggi superata.
Anche se Vezzoli si avvale di una gamma molto ampia e diversificata di media, il ricamo è rimasta una tecnica che caratterizza la sua carriera dagli esordi. Inizialmente emulando famosi attori che ricamavano sia dentro che fuori lo schermo, come Vicente Minelli a Joan Crawford, Cary Grant, e Greta Garbo, col passare del tempo questa pratica è diventata un'attività più profonda e contemplativa, riferita ad un mondo di sentimenti, crisi, ossessioni e depressioni che in qualche modo vengono sublimate dal lavoro artigianale.
L’opera di Francesco Vezzoli rappresenta, dunque, un motivo per andare a visitare la mostra di Fermo e lasciarsi incantare dal suo percorso che grazie a reperti archeologici, opere pittoriche, sculture e installazioni racconta i tanti volti dell’essere donna, dalla regina alla prostituta, dalla dea progenitrice alla Santa, a partire da opere come le «Storie di Santa Lucia» di Jacobello del Fiore, l’«Adorazione dei Pastori» di Peter Paul Rubens, «La Maddalena Penitente» di Francesco Hayez, «Les bretonnes et le pardon de Pont Aven» di Vincent Van Gogh (uno dei rari acquerelli dell’artista esistenti in Italia), «Le due madri» di Giovanni Segantini, «La quiete» di Gaetano Previati, fino alla fotografia di Vanessa Beecroft, con una donna di colore in trono che tiene in grembo due gemelli, dall’intensa aura di sacralità.

Vedi anche 
Dall’anello di Cupra alle donne di Segantini e Van Gogh: in mostra a Fermo l’iconografia femminile 

Informazioni utili 
«L’anello di Cupra». Palazzo dei Priori – Fermo. Orari: settembre, martedì-domenica, ore 10.30-13.00 e ore 14.30-19.00, feste e ponti ore 10.30-19.30 | ottobre, martedì-venerdì, ore 10.30-13.00 e ore 15.30-18.00, sabato e domenica ore 10.30-13.00 e ore 15.30-18.30. Ingresso: intero € 6,50, ridotto (da 14 a 25 anni, gruppi composti da più di 15 persone, Soci Fai, Touring club italiano, Italia nostra) € 5,00, omaggio fino a 13 anni, disabili, soci ICOM, residenti (un giorno al mese), giornalisti con tesserino | il biglietto comprende la visita anche alle Cisterne romane, Musei di Palazzo dei Priori, Teatro dell’Aquila, Musei scientifici di Villa Vitali. Informazioni: Sistema Museo, 199151123 (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 15.00), callcenter@sistemamuseo.it | Musei di Fermo, tel. 0734.217140, fermo@sistemamuseo.it. Sito internet: www.sistemamuseo.it. Fino al 23 ottobre 2016.