ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 23 marzo 2017

Cremona, Caravaggio e Monteverdi in dialogo al Museo del violino

«Duoi gravicembali, duoi contrabassi de viola, dieci viole da brazzo, un’arpa doppia, duoi violini piccoli alla francese, duoi chitaroni, duoi organi di legno, tre bassi da gamba, quattro tromboni, un regale, duoi cornetti, un flautino alla vigesima seconda, un clarino con tre trombe sordine». Era questo, stando alle annotazioni delle prime edizioni a stampa, l’organico completo dell’orchestra che doveva suonare l’«Orfeo» di Claudio Monteverdi, compositore di cui Cremona celebra quest’anno i quattrocentocinquanta anni dalla nascita con un ricco cartellone di eventi, che avrà la sua punta massima a maggio con l’esecuzione proprio dell’«Orfeo» da parte dell’Accademia Bizantina.
Gli strumenti originali di quell’opera, eseguita per la prima volta quattrocentodieci anni fa, saranno esposti dall’8 aprile al 23 luglio al Museo del violino nella mostra «Monteverdi e Caravaggio, sonar stromenti e figurar la musica», la cui inaugurazione sarà preceduta, nella serata del 7 aprile, dal concerto «La bella più bella», con il soprano Roberta Invernizzi e Franco Pavan al liuto e torba.
Gli strumenti in mostra sono stati scelti secondi criteri di valore filologico ed estetico e provengono dalle maggiori collezioni italiane e internazionali. Particolare attenzione è stata posta nella ricerca di esemplari conservati o riportati, grazie al restauro, senza gli interventi che, nei secoli successivi, si sono rivelati necessari per affrontare i repertori sette e ottocenteschi. Laddove questo non sia stato possibile, a fianco dello strumento ammodernato, sarà presentata una copia con montatura barocca. Applicazioni multimediali permetteranno di ascoltare il suono di ognuno di essi per conoscerne il timbro e identificarne il ruolo nella trama musicale e simbolica dell’«Orfeo».
L’esposizione troverà posto all’interno del percorso museale, per sottolineare le affinità che già tra XVI e XVII secolo legano liuteria e musica. Si potrà anche ripercorrere la nascita del violino grazie alla famiglia cremonese Amati e rileggere il contributo della scuola bresciana, testimoniata dall’opera di Gasparo da Salò, la cui viola tenore con montatura barocca arriva con altri preziosi prestiti dall’Ashmolean Museum di Oxford, e di Giovanni Paolo Maggini di cui sarà esposto un magnifico contrabbasso del 1610, con altri preziosi strumenti di scuola veneziana, terzo straordinario centro di produzione di strumenti musicali dell’epoca.
L’«Orfeo» di Monteverdi ha un lieto fine: il suo eroe diventa simbolo dell’amore che supera la morte. Il ruolo apollineo e salvifico della musica ha ispirato diverse rappresentazioni pittoriche. Tra le più famose c’è certamente «Il suonatore di liuto» di Caravaggio. Questa meravigliosa opera, presentata a Cremona come introduzione agli strumenti musicali e proveniente da una collezione privata, ha una storia affascinante: il dipinto realizzato nel 1597 dal grande pittore per il cardinal del Monte, comprato dal duca di Beaufort nel 1726-1737, portato a Badminton House nel Gloucestershire, dove è rimasto per due secoli e mezzo, venduto nel 1969 come una copia e infine nuovamente a New York nel 2011. Si tratta di un quadro meno famoso rispetto alla versione conservata all’Hermitage e all’altrettanto celebre versione Wildenstein, già esposta al Metropolitan Museum di New York, tuttavia riscoperto e attribuito con certezza a Caravaggio da grandi studiosi come Sir Denis Mahon, Mina Gregori e Claudio Strinati.
La natura morta qui raffigurata è simile a quella utilizzata da Caravaggio per il «Ragazzo morso da un ramarro» e rivela una brillante osservazione degli effetti della luce sul vetro e attraverso l’acqua; tutto viene rappresentato con una eccezionale accuratezza, al punto da poter determinare non solo l’età del liuto e del violino, ma anche seguire ciascun dettaglio delle corde, della scatola dei piroli, del ponticello, della cassa, della tastiera, della rosetta così come questi elementi erano nella realtà. Gli strumenti fanno parte della estesa collezione del cardinale Del Monte e la musica, incipit di quattro madrigali di Jacques Arcadelt, era scritta probabilmente su uno spartito. Caravaggio vede e studia quegli strumenti dal 1595 quando prende servizio presso il cardinale a Roma e dimostra di possedere una discreta formazione musicale, tanto da rappresentare diversi strumenti e partiture in altre sue importanti opere come i «Musici» (1595 circa), «Riposo durante la fuga in Egitto» (1594-1595), «Amor vincit omnia» (1601-1602).
«Così la mostra allestita negli straordinari spazi del Museo del violino, partendo dall’opera di Monteverdi, dai suoi strumenti e dalla luce di Caravaggio -afferma Fausto Cacciatori- ripercorre il clima di cambiamento e novità di un periodo denso di significati per la storia della musica e degli strumenti musicali, e per l’arte del dipingere. Sono gli anni in cui il violino si rivela, per timbro e sonorità, più adatto degli altri strumenti a interpretare i toni del melodramma, ad accompagnare in musica il recitar cantando. Sono gli anni in cui il naturalismo di Caravaggio conferisce a ogni corpo una forma tridimensionale evidenziata dalla particolare illuminazione, lasciando in eredità uno stile proprio, oggi noto non a caso come caravaggismo».

Per saperne di più
Cremona festeggia Monteverdi. A 450 anni dalla nascita 

Informazioni utili
«Monteverdi e Caravaggio, sonar stromenti e figurar la musica». Museo del violino, piazza Marconi – Cremona. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero  € 10,00. Informazioni: tel. 0372.801801 o  info@museodelviolino.org. Sito internet: www.monteverdi450.it. Dall’8 aprile al 23 luglio 2017. 

mercoledì 22 marzo 2017

Isole Borromee, completato il restauro del «San Rocco» di Sperindio Cagnoli

L’Isola Bella ritrova uno dei suoi tesori: è ritornato a Palazzo Borromeo, dopo un importante e complesso lavoro di restauro, il «San Rocco», dipinto su tavola del maestro cinquecentesco Sperindio Cagnoli.
La bellissima tavola, donata sul finire dell’Ottocento dai principi Borromeo alla parrocchiale dell’isola, è stata da questa temporaneamente riaffidata alla famiglia donatrice, che l’ha consegnata allo studio di restauro di Carlotta Beccaria.
Lo stato conservativo della pala, che è stata sottoposta ad approfondite analisi, appariva decisamente “non adeguato”, sia per effetto di problemi strutturali del supporto ligneo ma anche per problemi conservativi ed estetici degli strati di pittura.
Con la consueta maestria, la conservatrice è riuscita a mettere in sicurezza l’opera, restituendole anche la vivacità dei colori che appariva offuscata.
Il grande >«San Rocco» restaurato, è già stato posizionato lungo il percorso di visita di Palazzo Borromeo all’Isola Bella e, all’apertura il 24 marzo della nuova stagione turistica, fornirà un ulteriore motivo di attrazione per il pubblico.
La tavola è una pittura dal forte valore devozionale. Secondo la tradizione, san Rocco avrebbe dedicato la propria vita all’assistenza dei malati di peste da cui avrebbe contratto il contagio di ritorno da un pellegrinaggio a Roma nei dintorni di Piacenza. Durante la malattia, isolato nella campagna, sarebbe stato nutrito da un cane e una voce divina gli avrebbe annunciato la prossima guarigione.
La devozione per il popolare santo taumaturgico, invocato durante le funeste epidemie che si sono succedute nel Quattrocento e nel primo quarto del Cinquecento, ha conosciuto una diffusione straordinaria in tutta l’Europa occidentale, e soprattutto in Italia del nord dove le immagini che lo raffigurano si sono moltiplicate a partire dalla seconda metà del Quattrocento.
Sperindio Cagnoli, ai primi del Cinquecento, per quest’opera sceglie di raffigurare il santo come un giovane pellegrino con il bastone da viaggiatore, la conchiglia e le chiavi di san Pietro cucite sull’ampio collo della mantella che copre l’abito, stretto ai fianchi da una cintura alla quale è appesa la borsa dei denari. San Rocco, con la mano sinistra solleva un lembo della veste e mostra il bubbone dell’infezione, scoperto dalla calza arrotolata poco sopra il ginocchio. Gli attributi, l’abito e la posa sono gli stessi di quelli della tradizione quattrocentesca, ma addolciti dal disegno e dal tenero chiaroscuro che modella le mani, il volto e la gamba malata del santo; anche il piccolo angelo che trasmette l’annuncio della prossima, miracolosa guarigione, è dipinto con scioltezza e facilità, in pieno accordo con il volto di san Rocco, colto in un’espressione di perplessa rassegnazione contadina. A fronte di questa grazia formale, il pittore ha sbozzato rapidamente il paesaggio montuoso, gli avvallamenti in primo piano e il fantasioso quadrupede che con le zampette giunte supplica il santo di nutrirsi e di afferrare il pane che tiene in bocca. Il carattere sommario del piano di posa, abbreviato ma efficace, mette in risalto per contrasto l’ampia superficie del cielo prealpino, terso e luminoso, contro il quale si staglia la figura colossale del santo.

Informazioni utili 
www.isoleborromee.it

martedì 21 marzo 2017

Da Electa un volume sulla Casa del Manzoni

Si arricchisce di un nuovo prezioso volume la collana «Musei e Gallerie di Milano», progetto editoriale nato nel 1973 per iniziativa della Banca commerciale italiana, proseguito poi per volontà di Banca Intesa, che si avvale della collaborazione editoriale di Electa Mondadori. È, infatti, da poco stato editato un volume dedicato a Casa Manzoni, abitazione dello scrittore che nel 1937 è diventata, per iniziativa del Centro nazionale studi manzoniani, un museo. Attraverso l’esplorazione sistematica del patrimonio artistico cittadino, la collana di Electa si propone di realizzare una documentazione completa delle opere d’arte di proprietà pubblica o di uso pubblico che fino ad oggi erano note soltanto in minima parte.
Ogni catalogo comprende un’introduzione generale con le vicende storiche del museo e della collezione, schede di catalogazione per tutte le opere con notizie esterne (caratteristiche, misure, tecnica, provenienza, cambio di proprietà ecc.), le vicende attributive, la fortuna critica attraverso le esposizioni e le pubblicazioni, le valutazioni estetiche, la bibliografia sistematica e indici organici, riproduzioni in bianco e nero e a colori delle opere esaminate; modello di schedatura scientifica poi adottato come riferimento anche per la catalogazione del patrimonio artistico nazionale.
I cataloghi, oltre a essere uno strumento prezioso per gli studiosi, costituiscono inoltre una guida accattivante per chiunque sia interessato a un itinerario ragionato per le raccolte artistiche milanesi. Non differisce dagli altri questo nuovo volume che racconta la casa del Manzoni sita a Milano, in via Morone 1 ed oggetto nel 2015 di un intervento di restauro realizzato su progetto dello Studio De Lucchi.
La casa conserva ancora l’aspetto che aveva ai tempi in cui Alessandro Manzoni l’abitò soltanto in due ambienti, del resto molto significativi: il suggestivo studio al pianterreno, affacciato sul giardino, e la camera da letto, spoglia come la cella di un monaco.
Le altre sale sono, invece, state adattate nel tempo alle due funzioni principali di Museo manzoniano, lungo il cui percorso è possibile rivivere la vita e l’opera dello scrittore, e di Biblioteca manzoniana, dove ai libri appartenenti al Manzoni e ai suoi familiari si sono via via aggiunte nuove acquisizioni.
Il volume, realizzato sotto la direzione scientifica di Fernando Mazzocca e la direzione editoriale di Carlo Pirovano, raccoglie le schede complete di ogni arredo ed è corredato da una splendida e inedita campagna fotografica.
Attraverso duecentoventototto pagine è possibile non solo attraversare tutte le dieci sale che compongono il percorso di visita, ma anche approfondire tematiche varie attraverso la penna di Mariella Goffredo, Jone Riva, Alessia Schiavi ed Elena Lissoni.

Informazioni utili 

AA. VV., Casa Manzoni, Electa Mondadori, Milano 2017. Dati: pp. 228, illustrazioni 240 colori e b/n, 24 x 24 cm, cartonato con cofanetto. Prezzo: € 110,00.