Da una parte l’Emilia, tributo alla strada romana costruita nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido, dall’altra la Romagna, dove Ravenna assurge al rango di ultima capitale dell’Impero romano d’Occidente (402-476 d.C.): nell’alto Medioevo, questa due territori, che oggi formano un’unica regione, segnano un limes geografico tra la zona soggetta alla conquista longobarda e quella di dominazione bizantina. Questa storia è al centro della mostra che Sauro Gelichi e Luigi Malnati hanno curato per conto della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara nell’ambito del programma culturale «2200 anni lungo la Via Emilia».
«Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia», questo il titolo della rassegna allestita fino al 17 giugno al Museo civico medievale di Bologna, indaga attraverso oltre trecento reperti, recuperati nell’ambito delle intense ricerche archeologiche condotte in regione negli ultimi quaranta anni, la fase di passaggio dalla tarda antichità (IV-V secolo) al pieno Medioevo (inizi del Trecento). È questo un importante momento di passaggio che si riverbera in ogni aspetto della vita politica, economica, sociale e culturale, rappresentando un momento decisivo nella costruzione di nuovi assetti di potere e nuove identità.
Il percorso espositivo, articolato in sei sezioni tematiche, parte da un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti e contrapposte al dinamismo del nuovo emporio commerciale di Comacchio, nel Ferrarese, per allargare lo sguardo alla riorganizzazione delle campagne, dove fioriscono castelli, villaggi, borghi franchi, pievi e monasteri, e terminare la narrazione con la ciclica rinascita delle città in età comunale.
La prima sezione è incentrata sul tema «Un mondo in trasformazione: le città», ossia sull’evoluzione dei centri di antica fondazione in rapporto ai cambiamenti socio-economici e all’organizzazione delle nuove sedi del potere, sia laico che ecclesiastico, fino al VI secolo.
In questa sezione sono esposti oggetti della vita quotidiana come lucerne in vetro e ceramica provenienti da Parma e Rimini, manufatti legati alla cultura funeraria delle élite con un sarcofago ravennate e piccoli tesori che erano conservati nelle residenze di lusso di Casse e Cesena, come un missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo), che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tardantichità.
La seconda sezione, imperniata sulla «Fine delle ville romane», prende in esame l’insediamento rurale di tipo sparso, già tipico delle fattorie di età romana, fino all’evoluzione databile al VI-VII secolo.
L’archeologia è stata in grado di cogliere e descrivere questi processi di trasformazione, documentando la riconversione degli spazi abitativi e le diverse modalità di sfruttamento della proprietà fondiaria.
Un caso eccezionale è costituito dal sito di Galeata, nei pressi del quale tradizionalmente si identifica un palazzo di campagna del re ostrogoto Teodorico, da cui provengono fibule, monete e ceramiche scoperte in scavi recenti.
I cambiamenti riguardano anche l’ambito funerario: piccoli nuclei cimiteriali vanno ad occupare spazi dismessi all’interno delle antiche unità abitative. Questo fenomeno è illustrato da una serie di corredi funerari provenienti da Baggiovara o da materiali della vita quotidiana, spesso integri, rinvenuti all’interno di pozzi d’acqua dismessi coma villa di Russi.
L’ideologia funeraria di VI-VII secolo caratterizza la terza sezione dedicata a «Nuove genti, nuove culture, nuovi paesaggi»: in questo periodo l’Emilia-Romagna mostra una sostanziale continuità tra età romana e gota mentre appare fortemente marcata la differenza fra i territori soggetti ai Longobardi (Emilia) e quelli sottoposti ai Bizantini (Romagna).
Allo sfarzo di alcuni manufatti afferenti alle sepolture fanno riscontro i pochi materiali recuperati nei contesti urbani regionali della quarta sezione dedicata a «Città ed empori nell’alto Medioevo»: qui spicca per vitalità e capacità economica il più grande emporio del nord Italia nel secolo VIII, Comacchio, strategico centro lagunare aperto, vocato allo smistamento e trasporto di beni e merci mediterranei destinati alle terre del Regno longobardo.
Le ricerche archeologiche condotte negli ultimi anni in Comacchio hanno rivelato consistenti e chiare tracce della sua storia: dai contenitori anforici di provenienza orientale per il trasporto delle merci (forse vino e olio) alla presenza di botteghe artigiane per la produzione di oggetti suntuari. In una di queste botteghe si dovevano produrre anche cammei in vetro policromo, come testimonia una matrice che trova un pendant in un originale ancora incastonato in una capsella di Cividale, anch’essa esposta nella mostra.
Con la quinta sezione, «Villaggi, castelli, chiese e monasteri: la riorganizzazione del tessuto insediativo», vengono evidenziate le nuove forme d’insediamento (VIII-XIII secolo), quali i castelli, i villaggi di pianura, talvolta fortificati, i borghi franchi, le chiese rurali, perfettamente integrate nella rete itineraria e il ruolo dei monasteri, incaricati del perpetuarsi della memoria dei defunti e della trasmissione della cultura.
La storia dei monasteri è raccontata attraverso l’abbazia di Nonantola, fondata nella pianura tra Modena e Bologna durante il regno del re longobardo Astolfo, intorno alla metà del secolo VIII. Famosa per il suo archivio, ci è nota anche per gli scavi degli ultimi quindici anni, attraverso i quali è stato possibile riconoscere e ricostruire l’evoluzione del monastero tra l’alto-medioevo e l’età moderna.
Il cerchio si chiude con la sesta sezione, «Dopo il Mille: la rinascita delle città», che ripropone il tema dell’evoluzione dei centri urbani, questa volta esaminati nella nuova fase di età comunale.
Tra i pezzi più prestigiosi della mostra, di cui rimarrà documentazione in un catalogo edito da Ante Quem, si segnalano fibule di età gota rinvenute a Imola, reperti longobardi recuperati nella necropoli di Ponte del Rio di Spilamberto, un servizio di vasellame in argento di età bizantina proveniente da Classe, bicchieri in legno rinvenuti a Parma e un bacino in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore a Bologna.
Molteplici sono gli strumenti di mediazione e approfondimento a disposizione del pubblico. Le visite guidate raccontano il percorso espositivo evidenziando i temi trasversali che ricorrono nelle diverse sezioni e i fatti salienti che hanno scandito le vicende storiche delle società vissute sul territorio regionale attraverso il racconto della vita quotidiana delle comunità offerto dai reperti recuperati. Un ciclo di conferenze gratuite illustra le prospettive di ricerca offerte dalla disciplina dell’archeologia medievale e la sua utilità per la tutela e la salvaguardia del patrimonio mentre una rassegna di film curata dalla Fondazione Cineteca di Bologna presenta un focus sulla produzione cinematografica ispirata all’età medievale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Baggiovara (MO), corredo della tomba 21 (sepolcreto tardoantico presso villa rustica). Attuale collocazione: Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena; [fig. 2] Carpineti (RE), Pieve di San Vitale. Capitello a piramide tronca rovesciata di lesena o pilastro. La superficie modanata è decorata a palmette alternate a fiori di loto (XI-XII secolo). Rinvenuto durante gli interventi di riqualificazione della Pieve di San Vitale condotti negli anni '70 del secolo scorso (largh. magg. cm 25; larg. min. 20; alt. cm 18). Attuale collocazione: deposito Carpineti (RE), Pieve di San Vitale; [fig. 3] Cesena (FC), particolare di missorium (piatto di uso simbolico-celebrativo) in argento (diametro cm 62 peso kg 6,6) con decorazione eseguita a niello nel tondo centrale, in cui sono raffigurate scene di banchetto e della vita agiata di un possidente terriero nella tardantichità. Il prezioso reperto, attribuibile al IV sec. d.C., è stato recuperato a Cesena nel 1948 presso via G. Bono in un deposito databile entro la metà del VI secolo (fenomeno della tesaurizzazione, occultamento di riserve di valore in momenti di instabilità politica). Attuale collocazione: Museo Civico Archeologico di Cesena; [fig. 4] Bologna, bacino architettonico in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di S. Giacomo Maggiore, con raffigurazione di Frater Simon, identificabile molto probabilmente con l'omonimo sindaco del complesso conventuale (inizi XIV secolo). Attuale collocazione: deposito Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; [fig. 5] Imola (BO), loc. Villa Clelia, tomba femminile 185. Coppia di fibule a disco con teste di rapace disposte “a vortice” (diametro cm 3,5). Tecnica cloisonné (cellette in oro con inserimento di granati). Età gota (V secolo). Attuale collocazione: deposito Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Informazioni utili
«Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia». Museo civico medievale, via Manzoni, 4 – Bologna. Orari: dal martedì alla domenica, ore 10.00 – 18.30; chiuso i lunedì feriali e il 1° maggio. Ingresso: intero € 5,00, ridotto 3,00, gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.2193916 / 2193930, museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 17 giugno 2018.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
giovedì 19 aprile 2018
martedì 17 aprile 2018
Milano Design Week, alla Gold Black Style una mostra sul gioiello contemporaneo
Dal cemento alla resina, dai materiali sintetici a quelli naturali, dall’ardesia al sughero: è svariata la gamma di materiali utilizzati dalle quattrodici artisti in mostra a Milano, negli spazi della Gold Black Style, atelier situato nel pulsante Distretto delle 5VIE a pochi passi da Sant’Ambrogio e dal Duomo, in occasione della rassegna «No Matter Matters», un omaggio al gioiello contemporaneo promosso in occasione della Milano Design Week.
Il materiale privilegiato di sperimentazione di Myriam Bottazzi, sostanza duttile nelle mani dell’artista, è la paillette. Traghettate dagli anni ’70, reinventate in chiave contemporanea, e private della loro espressività abbagliante e del connaturato carattere seriale, le paillettes divengono il mezzo per giungere a un più profondo stadio di bellezza dalle ricercate imperfezioni.
Il carattere giocoso e provocatorio di Cedric Chevalley si esprime nelle estetiche dei suoi gioielli come nelle scelte creative: il riuso e il dare nuova vita a un materiale come quello dello skateboard. Un linguaggio a tratti irriverente, pop, e al contempo impegnato, come se il senso del concepire la vita con leggerezza fosse un messaggio assoluto.
I gioielli di Lodovica Fusco sono caratterizzati da un’estetica ruvida e morbida insieme, esprimono, nella porosità del materiale, le intemperie dei territori selvaggi che caratterizzano la sua storia e intimità. Lodovica s’ispira a pietre ed elementi naturali che ricrea attraverso l’uso di stampi e resine naturali. Li lavora poi combinandoli in un design inedito e personale.
Anne Goy ha una formazione mista, si dedica, infatti, anche all’editoria di nicchia e alla creazione di libri d’artista. Possiede una dote innata nell’inventare originali e inediti metodi di rilegatura, caratteristica poi rintracciabile anche in alcuni suoi gioielli, dove il gioco di incastri è ritmico ed armonico. Le geometrie, come le forme e le texture, sono l’aspetto centrale dei suoi gioielli realizzati con materiali sintetici, ardesia, sughero e pelli associati a metalli.
Il non conformismo di Jill Herlands si esprime concretamente nel suo modo di lavorare i metalli, controcorrente. Predilige la manipolazione e la lavorazione di materia cruda e grezza, si ispira alle architetture di New York e ama sperimentare con cemento e calcestruzzo. Dall’unione di preziosità trattate con naturalezza, emerge un’estetica industriale di struggente bellezza.
La collezione di Elina Honkanen è quasi interamente realizzata con oggetti ready-made. Azione provocatoria e solo apparentemente casuale, frutto di sperimentazioni sui colori materiali e le forme, ha lo scopo di stimolare una più ampia riflessione sull’identità dell’oggetto, del gioiello e dell’opera d’arte.
Una futuristica estetica e l’uso di materiali misti, resine e legni, finalizzata alla giustapposizione di forme, colori geometrie, caratterizza i pezzi di Monica Iacovenco. Nella collezione GeoMatrix esprime gli elementi originali costruiti con attenzione, definizione e perfezione formale finale.
Affascinata da materiali come vetro e porcellana, Beru Inou affronta la creazione con una sorta di ingenuità e semplicità. Ama giocare con gli effetti della lavorazione dei due materiali, per contrasto o armonizzazione: la lucentezza e trasparenza del vetro insieme all’opacità e il calore della porcellana, e scoprirne gli effetti imprevisti e dirompenti.
La collezione Ephemeral di Amira Jalet nasce dalla volontà di realizzare un’operazione impossibile, creare un gioiello dal ghiaccio, attraverso l’uso dell’acqua. Nasce quindi da un’azione artistica il cui senso risiede proprio nella non permanenza. Il gioiello creato, ne riproduce quindi l’apparenza attraverso la resina e iniezioni di ossigeno.
Hyun Jiyoon è una giovane artista e designer proveniente dal Sud della Corea. Traboccanti geometrie e illusione ottica sono le sue cifre stilistiche. Una sorta di realismo magico in cui la rappresentazione delle geometrie si somma all’uso di materiali non preziosi. L’uso del sale nei suoi lavori assunse un senso simbolico ed estetico profondo.
Il materiale prediletto da Orsolya Losonczy è la muscovite. La sfaldatura perfetta di questo minerale consente di ottenerne lamine molto sottili, trasparenti e flessibili, possiede una lucentezza vitrea perlacea. Il nome ha origine dalla città di Mosca, dove veniva usato al posto del vetro in elevata quantità. Da sempre affascinata dall’estetica dei minerali, Orsolya li combina con l’uso dell’argento, resine e pittura.
Nell’evoluzione della precedente iconica collezione le «5 nobili verità», Letizia Maggio inserisce e introduce nei suoi pezzi alcuni elementi nuovi volti a sperimentare ed esplorare ulteriormente i territori della sua artistica espressività. Il vinile e l’ecoglass sdrammatizzano e dialogano coerentemente con l’argento e l’ottone, stimolando il pensiero verso territori inediti e soggettivi del gusto.
L’uso della resina epossodica conferisce ai gioielli di Daniella Saraya l’aspetto e la poetica che la rendono unica e riconoscibile internazionalmente. Devota all’esplorazione dei limiti della sperimentazione tecnica, si spinge sempre più in là, ottenendo risultati audaci e contribuendo globalmente all’avanzamento della ricerca per tutto il settore.
Asami Watanabe trasforma un elemento in icona, semplicemente utilizzando la paglia. Il fiore, nella sua semplicità e immediatezza, è cosi trasformato in oggetto iconico e rappresentativo. Lavora la materia traverso la mescolanza di tecniche tradizionali e sperimentali, senza rinunciare a infondere quel senso di vitalità che la caratterizza.
Informazioni utili
No Matter Matters - Milano Design Week 2018. Gold Black Style, Via San Maurilio 4 – Milano. Orari: lunedì – martedì, dalle 12.00 alle 18.00; mercoledì – domenica, dalle 12.00 alle 19.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. +39.3479396300 o info@adornment-jewelry.com. Sito internet: www.adornment-jewelry.com. Dal 16 al 22 aprile 2018.
Il materiale privilegiato di sperimentazione di Myriam Bottazzi, sostanza duttile nelle mani dell’artista, è la paillette. Traghettate dagli anni ’70, reinventate in chiave contemporanea, e private della loro espressività abbagliante e del connaturato carattere seriale, le paillettes divengono il mezzo per giungere a un più profondo stadio di bellezza dalle ricercate imperfezioni.
Il carattere giocoso e provocatorio di Cedric Chevalley si esprime nelle estetiche dei suoi gioielli come nelle scelte creative: il riuso e il dare nuova vita a un materiale come quello dello skateboard. Un linguaggio a tratti irriverente, pop, e al contempo impegnato, come se il senso del concepire la vita con leggerezza fosse un messaggio assoluto.
I gioielli di Lodovica Fusco sono caratterizzati da un’estetica ruvida e morbida insieme, esprimono, nella porosità del materiale, le intemperie dei territori selvaggi che caratterizzano la sua storia e intimità. Lodovica s’ispira a pietre ed elementi naturali che ricrea attraverso l’uso di stampi e resine naturali. Li lavora poi combinandoli in un design inedito e personale.
Anne Goy ha una formazione mista, si dedica, infatti, anche all’editoria di nicchia e alla creazione di libri d’artista. Possiede una dote innata nell’inventare originali e inediti metodi di rilegatura, caratteristica poi rintracciabile anche in alcuni suoi gioielli, dove il gioco di incastri è ritmico ed armonico. Le geometrie, come le forme e le texture, sono l’aspetto centrale dei suoi gioielli realizzati con materiali sintetici, ardesia, sughero e pelli associati a metalli.
Il non conformismo di Jill Herlands si esprime concretamente nel suo modo di lavorare i metalli, controcorrente. Predilige la manipolazione e la lavorazione di materia cruda e grezza, si ispira alle architetture di New York e ama sperimentare con cemento e calcestruzzo. Dall’unione di preziosità trattate con naturalezza, emerge un’estetica industriale di struggente bellezza.
La collezione di Elina Honkanen è quasi interamente realizzata con oggetti ready-made. Azione provocatoria e solo apparentemente casuale, frutto di sperimentazioni sui colori materiali e le forme, ha lo scopo di stimolare una più ampia riflessione sull’identità dell’oggetto, del gioiello e dell’opera d’arte.
Una futuristica estetica e l’uso di materiali misti, resine e legni, finalizzata alla giustapposizione di forme, colori geometrie, caratterizza i pezzi di Monica Iacovenco. Nella collezione GeoMatrix esprime gli elementi originali costruiti con attenzione, definizione e perfezione formale finale.
Affascinata da materiali come vetro e porcellana, Beru Inou affronta la creazione con una sorta di ingenuità e semplicità. Ama giocare con gli effetti della lavorazione dei due materiali, per contrasto o armonizzazione: la lucentezza e trasparenza del vetro insieme all’opacità e il calore della porcellana, e scoprirne gli effetti imprevisti e dirompenti.
La collezione Ephemeral di Amira Jalet nasce dalla volontà di realizzare un’operazione impossibile, creare un gioiello dal ghiaccio, attraverso l’uso dell’acqua. Nasce quindi da un’azione artistica il cui senso risiede proprio nella non permanenza. Il gioiello creato, ne riproduce quindi l’apparenza attraverso la resina e iniezioni di ossigeno.
Hyun Jiyoon è una giovane artista e designer proveniente dal Sud della Corea. Traboccanti geometrie e illusione ottica sono le sue cifre stilistiche. Una sorta di realismo magico in cui la rappresentazione delle geometrie si somma all’uso di materiali non preziosi. L’uso del sale nei suoi lavori assunse un senso simbolico ed estetico profondo.
Il materiale prediletto da Orsolya Losonczy è la muscovite. La sfaldatura perfetta di questo minerale consente di ottenerne lamine molto sottili, trasparenti e flessibili, possiede una lucentezza vitrea perlacea. Il nome ha origine dalla città di Mosca, dove veniva usato al posto del vetro in elevata quantità. Da sempre affascinata dall’estetica dei minerali, Orsolya li combina con l’uso dell’argento, resine e pittura.
Nell’evoluzione della precedente iconica collezione le «5 nobili verità», Letizia Maggio inserisce e introduce nei suoi pezzi alcuni elementi nuovi volti a sperimentare ed esplorare ulteriormente i territori della sua artistica espressività. Il vinile e l’ecoglass sdrammatizzano e dialogano coerentemente con l’argento e l’ottone, stimolando il pensiero verso territori inediti e soggettivi del gusto.
L’uso della resina epossodica conferisce ai gioielli di Daniella Saraya l’aspetto e la poetica che la rendono unica e riconoscibile internazionalmente. Devota all’esplorazione dei limiti della sperimentazione tecnica, si spinge sempre più in là, ottenendo risultati audaci e contribuendo globalmente all’avanzamento della ricerca per tutto il settore.
Asami Watanabe trasforma un elemento in icona, semplicemente utilizzando la paglia. Il fiore, nella sua semplicità e immediatezza, è cosi trasformato in oggetto iconico e rappresentativo. Lavora la materia traverso la mescolanza di tecniche tradizionali e sperimentali, senza rinunciare a infondere quel senso di vitalità che la caratterizza.
Informazioni utili
No Matter Matters - Milano Design Week 2018. Gold Black Style, Via San Maurilio 4 – Milano. Orari: lunedì – martedì, dalle 12.00 alle 18.00; mercoledì – domenica, dalle 12.00 alle 19.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. +39.3479396300 o info@adornment-jewelry.com. Sito internet: www.adornment-jewelry.com. Dal 16 al 22 aprile 2018.
venerdì 13 aprile 2018
Un omaggio a Dario Fo per l'associazione «Cuffie colorate»
Solidarietà e comicità a braccetto sul palco del teatro Sant’Anna di Busto Arsizio. Sabato 14 aprile, alle ore 21, la compagnia amatoriale «I Divin Attori» propone «Non tutti rubano per nuocere», commedia brillante che Patrizia Cuvello ha tratto da un celebre testo di Dario Fo.
Spunti comici e riflessioni di carattere sociale punteggiano la trama di questa divertente pièce teatrale, che verrà proposta a sostegno delle attività promosse dall’asd «Cuffie colorate» di Busto Arsizio, nata nel 1998 con l’intento di avviare allo sport, principalmente al nuoto e al calcio, i ragazzi disabili.
Affiliata al Cip - Comitato paraolimpico italiano e alla Fisdir - Federazione italiana sport disabili intellettivi e relazionali, l’associazione bustese, che attualmente segue una trentina di ragazzi disabili, festeggia, dunque, quest’anno il trentennale dalla fondazione.
Lo spettacolo «Non tutti rubano per nuocere» è il primo di una serie di appuntamenti in cartellone, che prevede anche una gara multiregionale di nuoto alla piscina Manara per il 29 aprile e una giornata a tema al Museo del tessile in giugno.
Sul palco per questo bell’omaggio a Dario Fo saliranno, sotto la regia di Patrizia Cuvello, gli attori Gabriele Ambrosetti, Roberto Cavigioli, Emma Daniela De Zotti, Alfina Petralia, Igino Portatadino, Laura Surbone e Alessandro Testa.
La storia, ambientata negli anni Sessanta, trae spunto dalla vicenda di un ladro, entrato di soppiatto in una casa signorile per svaligiarla, che si ritrova sotto il costante e impertinente controllo telefonico della moglie, gelosa e un po’ invadente. Improvvisamente il padrone di casa rientra in compagnia dalla sua amante, lanciandosi in un esilarante tentativo di conquista, ignaro di quanto stia accadendo proprio sotto il suo naso. Tutto filerebbe liscio se la presenza del ladro, nascosto in una pendola, non venisse scoperta e se la moglie del padrone di casa, che a sua volta ha una tresca amorosa, non rientrasse proprio nel momento meno opportuno.
In questo poco edificante quadretto di tradimenti, sotterfugi e bugie, la figura meno negativa e meno ipocrita presente sul palco finisce così per essere quella del ladro, l’unico a non tradire la moglie e a svolgere, paradossalmente, «con onestà» il proprio mestiere.
«Non tutti rubano per nuocere» si configura, dunque, come una farsa gialla dal sapore poliziesco, ma vuole anche essere una critica alla borghesia ricca e amorale degli anni del boom economico, ai cui vizi il ladro guarda con occhi sorpresi e divertiti.
Il costo del biglietto è ad offerta libera, con un contributo minimo di euro 10,00. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.cuffiecolorate.it e la pagina Facebook @idivinattori.
Informazioni utili
www.cuffiecolorate.it
Spunti comici e riflessioni di carattere sociale punteggiano la trama di questa divertente pièce teatrale, che verrà proposta a sostegno delle attività promosse dall’asd «Cuffie colorate» di Busto Arsizio, nata nel 1998 con l’intento di avviare allo sport, principalmente al nuoto e al calcio, i ragazzi disabili.
Affiliata al Cip - Comitato paraolimpico italiano e alla Fisdir - Federazione italiana sport disabili intellettivi e relazionali, l’associazione bustese, che attualmente segue una trentina di ragazzi disabili, festeggia, dunque, quest’anno il trentennale dalla fondazione.
Lo spettacolo «Non tutti rubano per nuocere» è il primo di una serie di appuntamenti in cartellone, che prevede anche una gara multiregionale di nuoto alla piscina Manara per il 29 aprile e una giornata a tema al Museo del tessile in giugno.
Sul palco per questo bell’omaggio a Dario Fo saliranno, sotto la regia di Patrizia Cuvello, gli attori Gabriele Ambrosetti, Roberto Cavigioli, Emma Daniela De Zotti, Alfina Petralia, Igino Portatadino, Laura Surbone e Alessandro Testa.
La storia, ambientata negli anni Sessanta, trae spunto dalla vicenda di un ladro, entrato di soppiatto in una casa signorile per svaligiarla, che si ritrova sotto il costante e impertinente controllo telefonico della moglie, gelosa e un po’ invadente. Improvvisamente il padrone di casa rientra in compagnia dalla sua amante, lanciandosi in un esilarante tentativo di conquista, ignaro di quanto stia accadendo proprio sotto il suo naso. Tutto filerebbe liscio se la presenza del ladro, nascosto in una pendola, non venisse scoperta e se la moglie del padrone di casa, che a sua volta ha una tresca amorosa, non rientrasse proprio nel momento meno opportuno.
In questo poco edificante quadretto di tradimenti, sotterfugi e bugie, la figura meno negativa e meno ipocrita presente sul palco finisce così per essere quella del ladro, l’unico a non tradire la moglie e a svolgere, paradossalmente, «con onestà» il proprio mestiere.
«Non tutti rubano per nuocere» si configura, dunque, come una farsa gialla dal sapore poliziesco, ma vuole anche essere una critica alla borghesia ricca e amorale degli anni del boom economico, ai cui vizi il ladro guarda con occhi sorpresi e divertiti.
Il costo del biglietto è ad offerta libera, con un contributo minimo di euro 10,00. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.cuffiecolorate.it e la pagina Facebook @idivinattori.
Informazioni utili
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